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1. Premessa. - 2. Le novità post referendum 2011 in una disciplina in continua evoluzione. - 3. I servizi pubblici a rilevanza economica. - 4. L’in house providing e gli strumenti di controllo. - 5. I poteri dell’Autorità antitrust. - 6. Le competenze in materia dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. - 7. Gli affidamenti in house ed il reclutamento del personale. - NOTE
Nell’ambito dei Controlli pubblici e privati nelle società “in house” e miste, oggetto del Convegno [1], il tema che mi è stato assegnato riguarda l’analisi del sistema dei controlli esercitati dalle Autorità di regolazione di settore sulle società pubbliche alle quali viene affidata, con o senza gara, la gestione di un servizio pubblico locale [2] di rilevanza economica [3]. L’attenzione, pertanto, sarà rivolta alle diverse tipologie di azioni e provvedimenti che le Autorità competenti possono adottare, in sede di controllo, sugli affidamenti che l’ente locale effettua in deroga alle procedure ad evidenza pubblica nonché sugli acquisti e le assunzioni di personale delle società c.d. in house e di quelle a partecipazione mista pubblica e privata, così come oggi ridefinite dall’art. 4 del d.l. n. 138/2011, nel testo vigente; l’analisi porterà quindi a formulare alcune considerazioni di sistema sulla reale efficacia di tali controlli anche in relazione alla asserita eccezionalità dello strumento dell’in house providing.
Come si è anticipato, nei tempi di pubblicazione del presente scritto la disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica è stata di nuovo, e profondamente, ridefinita. Infatti, a seguito dell’abrogazione dell’art. 23-bis della legge n. 133/2008 [4], in esito al referendum popolare svoltosi il 12 e 13 giugno 2011 [5], il legislatore ha nuovamente disciplinato la materia con l’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modifiche in l. 14 settembre 2011, n. 148, di poi integrato e modificato dall’art. 9, 2° comma della legge 12 novembre 2011, n. 183 [6]. Si è dunque reso necessario “attualizzarne” l’oggetto, riscrivendone sostanzialmente i contenuti, anteponendo alcune sintetiche e preliminari riflessioni sulla nuova disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica ed, in particolare, sui controlli delle Autorità di regolazione. Orbene, oltre all’ennesima ridefinizione del regine transitorio degli affidamenti, una delle principali novità, contenuta nel 13° comma dell’art. 4 del d.l. n. 138, è senz’altro la possibilità, derogatoria rispetto alla procedura competitiva ad evidenza pubblica, di poter affidare la gestione dei servizi pubblici locali con il metodo dell’in house laddove il valore economico del servizio sia pari o inferiore a 900.000,00 euro annui; così privilegiando un approccio quantitativo rispetto al precedente che, si ricorda, consentiva l’affidamento diretto alle società a totale capitale pubblico, partecipate dall’ente locale, solo in casi eccezionali, giustificati da peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento che non permettevano un efficace e utile ricorso al mercato (3° comma, dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008). Peraltro, in tali casi era pure previsto il parere preventivo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui si dirà nel successivo paragrafo 5, di poi limitato dal regolamento attuativo ai soli servizi il cui valore economico superava la somma complessiva di 200.000,00 euro annui (art. 4 del d.p.r. n. 168/2010). Nel testo oggi vigente, invece, non è più necessario il parere preventivo da parte dell’Autorità garante (si riespande, [continua ..]
Come è noto, la materia dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e le relative modalità di gestione sono state disciplinate in particolare dall’art. 113 del Testo Unico degli Enti Locali n. 267/2000 (da ora in poi t.u.e.l.), variamente modificato nel corso degli anni. Si è detto dell’evoluzione normativa in materia e, da ultimo [8], il legislatore ha incisivamente ridisegnato la materia con l’art. 4 del d.l. n. 138/2011, come modificato ed integrato dall’art. 9, 2° comma della legge n. 183/ 2011 [9]. Le nuove norme si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono «sulle discipline di settore con esse incompatibili» (art. 4, 34° comma) e si estendono anche al trasporto pubblico regionale e locale (comma 34°-bis). Restano fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 4 il servizio idrico integrato, i servizi di distribuzione del gas naturale (regolato dal d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164) e dell’energia elettrica (di cui al d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 e alla legge 23 agosto 2004, n. 239), le farmacie comunali (disciplinate dalla legge 2 aprile 1968, n. 475) ed il trasporto ferroviario regionale (di cui al d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422) [10]. È da dire che per quanto riguarda il servizio idrico integrato si applicano comunque le disposizioni dei commi da 19° a 27° dell’art. 4 in esame. Si può da ultimo notare che rispetto a quanto previsto dall’art. 1, 3° comma, del d.p.r. n. 168/2010, nella richiamata, ed oggi vigente, elencazione dei servizi esclusi dall’applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali non si fa correttamente più riferimento a quei servizi strumentali all’attività o al funzionamento degli enti affidanti di cui all’articolo 13, 1° comma, del d.l. n. 223/2006. Si tratta dei servizi strumentali svolti dalle società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti, in funzione della loro attività nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, le quali devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti [continua ..]
Preliminarmente appaiono necessarie alcune brevi considerazioni sull’istituto dell’in house providing; ciò in quanto anche nel nuovo testo normativo si consente alle amministrazioni pubbliche di affidare in tal modo, senza gara, la gestione dei servizi pubblici locali, con l’unica limitazione del valore economico del servizio (pari o inferiore a 900.000,00 euro annui). L’istituto, di derivazione comunitaria [11], è entrato a far parte del nostro ordinamento con l’art. 113, 5° comma, lett. c) del t.u.e.l. [12], ed è considerato dalla dottrina e della giurisprudenza un “fenomeno eccezionale”, che ha sollevato non pochi problemi di compatibilità con le norme del Trattato dell’Unione Europea poste a tutela della concorrenza, le quali prediligono per la gestione «di servizi di interesse economico generale» [13]la modalità dell’affidamento mediante l’espletamento di una gara pubblica (principio, questo, peraltro ribadito anche nella normazione nazionale sugli appalti). Tanto ha indotto il legislatore nazionale a recepire le pronunce della Corte di Giustizia e dei Giudici amministrativi nazionali [14] sempre più restrittive in ordine ai requisiti che devono possedere le società c.d. in house per poter essere affidatarie dirette della gestione di un servizio pubblico locale (ad esempio il c.d. controllo analogo) [15]. Ed infatti, abbandonata la disciplina prevista dall’art. 113, 5° comma del t.u.e.l., che prevedeva tre distinte modalità di gestione di un servizio pubblico [16] (tra cui, come detto, l’affidamento diretto) oggi l’art. 4, 8° comma del d.l. n. 138/2011, ha chiarito che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società, sia private che miste, attraverso procedure competitive ad evidenza pubblica [17] a cui possono partecipare anche le società a capitale interamente pubblico, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge (9° comma). Ciò indurrebbe a pensare che l’istituto dell’in house non sia più attuale ma, in realtà, il legislatore lo contempla ancora, seppure con alcuni aggiustamenti che di fatto ne limitano l’operatività rispetto al passato. Il 13° [continua ..]
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dotata di poteri di natura ispettiva, cautelativa e sanzionatoria sulle operazioni che creano effetti distorsivi nel mercato, svolge anche un’attività consultiva esprimendo, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 287/1990, pareri sulle iniziative legislative o regolamentari e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il mercato quando lo ritenga opportuno, o su richiesta di amministrazioni ed enti pubblici interessati. Nello specifico, ai sensi dell’art. 12, l’Autorità può procedere, d’ufficio o su istanza di parte, a verificare l’esistenza di infrazioni ai divieti stabiliti negli artt. 2 e 3 della legge istitutiva (intese restrittive della concorrenza o abuso di posizione dominante). Al termine dell’istruttoria può diffidare e sanzionare gli enti interessati (art. 15) e, in casi di urgenza, può anche adottare misure cautelari e, nel caso di inadempimento all’ordine, può infliggere sanzioni amministrative pecuniarie fino al 3 per cento del fatturato (art. 14-bis). Orbene, come si è detto, nel caso di procedure di affidamento diretto di servizi pubblici locali l’Autorità antitrust può utilizzare tutti i poteri previsti dalla legge istitutiva nonché valutare le delibere quadro ai fini della relazione al Parlamento di cui all’art. 23 (l’Autorità deve presentare una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente, entro il 30 aprile di ogni anno, al Presidente del Consiglio dei Ministri che è poi tenuto a trasmetterla entro trenta giorni al Parlamento). È dunque scomparso nel testo oggi vigente in materia di servizi pubblici locali quella funzione di consulenza preventiva che, non prevista dalla legge n. 287/1990, era stata introdotta dal più volte richiamato art. 23-bis [22] e che, comunque, nella sua formulazione, rendeva dubitabile l’esercizio, da parte dell’Autorità, dei poteri sanzionatori attribuiti dalla legge n. 287/1990 in quanto applicabili negli specifici casi ivi previsti [23]. L’affidamento di servizi pubblici locali secondo le procedure ad evidenza pubblica può essere escluso solo nei casi in cui, in base ad una analisi di mercato, condotta dall’ente titolare del servizio, «la libera iniziativa economica privata non risulti [continua ..]
A parte i poteri dell’AGCM, ed in disparte le modalità ulteriori di controllo previste dall’art. 4 del d.l. n. 138/2011 di cui si è tenuto conto (Organi di revisione, Prefetto), le società in house e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, sono anche sotto la lente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici [24] che, istituita con la legge quadro sui lavori pubblici n. 109/1994, è attualmente disciplinata dagli artt. 6-8 del d.lgs n. 163/2006. L’Autorità, come è noto, vigila sulla corretta applicazione della disciplina legislativa e regolamentare in materia e sulla regolarità delle procedure di affidamento. Pertanto, poiché ai sensi dell’art. 4, 15° comma, del d.l. n. 138/2011 è espressamente previsto che gli affidatari in house di servizi pubblici locali sono tenuti al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi, anche per finalità connesse al rispetto del patto di stabilità interno, ne consegue la loro soggezione al controllo dell’Autorità in esame [25]. È comunque evidente che tale controllo riguarda sostanzialmente le eventuali anomalie sorte nella fase di gestione degli acquisti di servizi e forniture da parte della società pubblica e non già la sua fase costitutiva. Per quanto, non può in astratto escludersi un intervento dell’Autorità anche nella fase genetica dell’affidamento in house, ad esempio su segnalazione di imprese che contestano la scelta dell’ente locale di non procedere con l’evidenza pubblica. In tal caso, si sovrapporrebbe il controllo dell’Autorità per la vigilanza con quello previsto dall’art. 4, co. 4, riservato all’AGCOM. Ma, non pare che tale sovrapposizione di funzioni possa essere in contrasto con la legge. Non va poi dimenticato che l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ai sensi dell’art. 6, 7° comma, lett. h) e h1), del d.lgs. n. 163/2006 è poi tenuta ad inviare al Governo ed al Parlamento una relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni del sistema ancorate alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali.
Per completezza appaiono opportune alcune brevi considerazioni sulle modalità di reclutamento del personale da parte delle società in house e sul rispetto, da parte delle stesse, del patto di stabilità. Si è anticipato che il 17° comma dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 ha disposto che le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali devono adottare, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al 3° comma dell’art. 35 del Testo Unico del pubblico impiego (d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), mentre il 14° comma ha previsto che gli affidatari in house di servizi pubblici locali sono assoggettati al patto di stabilità interno [26]. Pertanto, le società affidatarie in house potranno conferire incarichi o assumere personale rispettando i criteri dettati per le assunzioni nel pubblico impiego e, quindi, tra gli altri, dando adeguata pubblicità alla selezione, garantendo imparziali modalità di svolgimento delle procedure concorsuali e rispettando le pari opportunità. Nei commi dal 19° al 27°, cui per brevità si rinvia, l’art. 4 del d.l. n. 138 detta poi un’articolata disciplina sulle incompatibilità delle funzioni tra amministratori, dirigenti e responsabili di uffici o servizi degli enti locali (con i relativi coniugi, parenti ed affini) ed incarichi (anche direttivi) da ricoprire nella società affidataria. Per il 14° comma dell’art. 4, infine, alle società affidatarie in house si applicano, ai sensi dell’art. 18, comma 2°-bis del d.l. n. 112/2008 (convertito in legge n. 133/2008), le stesse limitazioni o i divieti di assunzione previsti per gli enti locali controllanti. Le società devono inoltre adeguare le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di consulenze esterne e di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria [27].