L’obiettivo della presente indagine è di valutare se i vincoli previsti dall’art. 2483 all’emissione di titoli di debito da parte di una S.r.l., possono costituire un impedimento alla realizzazione di operazioni nelle quali il soggetto sottoposto a vigilanza prudenziale operi in qualità di primo sottoscrittore al solo scopo di cedere detti titoli, in un momento immediatamente successivo, ad investitori professionali o retail. Ci si chiede se, in tale circostanza, il servizio eventualmente offerto all’emittente debba essere qualificato quale servizio di collocamento con assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile ai sensi dell’art. 1, 5° comma, lett. c) del t.u.f. ovvero possa configurarsi, a determinate circostanze, come servizio di collocamento senza impegno irrevocabile ai sensi dell’art. 1, 5° comma, lett. c)-bis del t.u.f.
The goal of this paper is to assess whether the limits provided for by Art. 2483 of the Italian Civil Code to the issuance of debt securities by a limited liability company may be considered an obstacle to transactions where the intermediary is the first subscriber for the sole purpose of transferring them, immediately afterwards, to professional or retail investors. The issue that arises is whether, in this case, the service offered to the issuer must necessarily be qualified as a placement service with underwriting of financial instruments and/or placement of financial instruments on the basis of an binding commitment pursuant to Art. 1, par. 5, let. c) of the Consolidated Banking Act or can be considered, under certain circumstances, as a placement service without a binding commitment pursuant to Art. 1, par. 5, let. c)-bis of the Consolidated Banking Act.
Keywords: Limited Liability Companies – Debt securities – Minibond – Investment service
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1. Premessa - 2. Evoluzione normativa: dai titoli di debito ai minibond - 3. Il servizio di collocamento: profili di carattere generale - 4. Il disposto di cui all’art. 2483 c.c. e la rilevanza della causa in concreto nell’ambito dell’operazione posta in essere - 5. (Segue). La ratio del disposto di cui all’art. 2483 c.c. - 6. Conclusioni - NOTE
L’attuale situazione emergenziale, causata dalla pandemia in corso, rende non più procrastinabile l’identificazione di idonee forme di sostentamento finanziario a favore delle Piccole e Medie Imprese (PMI). Non è un caso che le recenti misure adottate dal governo vadano nel senso di identificare strumenti adeguati a fornire liquidità alle aziende [1] le quali hanno subito gravi perdite a causa delle misure di contenimento messe in atto. Da qui la peculiarità dell’azione posta in essere dal governo che ha assunto specifici provvedimenti volti ad assicurare il sostegno finanziario delle imprese attraverso il sistema bancario facendo ricorso, altresì, alle garanzie prestate dallo Stato [2]. È apparsa evidente, infatti, la necessità di offrire un supporto a quelle imprese che costituiscono il tessuto imprenditoriale del Paese le quali, in ragione della loro ridotta dimensione, sono tra i soggetti più colpiti dalla contingente situazione d’urgenza. Orientano in tal senso, in particolare, le misure contenute nel Decreto “Cura Italia” e nel Decreto “Liquidità” che, tra l’altro, rendono più facile l’accesso al Fondo Centrale di Garanzia per le PMI e favoriscono la concessione di agevolazioni fiscali per le operazioni di cessione di crediti pecuniari (vantati nei confronti di soggetti resi inadempienti a causa di un mancato pagamento protratto per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto). A ciò si aggiunga, l’ulteriore sostegno finanziario previsto a favore delle imprese, garantito da SACE s.p.a., nonché le misure contenute nel recente “Decreto Rilancio” volte a fornire, tra l’altro, aiuti pubblici anche sotto forma di versamenti a fondo perduto [3]. L’attuale situazione d’emergenza ha, a ben vedere, impattato su un contesto operativo già problematico nel quale le PMI hanno dovuto affrontare, con fatica, le difficoltà connesse alla gestione finanziaria delle loro attività imprenditoriali e di ricerca di nuove fonti di finanziamento. Non di rado, in passato, le PMI si sono viste negate la concessione di finanziamenti da parte delle banche, a causa di una regolamentazione troppo rigida e garantista nei confronti di queste ultime [4]. A più di dieci anni dalla crisi finanziaria del 2008, che di fatto può considerarsi [continua ..]
Con l’obiettivo di delineare con contorni più precisi la problematica oggetto della presente indagine, occorre ripercorrere brevemente l’evoluzione della normativa dettata in riferimento alle diverse fonti di finanziamento a cui le PMI, aventi forma di società a responsabilità limitata, usualmente ricorrono; si ha riguardo, in particolare, agli interventi disciplinari che hanno autorizzato tali società, dapprima, ad emettere titoli di debito e, successivamente anche i c.d. minibond. Tuttavia, come si vedrà, a fronte di provvedimenti sostanzialmente finalizzati ad assicurare un più facile accesso, rispetto al passato, al mercato del credito da parte delle S.r.l., sorge il dubbio che non abbia corrisposto, in certi casi, uno snellimento delle articolate procedure attraverso le quali attuare le operazioni di cui trattasi. Sul punto, viene dunque preliminarmente in rilievo l’espresso divieto che l’art. 2486, 3° comma, c.c., ante riforma di diritto societario, contemplava con riguardo alla possibilità per le S.r.l. di ricorrere a forme di finanziamento alternative, diverse dal prestito bancario o dall’apporto dei soci. L’esclusione di tale facoltà, non prevista per altre tipologie di società di capitali (quali ad esempio le S.p.A.), si fondava sull’assunto secondo cui la costituzione di una S.r.l. fosse principalmente destinata a dare vita ad imprese di ridotta dimensione e fortemente connotate dall’elemento personalistico della partecipazione dei soci [15]. Difatti, la disciplina codicistica ricostruiva le S.r.l. come società che si ponevano a metà strada tra le società per azioni e la società di persone, mutandone caratteristiche tipiche delle une e delle altre. È, peraltro, appena il caso di ricordare che, già prima della riforma societaria del 2003, la legge 13 gennaio 1994, n. 43, consentiva, anche alle S.r.l., l’emissione di titoli di debito, sebbene soltanto nella forma di cambiali finanziarie e di certificati di investimento [16]. Si era in presenza, tuttavia, di una normativa che non teneva in debito conto le accresciute esigenze finanziarie delle PMI le quali costituivano, e tuttora costituiscono, la spina dorsale dell’economia italiana. Di qui, l’introduzione dell’art. 2483 c.c., avvenuta ad opera della riforma del 2003, che ha permesso, da un canto, alle [continua ..]
Preliminarmente appare opportuno fornire brevi cenni di carattere generale in ordine alle peculiari caratteristiche che connotano il servizio di collocamento prestato dagli intermediari nei confronti dell’emittente PMI, costituita in forma di società a responsabilità limitata. Va da subito evidenziato che, a differenza di quanto è avvenuto con riguardo alle altre tipologie di servizi/attività di investimento (le quali a seguito del recepimento della MiFID hanno trovato compiuta enunciazione nell’art. 1 t.u.f.), in riferimento al servizio di collocamento, non si rinvengono adeguate disposizioni idonee a chiarire i profili contenutistici in grado di delimitarne l’ambito di propria competenza, per i quali occorre, come ha evidenziato la dottrina, rifarsi piuttosto alla sottostante realtà economica ed operativa [29]. Sul punto, significativa è la definizione fornita dalla Consob, ribadita dalla medesima Autorità in varie occasioni, secondo cui il servizio di collocamento si caratterizza per essere un “accordo tra l’emittente (o l’offerente) e l’intermediario collocatore, finalizzato all’offerta al pubblico, da parte di quest’ultimo, degli strumenti finanziari emessi, a condizioni di prezzo e (frequentemente) di tempo predeterminate” [30]. Pertanto, come è stato evidenziato dalla dottrina, “la sussistenza a monte di un incarico di collocamento è un prerequisito affinché possa inquadrarsi nel servizio di collocamento il rapporto a valle fra distributore e cliente” [31]. Se ne deduce che i rapporti (e le attività) qualificanti il servizio di collocamento sono due: (a) quello esistente tra l’emittente e l’intermediario in forza del quale quest’ultimo assume l’incarico di “collocare” (i.e. distribuire) i titoli; (b) quello intercorrente tra l’intermediario (che “colloca”, i.e. distribuisce) e il cliente-investitore. Va osservato che l’accordo tra l’intermediario e l’emittente deve essere finalizzato all’offerta ad una platea di soggetti non preventivamente individuata, con ciò intendendosi che l’attività di collocamento potrà aver luogo tanto presso clienti retail, tanto presso clienti professionali come definiti dal t.u.f., senza che ciò incida sull’essenza stessa del [continua ..]
Nel valutare le specifiche ragioni in base alle quali il medesimo soggetto che presta il servizio di collocamento nei riguardi dell’emittente possa valutare opportuno agire come primo sottoscrittore e poi distributore dei titoli di debito emessi da quest’ultima, occorre preliminarmente far riferimento al disposto di cui all’art. 2483 c.c. Rileva, al riguardo, la circostanza per la quale i menzionati titoli “[…] possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali”, sicché, “in caso di successiva circolazione … chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società (emittente) medesima”. Se ne deduce che, per le ragioni di cui si dirà in seguito, solo i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale sono legittimati a sottoscrivere i titoli di debito emessi da una S.r.l. [42], ferma restando la possibile successiva circolazione degli stessi presso altri investitori (retail e/o professionali) [43]. Pertanto, i menzionati soggetti, in occasione di una emissione di minibond da parte di una S.r.l., nell’ambito di un’operatività tipicamente riconducibile alla prestazione di un servizio di collocamento, con l’obiettivo di far acquisire detti titoli ad investitori preventivamente individuati e non sottoposti a vigilanza prudenziale, dovrebbero in primo luogo operare come primi sottoscrittori e, in un momento immediatamente successivo, procedere a trasferire i titoli. A ben considerare, tale specifica procedura non sembra idonea ad alterare le caratteristiche ontologiche del servizio prestato dall’intermediario. Siamo in presenza, infatti, di una fattispecie complessa che potrebbe estrinsecarsi in diverse fasi (quella della allocazione, della sottoscrizione da parte del soggetto sottoposto a vigilanza prudenziale e dell’acquisto da parte degli investitori) distinte tra loro ma tutte funzionalmente connesse al perseguimento del medesimo scopo: assicurare il collocamento di titoli dell’emittente. Tuttavia, a seconda delle modalità operative con le quali viene concretamente realizzato, il servizio prestato potrebbe essere configurato in vario modo avuto riguardo allo schema proprio del collocamento con assunzione a fermo, con impegno irrevocabile ovvero [continua ..]
Sotto altro profilo, potrebbe ritenersi che l’operazione nella quale ad esempio una banca agisca come primo sottoscrittore di titoli di debito al fine poi di collocarli, in un momento immediatamente successivo, ad investitori professionali o retail, costituisca una modalità per aggirare il disposto normativo, consentendo, di fatto, a questi ultimi di acquisirli “in prima istanza”. Al fine di sgombrare ogni dubbio con riguardo all’eventualità che una simile condotta possa essere considerata elusiva del disposto di cui all’art. 2483 c.c., è opportuno richiamare la ratio sottesa a tale ultima disposizione normativa la quale è unanimemente ricondotta all’esigenza di tutelare le ragioni del risparmiatore [46]. Tale interesse emerge chiaramente dal testo della Relazione Illustrativa allo schema di d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 3, secondo cui “la soluzione elaborata (…) dall’art. 2483 c.c., sulla base delle indicazioni della legge di delega, è stata quella (…) di imporre, nel caso in cui i titoli vengono successivamente trasferiti, come può risultare economicamente necessario al fine di procacciarsi la provvista, a carico dei sottoscrittori stessi una garanzia ex lege per la solvenza della società sostanzialmente coincidente con quella prevista in materia di cessione del credito” [47]. Il legislatore ha inteso effettuare in materia un difficile compromesso tra l’esigenza di favorire l’accesso a variegate forme di finanziamento anche per le società a responsabilità limitata e quello di assicurare la necessaria salvaguardia delle ragioni dei risparmiatori. Di qui, la previsione normativa che consente la sottoscrizione di titoli di debito soltanto a soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale i quali offrono al cliente retail maggiori garanzie di solidità patrimoniale [48]. Sul punto, occorre far presente che in dottrina si agita la problematica in ordine all’individuazione del soggetto chiamato a rispondere dell’insolvenza della società emittente in caso di successiva circolazione dei titoli presso la clientela retail. A fronte di un orientamento che riconduce l’imposizione legale della garanzia unicamente a capo del sottoscrittore [49], si riscontra l’opinione di coloro per i quali risulta decisiva la posizione di chi trasferisce, di fatto, il titolo al cliente [continua ..]
Alla luce di quanto si è detto, in riferimento all’eventualità in cui, ad esempio, una banca agisca come primo sottoscrittore di titoli di debito emessi da una S.r.l. al fine di collocare successivamente tali titoli tra i soggetti non sottoposti a vigilanza prudenziale, il servizio prestato ci sembra debba essere qualificato come servizio di collocamento riconducibile, a seconda delle concrete esigenze avute di mira dalle parti dell’accordo, allo schema proprio del collocamento con assunzione a fermo, con impegno irrevocabile ovvero senza impegno irrevocabile. La rilevanza degli interessi concreti perseguiti dai contraenti, nel caso di specie, potrebbe assurgere ad elemento in grado di escludere l’eventualità che la banca distributrice debba necessariamente assumere su di sé il rischio dell’insuccesso dell’operazione posta in essere, come sembrerebbe invece emergere dal disposto di cui all’art. 2384 c.c. il quale non permette, come si è detto, un collocamento diretto di titoli di debito presso il pubblico. La soluzione interpretativa prospettata consentirebbe, inoltre, alla banca che svolge un servizio di collocamento a favore dell’emittente di non essere gravata dall’ulteriore onere di individuare un altro soggetto sottoposto a vigilanza prudenziale che agisca da primo sottoscrittore, al solo scopo di evitare il rischio che l’insuccesso dell’operazione sia posto a proprio carico. È evidente, inoltre, che far ricadere sull’istituto creditizio tale incombenza rappresenterebbe un deterrente per le parti alla realizzazione dell’operazione posta in essere contribuendo al declino dell’istituto giuridico previsto dal menzionato art. 2384 c.c.; ciò avuto, altresì, riguardo ai profili di responsabilità che la normativa pone a carico dei soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale e di cui si è dato conto in precedenza. Le considerazioni esposte nel corso della presente indagine, unitamente a ragioni di opportunità operativa, ci inducono a prediligere un diverso orientamento che tenga conto delle esigenze specifiche avute di mira dalle parti contraenti le quali sarebbe opportuno trovino espressa consacrazione all’interno dell’accordo negoziale mediante l’inserimento di clausole ad hoc. La previsione di un’apposita condizione risolutiva che incida sull’efficacia [continua ..]