<p>Il diritto della crisi e dell'insolvenza - Jorio</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sulla comunicazione a terzi di informazioni privilegiate (nota a Corte Giust. CE, 22 novembre 2005 e a Conclusioni dell'Avv. Gen. 26 ottobre 2006) (di Filippo Annunziata)


SENTENZA DELIA CORTE (Grande Sezione)

22 novembre 2005 *

«Direttiva 89/592/CEE – Insider trading – Comunicazione a terzi di informazioni privilegiate – Divieto»

 

Nel procedimento C-384/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Københavns Byret (Danimarca) con decisione 14 agosto 2002, pervenuta in cancelleria il 25 ottobre 2002, nel procedimento penale a carico di

Knud Grøngaard,

Allan Bang,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, presidentl di sezíone, dai sígg. J.-P. PuÍssochet, R. Schintgen, S. von Bahr (relatore), J.N. Cunha Rodrigues e dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, giudrcr,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista fa fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 marzo 2004,

viste le osservazioni scritte presentate:

– per il sig. Grøngaard, dal sig. L. Kjeldsen, advokat;

– per il sig. Bang, dal sig. J. Juul, advokat;

– per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg e, successivamente, dal sig. J. Molde, in qualità di agenti;

– per il governo svedese, dal sig. A. Kruse, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. N.B. Rasmussen e G. Zavvos, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate al­l’u­dienza del 25 maggio 2004, ha pronunciato la seguente

 

I - Sentenza

  1. La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame riguarda l’interpretazione dell’art. 3, lett. a), della direttiva del Consiglio 13 novembre 1989, 89/592/CEE, sul coordinamento delle nor­mative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading) (GU L 334, pag. 30),
  2. Tale domanda è stata presentata nel contesto di un procedimento penale promosso a carico dei sigg. Grøngaard e Bang per violazione della legge sulla negoziazione di valori mo­biliari (verdipapirhandelsloven), che recepisce nel diritto da­nese la direttiva 89/592.

 

II - Contesto normativo

A - La disciplina comunitaria

  1. La direttiva 89/592 prevede, all’art. 1, quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1) informazione privilegiata: un’informazione che non è stata resa pubblica, che ha un carattere preciso e che concerne uno o più emittenti di valori mobiliari o uno o più valori mobiliari e che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sul corso di tale o tali valori mobiliari».

  1. L’art. 2, n. 1, della stessa direttiva stabilisce:

«Ciascuno Stato membro vieta alle persone che dispongono di un’informazione privilegiata,

– a motivo della loro qualità di membri degli organi di amministrazione, di direzione o di sorveglianza dell’emittente,

– a motivo della loro partecipazione nel capitale del­l’e­mit­tente, oppure

– per il fatto di avere accesso a questa informazione a motivo del loro lavoro, della loro professione e delle loro funzioni,

di acquisire o di cedere, per conto proprio o per conto terzi, direttamente o indirettamente i valori mobiliari dell’emittente o degli emittenti interessati da questa informazione, sfruttando consapevolmente tale informazione privilegiata».

  1. Ai sensi dell’art. 3 di questa direttiva:

«Ciascuno Stato membro vieta alle persone che sono soggette ai divieti di cui all’articolo 2 e che dispongono di un’in­for­mazione privilegiata:

a) di comunicare tale informazione privilegiata a un terzo se non nell’ambito del normale esercizio del loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni;

b) di raccomandare a un terzo, in base a tale informazione privilegiata, di acquisire o cedere o di far acquisire o cedere da un terzo valori mobiliari ammessi alla negoziazione sui suoi mercati di valori mobiliari del tipo di quello definito all’articolo 1, punto 2) in fine».

  1. Secondo l’art. 4 della direttiva 89/592:

«Ciascuno Stato membro impone il divieto di cui all’articolo 2 anche a qualsiasi persona, diversa da quelle di cui all’articolo 2, che consapevolmente sia in possesso di un’informazione privilegiata, l’origine diretta o indiretta della quale potrebbe essere soltanto una persona di cui all’articolo 2».

  1. Secondo l’art. 6 della stessa direttiva:

«Ciascuno Stato membro può stabilire disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva o disposizioni supplementari, purché dette disposizioni abbiano un’applicazione generale. In particolare ciascuno Stato membro può estendere la portata del divieto di cui allarticolo 2 ed imporre alle persone di cui all’articolo 4 i divieti previsti all’articolo 3»,

 

B - La normativa nazionale

  1. La direttiva 89/592 è stata recepita nel diritto danese dagli artt. 34-39 e 93-96 della legge sulla negoziazione di valori mobiliari.
  2. L’art. 35, n. 1, di questa legge così dispone:

«L’acquisto, la vendita e l’incitamento all’acquisto o alla vendita di un valore mobiliare non possono essere effettuati da chi dispone di informazioni privilegiate, che possano avere incidenza sull’operazione».

  1. L’art. 36, n. 1, della detta legge è formulato nel modo seguente:

«Chi dispone di informazioni privilegiate non può comunicare tali informazioni ad altri, a meno che le comunicazioni siano nell’ambito del normale esercizio del lavoro, della professione o della funzione dell’interessato».

  1. Il divieto di comunicazione enunciato al detto art. 36, n. 1, riguarda chiunque disponga di informazioni privilegiate, a prescindere dal fatto che tale persona rientri tra quelle indicate allart. 2 della direttiva 89/592 o che essa sia entrata in possesso di tali informazioni in altro modo.
  2. L’art. 94, n. 1, punto 1, della legge sulla negoziazione divalori mobiliari dispone che ogni violazione dell’art. 36, n. 1, di questa stessa legge è punita con sanzione pecuniaria o detentiva fino ad un anno e sei mesi.

 

III - Il procedimento principale e le questioni pregiudiziali

  1. Il sig.Bang è il presidente del Finansforbundet, il sindacato di categoria degli impiegati nel settore delle finanze. Il Fi­nansforbundet conta circa 50.000 aderenti.
  2. Il sigGrøngaard era membro, designato dal personale, del consiglio di amministrazione della società RealDanmark, un importante istituto finanziario quotato in borsa che ha quasi 7.000 dipendenti. Egli era stato anche nominato dal Finansforbundet membro del comitato di collegamento del gruppo della RealDanmark (in prosieguo: il «comitato di collegamento»). Que­st’ultimo era stato costituito in base ad un accordo tra il Finansforbundet e la RealDanmark. Il sig. Grøngaard rappresentava il sindacato in seno al detto comitato. Infine, il sig. Grøngaard era presidente del Kapitalkreds, una delle 11 sezioni del Finansforbundet, che, con circa 6.500 aderenti, rappresentava oltre il 90olo del personale della RealDanmark.
  3. Aseguito di una riunione straordinaria del consiglio di amministrazione della RealDanmark, il 23 agosto 2000 il sig. Grøngaard ha comunicato ai sig. Bang determinate informazioni relative a trattative di fusione progettate con la Danske Banli, un altro istituto finanziario imoortante in Danimarca.
  4. Tra il 28 agosto e il 4 settembre 2000, il sig. Bang ha consultato i suoi due vicepresidenti, le sigg.re Madsen e Nielsen, nonché il sig. Christensen, uno dei suoi collaboratori presso il segretariato del Finansforbundet, ed ha comunicato loro le stesse informazioni che egli aveva ricevuto dal sig. Grøngaard. Il 31 agosto 2000 il sig. Christensen ha acquistato azioni della RealDanmark per un importo di circa EUR 48.000.
  5. Il 18 settembre 2000 – il sig. Grøngaard ha partecipato ad una riunione del consiglio di amministrazione della RealDanmark nel corso della quale sono stati discussi i particolaridella fusione. Il 22 settembre 2000 egli ha partecipato ad una riunione straordinaria del comitato di collegamento nel corso della quale i particolari della fusione sono stati nuovamente richiamati. Egli si è nuovamente rivolto al sig. Bang, il 26 settembre 2000, allo scopo di aiutare il personale a far fronte alle conseguenze della fusione. Essi hanno, in particolare, ricordato il calendario previsto per la fusione, nonché il previsto rialzo del corso delle azioni della RealDanmark, compreso tra il 60 e il 70%.
  6. Il 27 e 28 settembre 2000 il sig. Bang ha rispettivamente comunicato al sig. Larsen, segretario generale del Finansforbundet, e al suo collega, sig. Christensen, informazioni relative in particolare alla data prevista per l’annuncio della fusione ed al rapporto dí cambio previsto. Il 29 settembre 2000 il sig. Christensen ha acquistato nuove azioni della RealDanmark per un importo di circa EUR 214.000.
  7. Il 2 ottobre 2000 la fusione trala RealDanmark e la Danske Bank e stata resa pubblica e il corso delle azioni della RealDanmark è salito del 65% circa. Il sig. Christensen ha venduto le proprie azioni della RealDanmark il 2 e il 3 ottobre 2000, realizzando – un profitto complessivo di circa EUR 180.000 Egli è stato in seguito condannato a sei mesi di detenzione per operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate in violazione dell’art. 35, n. 1, della legge sulla negoziazione di valori mobiliari.
  8. I sigg.Grøngaard e Bang sono perseguiti penalmente dinanzi al Københavns Byret per aver comunicato informazioni privilegiate in violazione dell’art. 36, n. 1, della detta legge.
  9. Investito della controversia, il Københavns Byret ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 vieti ad una persona di comunicare informazioni privilegiate qualora essa le abbia ricevute nella sua qualità di membro del consiglio di amministrazione, eletto dai dipendenti dell’impresa a cui si riferiscono le informazioni privilegiate e la comunicazione venga effettuata nei confronti del presidente dell’organizzazione sindacale a cui sono iscritti i dipendenti che hanno eletto membro del consiglio di amministrazione la persona di cui trattasi.

2) Se l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 vieti ad una persona di comunicare informazioni privilegiate qualora essa le abbia ricevute nella sua qualità di membro del comitato di collegamento del gruppo dell’impresa e la comunicazione sia effettuata nei confronti del presidente dell’organizzazione sindacale che ha eletto membro del comitato di collegamento la persona di cui trattasi.

3) Se l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 vieti al presidente di un’organizzazione sindacale di comunicare informazioni pri­vilegiate qualora esso le abbia ricevute nelle circostanze descritte nella questione 1 e la comunicazione avvenga, rispettivamente, nei confronti

a) dei suoi due vicepresidenti,

b) del responsabile amministrativo di livello più elevato del segretariato dell’organizzazione, e

c) di collaboratori del presidente stesso nel segretariato del­l’organizzazione.

4) Se l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 vieti al presidente di un’organizzazione sindacale di comunicare informazioni pri­vilegiate qualora esso le abbia ricevute nelle circostanze descritte nella seconda questione e la comunicazione avvenga, rispettivamente, nei confronti

a) dei suoi due vicepresidenti,

b) del responsabile amministrativo di livello più elevato del segretariato dell’organizzazione, e

c) di collaboratori del presidente stesso nel segretariato del­l’organizzazione.

5) Quale importanza abbia ai fini della soluzione delle questioni 1-4 il fatto che le informazioni privilegiate comunicate siano

a) informazioni relative al fatto che sono state avviate trattative circa una fusione tra due società quotate in borsa,

b) informazioni relative alla data prevista per una fusione tra due società quotate in borsa, o

c) informazioni sull’entità dell’aumento del corso delle azioni di una società quotata in borsa, che ci si può attendere in quanto la società deve fondersi con un’altra società quotata in borsa».

 

IV - Le questioni pregiudiziali

A - Osservazioni preliminari

  1. La direttiva 89/592 vieta le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate allo scopo di proteggere la fiducia degli investitori nel mercato secondario dei valori mobiliali e, conseguentemente, di garantire il buon funzionamento di tale mercato.
  2. Così, l’art. 2 della direttiva 89/592 vieta alle persone che, in particolare a motivo della loro qualità di membri degli organi di amministrazione o a motivo dell’esercizio del loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni, dispongono di un’informazione privilegiata, cioè di un’informazione precisa che non è stata resa pubblica e che può influenzaresensibilmente il corso di uno o più valori mobiliari, di sfruttare questa informazione acquistando o cedendo i detti valori mobiliari.
  3. Allo scopo di limitare il numero delle persone in grado di sfruttare tale informazione attraverso la cessione o l’acquisto dei valori mobiliari cui essa si riferisce, l’art. 3 della direttiva 89/592 prevede anche, per le persone menzionate all’art. 2 della stessa direttiva, il divieto di comunicare informazioni privilegiate a terzi.
  4. Tale divieto non è tuttavia assoluto.
  5. Ai sensi dell’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592, il divieto di comunicare un’informazione privilegiata non si applica alla comunicazione della detta informazione da parte di una persona nell’ambito normale dell’esercizio del suo lavoro, della sua professione o delle sue funzioni.
  6. Anche se questa disposizione, alla stregua della sua formulazione letterale, può riguardare situazioni assai diverse, essa deve, in quanto deroga ad un divieto generale ed ai fini dell’effetto utile della direttiva 89/592, ricevere un’interpre­ta­zio­ne restrittiva.
  7. Il carattere penale del procedimento avviato a carico del sig. Grøngaard e del sig. Bang e il principio di legalità della pena applicabile in un procedimento del genere non incidono sull’interpretazione restrittiva che deve essere fornita dell’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592. Come afferma l’avvocato generale al paragrafo 24 delle sue conclusioni, l’interpretazione della portata di una direttiva non dipende dalla natura civile, amministrativa o penale del procedimento nel corso del quale tale interpretazione viene richiesta.
  8. Inoltre, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto del principio di certezza del diritto in sede di interpretazione, alla luce del testo e della finalità della direttiva, del diritto nazionale adottato per attuare quest’ultima (v. sentenza 12 dicembre 1996, cause riunite C-74/95 e C-I29/95, X, Racc. pag. I-6609, punto 26).

30.­ Occorre anche ricordare che l’obbligo del giudice nazionale di riferirsi al contenuto della direttiva nell’interpretare le pertinenti norme di diritto nazionale incontra i suoi limiti, in particolare nel caso in cui siffatta interpretazione abbia I’eftetto di determinare o aggravare, in base alla direttiva ed indipendentemente da una legge adottata per la sua attuazione, la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (v., in particolare, sentenze 8 ottobre 1987, causa 80/86, Kolpinghuis Nijmegen, Racc. pag. 3969, punto 13, e X, citata, punto 24).

  1. Con riferimento alla portata della deroga prevista all’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592, va constatato che, esigendo che la comunicazione di un’informazione privilegiata avvenga nell’ambito normale dell’esercizio del lavoro, della professione o delle funzioni di una persona/la detta deroga stabilisce, al fine di giustificare la detta comunicazione, la condizione di uno stretto nesso tra tale comunicazione e l’esercizio del lavoro, della professione o delle funzioni in causa.
  2. La portata di quest’ultima condizione deve essere valutata considerando gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/592.
  3. Risulta dai ‘considerando’ secondo-quinto della direttiva 89/592 che essa mira a garantire il buon funzionamento del mercato secondario dei valori mobiliari e a salvaguardare la fiducia degli investitori, che riposa, in particolare, sul fatto che essi sono posti su un piano di parità e tutelati contro l’uti­liz­zazione illecita delle informazioni privilegiate.
  4. Alla luce di questi obiettivi e considerato il fatto che l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 costituisce un’eccezione che deve ricevere un’interpretazione restrittiva, la comunicazione di una simile informazione è giustificata soltanto se essa è strettamente necessaria all’esercizio di un lavoro, di una professione o di una funzione e avviene nel rispetto del principio di pro­­porzionalità.
  5. Nel caso di più comunicazioni successive, ciascuna comunicazione deve soddisfare queste condizioni per rientrare nell’ambito di applicazione della deroga prevista all’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592.
  6. Quando occorre valutare la necessità di una comunicazione di informazioni privilegiate, si deve, inoltre, prendere inconsiderazione il fatto che ogni comunicazione supplementare può aumentare il rischio di sfruttamento delle dette informazioni a fini contrari alla direttiva 89/592.
  7. Per stabilire se una comunicazione è giustificata, in un caso specifico, occorre tenere conto anche della delicatezza dell’informazione privilegiata in questione.
  8. Una prudenza particolare si impone quando si tratta di comunicare informazioni privilegiate che sono manifestamente in grado di influenzare sensibilmente il corso dei valori mobiliari in causa. In simile contesto, va osservato che le informazioni privilegiate relative ad una fusione tra due società quotate in borsa sono in genere particolarmente delicate.
  9. È necessario anche osservare che la deroga prevista al­l’art. 3, lett. a), della direttiva89/592 deve essere valutata tenendo conto delle specificità del diritto nazionale applicabile.
  10. Infatti, ciò che deve essere considerato come rientrante nel normale ambito dell’esercizio di un lavoro, di una professione o di funzioni dipende, in assenza di un’armonizzazione della materia, in larga misura dalle norme che disciplinano tali questioni nei diversi sistemi giuridici nazionali.
  11. Va infine ricordato che la direttiva 89/592 fissa requisiti minimi relativi al divieto di sfruttamento e di comunicazione delle informazioni privilegiate.
  12. Infatti, in forza dell’art. 6 della direttiva 89/592, ciascuno Stato membro può stabilire disposizioni di applicazione generale ancora più severe di quelle previste dalla detta direttiva.

 

B - Sulla prima e seconda questione

  1. Con le sue prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 osti a che una persona che riceve informazioni privilegiate nella sua qualità di rappresentante dei lavoratori in seno al consiglio di amministrazione di una società o nella sua qualità di membro del comitato di collegamento di un gruppo di imprese comunichi simili informazioni al presidente dell’organizzazione sindacale cui aderiscono i detti lavoratori e che ha designato questa persona come membro del comitato di collegamento.
  2. Al riguardo va anzitutto osservato che lo statuto e il funzionamento degli organi di amministrazione, di direzione o di sorveglianza delle società di capitali, nonché lo statuto e il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori in seno a questi organi sono, per l’essenziale, disciplinati negli ordinamenti giuridici degli Stati membri.
  3. Lo stesso vale per quanto riguarda lo statuto e il funzionamento del comitato di collegamento.
  4. Ne consegue che, per quanto riguarda il problema se la comunicazione di informazioni privilegiate da parte di una tale persona al presidente della detta organizzazione sindacale rientri nell’esercizio normale delle sue funzioni, la soluzione di­pende, in larga misura, dalle norme che disciplinano tali funzioni nel sistema giuridico nazionale in questione.
  5. Anche se tale comunicazione è autorizzata dall’or­di­na­mento giuridico nazionale applicabile, essa deve anche, per avvalersi della deroga prevista all’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592, essere effettuata alle condizioni precisate ai punti 22-42 della presente sentenza.
  6. Considerato quanto precede, occorre risolvere la prima e la seconda questione nel senso che l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 osta a che una persona, che riceva informazioni privilegiate nella sua qualità di rappresentante dei lavoratori in seno al consiglio di amministrazione di una società o nella sua qualità di membro del comitato di collegamento di un gruppo di imprese, comunichi simili informazioni al presidente dell’or­ganizzazione sindacale cui tali lavoratori aderiscono e che ha designato la detta persona quale membro del comitato di collegamento, salvo che:

– esista uno stretto legame tra la comunicazione e l,esercizio del suo lavoro, della sua professione o delle sue funzioni, e

– tale comunicazione sia strettamente necessaria all’esercizio del suo lavoro, della sua professione o delle sue funzioni.

Nell’ambito della sua valutazione, il giudice nazionale deve, alla luce delle norme nazionali applicabili, in particolare tenere conto:

– del fatto che la detta eccezione al divieto di comunicare informazioni privilegiate deve ricevere un’interpretazione restrittiva;

– della circostanza che ogni comunicazione supplementare può aumentare il rischio di uno sfruttamento di tali informazioni a fini contrari alla direttiva 89/592, e

– della delicatezza dell’informazione privilegiata.

 

C - Sulla terza e quarta questione

  1. Con la sua terza e quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, alla Corte se ed a quali condizioni l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 consenta al presidente di un’organizzazione sindacale, che riceve informazioni privilegiate alle condizioni precisate alla prima e seconda questione, di comunicare tali informazioni ai suoi collaboratori.
  2. Al riguardo occorre indicare che l’attività di un’orga­niz­za­zione sindacale, come quella in causa al procedimento principale, e il ruolo del presidente di tale organizzazione appartengono, essenzialmente, come gli organi d’ammini­stra­zio­ne e il comitato di collegamento che sono oggetto delle prime due questioni, al sistema giuridico nazionale in questione.
  3. Ne consegue che la soluzione del problema se il presidente di tale organizzazione professionale possa comunicare informazioni privilegiate a terzi nell’ambito delle sue funzioni dipende in larga misura dal diritto nazionale applicabile.
  4. Va ricordato che, come si è precisato al punto 47 della presente sentenza, anche se simile comunicazione è autorizzata dall’ordinamento giuridico nazionale rilevante, essa deve ugualmente, per rientrare nell’ambito di applicazione della de­roga prevista all’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592, essere effettuata alle condizioni precisate ai punti 22-42 della presente sentenza.
  5. Intale contesto va anche ricordato che, in conformità agli artt. 2 e 3, lett. a), della direttiva 89/592, oltre alle persone che dispongono di informazioni privilegiate a motivo della loro qualità di membri degli organi di amministrazione, di direzione o di sorveglianza o a motivo della loro partecipazione al capitale della società emittente, il divieto di comunicare informazioni privilegiate si applica soltanto alle persone che dispongono di tali informazioni a motivo dell’esercizio dei loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni.
  6. Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la terza e la quarta questione nel senso che l’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 osta alla comunicazione di informazioni privilegiate da parte del presidente di un’organizzazione sindacale a taluni collaboratori, quali quelli considerati nelle dette questioni, salvo nelle condizioni enunciate nella soluzione fornita alla prima e alla seconda questione. Nell’ambito della sua valutazione, il giudice nazionale deve, alla luce della normativa nazionale ap­plicabile, tenere conto in particolare dei criteri anch’essi enunciati in tale soluzione.

 

D - Sulla quinta questione

  1. Considerate le soluzioni fornite per le prime quattro que­stioni, non è necessario risolvere la quinta questione.

 

V - Sulle spese

  1. Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) L’art. 3, lett. a), della direttiva del Consiglio 13 novembre 1989, 89/592/CEE, sul coordinamento delle normative concernenti te operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading), osta a che una persona, che riceva informazioni privilegiate nella sua qualità di rappresentante dei lavoratori in seno al consiglio di amministrazione di una società o nella sua qualità di membro del comitato di collegamento di un gruppo di imprese, comunichi simili informazioni al presidente dell’organizzazione professionale cui tali lavoratori aderiscono e che ha designato la detta persona quale membro del comitato di collegamento, salvo che:

– esista uno stretto legame tra la comunicazione e l’esercizio del suo lavoro, della sua professione o delle sue funzioni, e

– tale comunicazione sia strettamente necessaria all’esercizio del suo lavoro, della sua professione o delle sue funzioni.

Nell’ambito della sua valutazione, il giudice nazionale deve, alla luce delle norme nazionali applicabili, in particolare tenere conto:

– del fatto che la detta eccezione al divieto di comunicare informazioni privilegiate deve ricevere un’interpretazione restrittiva;

– della circostanza che ogni comunicazione supplementare può aumentare il rischio di uno sfruttamento di tali informazioni a fini contrari alla direttiva 89/592, e

– della delicatezza dell’informazione privilegiata.

2) L’art. 3, lett. a), della direttiva 89/592 osta atta comunicazione di informazioni privilegiate da parte del presidente di un’organizzazione sindacate a taluni collaboratori, quali quelli considerati nella terza e nella quarta questione, salvo nelle condizioni enunciate nella soluzione fornita alla prima e atta seconda questione.

Nell’ambito della sua valutazione, il giudice nazionale deve, alla luce della normativa nazionale applicabile, tenere conto in particolare dei criteri anch’essi enunciati in tale soluzione.

Firme

 

 

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 26 ottobre 2006 [1]

Causa C-391/04

Ypourgos Oikonomikon,

Proïstamenos DOY Amfissas

contro

Charilaos Georgakis

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia)]

«Operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate – Direttiva 89/592/CEE – Transazioni relative a valori quotati in Borsa – Nozioni di “informazione privilegiata” e di “sfruttamento di un’informazione privilegiata”»

 

I – Introduzione

  1. Nel presente procedimento,la Corte viene investita dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) (Grecia) di una questione pregiudiziale vertente sull’interpre­ta­zione delle disposizioni della direttiva del Consiglio 13 novembre 1989, 89/592/CEE, sul coordinamento delle nor­mative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading) [2].
  2. Più precisamente,la Corte è indotta ad interpretare le nozioni di detenzione e di «sfruttamento» di un’in­for­mazione privilegiata ai sensi della direttiva 89/592.

 

II – Contesto normativo

A – La normativa comunitaria

  1. Considerata l’importanza del ruolo svolto dal mercato secondario dei valori mobiliari nel finanziamento degli operatori economici, il quarto ‘considerando’ della direttiva 89/592 enuncia che il buon funzionamento di tale mercato dipende in larga misura dalla fiducia che esso ispira agli investitori.
  2. Il quinto ‘considerando’ della direttiva 89/592 precisa che tale fiducia si basa, fra l’altro, sul fatto che agli investitori si garantisce la parità delle condizioni e la protezione dall’uso illecito dell’informazione privilegiata.
  3. Ai termini dell’art. 1, n. 1, della direttiva 89/592, per «informazione privilegiata» si intende «un’informazione che non è stata resa pubblica, che ha un carattere preciso e che concerne uno o più emittenti di valori mobiliari o uno o più valori mobiliari e che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sul corso di tale o tali valori mobiliari».
  4. Secondo il n. 2 del medesimo articolo, i «valori mobiliari» sono definiti, in particolare, come comprensivi delle azioni e obbligazioni, nonché dei valori assimilabili alle azioni e obbligazioni quando essi sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato e sorvegliato da autorità riconosciute dai poteri pubblici, funzionante in modo regolare e direttamente o indirettamente accessibile al pubblico.
  5. L’art. 2 della direttiva 89/592 prevede quanto segue:

«1. Ciascuno Stato membro vieta alle persone che dispongono di un’informazione privilegiata:

– a motivo della loro qualità di membri degli organi di amministrazione, di direzione o di sorveglianza dell’emittente,

– a motivo della loro partecipazione nel capitale dell’emit­tente, oppure

– per il fatto di avere accesso a questa informazione a motivo del loro lavoro, della loro professione e delle loro funzioni,

di acquisire o di cedere, per conto proprio o per conto terzi, direttamente o indirettamente i valori mobiliari dell’emittente o degli emittenti interessati da questa informazione, sfruttando consapevolmente tale informazione privilegiata.

  1. Quando le persone di cui al paragrafo 1 sono società o altre persone giuridiche, il divieto previsto da tale paragrafo si applica alle persone fisiche che partecipano alla decisione di procedere alla transazione per conto della persona giuridica in questione.
  2. Il divieto di cui al paragrafo 1 si applica a qualsiasi acquisizione o cessione di valori mobiliari effettuate con l’intervento di un intermediario professionista.

Ciascuno Stato membro può prevedere che tale divieto non si applichi alle acquisizioni o cessioni di valori mobiliari effettuate senza l’intervento di un intermediario professionista, al di fuori di un mercato del tipo di quello definito all’articolo 1, punto 2) in fine.

(…)».

  1. L’art. 3 della direttiva 89/592 impone agli Stati membri di vietare alle persone che sono soggette ai divieti di cui all’art. 2 della medesima direttiva e che dispongono di un’informazione privilegiata:

«a) di comunicare tale informazione privilegiata a un terzo se non nell’ambito del normale esercizio del loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni;

  1. b) di raccomandare a un terzo, in base a tale informazione privilegiata, di acquisire o cedere o di far acquisire o cedere da un terzo valori mobiliari ammessi alla neoziazione sui suoi mercati di valori mobiliari del tipo di quello definito all’articolo 1, punto 2) in fine».
  2. L’art. 4 della direttiva 89/592 dispone che gli Stati membri impongano il divieto di cui all’art. 2 di tale direttiva anche a qualsiasi persona, diversa da quelle indicate in tale disposizione, che consapevolmente sia in possesso di un’informazione privilegiata, l’origine diretta o indiretta della quale potrebbe essere soltanto una persona di cui al medesimo art. 2.
  3. L’art. 6 della direttiva 89/592 consente che gli Stati membri possano stabilire disposizioni più severe di quelle previste dalla direttiva medesima o disposizioni supplementari, purché dette disposizioni abbiano un’applicazione generale.
  4. L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592 precisa che, «poiché l’acquisizione o la cessione di valori mobiliari implica necessariamente una decisione preliminare di acquisire o di cedere da parte della persona che procede ad una di queste operazioni, il fatto di effettuare questo stesso acquisto o cessione non costituisce di per sé una utilizzazione di un’in­formazione privilegiata».
  5. Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592 ricorda che «l’operazione effettuata da una persona in possesso di informazioni privilegiate implica lo sfruttamento di un’in­formazione privilegiata» e che pertanto «occorre considerare che il fatto di procedere a transazioni, allo scopo di stabilizzare il prezzo di valori mobiliari di recente emessi o negoziati nell’ambito di un’offerta secondaria, non costituisce di per sé un’utilizzazione di un’informazione privilegiata».

 

B – La normativa nazionale

  1. L’art. 1 del decreto presidenziale greco n. 53/1992, relativo alle operazioni connesse ad informazioni privilegiate e che dà attuazione alla direttiva 89/592 (in prosieguo: il «decreto n. 53/1992»), in vigore all’epoca dei fatti, dispone che il decreto è inteso a conformare la legislazione in materia di Borsa valori alla suddetta direttiva.
  2. Gli artt. 2, 3, 4 e 5 del decreto n. 53/1992 riprendono rispettivamente gli artt. 1, 2, 3 e 4 della direttiva 89/592.
  3. Il decreto n. 53/1992 non stabilisce disposizioni che attribuiscono una più ampia portata alle nozioni e ai divieti di cui alla direttiva 89/592.La Repubblica ellenica non si è quindi avvalsa della possibilità offerta dall’art. 6 della direttiva 89/592.
  4. L’art. 11 del decreto n. 53/1992 prevede che, in caso di violazione delle disposizioni dell’art. 3, nn. 1 e 2, e degli artt. 4 e 5 del decreto, al di fuori delle sanzioni di cui all’art. 30 nn. 1 e 3, della legge n. 1806/1988, la commissione per il mercato dei capitali infligge un’ammenda dell’ammontare di almeno GRD 10 milioni e fino a GRD 1 miliardo, o di ammontare pari al quintuplo del profitto ricavato da chi ha sfruttato le informazioni privilegiate.
  5. L’art. 30 della medesima legge prevede sanzioni penali anche per i detentori di informazioni riservate che facciano un uso illecito di queste ultime.
  6. Peraltro, l’art. 34 della legge n. 3632/1928 prevede una pena detentiva e un’ammenda fino a GRD 50.000, o l’una o l’altra di tali pene, per chiunque, allo scopo di ricavare un illecito profitto, utilizzi consapevolmente mezzi idonei ad ingannare il pubblico per influenzare i valori della Borsa.
  7. Inoltre, l’art. 72, n. 1, della legge n. 1969/1991 dispone che chiunque divulga consapevolmente, attraverso la stampa o in qualsiasi altro modo, informazioni false o inesatte, le quali possano influire sul corso di uno o più valori mobiliari negoziati in Borsa, è punito con una pena detentiva e un’ammenda fino a GRD 100 milioni.
  8. Infine, l’art. 76, n. 10, della medesima legge prevede che, fatta salva l’applicazione delle disposizioni penali in materia, la commissione per il mercato dei capitali è competente a infliggere ammende fino a un ammontare di GRD 100 milioni alle imprese che violano le disposizioni di legge sul mercato dei capitali o le decisioni della suddetta commissione.

 

III – Controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

  1. All’inizio del 1996, il sig. Georgakis e alcuni suoi familiari, indicati dal giudice del rinvio come il «gruppo Georgakis», erano i principali azionisti della società Parnassos. La Parnassos e la sua controllata, la società Syrios AVEE, detenevano la maggioranza delle azioni, tutte nominative, della società ATEMKE. La maggior parte dei membri del gruppo Georgakis sedevano nel consiglio di amministrazione delle società Parnassos e ATEMKE, in cui svolgevano funzioni direttive.
  2. I membri del gruppo Georgakis decidevano di sostenere il valore del titolo della società Parnassos, su proposta dei loro consulenti finanziari. Al fine di possedere la maggioranza prevista dalla legislazione greca per adottare tale delibera in assemblea generale, essi convenivano di acquistare azioni per raggiungere il 75% del capitale della suddetta società, al fine di imporre tale delibera agli altri azionisti.
  3. Tra il mese di maggio e il mese di dicembre 1996, i membri del gruppo Georgakis effettuavano transazioni suazioni delle società Parnassos e ATEMKE. Essi vendevano alla società Parnassos azioni della società ATEMKE e acquistava­no, con la liquidità così ricavata, azioni della Parnassos. Nel­l’otto­bre 1996, quest’ultima cedeva 835.000 azioni della società ATEMKE alla Merrill Lynch Capital Markets plc, con una clausola di riscatto che non veniva comunicata al mercato. Tale operazione consentiva alla Parnassos di finanziare a breve termine l’acquisto di azioni proprie, destinando a garanzia le azioni della controllata ATEMKE.
  4. La commissione per il mercato dei capitali infliggeva al sig. Georgakis un’ammenda di un importo totale pari a GRD 70 milioni, per il fatto di avere partecipato alle transazioni descritte al precedente paragrafo delle presenti conclusioni detenendo un’informazione privilegiata pervenutagli direttamente, in qualità di azionista e direttore delle suddette società, o indirettamente, tramite altre persone che occupavano posti direttivi nelle società in questione, in violazione dell’art. 3, n. 1, e degli artt. 4 e 5 del decreto n. 53/1992. Il sig. Georgakis si opponeva all’avviso di accertamento.
  5. Inprimo grado, il Trimeles Dioikitiko Protodikeio (Tribunale amministrativo di primo grado) di Livadia dichiarava in particolare che il sig. Georgakis aveva sfruttato un’informa­zio­ne privilegiata relativa a transazioni tra i membri del gruppo Georgakis destinate ad aumentare artificiosamente il volume di scambio delle azioni della società Parnassos, per dare un’im­magine ingannevole del loro valore, non rapportabile al valore che sarebbe stato raggiunto se tali operazioni non fossero state realizzate. Il giudice di primo grado confermava quindi l’am­menda inflitta dalla commissione per il mercato dei capitali.
  6. Adito in appello dal sig. Georgakis, il Dioikitiko Efeteio Peiraios (Corte amministrativa d’appello del Pireo) accoglieva il ricorso dell’interessato e annullava la sentenza di primo grado, nonché l’avviso di riscossione.
  7. Tale giudice dichiarava che la decisione di comminare l’ammenda era illegittima in quanto le disposizioni della direttiva 89/592, trasposte nell’ordinamento giuridico interno mediante il decreto n. 53/1992, si applicano ad operazioni effettuate tra detentori delle informazioni privilegiate e investitori terzi e presuppongono lo sfruttamento di un’informazione privilegiata, mentre, in caso di acquisto o di cessione di un numero elevato di azioni previamente concordato tra due persone, l’esistenza di tale informazione è inconcepibile, in quanto entrambe conoscono la finalità e le circostanze inerenti alla transazione. Il Dioikitiko Efeteio Peiraios dichiarava quindi che, se l’acquisto e la cessione di un numero elevato di azioni previamente concordati tra due persone non poteva essere considerato, di per sé, il risultato dello sfruttamento di un’infor­ma­zione privilegiata, le manipolazioni che il ricorrente aveva effettuato con i membri del gruppo Georgakis non rientravano nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva e del suddetto decreto n. 53/1992.
  8. L’amministrazione tributaria ricorreva in cassazione contro tale sentenza dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato ellenico).
  9. Dalle informazioni contenute nell’ordinanza di rinvio del Symvoulio tis Epikrateias risulta che le transazioni effettuate tra i membri del gruppo Georgakis erano state previamente concordate e che tali membri sapevano che il valore delle azioni della società Parnassos si era modificato sotto l’in­fluenza di una domanda artificiosa da essi stessi creata, la quale si basava su un finanziamento di ampia portata che uti­lizzava varie modalità.
  10. Aproposito della qualifica dei comportamenti in questione come ipotesi di sfruttamento di informazioni privilegiate, il giudice del rinvio ha considerato che l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 89/592 richiesta dalla controversia nella causa principale non era priva di ragionevoli dubbi, in particolare per quanto riguarda le nozioni di informazione privilegiata e di persona che dispone di informazioni privilegiate, nonché la portata del divieto imposto a tale persona di effettuare determinate operazioni. Pertanto, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, nel caso in cui vengano effettuate, tra persone o gruppi di persone aventi qualcuna delle qualità di cui all’art. 2, n. 1, della (…) direttiva (…) 89/592/CEE, transazioni di borsa previamente concordate che sfociano in una rivalutazione o in un artificioso aumento del prezzo dei valori mobiliari trasferiti, coloro che effettuano le transazioni di cui trattasi siano considerati o no persone che dispongono di informazioni privilegiate ai sensi degli artt. 1 e 2 della direttiva di cui sopra, di modo che tali loro operazioni ricadano nel divieto, disposto con gli artt. 2, 3 e 4 di tale direttiva, di sfruttamento di informazioni privilegiate».

 

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

  1. Il convenuto nella causa principale, i governi greco e italiano nonchéla Commissione delle Comunità europee hanno presentato osservazioni scritte alla Corte, conformemente al­l’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. Tali parti sono inoltre state sentite durante l’udienza svoltasi il 13 luglio 2006, ad eccezione del governo italiano, che non era rappresentato.

 

V – Esame della questione pregiudiziale

  1. Invia preliminare, occorre sottolineare alcuni elementi che, dalla lettura della questione pregiudiziale e dell’ordinanza di rinvio, risultano pacifici.
  2. Anzitutto, i fatti di causa, intervenuti nel 1996, si sono svolti sotto il vigore della direttiva 89/592 e della normativa greca che le dà attuazione. Pertanto, alla Corte non si chiede direttamente di interpretare le disposizioni della direttiva del Par­­lamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/6/ CE, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato)[3], che, entrata in vigore il 12 aprile 2003, ha abrogato lo stesso giorno la direttiva 89/592, conformemente ai suoi artt. 20 e 21.
  3. È altresì pacifico che i membri del gruppo Georgakis rientrano nell’ambito di applicazione ratione personae della di­rettiva 89/592 e della normativa nazionale che le dà attuazione, in ragione della loro qualità di membri degli organi di amministrazione o di direzione delle società Parnassos e ATEMKE, o in ragione della loro partecipazione nel capitale di tali società.
  4. D’altro canto, le azioni oggetto delle transazioni controverse nella causa principale costituiscono valori mobiliari, conformemente alla definizione di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva 89/592.
  5. Infine, dall’esposizione dei fatti del giudice a quo emerge che le transazioni effettuate tra le persone in causa e previamente concordate hanno avuto l’effetto di far aumentare artificiosamente il prezzo dei valori mobiliari negoziati.
  6. Ciò premesso, con la questione posta dal giudice del rin­vio invitala Corte è, in sostanza, invitata a indicare se persone suscettibili di essere considerate come persone in possesso di informazioni privilegiate ai sensi della direttiva 89/592, detengano e sfruttino un’informazione privilegiata, ai sensi della detta direttiva, per il solo fatto di concludere transazioni di borsa precedentemente concordate, che comportano un aumento artificioso del prezzo dei valori mobiliari ceduti.
  7. Occorre ricordare, anzitutto, che la direttiva 89/592 non vieta la detenzione in sé di un’informazione privilegiata da parte delle persone indicate all’art. 2, n. 1, di tale direttiva bensì lo sfruttamento consapevole di tale informazione privilegiata[4]. La Corte l’ha peraltro ricordato nella sentenza Verdonck e a. [5].
  8. Risulta in particolare dall’art. 2, n. 1, della direttiva 89/592 che lo sfruttamento di un’informazione privilegiata presuppone necessariamente l’esistenza materiale di tale informazione. L’informazione privilegiata deve quindi essere preesistente al suo sfruttamento. Pertanto, può sfruttare un’infor­ma­zione privilegiata solo una persona che, anzitutto, la possieda precedentemente, a prescindere dal fatto che sia una persona in possesso di informazioni privilegiate cosiddetta «primaria», ossia che presenta una delle qualità elencate all’art. 2, n. 1, della direttiva 89/592, o una persona in possesso di informazioni privilegiate cosiddetta «secondaria», considerata all’art. 4 della detta direttiva.
  9. Le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno dedotto tesi contrapposte sulla questione se persone che hanno effettuato transazioni quali quelle di cui alla causa principale detengano un’informazione privilegiata, ai sensi della direttiva 89/592, il cui sfruttamento è vietato dalla medesima direttiva.
  10. Sia per il sig. Georgakis, convenuto nella causa principale, che perla Commissione, una situazione come quella di cui alla causa a qua non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 89/592.
  11. Secondo il sig. Georgakis, la direttiva 89/592 mira ad escludere la possibilità per le persone che, in ragione delle loro funzioni, detengono un’informazione privilegiata, di sfruttarla a loro vantaggio e a scapito dei terzi con cui trattano. Pertanto, una delle condizioni cui è subordinata l’applicazione di tali disposizioni è che la controparte del detentore dell’infor­ma­zio­ne privilegiata ignori tale informazione. Ciò non si verificherebbe nella causa principale. Infatti, in tale causa, tutti i contraenti che partecipano alla transazione in questione sono codetentori, ma anche creatori, di un’informazione comune relativa al titolo borsistico. Di conseguenza, da un lato, tale informazione cessa di essere privilegiata per quanto li riguarda, e, dal­l’altro, la conoscenza privilegiata dell’uno non può essere sfruttata a spese degli altri.
  12. La Commissioneritiene che dai fatti, quali sono esposti dal giudice del rinvio, non emerge che informazioni privilegiate abbiano indotto i membri del gruppo Georgakis a concludere le transazioni in questione. Al contrario, essa rileva che tali transazioni sono state realizzate in base alla decisione del gruppo Georgakis di sostenere il valore del titolo della società Parnassos, su proposta dei suoi consulenti finanziari. Pertanto, siffatte transazioni non equivalgono di per sé all’utilizzo di un’informazione privilegiata. La Commissione aggiunge che le transazioni fondate sulla decisione di alcuni membri del consiglio di amministrazione di un emittente di sostenere il valore di un titolo in borsa rientrerebbero nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/6, dato che quest’ultima riguarda le operazioni di manipolazione del mercato, direttiva che tuttavia non è applicabile nella fattispecie.
  13. I governi ellenico e italiano sostengono invece che una situazione come quella di cui alla causa principale rientra nel­l’am­bito di applicazione della direttiva 89/592.
  14. Il governo ellenico insiste sul fatto che gli scambi concordati di azioni della medesima società o gli acquisti e le cessioni fittizie tra le stesse persone al fine di aumentare la negoziabilità e il prezzo delle azioni costituiscono un’informazione di importanza decisiva, il cui sfruttamento può avere un serio impatto sulla trasparenza del mercato. L’elemento decisivo del­l’informazione privilegiata in possesso dei membri di un gruppo che hanno concluso un accordo consiste nel fatto di sapere che l’attuale valore del titolo deriva da un aumento artificiale della domanda da parte degli stessi membri del gruppo e non da un’evoluzione o da una prospettiva di evoluzione favorevole dei parametri finanziari della società in questione, e che evidentemente non è il risultato di una maggiore negoziabilità del titolo quotato in Borsa. Secondo il suddetto governo, la nozione di detenzione di un’informazione privilegiata ingloba non solo l’acquisizione di tale informazione, ma anche la sua creazione. L’applicazione della legislazione relativa alle operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate non è esclusa quando le persone che sfruttano l’in­formazione privilegiata sono all’origine della stessa. In udienza, il governo ellenico ha aggiunto che una situazione come quella della causa principale potrebbe costituire sia sfruttamento di un’informazione privilegiata che manipolazione del mercato.
  15. Il governo italiano considera in sostanza che, alla luce degli obiettivi della direttiva 89/592 di creare la massima trasparenza nel funzionamento dei mercati finanziari e di garantire la parità tra gli investitori, anche le persone che abbiano deciso un’operazione o una serie di operazioni di sostegno artificioso del valore di un titolo in Borsa devono essere collocate tra i detentori della relativa informazione, ossia il programma di vendita e acquisto di valori mobiliari, previamente concordato, destinato a sostenere artificiosamente il valore di un titolo quotato in borsa all’insaputa del pubblico. Secondo il detto governo, tale programma costituisce indubbiamente, ai sensi della suddetta direttiva, un’informazione privilegiata, il cui sfrut­tamento è vietato.
  16. Si può quindi osservare come le parti che hanno partecipato all’udienza sono concordi nel ritenere che le operazioni effettuate dal gruppo Georgakis rientrino nella pratica cosiddetta «painting the tape».
  17. Nel mondo finanziario e della Borsa, tale pratica viene generalmente definita come quella con cui alcuni investitori effettuano tra loro una serie di transazioni su determinati valori mobiliari, creando l’illusione di un volume di affari elevato e di un interesse significativo degli investitori per tali valori, atto ad indurre gli investitori terzi ad acquistare i valori mobiliari in questione e quindi a consentire un aumento del loro corso[6].
  18. Per i motivi esposti nei successivi paragrafi delle presenti conclusioni, sono incline a ritenere, alla luce degli elementi di fatto in mio possesso, che una situazione quale quella descritta dal giudice del rinvio non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 89/592.
  19. 50. Occorre ricordare che l’art. 2, n. 1, della direttiva 89/592vieta lo sfruttamento consapevole dell’informazione privi­le­giata. A mio parere, «lo sfruttamento consapevole» del­l’in­for­mazione è caratterizzato dalla presenza di due elementi distinti. Da un lato, un elemento psicologico e, dall’altro, un elemento materiale. L’elemento psicologico consiste nell’in­ten­zione o nella decisione di sfruttare scientemente l’in­for­ma­zione di cui si conosce la natura privilegiata. L’ele­men­to materiale è costituito dalla messa in atto di tale intenzione o decisione mediante transazioni relative a valori mobiliari effettuate direttamente o tramite un intermediario finanziario[7].
  20. Pertanto, dato che, come ho sottolineato al precedente paragrafo 39, l’esistenza dell’informazione privilegiata, per definizione, precede lo sfruttamento della stessa, l’informazione privilegiata deve precedere sia l’elemento psicologico dello sfruttamento di tale informazione, ossia l’intenzione o la decisione di sfruttarla, che il suo elemento materiale, cioè la messa in atto di tale intenzione o decisione.
  21. Orbene, dall’esposizione dei fatti contenuta nell’or­di­nanza di rinvio emerge che la decisione dei membri del gruppo Georgakis, risalente all’inizio del 1996, di procedere a transazioni dirette a «sostenere» il valore delle azioni della società Parnassos, è stata adottata in seguito a una proposta dei loro consulenti finanziari. Pertanto, in mancanza di altre precisazioni sui fatti, non sembra che la decisione dei membri del gruppo Georgakis sia stata adottata sulla base di un’infor­ma­zio­ne privilegiata, ai sensi della direttiva 89/592. Dall’ordinanza di rinvio non emerge neanche che la proposta dei consulenti finanziari del gruppo Georgakis sia stata avanzata sul fondamento di un’informazione privilegiata ai sensi della medesima direttiva.
  22. Pertanto, in una fattispecie come quella in esame nella causa principale, le persone che hanno effettuato le transazioni in questione, in linea di principio, non possono aver sfruttato un’informazione privilegiata, dato che l’esposizione dei fatti effettuata dal giudice del rinvio non consente di individuare l’informazione privilegiata che li avrebbe indotti a compiere tali operazioni.
  23. Inoltre, la tesi dei governi intervenienti, i quali asseriscono, in sostanza, che la decisione dei membri del gruppo Georgakis di concludere transazioni intese a sostenere artificiosamente il valore dei titoli all’insaputa del pubblico costituisce, di per sé, un’informazione privilegiata il cui sfruttamento è loro vietato, non mi convince.
  24. Infatti, ritengo che la possibilità di considerare la decisione stessa dei membri del gruppo Georgakis di concludere le transazioni di cui trattasi nella causa principale come se fosse, di per sé, un’informazione privilegiata, sia esclusa dal principio soggiacente all’undicesimo e al dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592.
  25. Ricordo che, secondo l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592, «poiché l’acquisizione o la cessione di valori mobiliari implica necessariamente una decisione preliminare di acquisire o di cedere da parte della persona che procede ad una di queste operazioni, il fatto di effettuare questo stesso acquisto o cessione non costituisce di per sé una utilizzazione di un’informazione privilegiata».
  26. Quanto al dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592, esso sottolinea che «l’operazione effettuata da una persona in possesso di informazioni privilegiate implica lo sfruttamento di un’informazione privilegiata» e che, pertanto, «occorre considerare che il fatto di procedere a transazioni, allo scopo di stabilizzare il prezzo di valori mobiliari di recente emessi o negoziati nell’ambito di un’offerta secondaria, non costituisce di per sé un’utilizzazione di un’informazione privilegiata».
  27. Orbene, a mio parere, si devono interpretare tali ‘considerando’ nel senso che, nelle due situazioni sopra indicate, la decisione preliminare di procedere alle transazioni in questione non può essere considerata di per sé un’informazione privilegiata.
  28. Sostenere la tesi opposta significherebbe impedire agli investitori e alle società emittenti di valori mobiliari o ai loro organismi di attuare le proprie decisioni di procedere alle transazioni in questione, gettando su tali operatori il sospetto che essi sfruttino un’informazione privilegiata allorché procedono a tali transazioni. Questa interpretazione nuocerebbe indubbiamente al buon funzionamento del mercato dei valori mobiliari. Orbene, non è sicuramente questo l’obiettivo perseguito dalla direttiva 89/592.
  29. È vero che una fattispecie come quella in esame nella causa principale non è del tutto assimilabile a quelle previste dall’undicesimo e dal dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592.
  30. Tuttavia, non credo che il legislatore comunitario, limitandosi a menzionare le due situazioni citate nell’undicesimo e nel dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592, abbia voluto considerare che, a contrario, in tutte le altre situazioni, compresa una situazione quale quella in esame nella causa principale, la decisione preliminare di effettuare transazioni su valori mobiliari debba essere ritenuta, di per sé, un’infor­ma­zione privilegiata.
  31. Risulta quindi poco persuasivo l’argomento in tal senso del governo italiano, secondo cui l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592, dal momento che menziona solo l’ac­quisizione «o» la cessione di valori mobiliari, non riguarderebbe le situazioni in cui viene effettuata una pluralità di operazioni di borsa e, pertanto, si dovrebbe ritenere che, per questo motivo, le operazioni effettuate dal gruppo Georgakis costituiscano uno sfruttamento di informazione privilegiata. Infatti, l’uso della congiunzione «o» al detto undicesimo ‘considerando’ non mi sembra esclusivo, quanto piuttosto esemplificativo, come sembra confermare l’impiego, al plurale, del termine «transazioni» al dodicesimo ‘considerando’ della medesima di­rettiva.
  32. Inoltre, ritengo che neanche il fatto che le transazioni controverse sono state previamente concordate comporti necessariamente che la decisione del gruppo Georgakis dev’es­sere considerata un’informazione privilegiata. Infatti, il criterio della pianificazione anticipata di operazioni di borsa vale, quanto meno, anche nella situazione in cui si progetti una (vera e propria) stabilizzazione del prezzo dei valori mobiliari, che è appunto menzionata al dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592.
  33. Misembra invece che l’undicesimo e il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 89/592 siano intesi ad illustrare il principio secondo cui la decisione preliminare di effettuare transazioni su valori mobiliari non costituisce, di per sé, un’in­formazione privilegiata.
  34. Siffatta decisione può però costituire l’elemento intenzionale dello sfruttamento di un’informazione privilegiata quando la decisione si fonda su di essa. Inoltre, in presenza di transazioni scaglionate nel tempo, l’intervento di un’infor­ma­zione privilegiata, atta a modificare la decisione inizialmente adottata dagli investitori, può far sì che le transazioni realizzate dopo aver preso conoscenza di tale informazione, ed utilizzandola, costituiscano sfruttamento dell’informazione stessa ai sensi della direttiva 89/592.
  35. Tuttavia, come ho già detto, alla luce dei fatti esposti dal giudice del rinvio, non rilevo la presenza di un’informazione privilegiata nella fattispecie in esame nella causa principale.
  36. Ritengo che tale valutazione non possa essere rimessa in discussione dall’argomento dei governi intervenienti secondo cui gli obiettivi di trasparenza del mercato e di pari opportunità tra gli investitori, perseguiti dalla direttiva 89/592, devono consentire di attrarre una fattispecie come quella in esame nella causa principale nell’ambito di applicazione della direttiva 89/592.
  37. Se pure il giudice comunitario abbia fatto spesso ricorso al metodo di interpretazione teleologica delle disposizioni di atti comunitari, ritengo che ciò non consenta, nella fattispecie, di ampliare l’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 89/592 alla luce degli obiettivi molto generici enunciati nei ‘considerando’ di tale direttiva. Infatti, anche se la fattispecie in esame nella causa principale nuoce sicuramente al buon funzionamento del mercato, l’approccio suggerito dai governi intervenienti equivarrebbe ad ignorare le condizioni inerenti al­­l’applicabilità della direttiva 89/592, segnatamente quelle re­la­tive all’esistenza di un’informazione privilegiata che si colloca all’origine dello sfruttamento, nella sua dimensione volontaria e materiale, di tale informazione.
  38. Inoltre, l’ambito di applicazione di un atto comunitario è normalmente definito dalle disposizioni dell’atto stesso e non può, in linea di principio, essere esteso a situazioni diverse da quelle ch’esso ha inteso disciplinare[8]. Orbene, nel caso di specie, non sembra che la direttiva 89/592 abbia inteso discipli­nare una situazione riconducibile alla pratica cosiddetta «painting the tape» e, più in generale, alla manipolazione del mercato.
  39. Atale proposito, voglio sottolineare che, con l’adozione della direttiva 2003/6, che persegue gli stessi obiettivi di trasparenza e di integrità del mercato della direttiva 89/592 [9], il legislatore comunitario ha appunto voluto, sostituendo quest’ul­tima e includendo nell’ambito di applicazione della nuova direttiva la lotta contro la manipolazione del mercato, far progredire l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri san­zionando i comportamenti che, in base all’espe­rienza, possono scuotere la fiducia del pubblico e, pertanto, pregiudicare il buon funzionamento dei mercati [10].
  40. Orbene, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 2003/6, per «manipolazione del mercato» si intendono in particolare le operazioni o ordini di compravendita che consentano, tramite l’azione di una o di più persone che agiscono in collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le operazioni o che ha conferito gli ordini di compravendita dimostri che le sue motivazioni per compiere tali operazioni o ordini sono legittime e che dette operazioni o ordini sono conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato regolamentato in questione. In tale definizione sembrano quindi rientrare le pratiche come quella detta «painting the tape»[11].

 

  1. Alla luce del processo legislativo comunitario nel settore degli abusi di mercato[12], ritengo che non possa accogliersi l’ar­go­mento dei governi intervenienti consistente nell’ampliare l’am­bito di applicazione della direttiva 89/592 o, secondo la sfumatura utilizzata dal governo ellenico in udienza, «nel dare [a quest’atto] un’interpretazione più elastica», di modo che essa vieti pratiche come quelle in discussione nella causa principale.
  2. Infatti, l’impostazione dei governi intervenienti equivarrebbe ad ignorare la frammentarietà del quadro normativo comunitario esistente al momento dell’applicazione della direttiva 89/592, attribuendo a quest’ultima una portata tale da usurpare la competenza residuale degli Stati membri di disciplinare e sanzionare le manipolazioni del mercato.
  3. Voglio peraltro sottolineare che, all’epoca dei fatti,la Repubblica ellenica [13], al pari della grande maggioranza degli Stati membri, disciplinava e sanzionava penalmente le pratiche di manipolazione del mercato [14].

 

VI – Conclusione

  1. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione pregiudiziale sottopostale dal Symvoulio tis Epikrateias:

«Persone o gruppi di persone aventi una delle qualità di cui all’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 13 novembre 1989, 89/592/CEE, sul coordinamento delle normative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading), che effettuino transazioni di borsa previamente concordate che sfociano in un aumento artificioso del prezzo dei valori mobiliari ceduti, non devono essere considerate persone che dispongono di informazioni privilegiate ai sensi dell’art. 2 della suddetta direttiva».

 

Corte di Giustizia delle Comunità Europee – sentenza 22 novembre 2005, causa C-384/02

 

Società per azioni – Informazioni privilegiate – Divieto di comunicazione – Deroghe per lavoro, professione, funzioni – Condizioni

 

«Il divieto di comunicare a terzi informazioni privilegiate, (quali definite dalla Direttiva del Consiglio 13 novembre 1989, 89/592/CEE) è derogato quando la comunicazione dell’informazione avviene nel­l’am­­bito del normale esercizio del lavoro, della professione o delle funzioni del soggetto. A tal fine, deve esistere uno stretto legame tra la comunicazione dell’informazione e l’esercizio del lavoro, della professione o delle funzioni, e la comunicazione deve essere strettamente necessaria. La deroga costituisce un’ec­cezione che deve ricevere un’interpretazione restrittiva, alla luce del fatto che ogni comunicazione supplementare il rischio dello sfruttamento delle informazioni privilegiate.».

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. Gli orientamenti giurisprudenziali - 4. Le posizioni della dottrina - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

Con la sentenza in oggetto, la Corte di Giustizia si pronuncia – in sede di questione pregiudiziale – sull’in­­ter­­pretazione dell’art. 3, lett. a) della Direttiva del Consiglio n. 89/592/CEE in tema di insider trading. Si tratta, a quanto consta, della prima pronuncia della Corte sullo specifico profilo della materia, e che pertanto presenta – proprio per il suo carattere di novità – un interesse particolare [15]. La vicenda che ha dato origine alla decisione della Corte riguarda una banca con sede in Danimarca (la Real­ Danmark) i cui amministratori, nell’agosto del mese 2000, danno avvìo ad un progetto di fusione con un’al­­tra banca (la Danske Bank), ed alle conseguenti trattative. L’operazione di fusione, per le sue caratteristiche, ed in base al diritto danese, richiede l’attivazione di meccanismi di consultazione dei lavoratori, che contemplano il coinvolgimento delle relative rappresentanze sindacali. A tal riguardo, il sig. Grøngaard – membro del Consiglio di amministrazione della banca, designato dai dipendenti – informa dell’operazione il Presidente del sindacato (il sig. Bang), formulando in tale occasione anche previsioni circa l’eventuale rialzo del corso delle azioni, conseguente all’operazione di fusione. Nell’am­bi­to dell’organizzazione sindacale, il Presidente comunica a sua volta l’informazione al segretario dell’or­ga­nizzazione stessa e ad un altro collega. Uno di questi ultimi, sulla base delle informazioni così ottenute, acquista azioni della banca, ovviamente prima che la notizia dell’operazione venga resa pubblica. Sulla base dei fatti come sopra sinteticamente riassunti, si apre un procedimento penale a carico di Grøngaard e Bang, nell’ambito del quale viene contestato a questi ultimi di aver violato la disciplina danese in materia di insider trading, per aver comunicato a terzi l’infor­ma­zione privilegiata in carenza dei presupposti previsti dalla legge di recepimento della Direttiva europea [16]. È opportuno porre in luce che il problema dell’illegittimità della comunicazione dell’informazione si pone, nel caso di specie, ad un duplice livello: il primo riguarda la comunicazione dell’informazione all’esterno [continua ..]


2. La normativa di riferimento

2.1. Come noto, la Direttiva 13 novembre 1989, n. 89/592/CE rappresenta storicamente il primo intervento del legislatore europeo in materia di insider trading. Sulla scorta della Direttiva del 1989 la disciplina del­l’insider trading e quella, strettamente connessa, degli obblighi di informazione continua in capo agli emittenti quotati, fanno il loro ingresso per la prima volta in taluni Stati membri – tra i quali l’Italia (legge n. 157/1991) – nei quali mancava una disciplina dell’abuso di informazioni privilegiate. La Direttiva individua, in particolare, la nozione di informazione privilegiata (art. 1), e identifica i tre grandi divieti tipici della disciplina del­l’insider trading, e segnatamente: il divieto di compiere operazioni sulla base dell’informazione privilegiata; il divieto di comunicare a terzi l’informazione privilegiata; il divieto di consigliare a terzi l’effettuazione di operazioni in base ad informazioni privilegiate. I tre «tipici» divieti introdotti dalla disciplina europea in materia di insider trading non si collocano, nel sistema della Direttiva, sullo stesso piano: il divieto di comunicare a terzi l’informazione, soffre, infatti, un’eccezione, che è pre­vista qualora la comunicazione avvenga, da parte dei soggetti che detengono l’informazione «nell’ambito del normale esercizio del loro lavoro, della loro professione o delle loro funzioni». La questione di cui viene investita la Corte di Giustizia attiene proprio all’identifica­zione dell’ambito di applicazione dell’esenzione, dovendosi allora stabilire quando, e a quali condizioni, può dirsi che la comunicazione sia avvenuta nell’ambito del «normale esercizio» dell’attività del soggetto.   2.2. La Direttiva 89/592/CE risulta oggi abrogata. La disciplina dell’insider trading è confluita, in uno con quella relativa alla c.d. «manipolazione del mercato», nella Direttiva 2003/6/CE [18], recepita in Italia con la legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004). Sotto il profilo che qui interessa, tuttavia, l’impostazione della nuova Direttiva coincide con quella della Direttiva del 1989, oggetto della pronuncia della Corte. L’art. 3 della Direttiva 2003/6/CE conferma, infatti, il divieto per [continua ..]


3. Gli orientamenti giurisprudenziali

Nel diritto comunitario, non constano precedenti giurisprudenziali in merito alla specifica questione esaminata dalla Corte. Altrettanto scarno risulta il materiale giurisprudenziale italiano, che può assumere rilevanza ai fini della questione. In tema di comunicazione a terzi dell’informazione privilegiata consta un’unica decisione del Tribunale di Brescia, che ha avuto modo di occuparsi di una vicenda nell’ambito della quale era stato comunicato, in via selettiva e anticipatamente alla divulgazione al mercato, un complesso progetto di ristrutturazione societaria: a seguito delle informazioni ricevute, il destinatario della comunicazione aveva operato sui titoli delle società interessate. L’evidente insussistenza di un qualsivoglia «giustificato motivo» che potesse rendere plausibile la comunicazione dell’informazione non ha in realtà consentito alla Corte, nella decisione in esame, di sviluppare particolari elementi ricostruttivi della fattispecie, di guisa che dalla decisione non sembrano ricavabili elementi ricostruttivi di particolare rilievo [23].


4. Le posizioni della dottrina

L’individuazione dei casi in cui risulterebbe possibile la comunicazione a terzi dell’informazione privilegiata risulta esaminata in dottrina, essenzialmente in relazione all’abrogata legge n. 157/1991, nonché con riguardo alla disciplina del Testo Unico della Finanza, nella sua formulazione antecedente al recepimento della Direttiva 2003/6/CE. A tal proposito, giova ricordare come l’art. 180, 1° comma, lett. b) T.U.F. (riprendendo, sul punto, il disposto della legge del 1991) identificasse la condotta vietata nel fatto compiuto da chi «senza giustificato motivo, dà comunicazione delle informazioni, ovvero consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di taluna delle operazioni indicate nella lett. a)». L’individuazione dei presupposti legittimanti la comunicazione ad un terzo delle informazioni privilegiata avveniva dunque sulla base della nozione di «giustificato motivo», anziché su quella (più aderente al dettato letterale della Direttiva del 1989, e più precisa [24]) di «normale esercizio» del lavoro, della professione o della funzione del soggetto. Le riflessioni della dottrina sembrano, in primo luogo, aver chiarito che un primo criterio generale per stabilire se la comunicazione è lecita, è rappresentato dalla sussistenza di norme che la impongano o la consentano espressamente. Vengono, in tale prospettiva, richiamati in primis gli obblighi in tema di formazione del bilancio consolidato, che giustificherebbero la comunicazione delle informazioni privilegiate dalla società controllata alla controllante [25]. Parimenti, è ritenuta legittima – in quanto imposta da norme di legge – la comunicazione, al­l’interno dei gruppi, delle informazioni privilegiate richieste al fine di consentire all’emittente quotato di adempiere ai propri obblighi di disclosure nei confronti del pubblico, e ciò in base a quanto prescritto dall’art. 114, 1° e 2° comma, T.U.F. [26]. Si è ritenuto, peraltro, che per giustificato motivo non si debba intendere un rimando pleonastico all’esercizio di un diritto e al­l’a­dempimento di un dovere, posti dall’art. 51 c.p. [27]: sul punto non constano posizioni contrarie. In senso più ampio, taluni hanno però ritenuto che la nozione di [continua ..]


5. Il commento

La sentenza della Corte di Giustizia si pone, con tutta evidenza, nel solco delle posizioni che si sono espresse in termini maggiormente cautelativi, nell’identificazione delle condizioni che legittimano la comunicazione a terzi delle informazioni privilegiate. La natura eccezionale della deroga e la lettura restrittiva che ne fornisce la Corte militano infatti nel senso di un’attenta ponderazione, da operarsi caso per caso – ma comunque alla luce dei criteri vincolanti indicati dalla Corte – delle situazioni e dei casi che legittimano la comunicazione selettiva dell’informazione. Nell’affermare il carattere eccezionale della deroga, la decisione, già limitatamente a questo primo elemento, non mancherà di influenzare l’interpretazione e l’ap­pli­cazione del diritto nazionale, con particolare riguardo – ai fini che qui interessano – al combinato disposto degli artt. 114 e 180 T.U.F. A ben guardare, e relativamente al profilo testè richiamato, la conclusione della Corte di giustizia si imponeva: è evidente che, nell’ambito della disciplina del­l’insider trading, volta a prevenire il fenomeno di abusivo sfruttamento e circolazione delle informazioni privilegiate, l’esenzione dai divieti formulata dall’art. 3, lett. a) della Direttiva 89/592/CE, e ora dall’art. 3 della Direttiva 2003/6/CE rappresenta una norma eccezionale e, in quanto tale, di stretta interpretazione. Tale conclusione è altresì confermata dalle nuove regole, introdotte sempre per effetto della Direttiva del 2003, in relazione all’obbligo di riservatezza che, in base a norme legislative, contrattuali o statutarie deve comunque sussistere in capo al soggetto che riceve l’informazione, e ciò nel senso che la comunicazione della notizia è ammessa – ferma restando le altre condizioni – purché da ciò non derivi l’accentuarsi del rischio di sfruttamento e di circolazione non controllata dell’informazione medesima. Ciò detto, quanto alla più specifica individuazione dei singoli presupposti che la Corte di Giustizia pone a fondamento della possibilità di comunicazione dell’infor­mazione, la decisione della Corte costringe ormai l’in­ter­prete a muoversi con notevole cautela. Si tratta, infatti, di individuare [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2007