<p>Il diritto della crisi e dell'insolvenza - Jorio</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Corporate governance e comunicazione di informazioni privilegiate (di Carmine Di Noia, Matteo Gargantini)


SOMMARIO:

1. Introduzione. - 2. La (teorica) eccezionalità dell’informazione privilegiata: rilevanza del­l’in­dagine. - 2.1. Il rischio di conformità nella gestione dell’informazione privilegiata. - 2.1.1. Individuazione dell’informazione privilegiata. - 2.1.2. Il ritardo della pubblicazione. - 2.2. Conclusioni preliminari sulla rilevanza dell’informazione privilegiata. - 3. Perché limitare la circolazione dell’informazione privilegiata? - 4. Circolazione dell’informazione privilegiata e rapporti partecipativi. - 4.1. Emittenti quotati e loro società controllate. - 4.2. La società quotata e i suoi soci. - 4.2.1. La società quotata eterodiretta. - 4.2.2. Soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole - 4.2.3. Investitori istituzionali. - 5. La governance esterna. - 5.1. Gatekeepers: agenzie di rating, analisti finanziari e disclosure selettiva. - 5.2. Trasferimenti e consolidamenti del controllo: informazioni privilegiate e disciplina delle offerte pubbliche di acquisto. - 5.2.1. (segue): comunicazione di informazioni privilegiate e aggregazioni. - 5.2.2. (segue): offerte pubbliche di acquisto e insider di se stesso. - 6. Conclusioni. - NOTE


1. Introduzione.

La gestione dell’informazione rappresenta uno degli aspetti più complessi dal punto di vista regolamentare e, al contempo, più densi di implicazioni teoriche tra quelli che riguardano il vasto tema della corporate governance. L’importanza della materia è evidente: essa deriva dal fatto che i meccanismi di governo e di controllo dell’impresa, siano essi interni o esterni alla società, si basano su – e a loro volta producono – flussi di informazioni. Ciascuno di tali meccanismi, in altri termini, funziona se ed in quanto esso sia in grado di ricevere informazioni e, una volta rielaborati i dati così acquisiti, di comunicare ad altri soggetti le istruzioni o le valutazioni relative. Queste informazioni possono pertanto riguardare accertamenti dei fatti più vari, ivi incluse le determinazioni di volontà degli organi sociali, e assumere diverse qualificazioni giuridiche. Tra le informazioni che costituiscono i flussi rammentati, quelle qualificabili come privilegiate ai sensi della disciplina sugli abusi di mercato (art. 7 Reg. (UE) N. 596/2014 – MAR) meritano un’indagine particolare in virtù dei limiti che la disciplina applicabile, di fonte prevalentemente europea, pone alla loro circolazione. Tali limiti incidono infatti inevitabilmente sulle modalità con cui operano i meccanismi di governance che sulle informazioni, anche di natura privilegiata, si basano. In queste note introduttive si forniranno alcuni spunti preliminari e, pertanto, necessariamente incompleti su alcuni profili della disciplina della comunicazione selettiva delle informazioni privilegiate che si ritengono particolarmente rilevanti per la loro capacità di conformare le dinamiche del governo societario delle società con azioni quotate o negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione. Con qualche inevitabile semplificazione, l’analisi di questi profili può articolarsi secondo linee concentriche che, partendo dagli elementi più interni dell’orga­niz­zazione aziendale e societaria, muovano progressivamente verso l’esterno del­l’emittente fino a raggiungere, via via, meccanismi (quali ad esempio i gatekeepers) rientranti nelle sole nozioni più estese della corporate governance. Seguendo questa impostazione, il § 2 definisce l’ambito dell’indagine delineando le [continua ..]


2. La (teorica) eccezionalità dell’informazione privilegiata: rilevanza del­l’in­dagine.

A prima vista, un problema di gestione della circolazione dell’infor­mazione privilegiata sembra potersi porre solo in casi normativamente e statisticamente residuali. Dal punto di vista della disciplina applicabile, infatti, può parlarsi di comunicazione selettiva dell’informazione privilegiata da parte dell’emittente unicamente in presenza di notizie non ancora rese pubbliche [1] che soddisfino, al contempo, gli altri requisiti stabiliti per la loro sottoposizione al regime di circolazione ristretta stabilito dall’art. 7 MAR. In particolare, è necessario che l’informazione non ancora pubblicata riguardi direttamente [2]l’emittente o i suoi strumenti finanziari e rivesta un carattere preciso, oltre ad avere contenuto tale da poter determinare, se pubblicata, un effetto significativo sui prezzi dei medesimi strumenti finanziari o di strumenti finanziari derivati collegati (price sensitivity). Quanto a quest’ultimo aspetto, il parametro da prendere a riferimento è quello dell’investitore ragionevole [3]: l’informazione è price sensitive se questo investitore-modello la utilizzerebbe probabilmente “come uno degli elementi su cui basare le proprie decisioni di investimento” (art. 7(4) MAR). Nel sistema dell’art. 7 MAR, il requisito della precisione si articola invece a propria volta in due aspetti, l’uno riferito allo stadio di sviluppo degli eventi a cui l’informazione si riferisce, l’altro attinente invece alla prevedibilità del potenziale effetto sui prezzi. Il primo aspetto richiede che l’informazione riguardi, alternativamente, una serie di circostanze [4] o un evento che si siano verificati o, di nuovo alternativamente, si possano verificare secondo un criterio di ragionevolezza. Il secondo aspetto della precisione consiste nella necessità che l’informazione sia specifica, ossia tale da “permettere di trarre conclusioni sul possibile effetto” dell’evento o del complesso di circostanze rammentati sui prezzi degli strumenti finanziari rilevanti: un elemento, questo, che presenta pertanto sovrapposizioni con quello della price sensitivity. Come detto, la sussistenza contemporanea di tali requisiti è, almeno in teoria, residuale. Ciò in quanto la possibilità di ritardare la pubblicazione di un’informa­zione [continua ..]


2.1. Il rischio di conformità nella gestione dell’informazione privilegiata.

Come evidente dalla pur sommaria sintesi che precede, i requisiti che definiscono l’informazione privilegiata, da un lato, e il ritardo della sua pubblicazione, dall’al­tro, non sono sempre agevoli da ricostruire: ciò anche a causa dell’inevita­bilmente scarsa prevedibilità dell’interpretazione che emittenti, autorità di vigilanza e giudici sono chiamati a dare con riguardo alle clausole generali o, peggio, ai concetti indeterminati che le norme europee adottano. Tutto ciò ha un ruolo decisivo nell’ac­cre­scere le difficoltà nella gestione delle informazioni privilegiate, a dispetto del numero non necessariamente elevato di queste ultime. Per chiarezza di analisi, si procederà a una rapida disamina dei profili di maggiore indeterminatezza attinenti alla nozione di informazione privilegiata (§ 2.1.1), per poi passare agli analoghi aspetti concernenti il ritardo (§ 2.1.2). Infine, si evidenzieranno i principali problemi che derivano da tali incertezze (§ 2.1.3).


2.1.1. Individuazione dell’informazione privilegiata.

La definizione dell’infor­ma­zione privilegiata rilevante ai fini degli obblighi di divulgazione si differenzia rispetto a quella rilevante ai fini dell’insider dealing prevalentemente [7] in quanto all’emittente è richiesto di rendere nota al pubblico la sola informazione che lo riguardi “direttamente”. Non devono quindi essere oggetto di pubblicazione le notizie di carattere macroeconomico o che riguardino l’evoluzione generale del mercato (c.d. market information). Il confine tra queste informazioni e quelle (c.d. corporate information) che sono invece soggette a pubblicazione non è tuttavia sempre facile da identificare. In primo luogo, anche notizie riconducili alle market information possono avere ripercussioni particolari su taluni emittenti, ripercussioni che per tale ragione possono non essere comprensibili dall’esterno sulla base delle sole informazioni pubblicamente disponibili. In questo caso, particolari effetti che le notizie, pur di pubblico dominio, hanno sul singolo emittente possono costituire oggetto di un obbligo di pubblicazione. Si pensi, ad esempio, al caso di un divieto normativo che sia idoneo a incidere in termini particolarmente negativi su un’area di sviluppo in cui l’emit­tente aveva progressivamente investito in anni recenti. In secondo luogo, non sempre è agevole identificare le notizie che riguardino l’emittente in via non mediata, bensì specifica e individuale. In questo quadro, a qualche incertezza interpretativa danno luogo i fatti che, pur trovando origine al di fuori della “sfera di attività” dell’emittente (secondo la più chiara espressione usata, prima dell’attuale regime normativo, nella direttiva 79/279/CEE), siano a questo direttamente riferibili in quanto lo riguardino con un ruolo passivo. Il caso classico è quello di un procedimento sanzionatorio avviato da un’autorità di vigilanza e di cui l’emittente venga a conoscenza in seguito alla notifica della contestazione: in questo caso l’emittente dovrebbe valutare se l’informazione presente le caratteristiche di una informazione privilegiata (ivi incluse la precisione e la price-sensitivity). Altra questione, da non confondere con quella in esame, è se l’informazione, pur riguardando direttamente l’emittente, sia a [continua ..]


2.1.2. Il ritardo della pubblicazione.

L’interpretazione dei requisiti del ritardo nella pubblicazione di informazioni privilegiate comporta incertezze anche più serie di quelle appena ricordate. Basti pensare all’individuazione del potenziale effetto fuorviante della dilazione, al pregiudizio ai “legittimi interessi” dell’emittente che la dilazione stessa può mirare ad evitare o, infine, al livello di probabilità richiesto per ciascuna delle due valutazioni (art. 17(4) MAR). Data la vaghezza di tali previsioni, i benefici in termini di certezza del diritto derivati dai chiarimenti forniti dall’ESMA nei propri Orientamenti [23] sono inevitabilmente limitati, per almeno due ordini di ragioni. Il primo è che, trattandosi appunto di Orientamenti, rimane dubbia la loro efficacia in sede di giudizio, anche penale, alla luce di alcuni precedenti in altri Paesi dell’Unione [24]. In secondo luogo, la formulazione delle linee guida è tale per cui queste definiscono, solo in positivo, alcuni casi in cui può ritenersi vi sia il rischio di ingannare il pubblico ma non invece, in negativo, i casi in cui il medesimo rischio possa considerarsi escluso: esse non definiscono, pertanto, alcun safe harbour. Quanto alla probabilità che il pubblico sia fuorviato, il problema maggiore che gli Orientamenti hanno dovuto fronteggiare deriva dal fatto che è la definizione stessa di informazione privilegiata a renderne la ritardata pubblicazione potenzialmente sempre ingannevole per gli investitori che abbiano nel frattempo compiuto operazioni in acquisto o in vendita: il ritardo non consente infatti di mettere a loro disposizione un’informazione che, in premessa, essi avrebbero impiegato nel determinare l’an o il quantum della negoziazione. Per evitare di incorrere in questa aporia apparentemente irrisolvibile, l’ESMA fa sostanzialmente riferimento non tanto alla situazione informativa del mercato asetticamente intesa, quanto piuttosto alla sola componente della stessa situazione che l’emittente abbia contribuito a creare. In sostanza, è ingannevole il ritardo della pubblicazione che fornirebbe agli investitori attuali o potenziali indicazioni in contrasto con quelle già fornite dalla società quotata. Ciò vale ad esempio, secondo l’elenco non esaustivo degli Orientamenti, nel caso di contrasto tra l’informazione privilegiata [continua ..]


2.2. Conclusioni preliminari sulla rilevanza dell’informazione privilegiata.

Pur se allo stato ineluttabile, l’unificazione delle due nozioni di informazione privilegiata – quella valida ai fini di prevenzione degli abusi e quella valida ai fini della trasparenza – è una scelta normativa senz’altro criticabile e, in effetti, da tempo criticata da parte chi scrive [28]: essa infatti non garantisce sufficienti margini di tutela all’interesse alla riservatezza proprio di qualunque emittente, in tal modo disincentivando la quotazione e, addirittura, l’ammissione a negoziazione su MTF (ivi inclusi i mercati di crescita per le PMI: art. 33 direttiva 2014/65/UE – MiFID II) delle società operanti nei settori più innovativi. Inoltre, pur quando siano invocati i correttivi in materia di ritardo nella pubblicazione delle informazioni, gli emittenti rischiano di incorrere in oneri procedurali e di compliance i cui costi sono elevati a causa del pericolo di conseguenze sanzionatorie: tra i fattori che contribuiscono ad aggravare il rischio rientrano sia l’elevata possibilità di commettere una violazione (soprattutto a titolo colposo, data l’incertezza del quadro normativo) sia l’entità delle sanzioni applicabili in caso di accertamento. Proprio l’intensità delle misure repressive di carattere amministrativo e penale imposte dall’ordinamento europeo avrebbe reso preferibili una maggiore precisione nella definizione dei requisiti del ritardo, sotto entrambi i punti di vista rammentati nel § 2.1.2. Da un lato, infatti, l’indicazione esplicita, in termini negativi, dei casi in cui il ritardo non possa ritenersi ingannevole avrebbe dato maggiore certezza agli emittenti. L’attuale formulazione, come detto, si limita invece a indicare i casi in cui il ritardo può considerarsi ingannevole. Dall’altro lato, la stessa fonte normativa prevista dall’art. 17(11) MAR, ossia un Orientamento di livello 3 nella gerarchia Lamfalussy [29], non offre garanzie sufficienti non essendo esplicitamente vincolante per gli organi della giurisdizione civile e penale. Meglio sarebbe stato fornire tali chiarimento mediante norme delegate o di attuazione di Livello 2 – o, se adottati su proposta dell’ESMA, di livello c.d. 2 + [30] – ai sensi degli artt. 290 e, rispettivamente, 291 TFUE. De jure condendo, nulla impedirebbe, invece, di rivedere in parte l’ambito di [continua ..]


3. Perché limitare la circolazione dell’informazione privilegiata?

Da un punto di vista teorico, le limitazioni alla circolazione selettiva delle informazioni privilegiate possono trovare diverse giustificazioni, tra loro non necessariamente alternative. Senza pretesa di esaustività, la più evidente discende dalle ragioni stesse del divieto di insider dealing, rispetto al quale le restrizioni alla comunicazione delle informazioni privilegiate si pongono come una misura preventiva [37]. Contenere le possibilità di un accesso incontrollato a queste notizie riduce il novero dei soggetti che potrebbero abusarne, in tal modo limitando il rischio che il possesso di informazioni privilegiate possa tradursi in atti abusivi quali negoziazioni aventi ad oggetto gli strumenti finanziari rilevanti [38]. Un secondo tipo di giustificazione fa discendere i limiti alla comunicazione selettiva dagli effetti deleteri che questa potrebbe avere sull’efficienza e l’integrità del mercato indipendentemente dalla possibilità che alla comunicazione faccia seguito un’attività di insider dealing. Il caso classico è quello in cui la comunicazione selettiva avvenga in favore di analisti finanziari. In linea generale, l’opportunità, per questi soggetti, di accedere a informazioni privilegiate potrebbe migliorare la capacità dei prezzi di rappresentare, tramite i meccanismi di price discovery, un insieme più vasto di informazioni disponibili veicolate tramite le raccomandazioni di investimento (art. 20 MAR). Tuttavia, la possibilità di comunicare le informazioni solo ad alcuni analisti può facilmente dar luogo a fenomeni di cattura: da un lato, l’emittente potrebbe tendere a rivelare informazioni ai soli destinatari più compiacenti, mentre questi ultimi potrebbero essere a loro volta incentivati a rilasciare giudizi più lusinghieri proprio per garantirsi un accesso privilegiato a informazioni che conferiscono maggiore appetibilità alle raccomandazioni [39]. L’instaurarsi di un gioco cooperativo ripetuto creerebbe facilmente una strategia dominante nel senso descritto per entrambi i soggetti. Un terzo ordine di considerazioni riguarda il fatto che la circolazione selettiva del­l’informazione, se compiuta senza l’autorizzazione dell’emittente, è di fatto equiparabile a un furto, dato che l’informazione ha generalmente un valore e, se prodotta [continua ..]


4. Circolazione dell’informazione privilegiata e rapporti partecipativi.

La circolazione dell’informazione privilegiata subisce restrizioni, nell’impianto MAR, con riferimento a comunicazioni che avvengano tanto all’interno dell’emittente quanto all’esterno di esso. Sotto il primo profilo, che non sarà oggetto di analisi ap­profondita in questa sede, la gestione dell’informazione privilegiata assume una valenza organizzativa, dato che essa incide sulla predisposizione di sistemi di circolazione dell’informazione privilegiata che ne impediscano la diffusione incontrollata [49]. Alcuni tra tali presidi sono peraltro previsti già a livello normativo: basti pensare ai registri degli insider o alla presunzione del mancato uso dell’infor­mazione privilegiata in presenza di muraglie cinesi (Articoli 9(1) e 18 MAR) [50]. Assumendo quale punto di riferimento l’emittente di strumenti finanziari ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato o un MTF [51], la comunicazione selettiva dell’informazione privilegiata può avvenire in diverse direzioni, a seconda del rapporto che, definendo il contesto della comunicazione stessa, ne può giustificare l’oc­correnza alla luce del criterio di normalità stabilito dall’art. 10 MAR. Per semplicità di analisi, i paragrafi che seguono analizzeranno alcune connessioni tra comunicazione selettiva dell’informazione e rapporti partecipativi iniziando dai flussi informativi dalle società controllate agli emittenti quotati che le controllano (§ 4.1). Si passerà poi ai rapporti tra emittente quotato e suoi partecipanti (§ 4.2), riservando un’analisi separata all’ipotesi della direzione e coordinamento (§ 4.2.1), a quella del socio che eserciti il controllo o influenza notevole (§ 4.2.2) e a quella in cui i soggetti partecipanti siano investitori istituzionali (§ 4.2.3).


4.1. Emittenti quotati e loro società controllate.

Le informazioni privilegiate possono naturalmente formarsi non solo all’interno dell’emittente quotato ma anche presso le società che questi controlla. Nel caso delle holding quotate [52] ciò avverrà anzi in via prevalente, dato che è lecito attendersi, soprattutto in caso di gestione statica delle partecipazioni [53], che l’andamento delle imprese controllate sia la principale determinate dei risultati della controllante. Sembra pertanto indubbio che le informazioni così prodottesi riguardino “direttamente” l’emittente e debbano essere oggetto di pubblicazione ai sensi dell’art. 17 MAR. Se poi queste stesse informazioni debbano conseguentemente essere oggetto di un flusso informativo ad hoc tra controllata e controllante è questione che può essere dibattuta e che potrebbe trovare risposte differenti in ordinamenti diversi, a dispetto dell’armonizzazione massima su cui MAR si basa. Quest’ultimo Regolamento, infatti, non prevede alcun flusso informativo in favore della controllante quotata avente ad oggetto informazioni privilegiate originatesi presso la controllata: mancando un dovere in tal senso, la possibilità che ciò avvenga rimane inevitabilmente soggetta all’incerto test di normalità sopra indicato. Resta quindi da domandarsi, in attesa degli adeguamenti normativi di rango legislativo che si renderanno necessari, sia pur in grande ritardo, per adattare l’ordinamento italiano al MAR [54], se potrà essere conservato l’obbligo in capo alle controllanti quotate di impartire disposizioni alle proprie controllate affinché queste ultime comunichino le informazioni privilegiate da diffondere, unitamente al corrispondente dovere per le controllate di trasmettere tempestivamente “tutte le notizie richieste” (art. 114, 2° comma, t.u.f.). Questa previsione infatti sembra funzionale a facilitare l’applica­zione di una disposizione principale di fonte europea: in assenza di indici univoci che aiutino a chiarire senza ombra di dubbio se la disciplina europea disponga un quadro di armonizzazione – oltre che massima, appunto – anche completa [55], la norma non solleva particolari preoccupazioni [56]. Vero è, in effetti, che un obbligo di comunicazione generalizzato alla controllante quotata quale quello previsto [continua ..]


4.2. La società quotata e i suoi soci.

Naturalmente diversi i problemi che si pongono con riguardo alla circolazione delle informazioni dalla società con strumenti finanziari negoziati su una sede di negoziazione a soggetti ad essa esterni. Pure tale comunicazione sarà soggetta al vaglio di legittimità degli artt. 10 e 17(8) MAR, vaglio che assume caratteri particolarmente complessi allorché a giustificazione della comunicazione selettiva sia invocato un rapporto partecipativo: di questa fattispecie si applica il presente paragrafo [64]. In termini generali, è evidente – ma non del tutto scontato, considerando la relativa frequenza con cui nella pratica esso è invocato a scriminante – che il mero rapporto partecipativo non rappresenta, di per sé, elemento idoneo a fondare un giudizio di legittimità della comunicazione selettiva di informazioni privilegiate. Hanno contribuito a ingenerare incertezze in tale ambito alcune norme, passate e future, che è opportuno richiamare brevemente prima di procedere nell’analisi. Ad esempio, si è in passato fatto leva, per allargare le maglie del giudizio di legittimità delle comunicazione selettiva ai soci di controllo, il fatto che il t.u.f. prevedesse, all’epoca, obblighi in materia di comunicazione al pubblico e di tenuta degli elenchi delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate anche in capo a coloro che controllassero una società quotata (v. art. 114, 1° comma e 115-bis, t.u.f., nella versione precedente alle modifiche apportate con d.lgs. 11 ottobre 2012, n. 184, che ha rimosso entrambe le previsioni). Si sarebbe infatti potuto ritenere che la previsione di tali obblighi in capo alle società controllanti assumesse implicitamente che l’informazione privilegiata potesse essere legittimamente trasferita senza particolari restrizioni dalla controllata quotata alla controllante. Con riguardo, invece, al quadro normativo vigente, a conclusioni analoghe si perviene talvolta sulla base del fatto che, nel definire l’elenco degli insider primari, l’art. 8(4), lett b), MAR fa riferimento a coloro che possiedano l’informazione in ragione della loro partecipazione al capitale dell’emittente: una previsione che, non essendo limitata al solo controllante, potrebbe sembrare a prima vista estendere ancor di più il novero dei destinatari di una legittima disclosureselettiva, [continua ..]


4.2.1. La società quotata eterodiretta.

Tra i partecipanti al capitale della società quotata, una considerazione a parte merita, naturalmente, il socio che esercita attività di direzione e coordinamento. È evidente, infatti, che l’esistenza di flussi informativi, in entrambe le direzioni, tra quest’ultimo socio (per brevità, di seguito, anche solo “entità”) e l’emittente eterodiretto è, per così dire, consustanziale all’at­tività stessa di direzione e coordinamento, giacché questa non potrebbe esistere senza quelli. L’ammissione a quotazione dell’emittente su un mercato regolamentare – ma non, ad ogni modo, su un MTF – determina, a dire il vero, l’applica­zione di una disciplina ad hoc che, per certi versi, sembra attenuare la “presa” che l’entità può esercitare. La disciplina in materia di società quotate eterodirette [dettata in attuazione dell’art. 62, 3°-bis comma, lett. b), t.u.f.] stabilisce infatti, tra l’altro, che non possono essere ammesse a quotazione le società eterodirette che non abbiano una “autonoma capacità negoziale” nei rapporti con clientela e fornitori. Poiché riesce difficile immaginare che una società per azioni possa essere carente dell’ido­neità a porre in essere atti negoziali vincolanti (elemento a cui più propriamente dovrebbe riferisti la locuzione “capacità negoziale” [72]), non resta che considerare quello della norma richiamata come un riferimento all’autonomia gestionale che l’e­mittente vanta nei confronti dei soggetti indicati, come confermato dai lavori preparatori [73]. Una previsione di questo tipo [74] sembra in effetti edulcorare il modello di forte accentramento decisionale senz’altro compatibile con quello disciplinato dagli artt. 2497 e ss. c.c. Tuttavia, essa non può spingersi, per evitare contraddizioni, fino ad elidere il presupposto stesso della disciplina (l’esercizio, appunto, dell’attività di direzione e coordinamento) e quindi a scalfire la necessità dei flussi informativi, sopra richiamati, tra ente ed emittente. In linea con la dottrina maggioritaria [75], sembra lecito ritenere che, nel contesto di tali flussi informativi, l’emittente possa comunicare informazioni [continua ..]


4.2.2. Soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole

Più limitata in astratto, se paragonata con la condizione dell’ente che eserciti direzione e coordinamento, la possibilità per il socio di controllo di ricevere informazioni privilegiate su base sistematica. In tal caso, infatti, non valgono le considerazioni sopra svolte con riguardo agli indici derivanti dagli artt. 2497 e ss. c.c.: una regolare condivisione di informazioni privilegiate al di fuori di una attività direzione e coordinamento a cui l’emittente abbia dichiarato la propria soggezione sarà quindi illegittima, vuoi perché condotta in violazione dell’art. 10 MAR, vuoi perché rappresentativa di una situazione di fatto non dichiarata ai sensi dell’art. 2497-bis c.c. e quindi incompatibile con la conservazione dello status di emittente quotato ai sensi dell’art. 62, 3°-bis comma, lett. b), t.u.f. [v. art. 16, 1° comma, lett. a), Reg. mercati Consob]. In linea generale, il controllo in quanto tale non sembra giustificare neppure una condivisione estemporanea di informazioni privilegiate, in assenza di specifiche cause giustificative: depone in tal senso la giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha ritenuto di dover interpretare restrittivamente l’esenzione, basata sul criterio della normalità, al generale divieto di circolazione dell’informazione privilegiata e, pertanto, di richiedere un nesso di stretta necessità tra comunicazione selettiva ed esercizio della professione, del lavoro o dell’ufficio [81]. Ad esempio, l’esigenza di verificare la fattibilità di un’operazione straordinaria potrà trovare copertura nel regime dei sondaggi di mercato. Una causa giustificativa a più ampio spettro potrà tipicamente rinvenirsi con riguardo alle informazioni necessarie a compilare i conti consolidati. In proposito, vale quanto già indicato al § 4.1 con riguardo agli obblighi di comunicazione relativi alla predisposizione del bilancio consolidato, che il controllante non quotato potrà redigere, in assenza di una diversa espressione di volontà, ai sensi del codice civile e dei principi contabili nazionali oppure, in caso di esercizio dell’opzione prevista dall’art. 3, 2° comma, d.lgs. n. 38/2005, in conformità ai principi IAS/IFRS. Saranno senz’altro coperti dalla disciplina in esame dati già parzialmente [continua ..]


4.2.3. Investitori istituzionali.

La presentazione di un lista di candidati al consiglio di amministrazione (così come al collegio sindacale) e il suo sostegno mediante il voto assembleare non rappresenta una base giuridica sufficiente a giustificare una comunicazione selettiva di informazioni privilegiate: questo tipo di comunicazione non rientra infatti nel “normale esercizio” di alcuna delle attività contemplate dall’art. 10 MAR. Il voto di lista non determina infatti un rapporto privilegiato tra coloro che abbiano predisposto la lista e i componenti di quest’ultima. Ciò vale, come indicato, a escludere che il socio di controllo possa per ciò solo accedere all’informazione privilegiata, ma vale anche a determinare analoga conclusione con riguardo a coloro che abbiano presentato la lista da cui siano stati eletti gli amministratori di minoranza in base al meccanismo dell’art. 147-ter t.u.f.. Come noto, i benefici che questi amministratori determinano per la corporate governance derivano infatti dalla loro minore probabilità di cattura da parte del socio di controllo, dato che la possibilità di vedere rinnovata la loro carica non dipende da que­st’ul­timo. Altro è, tuttavia, la minore cattura da parte del controllante, altro una inammissibile maggiore cattura da parte delle minoranze. L’impossibilità di trasferire informazioni privilegiate rappresenta il limite esterno del dialogo tra amministratori e soci (Considerando 19 MAR). In questo senso anche i Principi italiani di stewardship, il cui Principio 3 – dedicato alle tempistiche e alle modalità di intervento negli emittenti quotati partecipati dagli OICR – considera gli amministratori di minoranza alla stregua degli altri componenti del consiglio, raccomandando che essi siano coinvolti nelle attività di engagement così come gli altri esponenti aziendali. Il medesimo Principio raccomanda poi che gli incontri tra investitori istituzionali e i componenti degli organi sociali dell’emit­tente siano tenuti “all’interno di una procedura organizzata e collegiale” che sia compatibile con la già ricordata assenza di vincolo di mandato con gli azionisti che hanno presentato o votato ciascun amministratore preveda espressamente l’impe­gno di detti componenti degli organi sociali a non divulgare informazioni sensibili o [continua ..]


5. La governance esterna.

L’ultima parte di questa analisi è dedicata agli effetti della disciplina in materia di circolazione dell’informazione privilegiata sui meccanismi di governo societario che si collocano, genericamente e a meri fini descrittivi, all’esterno dell’emittente. Includiamo per semplicità in quest’ambito in primo luogo i c.d. gatekeepers, intermediari reputazionali che, acquisendo e rielaborando informazioni, possono svolgere una funzione essenziale nell’assicurare, facendo leva sui meccanismi del prezzo sui mercati azionari e obbligazionari, una buona governance [86]. A tali fini, prenderemo in considerazione alcuni aspetti della disciplina che possono interessare gli analisti finanziari e le agenzie di rating. Svolgeremo poi, in secondo luogo, alcune considerazioni più estese sugli effetti che la disciplina in materia di informazioni privilegiate può avere sul mercato del controllo societario, altro meccanismo di disciplina dei manager che inevitabilmente risente di quei profili normativi.


5.1. Gatekeepers: agenzie di rating, analisti finanziari e disclosure selettiva.

La gestione dell’informazione privilegiata può talora risultare particolarmente complessa a causa del fatto che non sempre questa si riferisce a un evento singolo (per quanto futuro o generato per tappe progressive) caratterizzato da un nucleo ben definito di dati, quale ad esempio, la scoperta di un nuovo giacimento petrolifero in una zona di sfruttamento esclusivo su cui sussista una concessione estrattiva o le dimissioni di un esponente aziendale di rilievo. Basti pensare, ad esempio, a un’invenzione complessa caratterizzata da più elementi la cui combinazione, più che l’individualità di ciascuno di essi singolarmente considerato, dà luogo al potenziale innovativo. Un altro caso classico affine a quest’ultimo scenario è quello delle informazioni contabili. Fino a quale punto alcuni singoli elementi di informazioni privilegiate possano a loro volta rappresentare un’autonoma forma di informazione privilegiata dipende naturalmente dall’applicazione dei test di rilevanza stabiliti dall’art. 7 MAR (in particolare in termini di price sensitivity e reasonable investor test). In imprese complesse, le informazioni contabili si formano per aggregazioni di elementi relativi a rami d’azienda distinti, fino a generare situazioni contabili più definite e destinate a confluire nelle relazioni finanziarie o in altri documento da pubblicare. In quest’ambito, peraltro, le conseguenze della qualificazione sono significative solo nella misura in cui l’informazione che abbia eventuale natura privilegiata sia comunicata al di fuori di soggetti in rapporto di controllo, secondo quanto indicato nel § 4.1 (per l’ipotesi in cui il controllante sia la società quotata) e nel § 4.2.2 (per l’ipotesi i cui la società quotata sia invece soggetta all’altrui controllo). Normalmente, questa valutazione rileva invece con maggiore frequenza ai fini della possibilità di comunicare selettivamente – tipicamente, a intermediari nella circolazione dell’informazione quali gli analisti finanziari – alcuni elementi di informazioni privilegiate che, singolarmente considerati, non superano la soglia di rilevanza, ma che forniscono elementi che i destinatari possono aggregare con informazioni già in loro possesso per determinare i propri orientamenti – o, nel caso degli analisti finanziari, le [continua ..]


5.2. Trasferimenti e consolidamenti del controllo: informazioni privilegiate e disciplina delle offerte pubbliche di acquisto.

La capacità del mercato del controllo societario di disciplinare la condotta dei manager allineandone gli interessi a quelli degli azionisti è nota da tempo e merita di essere solo richiamata in questa sede [92]. Quel che qui rileva è, piuttosto, il ruolo che l’informazione può svolgere nel contesto delle operazioni di acquisizione e, pertanto, i caratteri e le conseguenze dei limiti alla sua circolazione o al su utilizzo in questo specifico contesto. L’indagine inizierà dai vincoli relativi alla condivisione di dati relativi all’emittente oggetto di possibile acquisizione, tema che per ovvie ragioni riguarda con maggiore frequenza le offerte pubbliche di acquisto amichevoli [93]. La riduzione delle asimmetrie informative tra acquirente ed emittente contribuisce infatti a diminuire il costo delle acquisizioni, contenendo i problemi di azzardo morale e di selezione avversa che tendono ad affliggere i mercati in condizioni di limitata circolazione dell’informazione.


5.2.1. (segue): comunicazione di informazioni privilegiate e aggregazioni.

Tipicamente, l’accesso ai dati utili per le potenziali aggregazioni avviene mediante due diligence, talora con l’ausilio di data room che, prima del lancio di un’offerta, consentano a più potenziali acquirenti l’accesso a dati non diffusi tra il pubblico. Queste forme di condivisione delle informazioni possono contribuire a rendere il mercato del controllo societario più efficiente, ma possono anche determinare il passaggio di informazioni privilegiate [94]: ciò può accadere, come detto, nei casi del ritardo nella pubblicazione o in forza dell’aggregazione di più informazioni che, sommate tra loro, possono assumere i requisiti della price sensitivity (c.d. mosaic theory). La disciplina MAR facilita in qualche misura la circolazione di informazioni tra la società target e i suoi potenziali acquirenti, come detto tendenzialmente amichevoli. In particolare, essa esclude che vi sia un (ab)uso di informazioni privilegiate allorché una persona, pur possedendole, “abbia ottenuto tali informazioni privilegiate nel corso di un’offerta pubblica di acquisto o di una fusione” (art. 9(4) MAR). A dire il vero, un’interpretazione letterale della previsione porterebbe ad attribuirle una portata applicativa di rilievo limitatissimo, per il semplice fatto che le informazioni impiegate nell’offerta sono acquisite, inevitabilmente, prima che l’offerta stessa sia lanciata e non, invece, nel corso del suo svolgimento [95]. Per dare alla norma un senso compiuto, sembra necessario leggere il suo precetto alla luce del Considerando 30 MAR ove si parla, con formulazione più chiara (e più simile al previgente Considerando 29 MAD), di “accesso a informazioni privilegiate relative a un’altra società” e di loro utilizzazione “nel contesto” di un’offerta pubblica di acquisto [96]. Sembra potersene dedurre che informazioni acquisite precedentemente, ad esempio come detto tramite due diligence, possano essere usate a supporto dell’offerta – e pertanto ai fini della determinazione del prezzo – ferme restando le altre condizioni applicabili, tra cui in particolare la diffusione al pubblico, anche mediante il documento d’offerta, delle medesime informazioni. Discorso in parte diverso, da un punto di vista [continua ..]


5.2.2. (segue): offerte pubbliche di acquisto e insider di se stesso.

È però sotto altro profilo, se possibile ancor più problematico, che le offerte pubbliche di acquisto promosse dal socio di controllo sono state oggetto di contenzioso attinente all’abuso di informazioni privilegiate. Ci si riferisce all’uso, da parte dell’offerente, dell’informazione relativa al lancio dell’offerta medesima, uso che non presuppone la preventiva circolazione dell’informazione tra soggetti diversi, dato che l’inten­zione ben può essere maturata sulla base di una valutazione autonoma svolta internamente alla persona fisica o giuridica (si tratta del noto problema del c.d. “insider di se stesso”). L’art. 9(4) MAR non sembrerebbe rilevante in tale contesto. In primo luogo, infatti, la scriminante prevista da quella norma è confinata ai casi in cui il partecipante al mercato abbia “ottenuto” informazioni privilegiate nel corso di un’offerta pubblica di acquisto o di una fusione, cosicché la norma sembra riferirsi all’impiego di notizie ricevute da terzi. In secondo luogo – e, verosimilmente, proprio per tale ragione – l’art. 9(4) non si applica, per previsione espressa, alla costituzione di una partecipazione e, quindi, all’accrescimento della quota di possesso azionario che precede l’annuncio dell’offerta (c.d. “stake-building”: art. 3(1)(31) MAR). La limitazione, pensata naturalmente con riguardo alle offerte ostili o comunque dirette a ottenere il controllo di società non già controllate, vale a maggior ragione per le ipotesi di incremento della partecipazione da parte del socio controllante. Non potendosi in questa sede analizzare tutte le implicazioni giuridiche ed economiche che il tema solleva [101], si prenderà avvio dagli ultimi sviluppi della materia, per poi individuare alcuni temi ancora aperti pur dopo le recenti novità. Conviene quindi analizzare l’importante decisione resa recentemente dalla Corte di Cassazione [102] in materia di abuso di informazione privilegiata da parte dell’offe­rente che, già detenendo il controllo dell’emittente, intenda accrescere la propria quota partecipativa acquistando azioni a un prezzo inferiore a quello che egli corrisponderà agli aderenti di un’offerta pubblica di acquisto a quel punto prevedibile benché non ancora [continua ..]


6. Conclusioni.

Questo intervento ha preso in esame una selezione dei problemi attinenti alla circolazione delle informazioni, in particolare privilegiate, che coinvolge gli emittenti quotati. La trasmissione di queste informazioni può avvenire in direzioni diverse e in contesti diversi, tutti però soggetti allo speciale regime stabilito dall’art. 10 MAR. L’emittente quotato può essere destinatario ovvero fonte dei dati sottoposti a tale regime, mentre i flussi informativi possono coinvolgere soggetti variamente caratterizzati: soci che esercitano attività di direzione e coordinamento, soci che esercitano il controllo o l’influenza notevole, investitori di lungo e di breve periodo. L’analisi che precede ha mostrato come ciascuno degli esempi considerati sollevi ampie incertezze interpretative e, pertanto, determini un rischio legale significativo per gli emittenti quotati e per le loro controparti. I costi che ne derivano vanno a sommarsi a quelli, già di per sé considerevoli, che la quotazione comporta in termini di gestione e pubblicazione dell’informazione privilegiata. Se questi ultimi si giustificano in un’ottica di tutela dell’integrità del mercato e, in ultima analisi, di riduzione del costo del capitale, i primi derivano da un quadro regolamentare subottimale, dato che una migliore definizione delle disposizioni vigenti permetterebbe di avvicinarsi all’ottimo paretiano. La reintroduzione di una doppia nozione di informazione privilegiata – valide l’una ai fini del divieto di abuso, l’altra ai fini degli obblighi di comunicazione – potrebbe di per sé eliminare gran parte delle tensioni che oggi caratterizzano la gestione dei flussi informativi all’interno e all’esterno dell’emittente. Naturalmente, si tratta di una modifica all’impostazione generale della disciplina che, allo stato, è difficilmente prospettabile quantomeno per le società con strumenti finanziari ammessi a negoziazione in mercati regolamentati. De jure condendo, più fattibile, forse, l’introduzione di una simile modifica con riferimento ai sistemi multilaterali di negoziazione, ove peraltro essa potrebbe portare ai maggiori benefici relativi in considerazione della più ridotta dimensione media degli emittenti che sarebbero interessati dalla riduzione degli oneri regolamentari. Al di là di questa [continua ..]


NOTE