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1. Il caso - 2. La normativa di riferimento. Il dibattito sull’ammissibilità della «supersocietà di fatto» tra società di capitali - 3. I precedenti giurisprudenziali. Gli orientamenti in tema di applicabilità dell’art. 2361, 2° comma, c.c. alle s.r.l. - 4. La dottrina. La delibera assembleare di assunzione della partecipazione in società di persone tra atto di gestione ed autorizzazione - 5. Il commento - 5.1. Una possibile inversione di tendenza: l’art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c. quale norma paradigmatica della partecipazione di una s.r.l. a società di persone - 5.2. Segue. I criteri per la riconduzione dell’assunzione di partecipazioni alle ipotesi dell’art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c. - 5.3. L’opponibilità ai terzi della mancata osservanza delle regole sull’assunzione di partecipazioni - NOTE
La sentenza che si annota [1] segna un’importante svolta della Cassazione sul ben noto tema della «supersocietà di fatto» tra società di capitali, tornato in auge dopo le riforme del diritto societario e fallimentare. In particolare, la circostanza che il caso esaminato avesse ad oggetto il fallimento di una «supersocietà di fatto» intercorrente tra più società costituite in forma di s.r.l., ha indotto la Corte a valutare la possibilità di applicare a tale tipo di società l’art. 2361, 2° comma, c.c. – che disciplina le modalità per l’assunzione di una partecipazione da parte di una società per azioni in altra impresa comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali – pervenendo ad escluderla attraverso una pluralità di argomentazioni e senza trascurare di affrontare la questione dell’opponibilità ai terzi della violazione delle suddette modalità, ove considerate quale limite legale al potere degli amministratori. È opportuno, al fine di meglio comprendere l’oggetto della decisione, sintetizzare l’iter della controversia nei diversi gradi di giudizio. Il caso trae origine da una pronuncia del Tribunale di Foggia che, su ricorso del curatore del fallimento della Alfa s.r.l. ed una volta dichiarato il fallimento della società di fatto tra la Alfa s.r.l. ed altre due società a responsabilità limitata, Beta s.r.l. e Gamma s.r.l. – previo accertamento della sua esistenza ed insolvenza – è giunta all’estensione del fallimento a queste ultime, ai sensi dell’art. 147, 1° comma, legge fall., in quanto socie illimitatamente responsabili della suddetta società di fatto. A seguito di ricorso in appello, la Corte territoriale [2] ha sostenuto la validità ed efficacia dell’assunzione da parte di una s.r.l. di una partecipazione in altra società comportante responsabilità illimitata, quand’anche sia realizzata in spregio alle prescrizioni fissate dagli art. 2361, 2° comma, c.c. e 111-duodecies disp. att. c.c., e, quindi, è pervenuta per questa via a confermare il fallimento in estensione, ex art. 147, 1° comma, legge fall., anche delle altre due s.r.l. La Corte d’Appello di Bari, infatti, ha argomentato che [continua ..]
Come è noto, la riforma del diritto societario ha il pregio di aver superato, almeno formalmente [4], la vexata quaestio [5] circa l’ammissibilità della partecipazione di società di capitali in società di persone: il referente normativo di questa inversione di tendenza si rinviene negli artt. 2361, 2° comma, c.c. e 111-duodecies disp. att. c.c.: dalla lettura di queste disposizioni, oltre che dal rinnovato art. 147, 1° comma, legge fall., non solo emerge la riconosciuta eterogeneità della compagine sociale nelle società di persone, appannaggio non più delle sole persone fisiche, ma anche di quelle giuridiche – nella specie delle società di capitali – senza che ciò abbia ripercussioni sul regime della responsabilità illimitata per le obbligazioni contratte in nome della società di persone medesima, quanto viene, altresì, riconosciuta l’ulteriore e più estrema variante rappresentata dalla società di persone totalitariamente partecipata da società di capitali, in questo caso obbligata alla redazione del bilancio di esercizio secondo le più rigide norme previste per le s.p.a., oltre che del bilancio consolidato, in presenza dei presupposti di legge. In assenza di indici normativi di diverso tenore si è indotti a ritenere che quella sopra menzionata rappresenti la disciplina dell’assunzione di partecipazione di società per azioni in società di persone sia in sede costitutiva, che per l’ipotesi di successivo acquisto della stessa. Non sussiste, invece, alcuna previsione di legge che regolamenti espressamente la partecipazione di una società di capitali ad una società di fatto, in conseguenza di comportamenti concludenti indirizzati allo svolgimento di una attività economica in comune ed all’instaurazione di un vincolo sociale, i quali verosimilmente prescindono dall’osservanza tanto delle prescrizioni dell’art. 2361, 2° comma, c.c., quanto delle formalità richieste per la costituzione della società di persone medesima [6]. È accaduto, dunque, che dall’accertamento di quest’esigenza al considerare come norma di riferimento l’art. 2361, 2° comma, c.c. il passaggio, anche in questo caso, è stato breve: tale disposizione, nata per disciplinare i profili fisiologici [continua ..]
L’assunzione di partecipazioni di una società per azioni in altre imprese comportante responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali è soggetta, come si è detto, ai sensi dell’art. 2361, 2° comma, c.c., ad un duplice adempimento: il primo, che sovente precede l’assunzione della partecipazione, rappresentato da un’apposita deliberazione assembleare; il secondo, cronologicamente successivo, consistente in uno specifico onere di informazione posto a carico degli amministratori nella nota integrativa del bilancio [23]. Indagando l’ambito di applicazione della norma, invero, ne deriva più di una perplessità, essendo il legislatore silente sul punto: da una parte, infatti, non è chiaro se l’art. 2361, 2° comma, c.c. sia destinato ad operare solo in caso di assunzione di partecipazioni in società regolari, ovvero possa esplicare effetti anche in riferimento ad una partecipazione in una «supersocietà di fatto»; dall’altra, non avendo questa disposizione, almeno prima facie, un corrispondente referente normativo nella disciplina delle società a responsabilità limitata, né essendo stato fatto ad essa espresso rinvio di legge, il vuoto normativo che ne discende induce ad indagare circa la sua possibile applicazione analogica. Ove questa fosse ritenuta ammissibile, si potrebbero estendere anche alla società a responsabilità limitata tutte le considerazioni addotte con riferimento alla società per azioni; in caso contrario, sarebbe necessario condurre una più approfondita indagine. In argomento, le conclusioni a cui la Corte di legittimità è giunta con la sentenza in commento appaiono quanto mai granitiche e chiare: non pare rinvenibile nell’art. 111-duodecies disp. att. c.c., l’indice di una estensione alle s.r.l. dei precetti dell’art. 2361, 2° comma, c.c., contenendo tale disposizione solo indicazioni sulla redazione del bilancio di esercizio e sull’eventuale obbligo di consolidamento. In conseguenza di tale assunto una s.r.l. può validamente acquisire una partecipazione comportante responsabilità illimitata senza la previa delibera assembleare – richiesta dall’art. 2479, n. 5, c.c. solo allorquando dall’assunzione della partecipazione derivi una sostanziale modifica dell’oggetto sociale [continua ..]
Nella prassi commerciale delle società capitalistiche accade di frequente che il primum movens dell’assunzione di una partecipazione in altra impresa sia una decisione dell’organo amministrativo, in quanto organo preposto alla gestione e più avvezzo alle esigenze ed alle logiche imprenditoriali che, viceversa, possono essere del tutto estranee alla generalità dei soci, i quali, nella singolare ipotesi dell’art. 2361, 2° comma, c.c., sono interpellati solo nell’eventualità in cui da tale operazione discenda una responsabilità illimitata per le obbligazioni della partecipata. Il richiamato articolo, tuttavia, si limita a chiarire che «l’assunzione di partecipazioni […] deve essere deliberata dall’assemblea», null’altro aggiungendo neanche in riferimento, ad esempio, alle sanzioni per l’inadempimento del precetto: è lasciato agli interpreti il compito di individuare il contenuto della deliberazione ed il suo ambito di applicazione, se limitato o meno ai soli rapporti interni, mentre è risultata più agevole la questione della sua attribuzione all’assemblea in sede ordinaria, desunta dalla competenza generale e residuale riconosciuta a quest’ultima tutte le volte in cui il legislatore non abbia statuito diversamente [39]. È indubbio, al riguardo, che la norma disponga una restrizione del potere decisionale degli amministratori, ma non è pacifico né se tale limitazione sia opponibile ai terzi [40], né quale sia il ruolo assolto dalla richiesta deliberazione assembleare, sulla quale è opportuno soffermarsi anche al fine di valutare eventuali differenze con l’art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c., norma qui assunta quale termine di riferimento dell’operazione nella s.r.l. Quanto alla natura giuridica della delibera, da più parti è stato evidenziato il discrimen tra la valenza gestoria o autorizzativa della stessa. Coloro che ritengono prevalente l’aspetto gestorio, muovono dal presupposto che l’art. 2361, 2° comma, c.c. incide direttamente sulla distribuzione delle competenze tra gli organi sociali: quindi, nello specifico caso dell’assunzione di partecipazioni comportanti una responsabilità illimitata, la decisione in ordine al compimento o meno dell’operazione spetta ai soci, [continua ..]
Può essere opportuno, in questa circostanza, abbandonare un approccio basato esclusivamente sull’applicazione diretta dell’art. 2361, 2° comma, c.c. alla s.r.l., ponendosi nella diversa prospettiva di dubitare la ricorrenza di una lacuna di legge alla quale dover giocoforza sopperire. In buona sostanza, giova ritenere che nella disciplina della s.r.l. sia rinvenibile una norma che regolamenta l’assunzione di partecipazioni in società di persone: questa argomentazione non solo consentirebbe di ritenere autosufficiente tale disciplina, senza dover mutuare alcuna norma dalla s.p.a., ma sarebbe anche conforme all’orientamento manifestato dalla sentenza in commento, che evidenzia come l’estensione dell’art. 2361, 2° comma, c.c. alla s.r.l. sarebbe in contraddizione con il carattere autonomo della disciplina di questo tipo societario. Nel tentativo di individuare questo referente normativo – ponendo per un momento da parte la possibilità di considerare, in assenza di una disciplina specifica, che l’assunzione di partecipazione in altre imprese comportante responsabilità illimitata sia un atto proprio dei soli amministratori – si pongono in una posizione di preminenza le norme che regolamentano le competenze assembleari nella s.r.l., ed in particolare l’art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c., dal cui tenore letterale è dato evincere una prima conseguenza: l’assunzione di partecipazioni in società di persone è una di quelle fattispecie che, pur presentando le stesse caratteristiche, sia nella s.p.a. che nella s.r.l., finisce con l’essere assoggettata a regimi differenti, soprattutto perché è diverso nei due tipi sociali il grado di ingerenza dei soci nella gestione [49]. A riprova di quanto detto, si osservi la differente terminologia adottata in riferimento agli interventi assembleari negli artt. 2361 2° comma c.c. in s.p.a. e 2479, 2° comma, n. 5, in s.r.l. [50]: nel primo caso il legislatore richiede una «deliberazione dell’assemblea», con tutte le conseguenze innanzi esposte che sono derivate dall’elaborazione di questo inciso; nel secondo caso, più specificamente, riserva la «decisione» dell’operazione alla «competenza» dei soci, conferendo in questo caso a costoro un autentico potere [continua ..]
È opportuno, a questo punto, focalizzare l’attenzione sui criteri in base ai quali l’assunzione di partecipazione in altra impresa può essere ricondotta ad una delle ipotesi contemplate dall’art. 2479, 2° comma, n. 5. In effetti, appare più agevole comprendere la ragione di questa assimilazione in riferimento all’ipotesi di «sostanziale modificazione dell’oggetto sociale», dal momento che quest’ultimo costituisce il limite per eccellenza ai poteri degli amministratori di società [62], e di conseguenza è plausibile l’esigenza di una decisione assembleare ogniqualvolta il compimento di un atto gestorio comporti tale effetto [63], derivando da essa indirettamente una variazione del potere di rappresentanza degli amministratori, e, quindi, della responsabilità dei medesimi [64]. Viceversa, non ha ricevuto uguali consensi in dottrina ed in giurisprudenza la configurazione dell’assunzione di partecipazione in altra impresa come operazione dalla quale possa derivare una «rilevante modificazione dei diritti dei soci» [65], vi è da dire, tuttavia, che già da tempo parte della dottrina si è dimostrata sensibile alla questione, lasciando ampio spazio alla soluzione qui prospettata [66]. Le conseguenze derivanti dall’assunzione di partecipazioni in imprese comportanti responsabilità illimitata non sono tutte valutabili a priori: sicuramente, si riscontra una forte incidenza sull’aspetto patrimoniale, dal momento che si verifica la sottrazione della parte del patrimonio sociale investito nella partecipazione alle regole che disciplinano la gestione dell’impresa nelle società di capitali in favore di quelle più elastiche delle società di persone, gestione che per di più avviene ad opera di soggetti che i soci della società partecipante non hanno scelto, almeno al tempo dell’ingresso nella società partecipata [67], con la loro conseguente sottoposizione ad un rischio d’impresa del tutto nuovo: basti pensare alla già menzionata estensione del fallimento della società di persone ai soci illimitatamente responsabili, anche a prescindere dallo stato di insolvenza di costoro. Valutare tali conseguenze esclusivamente dal punto di vista oggettivo e quindi in riferimento alla sola [continua ..]
Residua, secondo il taglio dato a questo commento, un altro aspetto sul quale soffermarsi, in quanto di ulteriore supporto alla soluzione qui proposta: ovvero, quale sia l’efficacia verso l’esterno del limite posto ai poteri dell’organo amministrativo, partendo ancora una volta dall’art. 2361, 2° comma, c.c. non essendovi chiarezza di opinioni sulle ripercussioni che può avere il mancato rispetto delle prescrizioni contenute in questa disposizione, fino ad arrivare all’art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c. per la s.r.l. La Corte, con la pronuncia in commento, ha ribadito che l’omessa deliberazione assembleare di cui all’art. 2361, 2° comma, c.c. non potrebbe determinare la nullità della stessa assunzione di partecipazione, atteso che gli amministratori conservano un potere di rappresentanza generale della società che li rende in grado legittimamente di spenderne il nome e di vincolarla. Questa argomentazione sarebbe coerente con la ratio sottesa all’insieme di disposizioni di legge che prevendono un’autorizzazione assembleare: sostiene, infatti, la Corte che «il sistema ordinamentale della società azionaria esclude, in via di principio, la nullità o l’inefficacia dell’atto negoziale compiuto dagli amministratori in violazione delle disposizioni sull’autorizzazione assembleare, nelle fattispecie che la richiedono in occasione di determinati negozi: tutto ciò in coerenza con la scelta della riforma del 2003 in favore di una tutela di tipo obbligatorio, piuttosto che caducatoria». Poiché l’art. 2384 c.c., ed analogamente l’art. 2475-bis per la s.r.l., dopo aver ribadito che il potere di rappresentanza degli amministratori è generale, sancisce l’inopponibilità a terzi delle sole limitazioni risultanti dallo statuto o da una decisione degli organi competenti, facendo salva unicamente l’exceptio doli, non è pacifico se uguale sorte spetti alle limitazioni poste dalla legge. Quanto all’art. 2361, 2° comma, c.c., buona parte della dottrina e giurisprudenza, come si è avuto modo di constatare, riconosce nella norma un limite legale al potere di gestione degli amministratori, e di conseguenza anche a quello di rappresentanza, con l’effetto che il mancato rispetto delle prescrizioni in esso contenute deve ritenersi opponibile ai terzi [continua ..]