Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La posizione dei soci nel risanamento della società in crisi: dal potere di veto al dovere di sacrificarsi (o di sopportare) (Aufopferungs– o Duldungspflicht)? (di Lorenzo Benedetti)


Traditionally in the legal system of UE country shareholders of a troubled company were not involved in restructuring proceedings. For this reason, until recently restructurings proceedings concerned only with the assets of the company and not with the shareholdings and the organisation of it.

This situation has totally changed after the recent reforms of the bankruptcy rules of many European country on the model of the rules about shareholders of the USA Chapter 11.

These reforms have amended the bankruptcy law in Czech Republic (2009), in Germany (2012 with the ESUG) in France (2015 with the modification to the code civil) in Spain (2014 with the modification to the Ley Concursal) and in Italy (2015 with the modifications to the legge fallimentare).

The new rules concerning shareholders of the troubled company have the common aim to overcome their veto power regarding the approval of a restructuring proceedings providing for the modification of their position in the company; veto power which was caused by the fact that, pursuant to the previous clear separation between company and bankruptcy law, only shareholders have the power to approve such modification.

These kind of new rules concerning shareholder are provided for also by the new UE draft of directive about insolvency law of the 2016.

This article tries to analyse and compare the new rules of the different country to look for solution, which can be applied also in the Italian legal system.

SOMMARIO:

1. Premesse di metodo - 2. Il problema della posizione dei soci nelle procedure d’insolvenza prima dei recenti interventi di riforma - 3. L’ESUG e le novità da esso introdotte - 4. La tutela dei soci nella procedura di Reorganisation - 5. Considerazioni conclusive sul sistema tedesco: l’imposizione al socio di un Duldungspflicht - 6. La posizione dei soci nelle procedure di riorganizzazione in Francia: un “attentato accettabile” al loro diritto di proprietà? - 7. Segue: la loi Macron - 8. Connotati della nuova disciplina francese - 9. La posizione dei soci nelle procedure di riorganizzazione in Spagna - 10. La posizione dei soci nelle procedure riorganizzative in Italia a seguito del d.l. n. 83/2015 - 11. Trasponibilità nell’ordinamento italiano delle soluzioni normative adottate negli ordinamenti stranieri - 12. Problemi interpretativi: ammissibilità della proposta incidente sulla partecipazione dei soci proveniente dalla società - 13. Segue: presupposti dell’esclusione o limitazione del diritto d’opzione - 14. Segue: la possibilità per i soci di evitare la diluizione o l’elisione della loro partecipazione - 15. Segue: il sovraprezzo - 16. I flussi informativi a favore dei soci nel caso di limitazione o esclusione del diritto di opzione - 17. Le modalità operative di esecuzione dell’aumento di capitale - 18. L’ammissibilità di aumenti di capitale senza previa riduzione per perdite nel concordato - 19. Segue: le operazioni sul capitale nel concordato della s.r.l. - 20. L’art. 185, 6° comma, legge fall.: l’ambito di applicazione oggettivo - 21. Considerazioni sul sistema italiano derivanti dall’analisi di diritto comparato - 22. La tutela dei soci - 23. La valutazione della partecipazione nella società in concordato - 24. La conciliabilità dell’espropriazione della partecipazione dei soci con la tutela costituzionale del diritto di proprietà - 25. Segue: la conciliabilità della nuova allocazione del potere di determinare la struttura proprietaria e finanziaria della società con la normativa UE - NOTE


1. Premesse di metodo

L’introduzione di norme capaci di eliminare il potere di veto dei soci alla ristrutturazione della società partecipata riveste un’importanza centrale nei più recenti interventi di riforma della disciplina concorsuale di alcuni degli ordinamenti continentali più avanzati, tanto da rappresentare un “movimento di respiro europeo”. L’indagine che segue mira a ricostruire la posizione dei soci nel concordato preventivo a seguito delle novità introdotte dal d.l. n. 83/2015, applicando l’inse­gnamento secondo il quale fra le funzioni del diritto comparato deve essere annoverata anche quella di “strumento per l’interpretazione e la ricostruzione del diritto interno, specialmente in relazione agli istituti trapiantati da altri sistemi” 1, quali possono essere considerati quelli oggi recepiti negli artt. 163, 5° comma e 185, 6° comma, legge fall.


2. Il problema della posizione dei soci nelle procedure d’insolvenza prima dei recenti interventi di riforma

La comprensione dell’esatta portata della questione esaminata presuppone la ricostruzione della posizione dei soci nelle procedure concorsuali prima delle recenti riforme. Nel far ciò, sembra opportuno fare riferimento all’ordinamento tedesco, dove, già anteriormente all’entrata in vigore dell’ESUG 2, è stata approfondita la questione dei Kooperationspflichten dei soci all’attuazione di procedure di Reorganisation non soltanto in relazione alla società monade, ma anche a quella facente parte di un gruppo 3. La situazione esistente nell’ordinamento tedesco vigente fino alla novella del­l’ESUG rappresentava in modo paradigmatico anche quella degli altri ordinamenti europei. Nell’Insolvenzverfahren tedesco, come nelle procedure corrispondenti contemplate dagli altri ordinamenti contermini, i soci vedono, di regola, perduti i diritti patrimoniali incorporati nelle loro partecipazioni, risultando la falcidia dei creditori evidentemente incompatibile – salvo casi del tutto eccezionali – con qualsiasi prospettiva di un recupero dell’investimento in equity. Per contro, sul versante corporativo, quegli stessi soci mantenevano prima dei più recenti sviluppi normativi un’in­fluenza rilevante sulla vita della società. Ne derivava che la posizione dei soci nella procedura d’insolvenza era connotata da una divaricazione della dimensione patrimoniale, da un lato, e di quella corporativa (e in senso lato amministrativa), dal­­l’altro. Questa divaricazione costituiva il portato del consolidato orientamento – a sua volta fondato sul tradizionale principio di neutralità organizzativa delle procedure concorsuali 4 – per cui oggetto dello spossessamento (pieno o attenuato, a seconda dei casi) determinato dall’apertura di una procedura a carico di una società fosse soltanto il patrimonio, non già le partecipazioni dei soci, i quali rimanevano gli unici titolari delle stesse e del potere di disporne 5. Conseguentemente i cambiamenti della struttura interna della società, normalmente necessari nel processo di ristrutturazione, quali le operazioni sul capitale e sulle partecipazioni sociali (per es. il debt-equity-swap), non potevano essere realizzati senza la volontà dei soci 6, in quanto costoro non partecipavano [continua ..]


3. L’ESUG e le novità da esso introdotte

È in questo scenario che si inscrive la riforma introdotta dall’ESUG 14, con la quale il legislatore tedesco ha dichiaratamente perseguito l’obiettivo di rimuovere il potere di veto dei soci sopra sommariamente ricostruito, al fine di agevolare la realizzazione delle misure funzionali all’attuazione di un Sanierungsplan che risulti vantaggioso per gli interessi dei creditori sociali. L’obiettivo è stato realizzato con un intervento sull’originario tessuto dell’Insol­venzordnung, che, a dispetto della sua rilevantissima portata sistematica, assume un contenuto piuttosto semplice: l’inclusione dei soci – ovvero dei loro Anteils– und Mitgliedschaftsreche – nell’Insolvenzplan (§ 217, Abs. 2, InsO). In sostanza i soci, da soggetti estranei alla procedura concorsuale, diventano soggetti aventi una posizione equiparata a quella dei creditori sociali 15. Tale cambiamento – tanto elementare nella tecnica normativa, quanto dirompente da un punto di vista sistematico – costituisce il presupposto per l’imposi­zio­ne della trasformazione dei diritti dei soci per mezzo dell’adozione di provvedimenti strutturali di diritto societario 16. Sul punto la dottrina tedesca, con la tradizionale efficacia brachilogica (e quasi icastica) che tradizionalmente la contraddistingue, distingue tra l’an e il quomodo dell’intervento dell’Insolvenzplan sugli assetti societari: più precisamente, si afferma, il § 217, Abs. 2, InsO disciplina il “se” della possibilità di incidere sulle partecipazioni sociali, mentre il “come” della stessa è regolato nel § 225a, Abs. 1, InsO. La premessa è che, intanto, tale intervento è destinato ad aver luogo in quanto sia espressamente previsto nell’Insolvenzplan: se il piano niente dispone circa le partecipazioni sociali, esse permangono immutate 17. Fra i provvedimenti strutturali che possono costituire oggetto del piano il debt-to-equity-swap è espressamente previsto nel § 225a, Abs. 2, S. 1 18, mentre il Kapitalschnitt (termine con il quale nel diritto tedesco si intende la riduzione della cifra nominale del capitale sociale, seguita dal contestuale aumento) non è indicato in modo specifico come operazione realizzabile per il tramite dell’Insolvenzplan. L’Abs. 2, S. 3 si limita a [continua ..]


4. La tutela dei soci nella procedura di Reorganisation

A fronte del quadro sopra tratteggiato, l’Insolvenzordnung appresta due rimedi a tutela dei soci – e in particolare del loro Erhaltungsinteresse (interesse al mantenimento della partecipazione) – coinvolti nella procedura di ristrutturazione, che la dottrina tedesca qualifica come “zweistufiges System des Minderheitenschutzes” (sistema di tutela della minoranza a doppio livello). Il primo livello di tutela è costituito dal § 251 InsO, che all’Abs. 1 consente anche ai soci di chiedere al tribunale di rifiutare l’omologazione ex § 248 InsO 26. A tal fine è tuttavia necessaria la prova da parte del socio che con l’approvazione del piano sarebbe sottoposto a un trattamento deteriore rispetto al caso contrario (§ 251, Abs. 1, n. 2): il socio deve essere in grado di dimostrare una convenienza del­l’ap­prodo fallimentare rispetto a quello concordatario derivante dall’esecuzione del­­l’Insolvenzplan. È peraltro evidente che una simile evenienza ricorre solo in ipotesi eccezionali: il presupposto appena menzionato normalmente non sussiste e al socio risulta dunque precluso l’utilizzo dello strumento di tutela appena descritto 27. A ciò si aggiunga che, ai sensi del § 251, Abs. 3, InsO la domanda del socio di rigetto dell’omologazione dell’Insolvenzplan deve essere comunque respinta se nel piano siano previsti dei mezzi economici la cui attribuzione rimuova l’eventuale posizione deteriore, al quale costui sarebbe assoggettato in caso di efficacia della soluzione negoziata della crisi 28. Il secondo livello di protezione del socio è rappresentato dal § 253 InsO, che prevede il suo potere di proporre reclamo per violazione delle prescrizioni relative al­l’o­mo­logazione del piano. Anche l’accoglimento dell’impugnazione in esame ha il medesimo presupposto previsto dal 251, Abs.1: la prova che senza il piano la posizione del socio sarebbe migliore (253, Abs. 2, n. 3). L’impugnazione deve inoltre essere rigettata quando costui possa essere compensato nelle forme previste dal­l’Abs. 3 del § 251 e quando risulti applicabile la previsione di cui all’Abs. 4 del § 253 InsO 29. Sostanzialmente, dunque, dopo l’entrata in vigore dell’ESUG il sistema di tutela concorsuale, precedentemente applicabile soltanto ai [continua ..]


5. Considerazioni conclusive sul sistema tedesco: l’imposizione al socio di un Duldungspflicht

A seguito della riforma dell’Insolvenzordnung del 2012 al socio non è sostanzialmente riconosciuto alcun potere decisionale in ordine ai provvedimenti previsti nell’Insolvenzplan, idonei a incidere sulla sua partecipazione. D’altro canto le tutele da lui esperibili, in quanto partecipante alla procedura, sono relegate a un piano meramente obbligatorio o comunque destinate a trovare applicazione, per i loro presupposti, in casi del tutto eccezionali. Ne consegue che l’ESUG sembra aver introdotto un sistema articolato in due passaggi consecutivi: in prima istanza, i soci hanno la possibilità di cooperare alla realizzazione di una soluzione della crisi secondo le regole del diritto concorsuale; se ciò non si verifica, tale cooperazione, in quanto coercibile forzosamente (ossia potendo essere imposta a prescindere dal consenso dei soci nella fase di voto al piano), può assumere i connotati di un Duldungspflicht (dovere di tolleranza) rispetto a provvedimenti concernenti la società come soggetto giuridico (e non già semplicemente il suo patrimonio), suscettibili di produrre, come effetto, l’evizione della partecipazione sociale 32.


6. La posizione dei soci nelle procedure di riorganizzazione in Francia: un “attentato accettabile” al loro diritto di proprietà?

Dopo la Germania anche la Francia è stata interessata da significativi e recentissimi sviluppi normativi concernenti il problema in esame, che approdano a risultati in gran parte assimilabili a quelli prodotti dall’entrata in vigore dell’ESUG. Il riferimento è innanzi tutto all’art. L631-9-1 del code de commerce introdotto dall’Ordonnance n. 2014-326 del 12 marzo 2014. La norma dispone che, se il capitale proprio non può essere ricostituito alle condizioni previste dall’art. L626-3 c. comm., l’amministratore giudiziario della procedura di redressement judiciaire può domandare la nomina di un mandataire ad hoc, incaricato di convocare l’assemblea ma anche di votare sulla ricostituzione del capitale fino a un importo minimo previsto dal medesimo articolo al posto dei soci che si oppongano alla realizzazione del piano, qualora si preveda una modificazione del capitale a favore di coloro che si impegnino a rispettare il piano stesso. La nuova disposizione tende a rimodulare i rapporti di forza fra azionisti e creditori a vantaggio di questi ultimi e, più precisamente, dei creditori senior, intesi come quelli “dont la créance est partiellement mais pas intégralement couverte par l’actif disponibile” 33; ed è dichiaratamente diretta ad assecondare la “bonne volonté des créanciers”, pronti a sostenere un tentativo per il salvataggio dell’impresa rispetto alla suvvalente “mauvaise volonté des associés” recalcitranti a contribuire al risanamento 34. Per giustificare il perseguimento di tale obiettivo sono utilizzati in Francia i modelli dell’analisi economica del diritto: in situazione di cessazione dei pagamenti (insolvenza) i benefici ottenuti dalla collettività dall’evizione degli azionisti sono ritenuti superiori ai costi sostenuti dagli stessi, rendendoli per questo motivo accettabili. Si ritiene necessario, tuttavia, che l’evizione sia proporzionata e sia accompagnata da garanzie procedurali 35. Non mancano, comunque, anche rilievi critici rispetto alla nuova disciplina fondati o sull’art. 1844 code civil 36; oppure sul fatto che, sebbene esistano precedenti in materia “d’abus d’égalité/minorité”, nei quali la Cassazione ha autorizzato la nomina di un mandatario ad hoc per sostituire gli [continua ..]


7. Segue: la loi Macron

Nel solco della nuova regola generale sopra richiamata si iscrive anche la disciplina speciale più recentemente introdotta dalla loi Macron del 10 luglio 2015 per le società di maggiori dimensioni. Tale legge ha infatti aggiunto nel code de commerce un nuovo art. L631-19-2, che, con riguardo all’ipotesi di cessazione di attività di società con almeno centocinquanta dipendenti o che controlla società con almeno centocinquanta dipendenti, contempla la possibilità di una procedura coattiva di intervento sul capitale sociale o addirittura di un esproprio delle partecipazioni, laddove la modifica del capitale sociale rappresenti l’unica soluzione che permetta di evitare gravi danni all’economia e consenta la prosecuzione dell’attività. In presenza di questi presupposti, qualora l’assemblea non abbia deliberato le modifiche al capitale sociale previste nel “plan de redressement”, il tribunale dispone di prerogative inedite, potendo, su ricorso dell’amministratore giudiziario o del pubblico ministero: a) designare un mandatario incaricato di convocare l’assemblea e votare, in luogo dei soci, l’aumento di capitale riservato in sottoscrizione ai soggetti che si sono impegnati a eseguire il plan. La sottoscrizione delle azioni di nuova emissione può avvenire per compensazione dei crediti vantati dai terzi verso la società, per l’im­por­to ammesso alla procedura e nei limiti della riduzione che essi hanno subìto 38; b) ordinare, a vantaggio dei soggetti che si sono impegnati a eseguire il plan, la cessione in tutto o in parte delle partecipazioni detenute dai soci che hanno rifiutato di adottare la modifica e che detengano una partecipazione che conferisca la maggioranza dei diritti di voto o una minoranza di blocco nell’assemblea generale, oppure che detengano la maggioranza dei diritti di voto in base a un accordo stipulato con altri soci 39. A fronte di tale cessione forzata, si riconosce ai soci non interessati da essa (ossia ai soci che non detengano né una partecipazione maggioritaria, né una partecipazione di blocco, né la maggioranza dei diritti di voto in base a un accordo con altri soci) il diritto di recedere dalla società e di ottenere il riscatto dei loro diritti sociali dai cessionari, precisandosi altresì che il valore delle partecipazioni oggetto di [continua ..]


8. Connotati della nuova disciplina francese

La disciplina francese presenta tratti che la avvicinano sia a quella introdotta dal­l’ESUG nell’Insolvenzordnung, sia a quella vigente – come si dirà di seguito – nel nostro ordinamento a seguito del d.l. n. 83/2015. Intanto, essa condivide con entrambe la finalità di introdurre delle misure volte a superare il potere di blocco dei vecchi soci rispetto all’attuazione di modifiche incidenti sulla società, necessarie al successo di un tentativo di superamento della situazione di crisi più vantaggioso rispetto alle alternative praticabili, in primo luogo la liquidazione fallimentare 41. Ciò trova conferma nel fatto che in Germania le nuove disposizioni introdotte dall’ESUG sono collocate nella parte dell’Insolvenzordnung dedicata all’ipotesi nel­la quale venga presentato un Insolvenzplan, che costituisce l’esito dell’Insol­vezn­verfahren, originariamente unitario, alternativo alla liquidazione concorsuale; e che in Francia, analogamente, le previsioni in esame sono collocate nel contesto della disciplina del redressement judiciaire, che è una procedura “destinée à permettre la poursuite de l’activité de l’entreprise, le maintien de l’emploi” 42. L’obiettivo del salvataggio dell’impresa viene perseguito tramite un’operazione sul capitale sociale avente come conseguenza non soltanto quella di dotare la società di nuove risorse a titolo di capitale proprio – operazione che i soci hanno rifiutato di eseguire o nella quale non hanno la possibilità di investire –, ma anche quella di determinare un ricambio della compagine sociale – alla quale erano riferibili (quanto meno, in termini di nomina) i responsabili della precedente gestione che ha determinato la crisi – e, di conseguenza, dei gestori della società. In Francia, ancora, la norma in esame trova applicazione “si la modification du capital apparaît comme la «seule solution sérieuse»” 43, precondizione che appare assai prossima alla previsione dell’Insolvenzordnung che riconosce ai soci il potere di opporsi all’omologazione dell’Insolvenzplan, quando la loro posizione in tal caso risulterebbe peggiore di quella che avrebbero in mancanza del piano (§ 251, Abs. 1) 44. La posizione dei soci nel [continua ..]


9. La posizione dei soci nelle procedure di riorganizzazione in Spagna

Gli artt. 163 ss. della ley concursal disciplinano la calificacion del concurso che costituisce un procedimento incidentale eventuale interno alla procedura concorsuale, il quale deve essere aperto nei casi previsti dalla legge al fine di giudicare la condotta del debitore o, in caso di persone giuridiche, dei suoi amministratori o liquidatori. Nell’ambito del giudizio deve accertarsi se il concurso è culpable o fortuito 47. Il concurso è culpable quando siano state tenute condotte con dolo o colpa grave che abbiano determinato o aggravato l’insolvenza. La ley concursal, come modificata con il Rey decreto 4/2014, include oggi fra i soggetti legittimati passivi nel sub-procedimento di “calificacion de concurso” anche i soci, i quali sono considerati sanzionabili per concurso culpable quando abbiano negato senza una causa ragionevole 48 il consenso alla capitalizzazione dei crediti o all’emissione di strumenti convertibili, così frustrando la conclusione di un accordo di rifinanziamento ai sensi dell’art. 71-bis e della IV disposizione addizionale della ley concursal o di un accordo stragiudiziale di pagamento (art. 165.2 l.c.) 49. Anche in Spagna, dunque, si è introdotto uno strumento – sub specie di responsabilità patrimoniale per aver determinato o aggravato l’insolvenza – per indurre il socio a cooperare all’adozione di provvedimenti societari (la capitalización de créditos o una emisión de valores o instrumentos convertibles) capaci di incidere sulla sua partecipazione, che siano funzionali al raggiungimento di un acuerdo de refinanciación  50 o di un accordo stragiudiziale di pagamento. La particolarità che connota l’ordinamento spagnolo è che, se il socio si rifiuta di cooperare, non si prevede un meccanismo coattivo per l’attuazione del provvedimento, ma lo si persegue irrogando nei suoi confronti una sanzione patrimoniale particolarmente persuasiva 51. Il fatto imputabile al socio ai sensi delle nuove previsioni della ley concursal può consistere in qualunque condotta che ostacoli la conclusione di un acuerdo de refinanciación, sia tramite l’espressione di un voto negativo nella junta general, sia facendo mancare i quorum necessari alla sua valida costituzione. Dall’analisi del sistema spagnolo emerge, dunque, che la partecipazione del socio non [continua ..]


10. La posizione dei soci nelle procedure riorganizzative in Italia a seguito del d.l. n. 83/2015

Il d.l. n. 83/2015 ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina concernente le proposte di concordato concorrenti rispetto a quella del debitore ai commi 4 e ss. dell’art. 163 legge fall. 53. Nell’ambito di tale nuovo istituto, il legislatore ha previsto una novità che, da un lato, appare di grande impatto sistematico soprattutto se confrontata con gli orientamenti consolidati della dottrina italiana in relazione alla posizione dei soci nel­le procedure concorsuali e, in particolare, all’incidenza che queste potevano ave­re sulla loro partecipazione sociale 54; e, dall’altro, determina il risultato di allineare il nostro ordinamento alle discipline che in materia sono state adottate dai paesi europei di cui si è precedentemente trattato. L’art. 163, 5° comma, secondo periodo, legge fall. 55 consente, di fatto, attraverso un aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, una sostanziale ablazione o comunque una diluizione delle quote di partecipazione dei soci della società-debitrice. Viene dunque superato l’orientamento finora consolidato per cui, in caso di apertura di una procedura concorsuale di una società per azioni o a responsabilità limitata, oggetto dello spossessamento (pieno o attenuato a seconda del tipo di procedura) era solo il patrimonio della società, non certo le partecipazioni dei soci, i quali rimanevano gli unici titolari delle stesse e del potere di disporne. Risultano non del tutto chiare le modalità di attuazione dell’eventuale aumento di capitale della società debitrice previsto nella proposta concorrente omologata. Sembra, però, che la strada tracciata dal legislatore sia quella prescritta dall’art. 185, 6° comma, legge fall., in tema di esecuzione del concordato, secondo cui, in caso di ritardi od omissioni da parte del debitore nel compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla proposta concorrente, il tribunale, se si tratta di società, “può nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, qualora la proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e [continua ..]


11. Trasponibilità nell’ordinamento italiano delle soluzioni normative adottate negli ordinamenti stranieri

Prima di ricorrere al diritto comparato come strumento per la ricostruzione della nuova disciplina attinente alla posizione dei soci nel concordato preventivo secondo quanto indicato in premessa, occorre verificare se quest’opera­zione interpretativa risulti ammissibile. Ciò presuppone che si accerti se le discipline straniere alle quali si intende fare riferimento si collocano in un contesto normativo assimilabile a quello in cui sono inseriti gli artt. 163, 5° comma e 185, 6° comma, legge fall. 57. Si è già accennato al fatto che le normative qui in esame perseguono un obiettivo comune, che può ritenersi proprio anche delle disposizioni da ultimo citate: consentire ristrutturazioni coinvolgenti l’organizzazione societaria, eliminando il potere di veto dei titolari delle sue partecipazioni. Assimilabili alla disciplina italiana appaiono anche le regole straniere sulla legittimazione attiva a proporre una soluzione negoziale della crisi. In Germania, l’Insolvenzplan può prevedere provvedimenti che incidono sulla partecipazione sociale (v. sopra) e può essere proposto tanto dall’Insolvenz­ver­walter, d’intesa con il comitato dei creditori eventualmente nominato che ha al riguardo un potere consultivo e di assistenza, quanto dal debitore (§ 218 InsO) 58. Una considerazione simile vale per l’ordinamento francese. Lì l’aumento coattivo di capitale – che assume, da un punto di vista procedurale, connotati assai prossimi a quello introdotto nel nostro ordinamento – costituisce un provvedimento adottabile dal tribunale, su istanza dell’amministratore giudiziario (o del pubblico ministero nel caso dell’art. L631-19-2 c. comm). Si deve tuttavia considerare che il redressement judiciare, nell’ambito del quale si può adottare tale provvedimento ablativo della partecipazione dei soci a favore dei creditori, può essere domandato dal debitore (art. L631-4 c. comm.), dal pubblico ministero e da un qualunque creditore (L631-5, 1° e 2° comma, c. comm.). In Spagna, la domanda di convenio può essere presentata sia dal debitore, sia dai creditori (art. 99 l.c.) 59. Un parallelo può essere istituito anche fra i presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali. Fra questi sono da annoverare intanto l’insolvenza, 60 che può essere presupposto anche [continua ..]


12. Problemi interpretativi: ammissibilità della proposta incidente sulla partecipazione dei soci proveniente dalla società

Le nuove norme introdotte dal d.l. n. 83/2015 concernenti la posizione dei soci nel concordato pongono numerosi problemi interpretativi. In primo luogo, il 5° comma dell’art. 163 legge fall. non prevede che l’aumento di capitale con eventuale esclusione del diritto di opzione possa essere contenuto nella proposta presentata dal debitore. Il silenzio sul punto, unito alla circostanza che il legislatore introduce questa possibilità con riferimento specifico alla proposta concorrente, ha indotto la dottrina, in sede di primo commento, a ritenere tutt’ora perdurante il divieto di incidere direttamente sulle partecipazioni sociali nel caso di proposta presentata dalla società debitrice, che, per ciò, non potrebbe prevedere aumenti di capitali non deliberati dai competenti organi sociali 64. Al riguardo, però, pare preferibile assumere una diversa posizione, tale da ritenere che anche la proposta del debitore possa assumere il contenuto di cui all’art. 163, 5° comma, legge fall. La lettera della disposizione menzionata presenta una certa ambiguità lessicale laddove, nel primo periodo, utilizza il termine “proposte”, riferendosi a quelle concorrenti dei creditori, e poi, il termine “proposta” al singolare, riferendosi a quella del debitore. Al secondo periodo, la norma torna a utilizzare “proposta” al singolare. Da tale rilievo letterale si potrebbe argomentare che, siccome la legge utilizza genericamente il termine “proposta” (e non dice la “proposta presentata da uno o più creditori”), la prescrizione in esame riguarda ogni proposta di concordato ivi compresa quella della società debitrice. Il rilievo di quest’argomento appare, però, assai modesto, in quanto si può in senso contrario asserire che l’art. 163 legge fall. è dedicato alle “proposte concorrenti”; quindi, in mancanza di una chiara specificazione, parrebbe che laddove esso utilizza il termine “proposta” lo faccia in riferimento all’og­getto della propria disciplina, ossia alle proposte presentate dai creditori 65. Sembra, piuttosto, dotata di maggiore consistenza un’altra considerazione: se si consente a soggetti che non hanno, per il diritto sostanziale, nessun potere decisionale sulla struttura e sull’organizzazione della società, di proporre [continua ..]


13. Segue: presupposti dell’esclusione o limitazione del diritto d’opzione

Sempre con riguardo all’art. 163, 5° comma, legge fall., si è sostenuto che il laconico riferimento all’esclusione del diritto di opzione non implichi alcuna deroga a quanto prevedono, rispettivamente, l’art. 2441 c.c. per la s.p.a. e l’art. 2481-bis c.c. per la s.r.l. 70. Tale tesi rifiuta la possibilità di identificare l’interesse sociale ex art. 2441, 5° comma, c.c., in una logica neoistituzionale, con la sopravvivenza in sé della società esdebitata (nonostante tale interesse sia difforme da quello dei vecchi soci), in quanto non sarebbe l’esclusione del diritto di opzione a salvare la società debitrice, ma la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale, in grado di dotarla delle risorse previste come necessarie all’adempimento delle obbligazioni concordatarie. Non sarebbe dunque comprensibile, se non in termini di incentivo abnorme alla formulazione di una proposta concorrente ostile, un sacrificio imposto a quei soci, che potrebbero ancora manifestare interesse all’operazione di aumento di capitale sociale racchiusa nella proposta concorrente del creditore: l’interesse della massa dei creditori sarebbe comunque soddisfatto a seguito della sottoscrizione del nuovo capitale, a prescindere dall’identità dei sottoscrittori 71. Si tratta tuttavia di una ricostruzione che, nell’imporre la scrupolosa osservanza delle prescrizioni civilistiche nella crisi dell’impresa, suscita seri dubbi. Tant’è che altra parte della dottrina pronunciatasi sull’argomento sminuisce la rilevanza dei presupposti dell’esclusione del diritto di opzione previsti dal diritto sostanziale: si ritiene di poter ravvisare nell’operazione di azzeramento del capitale sociale e di contestuale aumento con esclusione del diritto di opzione di una società in crisi l’esistenza in re ipsa di un interesse della società, quando quel provvedimento costituisca l’unica possibile opzione per il ritorno in bonis della società stessa 72. Il problema dei presupposti formali e sostanziali dei provvedimenti societari inclusi nell’Insolvenzplan è già stato esaminato, peraltro, dalla dottrina tedesca, che sul punto, però, non è giunta a una conclusione univoca 73. Da un lato, si riconosce che il § 225a, Abs. 2, InsO, relativo all’esclusione del [continua ..]


14. Segue: la possibilità per i soci di evitare la diluizione o l’elisione della loro partecipazione

Oltre a quanto già esposto, la preoccupazione di contemperare l’interesse della massa dei creditori con l’esigenza di non sacrificare quei “soci che potrebbero ancora manifestare interesse all’… aumento di capitale … racchiuso nella proposta di concordato” 85 appare ingiustificata e, in quanto tale, inidonea a determinare un’interpretazione restrittiva – che ritenga cioè applicabili i limiti civilistici all’e­sclu­sione del diritto di opzione – della disciplina in esame, poiché i soci possono ricapitalizzare la società – nel rispetto delle regole di diritto sostanziale – prima dell’apertura del concordato. Al riguardo, risulta di fondamentale importanza dedicare qualche cenno ai rapporti fra amministratori e soci nella fase “crepuscolare” dell’impresa societaria. Nel nostro ordinamento sono rintracciabili indici normativi sufficienti a fondare il dovere degli amministratori, una volta accertato che la società è in crisi e quantomeno nell’ipotesi in cui intendano adottare decisioni incidenti sull’investimento azionario, di convocare tempestivamente l’assemblea, se non altro per rendere edotti i membri della compagine sociale della situazione e per chiedere un interpello o una “ratifica” in merito all’indirizzo da adottare. Dovere che assolve la specifica funzione di consentire ai soci di intervenire attivamente per superare la crisi, anche e soprattutto, apportando risorse finanziarie 86: si tratta di garantire ai soci la scelta se proseguire lungo il percorso di risanamento progettato dagli amministratori – che potrebbe comprendere anche i provvedimenti ablativi della partecipazione sociale qui in esame –; se revocare gli amministratori qualora non ne condividano le scelte; o se interrompere anticipatamente l’attività della società e deliberarne lo scioglimento 87. Più specificamente, la dottrina ha richiamato al proposito gli artt. 2446, 1° com­ma e 2447 c.c., la cui ratio viene individuata proprio nell’esigenza di coinvolgere i soci nelle iniziative volte al risanamento dell’impresa almeno a fini informativi 88; e ha ritenuto significativo che, al fine di salvaguardare le menzionate esigenze informative, l’art. 182-sexies legge fall. faccia salva l’applicazione della prima [continua ..]


15. Segue: il sovraprezzo

Il testo dell’art. 163, 5° comma, legge fall. non richiama espressamente nessuna delle garanzie e delle condizioni 95, che il diritto comune prevede in caso di deliberazioni di aumento del capitale a titolo oneroso. Il dato letterale non pare, tuttavia, sufficiente né a escludere la possibile applicabilità anche all’aumento di capitale oggetto del piano concordatario delle regole ex art. 2441, 6° comma, c.c., né a ritenerle senz’altro estendibili a tale operazione per il solo fatto che l’art. 163, 5° comma, legge fall. non menziona alcuna deroga al riguardo. Si deve piuttosto verificare se nel contesto della procedura concorsuale quelle regole possano assolvere o la medesima funzione esplicata nella società in bonis oppure addirittura assumerne una nuova e ulteriore, coerente con gli obiettivi del concordato. Per quanto concerne il sovraprezzo, esso sembra conservare anche nell’ambito di questa procedura la funzione di corrispettivo per la diluizione dei soci originari, poiché essa non contrasta con l’obiettivo, proprio della nuova disciplina concorsuale, di sopprimere il potere di veto di costoro rispetto a operazioni di riallocazione della proprietà della società. In altri termini, il sovraprezzo, pur essendo un meccanismo compensativo previsto dal diritto comune, risulta uno strumento di tutela dell’interesse dei vecchi soci – laddove, nonostante lo stato di crisi, le loro partecipazioni incorporino un valore residuo – applicabile anche nella crisi della società, in quanto coerente con lo spostamento del baricentro della loro protezione dal piano organizzativo a quello meramente patrimoniale, che in quella situazione si mira a realizzare 96.


16. I flussi informativi a favore dei soci nel caso di limitazione o esclusione del diritto di opzione

In ordine ai profili procedimentali relativi all’aumento del capitale sociale, appare da condividere la tesi secondo la quale, nel silenzio dell’art. 163, 5° comma, legge fall., sono applicabili – in quanto compatibili con il contesto concorsuale nel quale l’operazione è realizzata, al pari, come detto, del sovraprezzo – le previsioni del­l’art. 2441, 6° comma, c.c. 97 concernenti i flussi informativi, di cui sono destinatari, fra gli altri, i soci in caso di esclusione o limitazione del loro diritto di opzione 98. Non si vedono ragioni, infatti, per negare l’applicazione estensiva di quella previsione, in quanto – come si preciserà oltre – la disciplina concorsuale vigente impone la previa convocazione dei soci nella fase di esecuzione del concordato omologato, prima di consentire il ricorso al meccanismo coattivo dell’esercizio del voto in loro sostituzione da parte dell’amministratore giudiziario (art. 185, 6° comma, legge fall.). Pertanto, le informazioni previste dall’art. 2441, 6° comma, c.c. conser­vano anche nel nuovo contesto la funzione di consentire ai soci di votare in modo consapevole l’aumento di capitale oggetto della soluzione negoziale della crisi omologata 99 100.


17. Le modalità operative di esecuzione dell’aumento di capitale

Un supplemento di riflessione merita la cadenza procedimentale degli adempimenti preliminari all’aumento di capitale previsto nel piano concordatario. Un problema di notevole rilevanza pratica è quello della situazione patrimoniale da porre alla base della delibera di ricapitalizzazione (art. 2447 c.c.) 101. Al riguardo, si ritiene che quest’ultima debba evidenziare la perdita da coprire e tener conto, a tal fine, di tutti gli effetti derivanti dal concordato (escluso l’aumento di capitale), compresa la falcidia dei creditori 102. Nonostante riscuota ampio consenso nella nostra giurisprudenza teorica e pratica, tale tesi risulta però discutibile alla luce della riflessione sulla valutazione del­l’impresa compiuta dalla dottrina tedesca, la quale si interroga sulla necessità di tener conto al riguardo a) dei provvedimenti di risanamento (Sanierungsmassnahmen) previsti nell’Insolvenzplan, sebbene l’opinione dominante propenda per la soluzione negativa 103 e b) degli incrementi di valore (Wertzuwächse) dovuti dalla riorganizzazione 104. La soluzione prospettata per il nostro ordinamento, peraltro, comporta che la situazione patrimoniale di cui si discute rileva, in sostanza, un trasferimento di ricchezza dai creditori ai soci esistenti, giacché l’incremento del patrimonio netto conseguente alla sopravvenienza attiva determinata dalla falcidia dei creditori è suscettibile di incrementare il valore delle partecipazioni sociali 105. Sorge, allora, la questione della legittimità di un esito del genere, in effetti contestata da chi ha sostenuto che “il trasferimento di ricchezza da classi senior a classi junior crea dubbi di … incompatibilità con il principio della absolute priority rule (almeno fra creditori) espresso dall’art. 160, comma 2, ultima parte” 106. L’effetto appena descritto, tuttavia, potrebbe essere corretto tramite l’imposi­zio­ne a carico soltanto dei vecchi soci 107 – naturalmente nel caso in cui il diritto di opzione sia stato non già escluso, ma limitato – di un sovraprezzo, da quantificare in base al valore del patrimonio netto – come prescrivono il 4° e 6° comma dell’art. 2441 c.c. per i casi in cui il sovraprezzo è obbligatorio – determinato tenendo conto degli effetti del concordato, così da [continua ..]


18. L’ammissibilità di aumenti di capitale senza previa riduzione per perdite nel concordato

L’art. 163, 5° comma, legge fall. si riferisce a un aumento di capitale da eseguirsi dopo l’omologazione del concordato, quando la sospensione degli obblighi di riduzione del capitale ex art. 182-sexies legge fall. è ormai cessata 117. Occorre, perciò, riflettere sulle ripercussioni al riguardo dell’orientamento del Consiglio Notarile di Milano che ammette, nelle società in bonis, aumenti del capitale sociale senza la previa deliberazione di riduzione, pur in presenza di perdite superiori a un terzo del capitale o addirittura tali da ridurlo al di sotto del minimo legale. La massima del Notariato milanese rileva ai fini del problema qui indagato “in quanto l’attuazione dell’aumento di capitale senza la preventiva riduzione consente evidentemente di mantenere inalterate le partecipazioni preesistenti” 118 dei “vecchi” soci, i quali saranno pertanto più facilmente indotti a votare a favore della ricapitalizzazione 119. Sono stati sollevati dei dubbi sulla compatibilità fra il divieto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione ex art. 160, 2° comma, legge fall. e la soluzione ammessa dalla massima milanese, poiché essa consentirebbe di preservare a favore dei soci una parte del valore residuo dell’impresa 120. Tali perplessità appaiono, tuttavia, superabili, se si ritiene condivisibile la tesi secondo la quale quel divieto è del tutto estraneo al rapporto fra soci e creditori 121. L’aumento senza previa riduzione del capitale, ove ritenuto ammissibile anche in situazioni di crisi, non vale, tuttavia, a superare il problema della diluizione forzosa della partecipazione dei vecchi soci, in quanto tale effetto consegue comunque a qualunque aumento del capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione pur senza previa riduzione, la mancanza della quale impedisce solo l’eventuale estinzione delle partecipazioni originarie; e in quanto la soluzione ritenuta ammissibile dalla massima del Consiglio Notarile di Milano non è imposta dalla legge e potrebbe comunque non essere praticabile ove – come spesso accade – i terzi si rendano disponibili a subentrare ai vecchi soci nell’ambito della ristrutturazione solo a condizione di estromettere questi ultimi dalla società.


19. Segue: le operazioni sul capitale nel concordato della s.r.l.

Qualche cenno deve essere dedicato al raffronto fra le nuove regole di diritto societario della crisi e la disciplina – autonoma rispetto a quella della s.p.a., dopo la riforma societaria – dell’esclusione del diritto dei soci di s.r.l. di sottoscrivere gli aumenti di capitale. Appare più arduo conciliare la previsione del nuovo art. 163, 5° comma, legge fall. con la disciplina della s.r.l. che con quella dell’art. 2441 c.c. per le s.p.a., poiché dalle norme applicabili al primo tipo sociale – nel quale l’esclusione (o la limitazione) del diritto di opzione è consentita soltanto se prevista da un’apposita clausola statutaria o, in mancanza di essa, da una delibera approvata all’unani­mi­tà 122 – emerge come il diritto di sottoscrizione costituisca un diritto soggettivo perfetto dei soci 123, la cui esclusione può conseguire soltanto alla rinuncia dei suoi titolari e non all’esistenza di interessi specifici della società 124. Ulteriori elementi di frizione fra le regole in esame sono costituiti dal divieto ex art. 2481-bis, 1° comma, c.c. di escludere il diritto di opzione dei quotisti nel caso in cui l’aumento sia diretto a ricostituire il capitale sceso al di sotto del minimo legale per perdite 125; e ex art. 2482-quater c.c. 126 di modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. Divieti entrambi che non trovano corrispondenza fra le regole vigenti per la s.p.a. 127. Attribuendo la giusta rilevanza alla ratio che ispira tali prescrizioni, però, diventa plausibile sostenere che l’art. 163, 5° comma, legge fall. trovi applicazione anche nelle s.r.l. nei termini già delineati in relazione alle s.p.a., soppiantando la disciplina di diritto sostanziale. La disposizione generale del 2481-bis, 1° comma, c.c. è espressione del “carattere personalistico” della s.r.l. 128. Qualunque sia il significato da attribuire a questa espressione 129, la ratio della norma attiene all’interesse dei componenti la compagine sociale che però, al sopraggiungere della crisi, non può costituire un ostacolo alla realizzazione di soluzioni funzionali al miglior soddisfacimento possibile di quello, divenuto preminente, dei creditori sociali 130. Ancora, non appare costituire un ostacolo insormontabile alla tesi qui [continua ..]


20. L’art. 185, 6° comma, legge fall.: l’ambito di applicazione oggettivo

Altro argomento tanto importante quanto complesso proposto dalla nuova disciplina è il collegamento fra la previsione dell’art. 163, 5° comma e l’art. 185 legge fall., dedicato all’esecuzione del concordato omologato. Qualora il piano concordatario preveda il compimento dell’operazione di cui alla prima disposizione, trova applicazione la previsione di cui al 5° comma dell’art. 185 legge fall. (v. sopra) 135 136. Quest’ultimo autorizza, in sostanza, l’amministratore giudiziario a sostituirsi o i) al solo organo amministrativo, che non abbia provveduto alla convocazione dei soci per l’adozione della deliberazione di loro competenza (in base al diritto sostanziale) necessaria per l’esecuzione delle previsioni concordatarie 137; oppure ii) a sostituirsi anche agli aventi diritto al voto, qualora vi sia stata la convocazione ad opera dell’organo amministrativo, dei sindaci o dello stesso amministratore giudiziario, ma l’assemblea non abbia deliberato in senso conforme a quanto previsto dal concordato omologato (in caso di mancata partecipazione all’adunanza o di voto contrario) 138. Dunque, l’eventuale aumento di capitale senza diritto di opzione può essere attuato senza il voto dei soci 139. In merito all’ambito di applicazione della disposizione in esame, si è sostenuto che il ricorso alla figura dell’amministratore giudiziario sia possibile solo ove sia stata omologata una proposta concorrente e non quando questa manchi o comunque sia stata scelta e omologata quella del debitore 140. Per cui, se la proposta di concordato proviene dal debitore, in caso di inadempimento, dovrebbero utilizzarsi i rimedi ordinari; mentre se si intende evitare in via preventiva la possibile contrarietà dei soci all’attuazione delle operazioni straordinarie indicate nel piano, occorrerebbe utilizzare i meccanismi condizionali e altri accorgimenti che la dottrina e la prassi hanno escogitato 141. Un appiglio per tale conclusione viene individuato nella lettera dell’art. 185, 3° comma, legge fall., che limita l’obbligo del debitore di dare esecuzione alla proposta di concordato approvata e omologata al solo caso in cui essa provenga dai creditori. Pare difficile, tuttavia, in base a un ragionamento a fortiori, non ricavare dalla menzionata disposizione il principio generale per cui il debitore [continua ..]


21. Considerazioni sul sistema italiano derivanti dall’analisi di diritto comparato

La ricostruzione proposta delle nuove prescrizioni introdotte dal d.l. n. 83/2015 fa emergere una disciplina della posizione dei soci nel concordato ampiamente tributaria delle soluzioni adottate negli ordinamenti stranieri. In Germania, in sostanza, il socio prende parte all’approvazione del piano (e dei provvedimenti ivi previsti), ma la sua volontà può essere “bypassata” applicando l’Obstruktionsverbot (§ 245) o il § 246a InsO, quindi la sua partecipazione al processo decisionale è ritenuta una mera finzione. Simile allora appare la disciplina italiana, dove, sebbene i soci non partecipino all’approvazione del piano, sono chiamati in causa ai sensi del 6° comma dell’art. 185 legge fall. 151. A essi viene imposto un dovere di (facere ossia di) cooperare al­l’attuazione del contenuto del concordato omologato (art. 185, 3° comma, legge fall.), avente per oggetto l’espressione del voto favorevole all’aumento di capitale previsto nel piano 152. Tale obbligo, qualora non adempiuto dai soci spontaneamente, può essere eseguito coattivamente tramite l’intervento sostituivo dell’am­mi­ni­stratore giudiziario 153. Il Duldungspflicht imposto ai soci dall’Insolvenzordnung pare, dunque, poter descrivere anche la posizione degli stessi soggetti nel concordato italiano, con la sola precisazione che in quest’ultima procedura i titolari delle partecipazioni sociali hanno dopo l’omologazione un dovere di cooperare all’esecuzione dei contenuti del piano, pena, in caso contrario, la sua esecuzione forzata “in forma specifica” 154 155. Il meccanismo di esecuzione coattiva previsto all’art. 185, 6° comma, legge fall., ricalca poi, anche da un punto di vista operativo, le regole degli artt. L631-9-1 e L631-19-2 c. comm., consistenti nella nomina di un mandataire ad hoc incaricato di convocare l’assemblea dei soci, ma anche di votare in loro sostituzione 156.


22. La tutela dei soci

Il combinato disposto degli artt. 163, 5° comma e 185, 6° comma, legge fall. pone il problema dell’individuazione di adeguati strumenti di tutela della posizione dei soci 157, oggetto di approfondimento anche negli ordinamenti stranieri. Si tratta, infatti, di prefigurare delle misure di protezione non contrastanti con il perseguimento dell’obiettivo dell’eliminazione del loro potere di veto e con lo spostamento della loro tutela dal piano partecipativo a quello essenzialmente patrimoniale 158. La disciplina concorsuale italiana non riconosce ai membri della compagine sociale alcun diritto di voice rispetto all’approvazione della soluzione della crisi 159. Si può però sostenere che, così come in Germania viene estesa al socio la legittimazione a proporre opposizione all’approvazione dell’Insolvenzplan e a impugnare il provvedimento giudiziale che disponga in tal senso (§§ 251 e 253 InsO) 160, nel nostro ordinamento si dovrebbe accordare al medesimo soggetto una forma di tutela analoga. Soluzione che può essere agevolmente fondata, pur in mancanza di una specifica prescrizione in proposito, sull’art. 180, 2° comma, legge fall., ove si legittima a proporre opposizione all’omologazione “qualsiasi interessato”: in questa categoria residuale sono oggi certamente annoverabili anche i soci 161, in quanto costoro possono patire gli effetti determinati dal concordato omologato ai sensi del combinato disposto degli artt. 163, 5° comma e 185, 6° comma, legge fall. Naturalmente, qualora siano i soci a proporre l’opposizione all’omologazione, il tribunale dovrà compiere un giudizio differente da quello al quale è tenuto nel caso in cui il rimedio venga esperito dai creditori. In quest’ultima evenienza il giudice, oltre alle verifiche sulla regolarità della procedura, può sindacare il merito della proposta nell’ipotesi prevista dall’art. 180, 4° comma, legge fall., che però è dettato per l’opposizione non dei soci, ma dei creditori e riguarda, perciò, una valutazione comparativa fra il soddisfacimento delle loro pretese nel concordato rispetto a quello conseguibile nelle alternative concretamente praticabili. Una valutazione del genere non interessa ai soci, per cui occorre ripensare la funzione del tribunale in sede di giudizio di [continua ..]


23. La valutazione della partecipazione nella società in concordato

È opportuno dedicare qualche considerazione a un problema più volte evocato nel corso dell’indagine e la cui soluzione affanna anche gli autori stranieri che si sono dovuti confrontare con riforme concernenti la posizione dei soci nelle procedure concorsuali analoghe a quella italiana. Problema che influisce, come si dirà tra breve, sulla tutela endoconcorsuale degli interessi dei soci. Già prima dell’ESUG la valutazione dell’impresa nell’Insolvenz(plan)verfahren era una questione rilevante per l’applicazione della clausola, ricorrente in numerose disposizioni dell’Insolvenzordnung, che impone di verificare se i creditori possano ricevere un trattamento migliore di quello previsto nell’Insolvenzplan. La stessa questione si ripropone, dopo la novella dell’ESUG, rispetto ai soci ai quali, come gruppo che prende parte alla procedura d’insolvenza, sono state estese le disposizioni (§§ 245, 251, 253 InsO) che prevedono la valutazione comparativa fra lo scenario della ristrutturazione e quello liquidatorio (c.d. Vergleichsklausel). La valutazione delle partecipazioni dei vecchi soci condiziona in modo determinante, come precedentemente rilevato, la possibilità di esperire con successo gli strumenti di tutela loro accordati nella procedura d’insolvenza e, di conseguenza, la questione assume un’importanza centrale affinché tramite quei rimedi non si realizzi una surrettizia reintroduzione del loro potere di veto rispetto all’attuazione di una soluzione concordata della crisi. Un esito di questo genere viene scongiurato in quanto ai sensi dell’Insolven­zord­nung i soci, per azionare con successo i mezzi di protezione ivi disciplinati, hanno l’onere di provare che, in mancanza dell’attuazione del piano, godrebbero di una posizione migliore. Onere considerato, in pratica, insuscettibile di essere assolto, se non in casi del tutto eccezionali, in conseguenza del fatto che il termine di paragone è costituito dal trattamento che essi riceverebbero nel Regelverfahren ossia in un Liquidationszenario 174 e che il criterio per la valutazione delle partecipazioni in situazione di crisi è il Liquidationswert 175 e non il Fortführungs­wert 176. Per cui la possibilità per i soci di ricorrere a un rimedio che potrebbe ostacolare la realizzazione dell’Insolvenzplan (per es., la [continua ..]


24. La conciliabilità dell’espropriazione della partecipazione dei soci con la tutela costituzionale del diritto di proprietà

La dottrina soffermatasi sull’esame “a caldo” delle disposizioni introdotte dal­l’art. 163, 5° comma e 185, 6° comma, legge fall. ha manifestato forti perplessità in merito alla loro legittimità costituzionale rispetto all’art. 42 Cost., nella parte in cui quelle norme consentono un totale assoggettamento della partecipazione dei soci all’altrui potere di disposizione, che può tradursi in un intervento ablativo della proprietà di quel bene non giustificato da un interesse generale e senza un indennizzo a favore dei soci estromessi 185. Si tratta di un rilievo ricorrente sia nella letteratura italiana sia in quella di altri ordinamenti che comprendono, da un lato, una disciplina dedicata alla posizione dei soci nelle procedure concorsuali e, dall’altro, una tutela di rango costituzionale del diritto di proprietà assimilabile a quella italiana 186. Si può perciò pensare di trarre dalle esperienze giuridiche straniere delle soluzioni per la questione in esame valide anche per l’ordinamento italiano. Non sembra corretto ipotizzare un contrasto con l’art. 42 Cost. sotto il profilo della mancanza di un interesse generale capace di giustificare l’espropriazione della proprietà. A ben vedere, infatti, esso può essere individuato nell’interesse alla conservazione sul mercato dell’impresa in crisi, costituente l’obiettivo che si prefiggono tutti gli interventi normativi qui passati in rassegna, il cui conseguimento è, a sua volta, funzionale alla tutela del credito, che trova copertura costituzionale sia nell’art. 47 Cost. sia nella disposizione costituzionale che garantisce il diritto di proprietà 187. Più articolata deve essere, invece, la riflessione relativa all’equo indennizzo che, ai sensi del dettato costituzionale, dovrebbe essere corrisposto all’espropriato. Occorre, intanto, rilevare che le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per il tramite dell’art. 117 Cost., possono costituire parametro del sindacato di legittimità costituzionale; sicché, anche ai fini del diritto interno, entra in gioco quella nozione allargata di proprietà che si è affermata presso la Corte di Strasburgo e che arriva a comprendere anche i diritti relativi, ma pure la tendenza – propria del diritto interno [continua ..]


25. Segue: la conciliabilità della nuova allocazione del potere di determinare la struttura proprietaria e finanziaria della società con la normativa UE

La dottrina di vari paesi europei 203 ha correttamente rilevato come le discipline introdotte nei diversi ordinamenti – ad eccezione di quello spagnolo –, che sostanzialmente espropriano i soci del potere loro riservato dal diritto societario sostanziale di decidere le operazioni sul capitale della società, pongano un problema di compatibilità con la direttiva 2012/30/UE del 25 ottobre 2012. Si individua, in particolare, un possibile contrasto con l’art. 25 della precedente versione della seconda direttiva UE sul capitale sociale, risalente al ’76 (riprodotto, immodificato, nel nuovo art. 29), che riserva, senza alcuna eccezione, la competenza a decidere gli aumenti di capitale all’assemblea 204. Contrasto che appare confermato da una serie di sentenze rese dalla Corte di Giustizia in casi riguardanti alcune società greche 205. In queste pronunce la Corte ha affermato l’illegittimità, per contrasto con la seconda direttiva, di prescrizioni dell’ordinamento greco ai sensi delle quali varie autorità amministrative avevano ricapitalizzato delle società senza ottenere il previo consenso dei soci. Ciò nonostante, parte della dottrina straniera ha sostenuto che tali sentenze non escludono la compatibilità delle prescrizioni finora esaminate con la disciplina UE. Si è osservato, infatti, che la Corte di Giustizia, dopo aver qualificato le operazioni che è stata chiamata a giudicare come “ordinary reorganization measures” 206, “straightforward rationalization measures” 207 o “straightforward rejuvenation measures” 208, le ha espressamente distinte dalle “execution … or liquidation measures” 209. In tutte le proprie decisioni la Corte ha ammesso che la seconda direttiva non impedisce l’attuazione di misure esecutive o liquidatorie, che pongano coattivamente la società in liquidazione a tutela dei creditori 210, mentre la medesima normativa deve trovare applicazione finché la società “continua ad esistere con strutture proprie” e “non vi sia stato spossamento degli azionisti e degli organi ordinari della società” 211. Da tali premesse si ricava che il giudice europeo intende sostanzialmente sostenere – individuando nelle “execution … or liquidation measures taken for the [continua ..]


NOTE