Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Aumento del capitale e compensazione con crediti postergati (di Mario Campobasso)


Il contributo esamina il problema della compensazione fra debito di conferimento e crediti derivanti da finanziamenti postergati dei soci. Si sostiene che l’operazione è ammissibile perché in questo specifico caso è giustificata una riduzione teleologica delle disposizioni in tema di postergazione dei finanziamenti dei soci.

Increase in subscribed capital and compensation between the consideration debt and a subordinated credit

The paper examines whether, for the purpose of increasing a company subscribed capital, a compensation of obligations can take place between the consideration debt and a subordinated shareholders’ loan credit. It is argued that the above-mentioned compensation is lawful, because it is justified by a teleological reduction of shareholders’ loans subordination rule.

Keywords: subscribed capital increase – subordinate status of loans – offsetting debts – Insolvency Code

SOMMARIO:

1. Il contrasto giurisprudenziale. Gli argomenti di Trib. Roma, 6 febbraio 2017 - 2. La decisione della Cass., 19 febbraio 2018, n. 3946. L’inquadramento della vicenda come operazione unitaria con effetti novativi - 3. Necessità di una riduzione teleologica dell’art. 2467 c.c. - 4. Conseguenze applicative - 5. Uno sguardo alla futura disciplina della postergazione nel Codice della crisi - NOTE


1. Il contrasto giurisprudenziale. Gli argomenti di Trib. Roma, 6 febbraio 2017

Trib. Roma, 6 febbraio 2017, con una decisione che ha avuto una certa eco nelle riviste specializzate, ha affermato che: «La compensazione del debito da conferimento con il credito del socio da finanziamento postergato ex lege, costituisce una forma di “restituzione” del prestito contraria alla norma di cui all’art. 2467 c.c.» e pertanto non è ammissibile [1]. Risponde, in un caso analogo, Cass., 19 febbraio 2018, n. 3946 che: «Le disposizioni dell’art. 2467 c.c. non operano in caso di aumento di capitale sociale liberato dal socio mediante compensazione con propri precedenti crediti vantati nei confronti della società, trattandosi della sottoscrizione di capitale di rischio e non di un finanziamento» [2]. La questione della compensabilità fra obbligo di conferimento e controcredito derivante da finanziamenti postergati ex lege ha smosso un po’ le acque di una materia che, a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, sembrava aver raggiunto una sistemazione stabile; da quando cioè la giurisprudenza, chiudendo un contrasto trascinatosi per sessant’anni, è andata consolidandosi nel senso dell’am­missibilità della compensazione del credito da conferimento [3], seguita su questa posizione dalla dottrina più recente [4] e dagli orientamenti della prassi dei consigli notarili [5]. Non che tutti i dubbi siano stati dissipati, varie incertezze si annidano ancora nelle pieghe dei vari contesti in cui concretamente avviene la compensazione del conferimento: se la compensazione sia ammessa anche per il versamento dei conferimenti iniziali [6]; se sia possibile tanto la compensazione legale che quella volontaria [7]; se il credito del socio debba essere preesistente alla sottoscrizione dell’aumento di capitale [8], e così via. Comunque, nonostante il permanere di contorni un po’ sfocati, almeno i tratti principali della tematica possono considerarsi ormai chiariti nel diritto vivente: salva la frode alla legge, il socio che sottoscrive un aumento di capitale può compensare il proprio debito da conferimento con un controcredito nei confronti della società, se la delibera non lo esclude espressamente; inoltre, la società può deliberare un aumento di capitale espressamente preordinato all’esecuzione mediante compensazione di crediti pregressi dei soci: [continua ..]


2. La decisione della Cass., 19 febbraio 2018, n. 3946. L’inquadramento della vicenda come operazione unitaria con effetti novativi

A questo modo di argomentare, la Cassazione replica invece che l’art. 2467: «nello stabilire che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società, a determinate condizioni, è “postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori”, mira non già ad impedire che i soci di società a responsabilità limitata possano finanziare la società, ma a far sì che essi, ove effettuino il finanziamento sotto forma di prestiti e non di conferimenti, non possano avvantaggiarsi, in ipotesi di insolvenza, per il fatto di aver operato attraverso strumenti di debito (assumendo così la veste di creditori della società) e non attraverso strumenti di rischio. Perciò essi possono in tal caso soddisfare il proprio credito derivante dal finanziamento nei confronti della società solo dopo la soddisfazione degli altri creditori. Ovviamente, allora, la norma non opera in caso di aumento di capitale» [14]. Il passaggio è sintetico, ma il concetto è chiaro; ed a mio avviso pienamente condivisibile. Ciò che la Cassazione propone è una riduzione teleologica (teleologische Reduktion) della norma. La disciplina codicistica della postergazione è espressione del principio di responsabilità dei soci per il corretto finanziamento dell’impresa sociale [15]: ai soci si contesta che, conoscendo o potendo conoscere lo stato di difficoltà economica della società, hanno adottato una politica irragionevole di finanziamento della stessa; vale a dire hanno erogato un finanziamento alla società quando questa era già troppo indebitata e sarebbe piuttosto stato ragionevole effettuare un conferimento (art. 2467, 2° comma, c.c.). Per questa ragione la pretesa dei soci finanziatori è posposta rispetto al soddisfacimento dei creditori esterni. Ora, se si considera la complessiva operazione realizzata con la “compensazione del conferimento”, è innegabile che l’intenzione concreta del socio non è quella di recuperare le risorse economiche oggetto del finanziamento, bensì di mantenerle in società sulla base di una causa diversa: non più sotto forma di prestito, ma a titolo di conferimento. Ossia, di realizzare quell’operazione indicata nella letteratura azien­dalistica come Debt-Equity-Swap. Limitarsi a [continua ..]


3. Necessità di una riduzione teleologica dell’art. 2467 c.c.

Anche accettando l’impostazione sopra prospettata, secondo cui la conversione del finanziamento postergato in capitale va riguardata come operazione unitaria con effetti novativi, tanto non basta di per sé a giustificare la proposta di una riduzione teleologica dell’art. 2467 c.c. A tal fine è ancora necessario dimostrare due ulteriori passaggi: 1) che l’operazione è coerente con gli interessi tutelati dalla disciplina della postergazione dei finanziamenti dei soci; 2) che inoltre la disapplicazione della regola della postergazione al caso in esame consente di tutelare quegli interessi in maniera più efficace rispetto ad una rigida applicazione della norma. Quanto alla prima parte della dimostrazione (coerenza di obiettivi con la norma), come anticipato la disciplina della postergazione legale dei finanziamenti dei soci è volta a contrastare l’abuso da parte dei soci della loro libertà di finanziamento della società in crisi; ad evitare che gli stessi concedano finanziamenti quando invece sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento. Ebbene, è agevole osservare che attraverso la conversione in capitale del finanziamento postergato, il socio fa, seppure tardivamente, proprio ciò che la norma richiede. L’operazione di conversione in capitale dei finanziamenti postergati è dunque coerente con le finalità della disciplina della postergazione, perché rimedia ad una violazione dei principi di corretto finanziamento dell’impresa sociale. Né avrebbe maggior pregio osservare che il socio, dopo aver convertito in capitale il finanziamento postergato, potrebbe recuperare la provvista alienando la partecipazione sociale a terzi. Le vicende circolatorie successive delle quote o delle azioni sono prive di riflesso sul patrimonio della società e non escludono l’effetto be­nefico che l’aumento di capitale ha prodotto sulla stabilità finanziaria dell’impresa sociale. D’altra parte, è molto probabile che un eventuale prezzo di vendita delle partecipazioni incorporerebbe il rischio economico dell’emittente in crisi, con conseguente deprezzamento del valore di scambio e perdita per l’alienante rispetto all’importo dell’originario finanziamento. In merito alla seconda parte della dimostrazione (maggiore efficienza della disapplicazione della norma rispetto [continua ..]


4. Conseguenze applicative

L’impostazione proposta nel paragrafo precedente comporta che il finanziamento del socio non debba essere considerato legalmente postergato ai fini della conversione in conferimento in società. L’efficacia relativa della postergazione (esiste a certi fini e non opera ad altri scopi) non deve sorprendere; è una conseguenza naturale della riduzione teleologica di una norma: la regola viene disapplicata solo quando ciò consente di realizzare meglio gli obiettivi perseguiti dal legislatore. Se si accolgono queste premesse, pertanto, la conversione in capitale del finanziamento postergato risulta ammissibile nella stessa misura in cui in cui si ammetta in generale la compensazione del conferimento. Né trovano applicazione, per la stessa ragione, le regole che impediscono la compensazione di finanziamenti poster­gati in sede concorsuale ed extraconcorsuale: infatti la riduzione teleologica delle norme in tema di postergazione rende irrilevante la questione se il finanziamento legalmente postergato è suscettibile di essere portato in compensazione con un credito di rango superiore [23]. Ritengo perciò che la società possa deliberare un aumento di capitale preordinato alla conversione in conferimento dei finanziamenti erogati dai soci. Né escluderei che possa essere lo stesso socio unilateralmente a provocare la conversione del finanziamento in conferimento, servendosi del meccanismo della sottoscrizione e della compensazione legale opposta alla società ove ricorrano i pre­supposti degli artt. 1243, 1° comma, c.c., 56 legge fall. ed in futuro 155 c.c.i. Ciò appunto perché, ai fini della conversione in conferimento, il credito da finanziamento del socio non merita di essere sottoposto al regime della postergazione. D’altra parte, se la società ha interesse ad impedire la compensazione del conferimento (ad esempio: necessità di sopperire ad una carenza di liquidità), lo può fare attraverso una apposita clausola (“versamento effettivo”) da inserire nella delibera di aumento di capitale: in questo modo, si subordina la sottoscrizione alla rinuncia implicita da parte del sottoscrittore a far valere la compensazione.


5. Uno sguardo alla futura disciplina della postergazione nel Codice della crisi

In conclusione di queste sommarie considerazioni, non ci si può sottrarre dal­l’esaminare se le valutazioni finora compiute potranno essere ancora valide dopo l’entrata in vigore delle innovazioni introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), il 1° settembre 2021. Posso però anticipare che a mio avviso la disciplina del nuovo codice concorsuale non dovrebbe indurre a modificare nella sostanza i risultati conseguiti, nonostante alcuni interventi assai discutibili sulla materia della postergazione dei finanziamenti dei soci. A questo riguardo è importante tener presente che la legge delega esprimeva un chiaro vincolo rispetto al mantenimento dell’attuale assetto regolamentare del­l’istituto, e nello specifico dava istruzione al legislatore delegato di: «stabilire il prin­cipio di postergazione del rimborso dei crediti di società o di imprese appartenenti allo stesso gruppo, in presenza dei presupposti di cui all’articolo 2467 del codice civile, fatte salve deroghe dirette a favorire l’erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti» [art. 3, 1° comma, lett. f), legge n. 155/2017, corsivo aggiunto]. In attuazione di questa direttiva, il Governo ha apportato alcune modifiche al­l’art. 2467 c.c.: dal primo comma è espunta la regolamentazione degli effetti concorsuali della postergazione, ora inserita nell’art. 164, 2° comma, c.c.i., che è norma dedicata ai “pagamenti di crediti non scaduti e postergati” [24]. Il successivo 3° comma dell’art. 164 estende l’inefficacia anche al rimborso dei finanziamenti infragruppo postergati, in linea con quanto previsto dall’art. 2497-quinquies c.c. Forse questa nuova sistemazione della disciplina potrebbe offrire argomenti a favore di quanti sostengono che l’inefficacia del rimborso del finanziamento postergato è una forma speciale di revocatoria ex lege [25]. Come anticipato, tuttavia, ai fini più ristretti che qui interessano (convertibilità del finanziamento in capitale) le modifiche appena riferite non sembrano apportare innovazioni sostanziali, per una duplice ragione: 1) è espressamente ribadito che la postergazione opera in presenza delle condizioni [continua ..]


NOTE