Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Revoca senza preavviso di amministratore di s.r.l. ed esclusione del diritto all'indennizzo (di Marco Speranzin)


La revoca degli amministratori di s.r.l. rappresenta una tematica di grande rilevanza applicativa, e il presente contributo si focalizza, in particolare, sull’interpretazione delle clausole statutarie secondo cui gli amministratori di s.r.l. restano in carica «fino a revoca o dimissioni», che risultano di una frequenza significativa alla luce delle sentenze e delle decisioni arbitrali in materia. Ci si chiede se una clausola così formulata possa essere interpretata nel senso che l’amministratore abbia, al momento dell’accettazione dell’incarico, rinunciato all’indennizzo anche nel caso in cui venisse revocato in assenza di giusta causa e senza preavviso, e se siffatta clausola sia legittima. Per risolvere tale problematica è necessario tener presente (ed è quello che ci si propone di fare in questo scritto) l’ampia autonomia statutaria che caratterizza la s.r.l. e che si riflette anche nella regolamentazione del rapporto di amministrazione: così, per comprendere la volontà dei soci in materia, occorre considerare tutte le clausole dell’atto costitutivo o della decisione di nomina, nonché le eventuali previsioni relative al rapporto di servizio tra società e amministratore.

Removal without notice of director of limited liability (or private) company and exclusion of the right to compensation

The removal of directors of limited liability or private companies is an issue of great relevance, and the present article focuses, in particular, on the interpretation of the statutory clauses according to which directors of limited liability companies remain in office «until removal or resignation», which are of significant frequency in light of the arbitral rulings and decisions on the matter. The question arises as to whether such a clause can be interpreted as meaning that the director has, at the time of accepting office, waived the compensation even if she is removed without just cause and without notice, and whether such a clause is lawful. In order to resolve this issue, it is necessary to bear in mind (and this is what this paper proposes to do) the broad statutory autonomy that characterizes the LLC and private companies that is also reflected in the regulation of the director’s relationship: that is to say, in order to understand the shareholders’ will in this matter, it is necessary to consider all the clauses of the bylaws or the appointment decision, as well as any provisions relating to the service relationship between the company and the director.

SOMMARIO:

1. Il problema della revoca dell’amministratore nella s.r.l. - 2. Le modalità di revoca dell’amministratore a seconda della durata del­l’incarico: effetti sul rapporto di servizio - 3. Le clausole di nomina degli amministratori «fino a revoca»: la casistica - 4. L’autonomia statutaria nelle s.r.l. con riferimento alla regolamentazione del rapporto di amministrazione - 5. Segue. Legittimità dell’esclusione statutaria del diritto all’indennizzo nel caso di revoca senza giusta causa e senza preavviso. La rilevanza della qualificazione del rapporto interno - NOTE


1. Il problema della revoca dell’amministratore nella s.r.l.

La revoca degli amministratori risulta, soprattutto nelle società chiuse e di tipo familiare, un tema di costante attualità e, come emerge da un rapido esame del numero di sentenze in materia, di trasversale rilevanza applicativa anche a livello comparato, perché spesso la revoca risulta utilizzata in via strumentale ad un conflitto tra soci [[1]]. Nella società a responsabilità limitata italiana la disciplina della revoca degli amministratori rappresenta uno specifico problema, dato il venir meno del rinvio, contenuto nel previgente art. 2487 c.c., alle norme in materia di s.p.a. (e quindi all’attuale art. 2383 c.c.): mancato rinvio che viene giustificato dalla maggiore snellezza del funzionamento della s.r.l., in cui si privilegiano – anche per la minore rilevanza di interessi esterni ed eterogenei – gli spazi di autonomia statutaria rispetto alla predeterminazione di regole organizzative vincolate [[2]]. La disciplina dell’atto costitutivo nella s.r.l. può essere, proprio per tale ragione, più articolata rispetto a quella della s.p.a., in cui il rapporto di amministrazione è assistito da un certo tasso di imperatività e i gestori hanno un incarico necessariamente a tempo determinato: nel primo tipo societario, invece, come noto, gli stessi possono essere, e spesso sono, nominati a tempo indeterminato [[3]]. Ciò si verifica non solo nel silenzio dell’atto costitutivo o dell’atto di nomina [[4]], ma anche (come sovente avviene nella prassi) con la previsione di clausole statutarie di varia formulazione, come quella secondo cui gli amministratori restano in carica «fino a revoca o dimissioni» [[5]]. In questa ipotesi la nomina non è determinata secondo una prospettiva ex ante, che si basa sulla durata dell’incarico (a tempo determinato o indeterminato), ma in una prospettiva rivolta alla cessazione del rapporto. Dal punto di vista della disciplina e quindi degli effetti di tale formulazione, ci si deve chiedere se le clausole sopra menzionate confermino la previsione secondo cui l’amministratore di s.r.l. nominato a tempo indeterminato può essere revocato, oltre che (con effetti immediati) per giusta causa, purché sia rispettato un congruo preavviso [[6]]; oppure se tali clausole possano essere interpretate in modo diverso, ritenendo che i soci abbiano voluto escludere che [continua ..]


2. Le modalità di revoca dell’amministratore a seconda della durata del­l’incarico: effetti sul rapporto di servizio

Con riferimento alla revoca dell’amministratore di s.r.l. è stata in primo luogo proposta una distinzione di disciplina a seconda dell’atto (o, in altri termini, della modalità) di nomina (la c.d. preposizione all’ufficio: Bestellung), che costituisce prerogativa della collettività dei soci (art. 2479, comma 2, c.c.) [[12]], al di là del peculiare caso in cui l’incarico venga attribuito per effetto di un diritto particolare del socio (v. art. 2468, comma 3, c.c.) [[13]]. Si tratta, in particolare, di valutare se distinguere il caso della nomina dell’organo amministrativo contenuta nell’atto costitutivo rispetto alla nomina effettuata con decisione dei soci. Un’interpretazione ha sostenuto che, in affinità con la disciplina delle società di persone (art. 2259 c.c.), e al fine di rafforzare il carattere personalistico della s.r.l., nel caso di amministratore nominato nell’atto costitutivo la revoca debba avvenire secondo le regole delle modifiche statutarie (art. 2479, comma 2, n. 4, c.c.); nel caso dell’amministratore nominato con decisione dei soci, invece, sarebbe sufficiente l’adozione di una delibera con le maggioranze ordinarie [[14]]. Sul punto, la tesi maggioritaria, seguita dalla giurisprudenza, ha, tuttavia, preso posizione nel senso di ritenere non necessaria, anche per la revoca dell’ammini­stratore di s.r.l. nominato nell’atto costitutivo, una modifica dello stesso, in considerazione della mancanza di valore organizzativo della relativa previsione [[15]], salva l’ipotesi – su cui, a quanto consta, non si rinvengono precedenti giurisprudenziali – in cui la disciplina statutaria segnali, allora espressamente, l’indivi­duazione degli amministratori quale contenuto di una clausola avente portata effettivamente organizzativa [[16]]. Una seconda distinzione – ed è quella che più rileva per lo specifico problema in commento – ha ad oggetto le modalità di revoca dell’amministratore a seconda della durata dell’incarico, con riferimento alla necessità di una giusta causa e dell’eventuale preavviso. Fermo che la revoca dell’amministratore costituisce, in quanto inerente al rapporto organico [[17]], un atto in via di principio discrezionale ed insindacabile da parte dei soci [[18]], nella s.r.l. gli effetti della [continua ..]


3. Le clausole di nomina degli amministratori «fino a revoca»: la casistica

Non è tuttavia chiaro, in relazione alla sopra menzionata distinzione, come vada interpretata la clausola statutaria ricordata al primo paragrafo, e che risulta di una certa frequenza alla luce delle sentenze e delle decisioni arbitrali in materia, secondo la quale si prevede la nomina dell’amministratore «fino a revoca o dimissioni». Una recente decisione del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, ha espressamente equiparato la previsione della nomina «fino a revoca o dimissioni» ad una nomina a tempo indeterminato, e ciò ai fini dell’attribuzione dell’eventuale indennizzo a favore dell’amministratore in caso di revoca senza giusta causa o preavviso [[23]]. Tale equiparazione è stata data per pacifica dalle parti in causa e il Tribunale l’ha fatta propria senza alcun particolare approfondimento; nel caso di specie, peraltro, il Tribunale ha integralmente rigettato le domande proposte in giudizio dall’amministratore, non ravvisando i presupposti – asserita attivazione abusiva della clausola simul stabunt simul cadent, qualificata dall’attore come revoca senza giusta causa e senza preavviso – sui quali si basavano le richieste di indennizzo. Un’altra decisione del medesimo Tribunale ha, invece, ritenuto che la formulazione secondo cui gli amministratori durano in carica «a tempo indeterminato o sino a revoca e dimissioni» sia tale da facoltizzare i soci, come dimostrato dalla disgiuntiva, alla revoca ad nutum senza attribuzione del diritto all’inden­nizzo [[24]]. Questa seconda pronuncia evidenzia che la formulazione della nomina dell’am­ministratore «fino a revoca» non pare possa essere, sempre e automaticamente, equiparata ad una nomina a tempo indeterminato, che, come si diceva, attribuisce il diritto all’indennizzo a favore dell’amministratore, in caso di revoca in mancanza di preavviso o giusta causa [[25]]. E ciò perché – al fine di comprendere quale sia la volontà dei soci sul punto, attraverso i criteri interpretativi ritenuti rilevanti in materia di s.r.l. [[26]] – devono tenersi in considerazione tutte le clausole dell’atto costitutivo o della decisione di nomina, oltre alle eventuali previsioni del rapporto di servizio tra società e amministratore, qualora vi fossero. In questo senso pare, [continua ..]


4. L’autonomia statutaria nelle s.r.l. con riferimento alla regolamentazione del rapporto di amministrazione

Come noto, la struttura normativa della società a responsabilità limitata è stata profondamente rimodellata dal legislatore della riforma del diritto delle società di capitali, con l’obiettivo, imposto dalla legge delega, di differenziare la stessa rispetto al modello della società per azioni, offrendo al mercato una vera e propria «nuova s.r.l.». Uno degli elementi sintomatici di tale intento di differenziazione e di emancipazione della s.r.l. rispetto al modello principale della s.p.a. si rinviene nell’ampia autonomia statutaria che viene riservata ai soci della prima, in forza della quale le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto, nei limiti imposti dalla legge [[31]]. Ai soci è quindi consentito modellare liberamente l’atto costitutivo secondo le proprie esigenze, purché non vengano violati diritti inderogabili o norme imperative (a tutela dei terzi: in primis i creditori sociali) [[32]]. La rilevante autonomia statutaria concessa ai soci di s.r.l. può esplicarsi anche nel rapporto di amministrazione e nelle regole del suo funzionamento: regole organizzative che l’amministratore accetta con l’assunzione dell’incarico [[33]], e che l’assemblea può riservarsi di modellare con ampio potere dispositivo [[34]]. Ciò vale senz’altro anche con riferimento alla revoca, specie ove si consideri la «reticenza» del legislatore di s.r.l. in materia [[35]]. In questo senso, pare rientrare nel potere dispositivo dei soci regolamentarne la disciplina sotto il profilo sia procedimentale, sia contenutistico. Quanto al procedimento, e diversamente da quanto accade nelle società azionarie (v. art. 2369, comma 4, c.c.), pare, ad esempio, senz’altro ammissibile la clausola statutaria che elevi i quorum deliberativi rispetto alla disciplina di legge [[36]]. Altrettanto vale con riferimento al profilo contenutistico, in relazione al quale deve ritenersi legittima espressione del potere dei soci la modulazione della disciplina della revoca, anche dal punto di vista della relazione tra il rapporto di preposizione all’ufficio e quello di servizio con l’amministratore, e quindi sotto il profilo della giusta causa di revoca e della previsione dell’indennizzo [[37]]. In questo senso è orientato anche il Comitato Notarile Triveneto, secondo [continua ..]


5. Segue. Legittimità dell’esclusione statutaria del diritto all’indennizzo nel caso di revoca senza giusta causa e senza preavviso. La rilevanza della qualificazione del rapporto interno

Alla luce di quanto premesso nei paragrafi che precedono, pare che sussistano argomenti rilevanti, di natura sistematica, per affermare che la clausola di nomina dell’amministratore «fino a revoca» possa essere interpretata nel senso che i soci abbiano inteso riservarsi la possibilità di revocare ad nutum, senza alcun preavviso anche in mancanza di una giusta causa, l’amministratore, con espressa esclusione del diritto all’indennizzo a favore di quest’ultimo. Ciò in particolare ove l’atto costitutivo (o la decisione di nomina) contengano una clausola che legittima, in via alternativa, la nomina dell’amministratore a tempo indeterminato o sino a revoca o dimissioni, oppure ove non venga espressamente deliberata dall’assemblea una forma di indennità per la durata o per la cessazione della carica, in presenza di un’espressa previsione statutaria in tal senso [[51]]. Quest’orientamento è stato fatto proprio, come si accennava, sia da una decisione del Tribunale di Milano che da un lodo arbitrale in argomento, che hanno valorizzato, da un lato, il fatto che i soci della s.r.l. in oggetto abbiano revocato con effetto immediato, senza alcun preavviso e senza una giusta causa, un amministratore che era stato nominato «fino a revoca», in conformità al contenuto dell’atto costitutivo; e, d’altro lato, le ulteriori previsioni di quest’ultimo con cui era attribuito ai soci la possibilità di determinare un’indennità a favore degli amministratori, che nei casi di specie non era stata attribuita [[52]]. Tali pronunce hanno offerto un’interpretazione delle clausole dell’atto costitutivo nel loro complesso, attraverso una lettura congiunta delle previsioni relative alla durata dell’incarico. Sotto il profilo letterale, infatti, l’atto costitutivo riportava (e può legittimamente riportare) una formulazione differente in relazione alle due ipotesi previste con riferimento alla durata della carica dell’organo amministrativo. Per quanto concerne la prima opzione, ossia l’ipotesi di nomina degli amministratori a tempo definito, i soci hanno optato per la formulazione letterale di una durata «per il periodo determinato al momento della nomina». Per quanto concerne la seconda opzione, i soci hanno preferito utilizzare in un caso entrambe le possibilità (sia [continua ..]


NOTE