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1. Il progressivo affermarsi dei “Conceptual Framework” nella tradizione anglosassone. - 2. Scopi e contenuto del Conceptual Framework 2010 dello IASB. - 3. Lo “status” normativo delle disposizioni dello IASB CF alla stregua di norme programmatiche piuttosto che precettive. - 4. Il CF nella “gerarchia rovesciata” degli IAS/IFRS adottati dall’Unione Europea. - 5. Il contrasto tra lo IASB CF e il “Quadro concettuale” delle direttive contabili comunitarie. In particolare l’approccio deduttivo che fa prevalere la clausola generale della “true and fair view” nel diritto comunitario e nella legislazione nazionale, nonostante l’omologazione degli IAS/IFRS. - 6. (Segue). L’emersione del principio di prudenza che valorizza la funzione di rendiconto degli amministratori del bilancio (accountability approach) rispetto alla funzione prospettica, utile per le decisioni degli investitori (usufulness decisions-making o asset-liability approach). - 7. La “prudenza dimidiata” nel recepimento degli IAS/IFRS nel diritto comunitario e nazionale. - 8. Qualche riflessione conclusiva. - NOTE
Giovanni Colombo ha evidenziato, in uno dei suoi ultimi lavori, che, prima dell’attuazione della IV direttiva societaria nel nostro ordinamento, la disciplina del bilancio d’esercizio era organizzata su uno schema che alla clausola generale della “chiarezza e precisione” faceva seguire norme puntuali e specifiche su strutture e valutazioni 1. Il che aveva consentito per lungo tempo di giustificare le posizioni “riduzioniste” che appiattivano ed esaurivano la portata di quella clausola nel solo rispetto delle specifiche disposizioni legali 2. Posizioni che sembrano rinviare a quanto, pur in un diverso clima economico e culturale, si attuava oltre Oceano con il prevalere – in materia di “financial statements” – del cd. rules-based approach che parimenti svaluta la clausola di origine britannica del “true and fair view”, da quando, sin dagli anni Quaranta del secolo scorso, il timore che la SEC potesse elaborare autonomamente proprie regole contabili indusse la professione contabile americana ad abbandonare – perlomeno nell’immediato – l’idea di adottare un sistematico “conceptual framework” e ad orientarsi verso la standardizzazione di “pratiche generalmente accettate”, raccolte spesso in maniera disorganica ed alluvionale 3. L’approccio comunitario, invece, anche per l’influenza esercitata dal nuovo ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Europea, si veniva articolando con la IV direttiva degli anni Settanta su un triplice livello: alla clausola generale del “quadro fedele” – ovvero della “rappresentazione veritiera e corretta” – faceva seguire, ancor prima delle regole specifiche su struttura e valutazione, una “zona intermedia” di principi base, posti a fondamento di quelle regole specifiche. Nascono così, nei termini parzialmente codificati dall’art. 2423-bis c.c., “i principi di redazione” o “postulati” (come preferisce chiamarli la dottrina aziendalistica) del bilancio d’esercizio. In particolare vengono in evidenza: il principio del “going concern” e il principio di prudenza, nelle sue varie declinazioni di realizzazione dell’utile e di dissimmetria nella rilevazione di costi e ricavi; il principio di competenza e quello di [continua ..]
Esaminiamo innanzitutto il significato dell’espressione “Conceptual Framework”, lo scopo che viene attribuito al documento così denominato e i relativi contenuti, ma soprattutto lo “status” normativo che gli viene riconosciuto. Ovviamente il punto di riferimento principale in questa analisi è costituito dal “quadro concettuale” IASB, per la portata che negli ordinamenti nazionali dell’Unione Europea hanno acquisito gli IAS/IFRS attraverso il Regolamento comunitario n. 1606/2002. L’espressione, che ha un suo impiego più generale nell’ambito della ricerca scientifica 10, designa nella scienza contabile “i concetti che sottostanno alla preparazione e alla presentazione del bilancio per utilizzatori esterni” 11; insomma – come ebbe ad esprimersi il Fasb già in un documento preparatorio del 1976 – si tratta di una sorta di “costituzione, un sistema coerente di obiettivi interdipendenti e di concetti fondamentali che possono condurre a standard coerenti e che definiscono la natura, la funzione e i limiti della contabilità e del bilancio” 12. E i suoi contenuti mirano, allora, a individuare: (i) lo scopo od obiettivo dell’informazione finanziaria, (ii) le caratteristiche qualitative che la rendono “utile”, (iii) la definizione, iscrizione e valutazione degli elementi che compongono il bilancio e (iv) le nozioni di capitale e di conservazione del capitale. In estrema sintesi i passaggi principali del rivisitato CF possono ricostruirsi come segue: lo scopo dell’informazione finanziaria viene identificato tramite il principio di utilità (usefulness), e cioè nella soddisfazione dei bisogni informativi degli utilizzatori esterni individuati principalmente nei financial providers (attuali e potenziali investitori, finanziatori e altri creditori) cui devono destinarsi informazioni utili ad assumere le decisioni (decision making approach) circa la fornitura delle risorse (finanziarie) all’entità imprenditoriale. Per raggiungere tale finalità, il bilancio deve essere preparato e presentato nel rispetto: di due postulati di base (il principio di competenza e il principio di continuità aziendale o going concern), di due caratteristiche qualitative fondamentali, quali [continua ..]
Ciò che preme subito evidenziare in questa sede è che il CF non si identifica con una puntuale “teoria contabile” 13, avendo pur sempre una funzione pratica; ma non ha neppure lo “status” di uno standard contabile, nel senso che non individua una regola specifica di contabilizzazione di una determinata posta e quindi non ha carattere precettivo nei confronti dei redattori del bilancio, ma semmai è indirizzato allo stesso standard settercon due principali finalità: (i) assisterlo nello sviluppo di futuri principi contabili e nella revisione di quelli esistenti; (ii) assisterlo nel promuovere l’armonizzazione di regole, standard e procedure contabili relative alla presentazione del bilancio, fornendo una guida per ridurre il numero dei trattamenti contabili alternativi consentiti dai principi contabili medesimi. In realtà si riconosce generalmente che anche altri possono essere i possibili utilizzatori del CF, ma sempre in una prospettiva di ausilio piuttosto che in termini strettamente precettivi. E allora il CF può essere d’aiuto: (iii) agli standard setter nazionali per l’elaborazione di principi contabili locali; (iv) ai redattori del bilancio nell’applicazione dei principi contabili internazionali e nel trattare argomenti che questi ultimi non hanno ancora affrontato; (v) ai revisori nel predisporre il giudizio di conformità del bilancio ai principi contabili internazionali; (vi) agli utilizzatori nell’interpretare le informazioni recate dai bilanci redatti in conformità ai principi contabili internazionali; (vii) a tutti coloro che sono interessati all’approccio seguito dallo IASB nella formulazione dei principi contabili internazionali. La conferma di questa limitata portata normativa, in senso giuridico, del CF è ribadita soprattutto dall’affermazione secondo cui il suo contenuto non è sovraordinato ad alcuno specifico principio contabile e che in caso di contrasto il requisito richiesto dal singolo principio contabile prevale sul requisito disposto dal CF. Il CF, insomma, contiene norme programmatiche piuttosto che norme precettive (diremmo in linguaggio costituzionale), norme che si indirizzano alle istituzioni piuttosto che agli operatori, ai quali tutt’al più forniscono in sede [continua ..]
Né la conclusione si modifica ove si consideri la questione della rilevanza normativa del CF sul piano comunitario. È noto che gli IAS/IFRS trovano diretta o indiretta applicazione negli ordinamenti nazionali dell’UE per effetto del loro recepimento tramite il Regolamento comunitario n. 1606/2002, il procedimento di omologazione dallo stesso previsto e le opzioni estensive definite in sede di legislazione nazionale 14. Ma è anche noto che il CF, in quanto non identifica uno specifico standard, non è stato oggetto di omologazione e recepimento. Una sorta di immediata portata precettiva, tuttavia, gli si potrebbe riconoscere per effetto del richiamo ad esso operato all’interno di specifici standard contabili, come accade in particolare con lo IAS 8 (par. 7-12 dedicati alla “Selezione e applicazione dei principi contabili”). Ma ancora una volta il riferimento ai contenuti del CF è concepito come ultima risorsa, poiché la prima e prioritaria fonte di regolazione è e permane, quasi come in un mondo autosufficiente, il singolo Principio contabile con le sue Interpretazioni e le eventuali relative Guide applicative. E solo ove la soluzione del caso concreto non sia così rinvenibile, lo sviluppo (o formulazione) di un pertinente principio contabile è attribuito al “giudizio” responsabile della direzione aziendale, insomma agli amministratori, i quali dovranno tener conto in primo luogo di alcuni postulati qualitativi di base e poi, in una sorta di “gerarchia rovesciata”, delle disposizioni e guide contenute in Principi e Interpretazioni su casi simili o correlati e soltanto in ultima analisi delle “definizioni, i criteri di valutazione e i concetti di misurazione per la contabilizzazione delle attività, delle passività, dei ricavi e dei costi contenuti nel Quadro sistematico”. È insomma qui ribadita la portata integrativa di ultima istanza del CF. D’altro canto anche l’ipotesi del conflitto/incompatibilità tra finalità enunciate nel CF e disposizione dello specifico Principio contabile non potrebbe trovare, nell’ottica IASB, una soluzione che faccia prevalere le prime a discapito della seconda, come reso chiaro dallo stesso CF. Ciò si ricava anche dal pur precettivo IAS [continua ..]
Un tale “status normativo” dello IASB CF (ma del tutto analogo sotto questo profilo è il CF del FASB) è in contrasto con il “Quadro concettuale” implicito nel sistema della IV direttiva comunitaria e del nostro ordinamento nazionale che ne fa applicazione. Qui prevale senz’altro l’approccio deduttivo, secondo una gerarchia dalla portata immediatamente precettiva che parte dalla clausola generale, passa quindi per i postulati di base o principi di redazione e giunge alle specifiche disposizioni legali di struttura e valutazione. Il ruolo sovraordinato della “true and fair view” è fuori discussione e si impone nei casi, pur eccezionali, in cui sussista incompatibilità tra la finalità del bilancio d’esercizio come individuata nel relativo sistema di riferimento e la specifica disposizione che dovrebbe disciplinare il caso concreto. In questo senso il CF dello IASB sembra conservare l’ispirazione pragmatica che presiede all’applicazione degli US GAAP, contrari – com’è noto – al recepimento di una clausola generale assimilabile alla “rappresentazione veritiera e corretta” e favorevoli piuttosto ad una fair presentation che si risolve in realtà nel puntuale rispetto degli specifici standard contabili codificati 16. Ma se ne trae anche una ulteriore conseguenza, che nella misura in cui i principi contabili internazionali trovano ingresso negli ordinamenti nazionali non in via diretta per effetto del Regolamento comunitario, ma in via derivata per effetto dell’opzione legislativa nazionale, come è accaduto in Italia con l’estensione al bilancio d’esercizio (e non al solo consolidato), nasce il problema se il quadro concettuale IASB possa subire una deroga, possano cioè i principi contabili internazionali essere piegati ad assunzioni e postulati di base che non appartengono in pieno al CF IASB, ma al diverso Quadro concettuale o sistematico che governa in sede locale o regionale la funzione del bilancio d’esercizio. E innanzitutto viene in considerazione proprio la clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, assente in quanto tale dallo IASB CF ove è presente semmai il principio della “faithful representation” alla stregua di una caratteristica qualitativa [continua ..]
L’integrazione dello IASB CF, quando è destinato ad applicarsi in sede comunitaria e nazionale, non sembra peraltro fermarsi a questo livello, poiché in realtà sembra estendersi anche al principio di prudenza. E in verità l’indicato principio evoca quadri concettuali che alcuni autori ritengono inconciliabili: un quadro concettuale di tipo tradizionale, che valorizza la funzione di rendiconto degli amministratori del bilancio d’esercizio, di strumento idoneo a valutare la loro gestione e dunque fondato su un accountability approach; e un quadro concettuale orientato al processo decisionale degli utilizzatori fondato invece su un usefulness decisions-making o asset-liability approach 17. Questo secondo orientamento corrisponde alla svolta impressa all’elaborazione del CF, dapprima dal Fasb e quindi dallo stesso IASB, dagli anni Settanta in poi del secolo scorso e ribadito nella prima fase della revisione congiunta definita a settembre 2010, sia pure con qualche soluzione dal sapore compromissorio. L’obiettivo dell’informazione finanziaria di utilizzo generale è identificato nella “utilità” che l’informazione fornita ha per determinati destinatari, primariamente attuali e potenziali investitori, finanziatori e altri creditori, per l’assunzione di decisioni in merito alla fornitura di “risorse” alla “reporting entity”, decisioni che hanno ad oggetto in particolare: “comprare, vendere o detenere strumenti finanziari di capitale di rischio o di debito” e “fornire o regolare prestiti e altre forme di credito” (IASB CF OB2). Tali decisioni sono correlate – si ribadisce nel CF – al “ritorno” atteso dell’investimento (dividendi, pagamenti di capitale e interessi o incrementi del prezzo di mercato) o del prestito o credito fornito (pagamenti di capitale e interessi o altre forme di redditività), ritorno che dipende a sua volta dalla valutazione che questi destinatari sono posti in grado di compiere su “ammontare, tempi e rischi sulle prospettive dei futuri net cash inflows acquisibili dalla entità”. In definitiva l’informazione finanziaria deve essere utile agli indicati destinatari per aiutarli a valutare i futuri flussi di cassa (o equivalenti) acquisibili [continua ..]
Questi due obiettivi di certo convivono nel Quadro concettuale che sottostà alle direttive contabili comunitarie e ai bilanci d’esercizio che ne discendono nei singoli Stati membri. Non va dimenticato che le direttive contabili sono parte integrante del disegno di armonizzazione dei diritti societari nell’Unione Europea, il cui fondamento è rinvenibile nella tutela dei soci, dei creditori e dei terzi. La tradizione conservativa dei Paesi europei, del resto, ha privilegiato un equilibrato bilanciamento degli interessi di soci e di terzi, in particolare. Ma anche nella fase di recepimento degli IAS/IFRS, il Reg. n. 1606/2002 ha ribadito il duplice e paritario obiettivo della redazione dei bilanci, allorché nel fissare i criteri che presiedono al controllo di omologazione dei principi contabili internazionali ha preteso che essi rispondano “ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti dall’informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare l’idoneità della gestione”. Due distinti obiettivi, dunque, che ancora una volta individuano un quadro concettuale parzialmente difforme da quello che emerge dal rivisitato CF dello IASB, in cui la valutazione della gestione degli amministratori è configurato come un di cui della prioritaria finalità indirizzata a fornire informazioni agli investitori, ai finanziatori e ad altri creditori, informazioni utili ad adottare decisioni economiche su investimenti e fornitura di risorse all’impresa. Un obiettivo che allora può giustificare la previsione di informazioni supplementari nella nota integrativa e ulteriori rispetto alla prospettiva della prevedibile generazione di futuri flussi di cassa, come per esempio l’evidenziazione dei rapporti con parti correlate, la remunerazione degli amministratori, e così via. Un obiettivo che ripropone nella disciplina del bilancio d’esercizio il ruolo del principio di prudenza come espressione della relazione di agenzia che intercorre fra amministratori e soci ed in alcuni ordinamenti anche con altri stakeholders (vedi i lavoratori dipendenti nei sistemi a cogestione, molto più diffusi nell’Europa continentale di quanto si immagini). Ovviamente quel principio ha nel mondo non IAS compliance tutta la portata che gli [continua ..]
È opportuno, a questo punto, svolgere qualche riflessione conclusiva. L’analisi sin qui condotta ha evidenziato che: a) gli scandali finanziari, che dagli inizi del Millennio hanno reso sempre più instabili i mercati, hanno spinto gli organismi contabili internazionali e dei Paesi leader occidentali ad un approccio meno disorganico nella elaborazione dei principi contabili che modellano l’informazione resa ai mercati medesimi, sollecitando un approccio “principles-based” a fronte del precedente approccio “rules-based”; b)IASBe FASB, in particolare, hanno deciso di por mano ad una riformulazione dei rispettivi Quadri Concettuali (Conceptual Framework) perseguendo altresì la convergenza dei medesimi, nell’intento di rendere omogenei i principi che sorreggono a livello globale i rendiconti o rapporti finanziari; c) a questo processo di omologazione sono soggetti anche i Paesi membri dell’Unione Europea tramite il recepimento degliIAS/IFRS; d) tuttavia, la prima fase di convergenza deiCFdefinitasi nel settembre 2010 evidenzia il prevalere di soluzioni proprie dello standard setter americano rispetto a quelle più tradizionali dei Paesi dell’Europa continentale ma anche della Gran Bretagna; e) in particolare si segnala un diverso rilievo della clausola generale della “true and fair view”, assente tanto daiConceptual Statementsdel FASBquanto dal CF dello IASB, ma presente nei Paesi comunitari non solo nell’ambito del Quadro Concettuale soggiacente le direttive contabili e i relativi sistemi nazionali, ma anche nel recepimento degli IAS/IFRS da parte dell’Unione Europea; f) analoga divergenza è dato segnalare in merito agli obiettivi o finalità che orientano l’informazione finanziaria: neiCFIASB e FASB è decisamente prevalente l’orientamento teso a piegare i rendiconti o rapporti finanziari ai bisogni degli investitori o più in generale dei fornitori di risorse finanziarie all’entità, mentre nei Quadri concettuali dei Paesi comunitari, anche in sede di recepimento degli IAS/IFRS, permangono due separati obiettivi: quello utile ai processi decisionali degli investitori (attuali o potenziali) e quello di rendicontazione da parte degli amministratori dell’attività compiuta. Questi contrasti creano problemi interpretativi [continua ..]