Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Il responsabile del beneficio comune ed i doveri degli amministratori nella società benefit (di Giulia Bovenzi)


Il saggio affronta il problema del ruolo del responsabile del beneficio comune delle società benefit costituite in forma di s.p.a., definendone le funzioni ed i compiti. Anche attraverso l’analisi di modelli societari propri di ordinamenti stranieri, in specie americano e francese, affini alla società benefit, si giunge a considerare il responsabile del beneficio comune un organo delegato, al quale è affidato il ruolo di assicurare il corretto bilanciamento tra scopo di lucro e finalità benefiche, alla luce della disciplina in materia di rapporti tra delegati e consiglio di amministrazione. Proprio il corretto bilanciamento degli interessi coinvolti costituisce oggetto di uno specifico dovere degli amministratori, la cui violazione impone il risarcimento del danno in favore della società e dei terzi destinatari dell’attività di beneficio comune, ponendosi, al riguardo, alcuni problemi in punto di onere della prova e di liquidazione del danno.

The manager of the common benefit and the duties of chief executive officer in the benefit company

The essay addresses the problem of the manager’s role for the common benefit in the benefit companies constituted as company limited by shares, defining its functions and tasks. Also through the analysis of corporate models of foreign systems, especially the American and French, related to the benefit company, it is possible to consider the common benefit manager as a delegated administrative body, which is entrusted the role of ensuring the correct balance between profit and charitable purposes, in view of the rules governing relations between CEOs and the management board. The correct balancing of the interests involved is a specific duty of CEOs, whose breach cause compensation for the damage in favour of the company and third parties beneficiaries of the pursuit of the common benefit, raising, in this regard, some problems in terms of burden of proof and liquidation of the damage.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Le diverse ricostruzioni sul ruolo del responsabile del beneficio comune nella s.p.a. benefit: criticità e spunti di riflessione - 3. La benefit corporation e la société à mission: il potenziamento dei sistemi di controllo quale strumento per garantire la realizzazione delle finalità di rilevanza sociale - 4. Il responsabile del beneficio comune come organo delegato ed il contenuto della delega - 5. Segue. L’operazione di bilanciamento e la relazione d’impatto quali materie indelegabili - 6. Segue. Le conseguenze derivanti dalla violazione dei doveri gestori tipici di una s.p.a. benefit - NOTE


1. Premessa

Tra le diverse questioni interpretative riguardanti la disciplina della società benefit, introdotta dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (art. 1, commi 376-384), una delle più dibattute riguarda la definizione del ruolo del responsabile del beneficio comune previsto dall’art. 1, comma 380, la cui nomina rappresenta un’ulteriore peculiarità del modello societario [[1]]. Si tratta di un problema avvertito maggiormente nella società azionaria a causa della rigida struttura corporativa che la connota, poiché il responsabile del beneficio comune si inserisce all’interno degli organi societari e del rapporto esistente tra questi. È un dato ormai acquisito che nel corso degli anni il legislatore ha predisposto regole sempre più stringenti sull’organizzazione interna della società per azioni, al fine di assicurare alla stessa la realizzazione del proprio scopo in un’ottica maggiormente competitiva [[2]]. Si pensi alla disciplina dell’art. 2381 c.c., il cui nucleo centrale viene individuato nel dovere di agire informato che governa l’intera attività gestoria e rappresenta la più elevata manifestazione di diligenza ex art. 2392 c.c., da parametrare in base alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze richieste ai singoli gestori [[3]]. Ancora, il nuovo art. 2086 c.c., intervenendo ulteriormente sulla libertà imprenditoriale, richiede assetti adeguati alla natura ed alle dimensioni dell’impresa [[4]], da sottoporre alla successiva vigilanza dell’organo di controllo (ex art. 2403 c.c.), sul presupposto che la costruzione di un organigramma appropriato, in cui sia assicurato anche un corretto sistema informativo, consenta di gestire l’impresa in modo efficiente e realizzare in maniera puntuale l’oggetto sociale, fungendo, al contempo, da criterio di valutazione della condotta di gestori, dirigenti e controllori [[5]]. Da altro angolo visuale, il canone della correttezza imprenditoriale è divenuto sempre più espressione di una gestione socialmente responsabile, che soddisfi le aspettative dei soci e tenga conto anche delle possibili esternalità negative imputabili all’attività d’impresa [[6]]; ciò è evidente nel modello benefit, in cui il fine ultimo dell’obbligo di istituire assetti adeguati va ricercato anche nella [continua ..]


2. Le diverse ricostruzioni sul ruolo del responsabile del beneficio comune nella s.p.a. benefit: criticità e spunti di riflessione

Una posizione largamente condivisa tra gli studiosi del tema è quella di attribuire al responsabile del beneficio comune della s.p.a. benefit una funzione di ausilio alla gestione operativa, identificandolo in un amministratore indipendente, o in un comitato per il controllo interno nel caso di società di più rilevanti dimensioni [[7]], in alternativa nell’organo di controllo vero e proprio [[8]], o, ancora, pensando ad un soggetto esterno all’organigramma aziendale, nel dirigente di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 [[9]]. Si tratta di soluzioni che pretendono di garantire il corretto bilanciamento di interessi eterogenei guardando esclusivamente al versante del controllo societario; tuttavia, le stesse sono state avanzate senza utilizzare particolari argomentazioni a sostegno e, pertanto, il punto merita approfondimento. La possibilità di individuare il responsabile tra coloro che, all’interno di una società azionaria, fanno parte dell’organo di controllo propriamente inteso non sembra condivisibile [[10]]. Depone in questa direzione la previsione secondo cui l’inos­servanza degli obblighi di bilanciamento degli interessi eterogenei e di nomina del responsabile costituisce inadempimento dei doveri che la legge e lo statuto impongono agli amministratori, con conseguente applicazione della disciplina codicistica relativa alla responsabilità gestoria prevista per ciascun tipo societario (art. 1, comma 381, legge n. 208/2015). È chiaro, dunque, che la nomina del responsabile o dei responsabili sia un ulteriore compito degli amministratori della società benefit e non può di certo riguardare l’organo di controllo, atteso il rischio di rendere precaria la vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. e di creare un possibile conflitto d’in­teressi tra controllore e controllato. Una valutazione più complessa deve svolgersi rispetto alle altre tesi avanzate, in cui si parla di una funzione di controllo, ma non in senso tecnico. L’idea di equiparare la figura del responsabile del beneficio comune all’Organismo di vigilanza ex art. 6, comma 1, lett. b), d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, si ricollega alla circostanza che la predisposizione del modello in questione è da più parti ricollegata al dovere di dotare la società di assetti organizzativi adeguati [[11]]. Da qui, si arriva ad [continua ..]


3. La benefit corporation e la société à mission: il potenziamento dei sistemi di controllo quale strumento per garantire la realizzazione delle finalità di rilevanza sociale

Una prima risposta concreta sul piano normativo all’esigenza di diffondere tra le società azionarie politiche imprenditoriali ispirate ai canoni della Corporate Social Responsibility proviene dagli Stati Uniti [[16]]. In particolare, con il Model Benefit Corporation Legislation del 2010 lo Stato del Maryland ha introdotto la disciplina della benefit corporation, un modello societario che prevede, accanto al tipico interesse lucrativo, l’inserimento in statuto del general public benefit, da intendersi come significativo effetto positivo sulla società e sull’ambiente, e la possibilità di introdurre anche uno o più specific public benefits, vale a dire finalità benefiche a favore di determinati soggetti o specifiche aree di intervento [[17]]. A garanzia del perseguimento dei fini sociali, è imposto agli amministratori di considerare nelle proprie decisioni non solo l’interesse degli azionisti, ma anche l’effetto che ne deriva per l’ambiente e per tutti gli stakeholders, valendo in ogni caso la regola della business judgment rule, in grado di porre al riparo il merito delle scelte gestorie, qualora si tratti di decisioni disinteressate, informate e diligenti [[18]]. In ragione di ciò, sembra che la disciplina intenda rafforzare il perseguimento dei fini di rilevanza sociale attraverso la predisposizione di un particolare sistema di controlli. Ed infatti, il § 302 e il § 304 del Model Benefit Corporation Legislation consentono alla società di prevedere, rispettivamente, la presenza di un benefit director e di un benefit officer. Il primo, nominato dai soci in statuto o tramite successiva delibera, è un componente indipendente del board, cui sono riconosciuti gli stessi diritti, doveri e responsabilità degli executive directors, ma incaricato specificatamente di monitorare sul perseguimento dello scopo di beneficio comune, dandone attestazione in una specifica relazione da inserire nel benefit report [[19]]. Diversamente, il benefit officer, in assenza di previsione statutaria, può essere nominato discrezionalmente dal consiglio di amministrazione e viene considerato, di norma, alla stregua di un direttore indipendente, incaricato di predisporre la relazione d’impatto. Si tratta, ad ogni modo, di figure cui è assegnata una funzione prevalentemente di vigilanza e che sembrano rispondere all’esigenza di [continua ..]


4. Il responsabile del beneficio comune come organo delegato ed il contenuto della delega

Le considerazioni da ultimo svolte consentono di far luce sul ruolo del responsabile del beneficio comune. Se la sua funzione è quella di rafforzare i presìdi interni all’impresa rispetto ai settori dedicati alle finalità benefiche, in termini di gestione operativa e di controllo interno, al fine di un corretto bilanciamento di interessi, vuol dire che si tratta di un compito da assegnare a soggetti qualificati, in grado di curare in concreto tali settori, come promanazione diretta dell’organo amministrativo cui rendere conto del proprio operato ed assicurare una gestione adeguata alle particolarità del modello societario. In altri termini, l’espressione «funzioni e compiti» contenuta nell’art. 1, comma 380, legge n. 208/2015, deve intendersi come riferita ad un fenomeno di delega di poteri gestori [[33]], determinando la necessità di pensare per la s.p.a. benefit ad un organo amministrativo collegiale, in cui, oltre alla presenza di eventuali esecutivi incaricati della gestione legata al profitto, si preveda la figura del responsabile quale delegato cui attribuire poteri e funzioni relativi alle finalità benefiche. Tanto è vero che la legge n. 208/2015 in più punti parla di «amministratori», presupponendo la presenza di un organo gestorio variamente composto in vista del bilanciamento degli interessi. La soluzione, da un lato, può trovare una conferma nelle esperienze straniere dapprima analizzate, in quanto la funzione amministrativa, soprattutto della grande impresa, è condizione pregiudiziale per un sistema di controllo efficace, attraverso la predisposizione di procedure efficienti ed il monitoraggio del loro funzionamento, assieme alla procedimentalizzazione dei flussi informativi dettata dall’art. 2381 c.c. [[34]]. Per altro verso, l’idea di considerare necessario un consiglio di amministrazione variamente articolato non è estranea all’ordinamento italiano se solo si guarda alla disciplina delle società quotate, in cui è presupposta la struttura pluripersonale dell’organo gestorio: oltre alla presenza degli amministratori indipendenti [[35]], è imposto agli emittenti il sistema del voto di lista per la nomina del consiglio di amministrazione e la riserva di alcuni posti a soggetti tratti da liste “di minoranze” (art. 147-ter t.u.f.). La previsione si [continua ..]


5. Segue. L’operazione di bilanciamento e la relazione d’impatto quali materie indelegabili

Da altro angolo visuale, la necessità di avere deleghe specifiche consente di riservare al consiglio di amministrazione della s.p.a. benefit tutte quelle scelte che richiedono la valutazione e la decisione collegiale, tanto con riguardo alle materie indelegabili espressamente contemplate dal comma 4 dell’art. 2381 c.c. [[56]], che rispetto a tutte quelle decisioni attraverso cui si definiscono gli obiettivi strategici e le linee programmatiche della società [[57]]. Tali compiti, di cui il consiglio non si può spogliare a favore di singoli componenti in quanto nucleo essenziale delle proprie competenze, appaiono prodromici alla valutazione sull’adeguatezza della complessiva organizzazione predisposta dai delegati [[58]]. L’attenzione è rivolta soprattutto a due profili che, all’interno della gestione benefit, appaiono di fondamentale importanza, vale a dire l’operazione di bilanciamento, così come definita dall’art. 1, comma 380, legge n. 208/2015, e la relazione d’impatto, richiesta dall’art. 1, comma 382, legge n. 208/2015. Nel primo caso, si tratta della tipica modalità di gestione del modello benefit, frutto del dovere di perseguire, accanto allo scopo di lucro, anche le finalità benefiche, tale che il contenuto dei doveri degli amministratori sia determinato dalla presenza di interessi di serie specificati in statuto e bisognosi di essere composti in sede collegiale [[59]]. Di conseguenza, la figura del responsabile risulta di fondamentale importanza perché consente al consiglio di amministrazione, attraverso il buon funzionamento dei flussi informativi, di disporre delle specifiche competenze richieste per i settori benefit, giungendo ad un’azione unitaria che responsabilizzi i singoli componenti a beneficio della società, degli interessati alle finalità benefiche e di tutti i destinatari della gestione «responsabile, sostenibile e trasparente». Tuttavia, si tratta pur sempre di una decisione che determina l’interesse sociale concreto nelle singole operazioni e che, pertanto, rientra nel potere di indirizzo strategico ed organizzativo del plenum, quale risultato della funzione ponderatoria e compositoria propria del confronto in sede collegiale [[60]]. Quali siano i criteri che il consiglio di amministrazione debba utilizzare nell’effettuare tale operazione non è chiarito [continua ..]


6. Segue. Le conseguenze derivanti dalla violazione dei doveri gestori tipici di una s.p.a. benefit

In relazione ai profili gestori analizzati, sussistono alcuni doveri che si possono ritenere tipizzati, il cui rispetto consente agli amministratori di una s.p.a. benefit di garantire una gestione in grado di bilanciare e perseguire correttamente i molteplici interessi di cui è portatrice la società. Si tratta, in primo luogo, dell’obbligo di nominare il responsabile del beneficio comune e di quello relativo all’operazione di bilanciamento tra scopo di lucro e finalità benefiche, la cui violazione, oltre ad essere considerata inadempimento dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto agli amministratori, potrebbe determinare la loro responsabilità in base alla disciplina di diritto comune (art. 1, comma 381, legge n. 208/2015). A queste due fattispecie deve aggiungersi la redazione della relazione d’impatto, quale ulteriore obbligo gestorio tipico della s.p.a. benefit finalizzato al corretto perseguimento del duplice scopo sociale [[76]]. Anche in questo caso, l’inadempimento, al pari di quello relativo ai due doveri poc’anzi contemplati e, di norma, a qualsiasi dovere gestorio generale o specifico, potrebbe determinare la pretesa risarcitoria da parte della società qualora sia provata la sussistenza di un danno al patrimonio sociale [[77]]. Profilo, quest’ultimo, che assume un connotato del tutto particolare nel caso del modello benefit, giacché l’inadempimento degli obblighi tipici rappresenta evidentemente un risparmio di risorse e consente di avere a disposizione maggiori mezzi per il perseguimento dei fini tipicamente lucrativi [[78]]. Pertanto, potrebbe risultare alquanto complesso provare che, al contrario, ne possa discendere un danno patrimoniale per l’ente. Così, ad esempio, l’omessa designazione del responsabile del beneficio comune consente alla società di risparmiare il relativo compenso, ferma restando la violazione di un dovere imposto dalla legge e, in teoria, dallo statuto, qualora vi sia la presenza di apposite clausole di delega obbligatoria [[79]]. Allo stesso modo, il mancato o scorretto bilanciamento, da intendere come noncuranza dell’impatto delle scelte gestorie sugli interessi socio-ambientali inseriti ex lege all’interno dell’og­getto sociale [[80]], determina la possibilità per la società di economizzare risorse da impiegare nei settori dedicati alle [continua ..]


NOTE