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1. La fusione come causa (inderogabile) di recesso nella società a responsabilità limitata. - 2. La fusione per incorporazione tra una società a responsabilità limitata e una società da essa interamente partecipata. Esame di possibili ricadute, a seguito dell’operazione, sui diritti dei soci dell’incorporanda. Critica. - 3. Proposta di interpretazioneantiletterale (in quanto logico-sistematica) dell’art. 2473, 1° comma, c.c. con riferimento all’operazione di fusione ex art. 2505 c.c. - NOTE
Con la riforma del diritto societario del 2003 la società a responsabilità limitata – la circostanza è notissima – ha assunto le vesti di tipo societario autonomo, quanto a disciplina, dalla società per azioni, come si evince dalle indicazioni fornite già dalla legge delega n. 366 del 3 ottobre 2001, che dettava quale principio generale della riforma delle società di capitali quello di “prevedere due modelli societari riferiti l’uno alla società a responsabilità limitata e l’altro alla società per azioni” e, come corollario, commetteva al legislatore delegato di predisporre, per la società a responsabilità limitata, un autonomo e organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i componenti la compagine sociale [1]. Nel contempo la società a responsabilità limitata, in uno con la formazione di una disciplina propria e non più dipendente dai numerosi rinvii a quella della s.p.a. (come nella disciplina previgente), veniva delineata quale modello societario elastico, suscettibile di assumere una struttura vicina sia a quella di una società per azioni (in quanto al modello amministrativo di default, in mancanza di indicazioni dell’atto costitutivo, si intenderà adottato il metodo collegiale basato sulla presenza di un consiglio di amministrazione) che a quella di una società personale (e si pensi al rinvio agli artt. 2257 e 2258 c.c. in tema di amministrazione congiuntiva e disgiuntiva di società semplice). In tale contesto non è dunque casuale che le norme a tutela della posizione dei soci (i.e. delle persone dei soci) siano state sovente qualificate come inderogabili o dal legislatore stesso o dagli interpreti e dalla giurisprudenza (ad es. l’art. 2479, 2° comma, c.c. [2] o, come oggi si afferma in via sostanzialmente pacifica [3], l’art. 2476, 2° comma, c.c. in materia di diritti di controllo del socio non partecipante alla amministrazione della società), quasi a voler individuare e salvaguardare un nucleo di decisioni, diritti e poteri in capo al gruppo dei soci indipendentemente dall’architettura del sistema amministrativo (nonché di quello di controllo, quando necessario o se adottato comunque in forza [continua ..]
Proseguendo nel ragionamento, occorre a questo punto chiedersi se le considerazioni sinora svolte debbano trovare applicazione anche all’ipotesi di incorporazione, da parte di una società a responsabilità limitata, di una società da essa interamente partecipata [17]. La fattispecie in esame riguarda, evidentemente, l’art. 2505 c.c., disciplinante la incorporazione di società interamente possedute, che recita: “Alla fusione per incorporazione di una società in un’altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima non si applicano le disposizioni dell’articolo 2501 ter, primo comma, numeri 3), 4) e 5) e degli articoli 2501 quinquies e 2501 sexies. L’atto costitutivo o lo statuto può prevedere che la fusione per incorporazione di una società in un’altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima sia decisa, con deliberazione risultante da atto pubblico, dai rispettivi organi amministrativi, sempre che siano rispettate, con riferimento a ciascuna delle società partecipanti alla fusione, le disposizioni dell’articolo 2501-ter, terzo e quarto comma, nonché, quanto alla società incorporante, quelle dell’articolo 2501-septies. I soci della società incorporante che rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale possono in ogni caso, con domanda indirizzata alla società entro otto giorni dal deposito o dalla pubblicazione di cui al terzo comma dell’articolo 2501 ter, chiedere che la decisione di approvazione della fusione da parte della incorporante medesima sia adottata a norma del primo comma dell’articolo 2502”. Nella ipotesi descritta la fusione (il cui procedimento, non casualmente, è notevolmente semplificato rispetto alla disciplina degli artt. 2501 ss. c.c.) pare assolutamente neutra rispetto alla salvaguardia della posizione soggettiva del socio antecedente l’operazione, nonché rispetto alla titolarità delle quote a seguito della stessa [18]. In altri termini, non sembrano rinvenirsi, nel caso di specie, i presupposti sulla base dei quali è stato attribuito il diritto di recesso al socio di società a responsabilità limitata in ipotesi di fusione. In primo luogo la disciplina consente di omettere le indicazioni di cui all’art. 2501-ter, 1° comma, n. 3 (i.e. il rapporto di cambio delle [continua ..]
Non rinvenendosi dunque, nella fusione semplificata di società interamente partecipata da una società a responsabilità limitata, i presupposti alla base della concessione del diritto di recesso ai soci di s.r.l., logica conseguenza porterebbe a ritenere fondati i dubbi circa l’esistenza di tale diritto anche nell’ipotesi esaminata. Gli interpreti – pervero non numerosi – che si sono occupati della problematica ritengono in effetti difficilmente spiegabile la permanenza del diritto di recesso del socio di s.r.l. incorporante una società interamente partecipata dalla prima [31], segnalando come la particolare attenzione riservata al profilo personalistico nelle società a responsabilità limitata “non spiega tuttavia comunque la spettanza del recesso (stante il completo silenzio della normativa in questione) anche in casi di fusione/scissione perfettamente “neutri” rispetto all’accennato carattere personalistico, come invero accade nel caso di incorporazione di società interamente partecipata o partecipata dai medesimi soci che compongono l’incorporante oppure nel caso di una scissione per effetto della quale si origini una nuova società che abbia come soci gli stessi soci della società scissa”. Su posizioni analoghe pare la dottrina che si è occupata funditus dell’argomento [32], ritenendo che la questione dell’idoneità della fusione a determinare variazioni dell’assetto organizzativo originario non abbia nemmeno ragione di porsi nell’ipotesi di incorporazione di una società il cui capitale sia interamente posseduto dalla incorporante. Discende da quanto esposto sinora la possibilità – se non la necessità – di una interpretazione antiletterale (in quanto logico-sistematica) del disposto dell’art. 2473, 1° comma, c.c. ove esso fa riferimento alla fusione tout court quale presupposto, in ogni caso, del diritto di recesso per il socio di società a responsabilità limitata, fino a giungere alla conclusione che esso non si applichi alla fattispecie della fusione di una società interamente partecipata ex art. 2505 c.c. Orientamenti abbastanza recenti della Corte di Cassazione [33] manifestano, da questo punto di vista, un allontanamento dal brocardo [continua ..]