<p>Il giudizio civile di Cassazione di Ricci Albergotti Gian Franco</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Collegio sindacale e “Comitato per il controllo interno e la revisione contabile” nel sistema policentrico dei controlli (di Niccolò Abriani)


SOMMARIO:

1. Corretta amministrazione e adeguatezza del sistema di controllo interno. - 2. Il sistema “policentrico” dei controlli: molti protagonisti in cerca di un coordinatore. - 3. L’organo di controllo interno come supervisore e catalizzatore del sistema dei controlli. - 4. Il “comitato per il controllo interno e la revisione contabile” di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 39/2010. - 5. Collegio sindacale e Comitato controllo e rischi. - 6. Valutazione e vigilanza sul sistema di controllo interno nei modelli alternativi di amministrazione e controllo.– La distinzione ora delineata, chiara nel sistema tradizionale, si presenta in termini diversi nei sistemi alternativi di amministrazione e controllo introdotti dalla riforma del 2003. - 7. Convergenza funzionale e permanente distinzione di ruoli (e responsabilità) tra gli organi di amministrazione e controllo. - 8. Segue. Nuovi compiti e responsabilità del collegio sindacale. - 9. Ancora sul rapporto tra organo di controllo interno e comitatoaudit. - 10. Una sfida per le professioni: le nuove norme di comportamento del collegio sindacale. - NOTE


1. Corretta amministrazione e adeguatezza del sistema di controllo interno.

La funzione centrale rivestita dal sistema dei controlli societari nella governance delle grandi imprese azionarie rappresenta un dato ormai acquisito nei principali ordinamenti capitalistici e plasticamente scolpito anche dalla più recente stagione normativa, primaria e secondaria, del nostro diritto societario. Se si volge lo sguardo al passato si deve tuttavia constatare che sino a dieci anni or sono l’“adeguatezza della struttura organizzativa” e del “sistema di controllo interno” era evocata da una sola disposizione, di recente (allora) introduzione e riferita alle sole società quotate. Il richiamo è naturalmente all’art. 149, 1° comma, lett. b) del d.lgs. n. 58/1998 (t.u.f.), che includeva (e tuttora include) tra i doveri del collegio sindacale la vigilanza sull’adeguatezza della struttura organizzativa, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile 1. Sottratto così al limbo della regolamentazione secondaria del settore bancario e finanziario, cui era rimasto sino ad allora relegato, il principio dell’adeguatezza degli assetti organizzativi interni dell’impresa è poi assurto, con la riforma del diritto societario del 2003, ad autentico “architrave” della governance delle società per azioni 2. Tale approdo trova la sua consacrazione normativa negli artt. 2381 e 2403 c.c., il primo dei quali impone agli organi delegati di predisporre (“curare”) assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa azionaria, informandone il consiglio di amministrazione, chiamato a sua volta a valutare la stessa adeguatezza sulla base delle informazioni ricevute (unitamente ai piani strategici, quando elaborati, e al generale andamento della gestione: così il 3° comma); a quest’obbligo di valutazione si affianca il dovere dei sindaci di vigilare, ai sensi dell’art. 2403 c.c., «sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento» 3. In quest’ultima disposizione risiede una delle principali novità della riforma, che va colta non solo e non tanto nell’enunciazione del dovere degli amministratori [continua ..]


2. Il sistema “policentrico” dei controlli: molti protagonisti in cerca di un coordinatore.

Come risulta da queste considerazioni preliminari, il reticolare sistema dei controlli societari vede oggi la compresenza di molti “personaggi in cerca di un coordinatore”. Si tratta, del resto e prima ancora, di personaggi frutto di più autori: il legislatore a livello di norme primarie, l’esecutivo con norme regolamentari di attuazione, e poi le autorità di vigilanza, dalla Banca d’Italia, alla Consob, all’ISVAP, sino alla disciplina autoregolamentare delineata dal Codice di autodisciplina. Nell’ultima versione del Codice è assegnato un risalto ancora più marcato al ruolo di monitoring del consiglio di amministrazione in generale e, nel suo ambito, al comitato per il controllo interno, ora ribattezzato comitato controllo e rischi, composto interamente da amministratori non esecutivi e indipendenti; ma una funzione di monitoraggio è svolta, sia pure da una prospettiva peculiare, anche dal comitato per le remunerazioni e, in un’accezione più lata, dal comitato per le proposte di nomina, anch’essi di fonte autoregolamentare. Un ulteriore coprotagonista è rappresentato, nelle società quotate, dal comitato di amministratori indipendenti previsto dal Regolamento in materia di operazioni con parti correlate emanato dalla Consob in attuazione dell’art. 2391-bis c.c.: infatti, sebbene il regolamento n. 17221/2010 non imponga di costituire appositamente un organo ad hoc 18, pare assolutamente condivisibile l’esigenza – immediatamente sottolineata in dottrina – di “conferire un certo carattere di “naturalità” (nel senso di giudice naturale) al comitato” 19. Ed anche la società di revisione (o il revisore) legale è chiamato a svolgere un ruolo importante in ordine alle procedure di controllo interno, segnatamente in materia contabile. Ma si pensi anche ai compiti affidati dalla legge sulla tutela del risparmio al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; per non parlare dei vari uffici interni alla struttura aziendale delle società quotate cui sono affidate importanti funzioni di controllo di secondo o terzo livello (gestione dei rischi, compliance, audit). Né va dimenticato il ruolo dell’organismo di vigilanza istituito ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, nel cui modello di prevenzione dei reati [continua ..]


3. L’organo di controllo interno come supervisore e catalizzatore del sistema dei controlli.

A una conta sommaria, gli organi, le funzioni e gli uffici che compartecipano al sistema dei controlli interni risultano in molte realtà societarie ben più dei sei personaggi pirandelliani. Il numero tende a crescere di anno in anno, avvicinandosi preoccupantemente alla “sporca dozzina”, un numero che evoca la musica dodecafonica. Ma se il compito della dirty dozen era quasi impossibile, la dodecafonia presuppone comunque la genialità di uno Schönberg (se non il patto con il diavolo di Adrian Leverkhün nel Doctor Faustus di Thomas Mann). In assenza di queste doti non comuni, il rischio altrimenti è che il sistema degeneri nella cacofonia. Ora, questo ruolo di accordare e raccordare il sistema, prevenendo i rischi di sovrapposizioni e dissonanze dagli esiti nefasti, è stato assegnato dalla più recente stagione legislativa all’organo di controllo interno, nelle varie configurazioni che il nostro ordinamento contempla: il collegio sindacale del sistema tradizionale di amministrazione e controllo, il consiglio di sorveglianza del sistema dualistico e il comitato per il controllo sulla gestione del sistema monistico. Tale processo ha trovato la sua consacrazione, per le società quotate e tutte le altre società riconducibili alla nuova categoria degli enti di interesse pubblico, nell’art. 19 del d.lgs. n. 39/2010. Quest’ultima, fondamentale, disposizione costituisce peraltro l’approdo di un percorso pluriennale che affonda le sue origini in alcuni settori vigilati 22 e il suo più immediato antecedente nel Testo Unico della Finanza. Una stagione legislativa che ha dato nuova linfa al­l’organo di controllo interno e dunque, nella grande maggioranza delle società italiane, al collegio sindacale, con un rovesciamento del tradizionale (e sovente aprioristico) giudizio negativo che sino a ieri affiorava nella valutazioni degli studiosi e degli operatori. Se ci riportiamo al momento dell’entrata in vigore della riforma societaria, forti erano le spinte verso una progressiva emarginazione del collegio sindacale. E ciò su più fronti. Si pensi alla possibile fuga dal sistema tradizionale prefigurata dall’introduzione dei modelli alternativi di amministrazione e controllo, e all’affidamento al revisore esterno della funzione di controllo contabile, che da regola eccezionale [continua ..]


4. Il “comitato per il controllo interno e la revisione contabile” di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 39/2010.

Le Disposizioni sulla governance della Banca d’Italia del 2008 hanno rappresentato una significativa anticipazione delle regole generali ora consacrate, per tutti gli enti di interesse pubblico, dall’art. 19 del d.lgs. n. 39/2010, che ha come noto attribuito al collegio sindacale (e ai corrispondenti organi di controllo dei sistemi alternativi) la funzione di coordinare, nella nuova qualità di “Comitato per il controllo interno e la revisione contabile”, alcuni degli aspetti cruciali del sistema di governo societario. In base al primo comma dell’art. 19 del d.lgs. n. 39/2010 il “comitato” – alias (nel sistema tradizionale) collegio sindacale – deve vigilare sui seguenti aspetti: a) il processo di informativa finanziaria; b) l’efficacia dei sistemi di controllo interno, di revisione interna, se applicabile, e di gestione del rischio; c) la revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati; d) l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale, in particolare per quanto concerne la prestazione di servizi non di revisione all’ente sottoposto alla revisione legale dei conti. Lo svolgimento di queste funzioni era espressamente previsto dal legislatore comunitario come obbligatorio in tutti gli enti d’interesse pubblico; l’art. 41 della direttiva 43/2006/CE lasciava tuttavia liberi gli Stati membri di decidere in ordine all’attribuzione di tali delicatissimi compiti a) a un organo ad hoc nominato dall’assemblea dei soci, oppure b) ai componenti non esecutivi dell’organo amministrativo (e dunque all’internal audit committee contemplato da alcune legislazioni straniere e dal nostro Codice di autodisciplina delle società quotate), o ancora c) all’organo di controllo dell’ente d’interesse pubblico sottoposto a revisione legale dei conti. Il decreto di attuazione ha optato per quest’ultima soluzione, prevedendo nel secondo comma dell’art. 19 che nelle società che adottano il sistema tradizionale di amministrazione e controllo il comitato per il controllo interno e la revisione contabile si identifica con il collegio sindacale. La stessa regola vale per il comitato per il controllo sulla gestione delle (poche) società italiane a sistema monistico; mentre nelle (ancor più rare) società a modello [continua ..]


5. Collegio sindacale e Comitato controllo e rischi.

Va ancora soggiunto che è proprio con riferimento alla vigilanza sulla revisione legale dei conti che si annidavano i maggiori rischi di sovrapposizione tra il collegio sindacale (nella nuova veste di comitato per il controllo interno e la revisione contabile) e il comitato per il controllo istituito all’interno dell’organo amministrativo ai sensi del Codice di autodisciplina: comitato, quest’ultimo, che è chiamato dalla disciplina autoregolamentare, tra l’altro, a «esprimere pareri sulla progettazione, realizzazione e gestione del sistema di controllo interno» 34, a «vigilare sull’efficacia del processo di revisione contabile» 35 e ad esercitare altre funzioni direttamente e indirettamente collegate all’attività di revisione 36. A questo proposito, la recente revisione del Codice di autodisciplina ha opportunamente attenuato le sovrapposizioni, superando anche l’omonimia (oramai, quasi decettiva) tra i due comitati, ribattezzando il comitato audit come “Comitato controllo e rischi” e ridefinendone le funzioni all’interno del complessivo “Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi” a cui è intitolato il nuovo art. 7 del Codice: con una duplice e convergente innovazione che il Commento a tale fondamentale previsione ricollega, in primo luogo, all’esigenza di «differenziare quest’organismo dal “comitato per il controllo interno e la revisione contabile”, imposto dalla recente normativa in tema di revisione contabile, le cui incombenze rimangono ben distinte rispetto alle esigenze istruttorie dell’organo amministrativo» 37. Le nuove disposizioni autoregolamentari riflettono opportunamente la diversità di piani sui quali si collocano il comitato controllo e rischi interno all’organo amministrativo, da un lato, e il collegio sindacale (anche nella nuova veste di “comitato per il controllo interno e la revisione contabile”), dall’altro, sono destinati ad operare. Si ripropone qui la distinzione tra a) la vigilanza sulla legalità dell’azione amministrativa e l’adeguatezza degli assetti, cui è chiamato l’organo di controllo interno del sistema tradizionale e b) la valutazione in ordine all’efficienza, all’economicità e [continua ..]


6. Valutazione e vigilanza sul sistema di controllo interno nei modelli alternativi di amministrazione e controllo.– La distinzione ora delineata, chiara nel sistema tradizionale, si presenta in termini diversi nei sistemi alternativi di amministrazione e controllo introdotti dalla riforma del 2003.

Nel sistema dualistico il valore dell’asse delle ascisse (valutazione) tende ad assottigliarsi, sino a venir meno nelle (non rare) ipotesi in cui il consiglio di gestione risulti interamente composto da consiglieri esecutivi; mentre quello delle ordinate (vigilanza) viene ad arricchirsi di una portata valutativa ben più pregnante di quella del collegio sindacale, assumendo i relativi interventi un’efficacia proattiva e biunivocamente dialettica, segnatamente ove lo statuto riconosca al consiglio di sorveglianza le prerogative di alta amministrazione di cui alla lett. f-bis) dell’art. 2409-terdecies c.c. 41. Nel sistema monistico, per contro, potrebbe fare difetto l’asse delle ordinate della mera vi­gilanza estranea alla sfera gestoria, essendo la funzione di controllo attribuita a consiglieri di amministrazione chiamati anche a valutare e a (concorrere a) indirizzare la gestione della società: soggetti per definizione compartecipi del processo decisionale e i cui poteri istruttori e reattivi sono funzionali innanzi tutto ad una più incisiva ed efficace valutazione di merito, ad opera dell’organo amministrativo nel suo plenum, sull’operato degli esecutivi; e dunque anche sulla convenienza e utilità delle opzioni organizzative e gestorie da questi ultime predisposte e realizzate, ma dai primi condivise nella loro pianificazione strategica 42. Non si tratta peraltro qui di verificare quale sia il più “cartesiano” tra i sistemi di amministrazione e controllo, bensì di sottolineare la permanente distinzione – certamente, più nitida nel modello tradizionale, ma presente anche nel sistema dualistico e monistico – del ruolo dell’organo di controllo rispetto agli amministratori non esecutivi. È innegabile che, a seguito della riforma del 2003, amministrazione e controllo non costituiscano più funzioni tra loro nettamente distinte, ma rappresentino piuttosto i due versanti di un unico sistema, nell’ambito del quale gli assetti, e dunque anche i sistemi di controllo, fanno parte integrante e qualificante della gestione 43. Il rispetto del protocollo organizzativo è anzi l’a priori della corretta amministrazione; ed è solo dopo aver assolto a tale duplice protocollo che l’amministrazione può considerarsi “corretta”, e può [continua ..]


7. Convergenza funzionale e permanente distinzione di ruoli (e responsabilità) tra gli organi di amministrazione e controllo.

La convergenza funzionale dei controlli di secondo grado che gli amministratori non esecutivi e i sindaci sono chiamati a operare non deve tuttavia far dimenticare agli interpreti la perdurante diversità di prospettiva e anche di responsabilità. Come conferma la fondamentale disposizione di cui al secondo comma dell’art. 2407 c.c., che continua a ritenere i sindaci “responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”. Se rigiriamo infatti il tessuto normativo e ne consideriamo la trama e non l’ordito (ne vediamo, per così dire, il bright side e non il dark side della responsabilità), dalla regola ora enunciata si evince che i sindaci, sebbene dotati di doveri e poteri di controllo più intensi rispetto al passato, continuano a rispondere soltanto per difetto di vigilanza; e solo a tale titolo possono essere solidalmente coinvolti nella responsabilità degli amministratori. Da tale disposizione esce dunque confortata la conclusione che, se la predisposizione di adeguati sistemi di controllo d’impresa è un aspetto coessenziale della gestione, rientrando tra i principali compiti dell’organo amministrativo, la gestione per contro resta sempre estranea alle funzioni dell’organo di controllo, che su di essa è chiamato ad appuntare unicamente la sua pur incisiva e sostanziale vigilanza (salvi i casi eccezionali di sostituzione transitoria degli amministratori nell’esercizio delle funzioni degli amministratori). Da questo punto di vista è significativo il passaggio della Relazione illustrativa al d.lgs. n. 6/2003, dove, con riferimento all’art. 2407 c.c. (e all’ormai abrogato art. 2407-sexies c.c.), si ribadisce che la responsabilità ha «anche, e soprattutto, una funzione di deterrente, di spinta ad evitare violazioni dei rispettivi doveri», soggiungendosi che «la conservazione di questa funzione deterrente (…) implica un sistema di responsabilità per colpa (non già un sistema di responsabilità oggettiva)», di talché «la responsabilità consegue solo alla violazione colpevole di specifici e ben individuati doveri, diversi a seconda dei ruoli svolti, e che [continua ..]


8. Segue. Nuovi compiti e responsabilità del collegio sindacale.

Dalle premesse sin qui richiamate deriva un importante corollario, che costituisce al contempo un caveat all’interprete e soprattutto al formante giurisprudenziale rispetto a derive giustizialiste: la natura solidale della responsabilità dei sindaci con quella degli amministratori non deve velare il diverso titolo al quale rispondono gli uni e gli altri 47; titolo che si ricava appunto dalla specifica relazione instaurata dall’ordinamento tra le funzioni assegnate all’organo di controllo e il corrispondente regime di responsabilità dei sindaci 48. La ridefinizione delle funzioni di vigilanza del collegio sindacale con le funzioni di controllo interno – e, dunque, con forme di controllo di seconda istanza, anche sull’adeguatezza degli assetti organizzativi (e anche allo scopo di dare input agli organi sociali) – non implica una compartecipazione del collegio sindacale al processo decisionale e dunque alle scelte degli amministratori in ordine alla definizione dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. Le nuove funzioni – pur significativamente ampliate e precisate – rientrano pur sempre nell’attività tipica del collegio sindacale: attività di vigilanza che rimane eminentemente conoscitiva e in funzione essenzialmente collaborativa 49. Sul piano operativo è peraltro dato di comune esperienza che la ricomposizione fra i principi e le affermazioni teoriche ora richiamati, da un lato, e il ruolo che i sindaci sono oggi tenuti a svolgere in funzione della vigilanza, dall’altro, risulta in concreto non sempre agevole. Ferma restando la loro assoluta estraneità al processo decisionale (in ciò la sostanziale differenza con l’istituto degli amministratori indipendenti e la comprensibile difficoltà degli operatori degli ordinamenti anglosassoni a misurarsi con le peculiarità del nostro istituto), il dovere dei sindaci di vigilare sulla rispondenza degli atti amministrativi ai principi di corretta amministrazione, ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale (e segnatamente sull’adeguatezza degli assetti e del loro concreto funzionamento), implica necessariamente un esame dei processi decisionali sottesi alle opzioni gestorie degli amministratori: opzioni che rientrano nella sfera di discrezionalità propria (ed [continua ..]


9. Ancora sul rapporto tra organo di controllo interno e comitatoaudit.

In tal modo non si intende sottovalutare l’importante evoluzione che il nuovo quadro normativo segnala rispetto all’originaria configurazione delle funzioni del collegio sindacale, il cui intervento veniva realizzato sovente soltanto ex post, con carotaggi episodici o comunque campionari e finalizzato ad avvertire i soci delle eventuali infedeltà o negligenze degli amministratori. L’organo di controllo risulta oggi in grado di indirizzare la gestione verso principi di correttezza, con ciò finendo per svolgere un’attività non solo sussidiaria, ma finanche complementare rispetto all’azione degli amministratori 51. Pur rimanendo nella sfera della vigilanza, come tale estranea alla formazione dei contenuti della gestione propriamente detta (affidata in via esclusiva agli amministratori), il collegio sindacale è oggi coinvolto nella valutazione di aspetti inerenti al funzionamento e all’organizzazione della società, partecipando così, più incisivamente rispetto al passato, al governo societario. La nuova disciplina concorre indubbiamente a rafforzare quell’orientamento “antiformalistico” dei compiti dell’organo di controllo, già affermatosi in giurisprudenza e in dottrina, che nel corso del tempo ha arricchito di contenuti i doveri del collegio sindacale lungo una linea interpretativa volta a sottolineare la natura sostanziale dell’approccio da adottare. E un’indi­ca­zione in tal senso pare anche desumersi dalla stessa direttiva 43/2006, nei cui Considerando si legge che l’organo di vigilanza deve “contribuire a minimizzare i rischi finanziari, operativi e di inosservanza delle disposizioni e accrescere la qualità dell’informazione finanziaria”, operando in correlazione a un efficace sistema di controllo interno 52. È partendo da queste premesse che i distinti ma convergenti compiti assegnati, per un verso, all’organo di controllo interno e, per altro verso, al comitato per il controllo interno all’organo amministrativo possono dar luogo a sinergie positive, anziché a improprie duplicazioni, nel­l’ambito di quei doveri di cooperazione interorganica che già connotavano il sistema “policentrico” dei controlli delineato dal testo unico della finanza e, poi, dalla riforma del diritto [continua ..]


10. Una sfida per le professioni: le nuove norme di comportamento del collegio sindacale.

Il riconoscimento del ruolo del collegio sindacale quale presidio avanzato di un più corretto ed efficiente governo societario trova ora una consacrazione nel nuovo Codice di Autodisciplina, che assegna espressamente a tale organo il ruolo di “vertice del sistema di vigilanza” delle società quotate. Particolarmente significativo è il riconoscimento in capo al collegio sindacale di «un compito di vigilanza anche preventiva e non meramente ex post, che si traduce in una verifica sui processi il cui esito va portato all’attenzione degli amministratori, affinché essi adottino le misure correttive eventualmente necessarie». E sempre nel solco delle riflessioni sin qui condotte si iscrive l’ulteriore rilievo che «il conseguente coordinamento con gli organi di gestione, anche delegati, è da ritenere compatibile con il ruolo di vigilanza sulla conformità (alle norme, allo statuto, alle procedure interne), tipicamente affidato al collegio sindacale, che lo differenzia in modo netto rispetto al consiglio di amministrazione e al comitato e controllo e rischi, i quali svolgono essenzialmente un ruolo di valutazione anche di merito sull’adeguatezza degli assetti e sull’andamento della gestione» 60. Tale approdo costituisce, per le categorie professionali interessate, una straordinaria occasione, ma al contempo una sfida tanto impegnativa quanto ineludibile. E una prima risposta a tale sfida è ora offerta dalle nuove Norme di comportamento del collegio sindacale delle società non quotate approvate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili 61. Questi nuovi principi sembrano infatti rivelare, sul piano che è loro proprio di regole di carattere deontologico, la piena consapevolezza del ruolo del “nuovo” collegio sindacale e del passaggio, in punto di controllo dei rischi, da una visione prevalentemente atomistica del controllo, che affidava a funzioni specialistiche forme d’intervento meramente re-attivo, a una concezione a più ampio spettro del governo dei rischi in termini anticipatori, diretta ad un’identificazione degli stessi prima della loro manifestazione e all’assunzione di scelte aziendali che portino ad accettare l’esposizione a rischi governabili, piuttosto che soltanto a ridurre i rischi stessi: un sistema che trova il suo [continua ..]


NOTE