1. Il caso - 2. Normativa di riferimento - 3. Orientamenti di giurisprudenza e dottrina - 4. Nota di commento - NOTE
Il problema pratico è se i soci di una s.r.l. possano, in occasione del bilancio, a) rilevare una ipotesi di responsabilità degli amministratori; b) deliberare a maggioranza circa l’esercizio di un’azione sociale di responsabilità, a tal fine non tenendo conto del voto – presumibilmente contrario – dei soci amministratori, contro cui l’azione si vorrebbe esercitare; c) far discendere dall’approvazione di questa delibera anche la revoca degli amministratori in carica (se l’approvazione sia avvenuta col voto favorevole di almeno un quinto del capitale). Tutto ciò, com’è ben noto, è pacificamente ammesso nelle s.p.a., mentre non è chiaro se sia possibile anche nelle s.r.l., visto che la legge non disciplina espressamente alcuno di questi aspetti. I giudici siciliani danno risposta affermativa a tutte le indicate questioni, fuorché all’ultima: l’approvazione maggioritaria di una delibera concernente l’esercizio di un’azione di responsabilità verso gli amministratori non importerebbe revoca degli amministratori a mente di quanto dispone l’art. 2393, 5° comma, c.c., ma solo se l’effetto è espressamente voluto dai soci che esprimono la maggioranza. Questa, in breve, la concatenazione logica che porta alle conclusioni indicate. Per principio generale posto in tema di mandato, la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità verso gli amministratori (mandatari), oltre ai soci, spetterebbe anche alla società (mandante). E poiché la società si esprime mediante decisioni dei soci (cioè, in assemblea se diversamente non è disposto) è attraverso una tale decisione che si può esercitare l’azione «sociale» di responsabilità. L’azione di responsabilità, in specie, potrebbe essere deliberata in occasione dell’approvazione del bilancio, anche se la questione non è all’ordine del giorno: ciò, applicando analogicamente la regola posta in materia di società per azioni, che lo consente espressamente se si tratta di fatti relativi all’esercizio cui si riferisce il bilancio. Del resto, poiché oggetto della decisione è la responsabilità degli amministratori, il voto dei soci che rivestono tale qualità risulterebbe espresso in [continua ..]
I principi enunciati nella sentenza in epigrafe non appaiono sorretti da sicuri addentellati normativi, come si può evincere già da una sommaria rassegna della disciplina espressamente dettata per le società a responsabilità limitata nelle materie all’attenzione. 2.1. L’art. 2476, 3° comma, c.c. disciplina l’azione di responsabilità verso gli amministratori di s.r.l. e attribuisce il diritto di promuoverla a ciascun socio. Non è disciplinato un esercizio assembleare dell’azione di responsabilità, ma la società può rinunciare o transigere l’azione (art. 2476, 5° comma, c.c.), salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, con una maggioranza qualificata (i due terzi del capitale) e purché non consti l’opposizione di una minoranza qualificata (un decimo). 2.2. I singoli soci che esercitano l’azione di responsabilità possono ottenere la revoca giudiziale degli amministratori, anche in via cautelare, se sono riscontrate gravi irregolarità gestionali (art. 2476, 3° comma, c.c.). Non essendo disciplinato l’esercizio assembleare dell’azione di responsabilità il legislatore ovviamente tace sulla revoca di diritto degli amministratori cui l’azione è diretta. 2.3. Più esattamente, la revoca degli amministratori non è affatto disciplinata nel Capo dedicato alla disciplina delle s.r.l., a differenza che nelle s.p.a. (art. 2383 c.c.) e nelle società personali (art. 2259 c.c.). L’art. 2475, 1° comma, c.c. attribuisce ai soci, in mancanza di diverse disposizioni dell’atto costitutivo, il potere di nomina degli amministratori, non quello di revoca, con decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c.; analogamente, l’art. 2479 c.c. attribuisce alla competenza dei soci la nomina degli amministratori, se prevista dall’atto costitutivo, non la revoca. 2.4. Infine, la disciplina dettata per le s.r.l. considera il problema del conflitto di interessi del socio, all’art. 2479-ter, 2° comma, c.c., ma disciplina solo l’impugnativa delle decisioni dei soci assunte con il voto determinante del socio in conflitto di interessi ed idonee a recare danno alla società. Non vi è invece riferimento all’astensione degli amministratori nella deliberazione concernente la loro [continua ..]
Non tutte le statuizioni contenute nella sentenza in epigrafe hanno precedente in giurisprudenza, o sono state specificamente affrontate in dottrina. La sentenza evoca peraltro dibattiti di rilevante complessità, dei quali non si potrebbe in questa sede nemmeno dare adeguata informazione. Ci si limiterà perciò a segnalare gli orientamenti maggiormente consolidati e che appaiono utili per discutere le soluzioni date al caso concreto. Per comodità espositiva, si affronterà per ultima la questione dell’esercizio assembleare dell’azione, dalla cui soluzione dipende la tenuta di tutto il ragionamento. 3.1. Non è sfuggita anzitutto la peculiarità della previsione normativa [1], che sembrerebbe disciplinare solo la nomina «se prevista nell’atto costitutivo» e non anche la revoca degli amministratori. Tuttavia, è stato anche osservato che gli amministratori potrebbero assumere tale loro qualità in quanto soci, come nelle società personali, senza uno specifico atto di nomina; che l’atto costitutivo potrebbe individuare amministratori a tempo indeterminato, sottraendo perciò ai soci durante societate la competenza a nominarli; ovvero ancora, che l’atto costitutivo potrebbe riservare ad alcuni soci (ex art. 2468, 4° comma, c.c.) particolari diritti con riguardo all’amministrazione, tra cui il diritto di nominare gli amministratori o di rivestirne la qualità [2]. Correlativamente, non sempre appare giustificata la revoca degli amministratori ad opera dei soci riuniti in assemblea e di qui, probabilmente, la formulazione della disposizione di legge. Anche con questo rilievo, tuttavia, non sarebbe corretto sostenere che, in mancanza di una previsione dell’atto costitutivo, la revoca degli amministratori si possa avere solo per via giudiziale, per gravi irregolarità gestionali. Depone in senso contrario, soprattutto, la regola di portata generale, che consente, pur con diverse cautele e conseguenze, la revoca di qualunque mandato, persino di quello irrevocabile (art. 1723 c.c.). Appare perciò preferibile, almeno quando l’assemblea dei soci ha potere di nominare gli amministratori, che la stessa abbia implicitamente anche il potere di revocarli [3]. Negli altri casi, in mancanza di disposizioni statutarie ad hoc, occorre viceversa chiedersi se una decisione maggioritaria dei soci [continua ..]
Il quadro normativo ed il panorama di opinioni dottrinali e giurisprudenziali riportati non consentono di concordare con le conclusioni cui giunge la sentenza in epigrafe. Si deve ulteriormente premettere una considerazione di carattere generale. Il legislatore della Riforma, in ossequio ai principi dettati della legge di delega (condivisibili o criticabili che siano), ha voluto affrancare il modello normativo della s.r.l. da quello della s.p.a., seppure il primo resti posto in consecuzione con il secondo e attinga allo stesso con rinvii espressi. Questa scelta sistematica, come noto, è in principio conforme a quella del legislatore del ’42, che tuttavia era stata non a torto disattesa dalla giurisprudenza e da parte della dottrina, che hanno considerato la s.r.l. niente più che una «piccola società per azioni senza azioni» [24]. Vale altresì la pena ricordare che in altri ordinamenti sono presenti diverse tecniche normative, che, comunque, fanno salva l’indipendenza della disciplina delle s.r.l. da quella delle s.p.a. (e ne dà atto persino la Relazione alla riforma). In alcuni, la disciplina della s.r.l. è costruita per fungere da base a quella delle s.p.a., e non viceversa [25]; in altri è del tutto autonoma e si ritrova in corpi normativi a sé stanti e sostanzialmente impenetrabili [26]. La ribadita autonomia normativa delle s.r.l. dalle s.p.a. trova specifica motivazione nella possibilità di conformare il modello reale al tipo normativo delle società personali (pur restando il tipo normativo delle s.r.l. di stampo capitalistico e non personalistico, ad onta di quanto si legge nella Relazione). L’opinione largamente più persuasiva in dottrina ritiene, perciò, che la disciplina della s.r.l. debba tendenzialmente integrarsi da sé [27]. Solo in caso di comprovata lacuna potrebbero applicarsi analogicamente le disposizioni di altri modelli normativi, ma non necessariamente od esclusivamente quelle della s.p.a. Alla luce di questi chiarimenti, non può essere approvato il ricorso generalizzato a norme e principi delle s.p.a., consapevolmente non riprodotti dal legislatore in materia di s.r.l. Ciò che – nonostante i diversi propositi dichiarati – accade nella sentenza in epigrafe, ove si parte dal discutibile rilevo, per quanto ancora maggioritario, di una lacuna, per spingersi in una [continua ..]