Articoli Correlati: diritti di controllo dei soci - natura giuridica - responsabilità - controllo
1. Il sistema dei controlli nella “nuova” s.r.l. - 2. I diritti di informazione e di consultazione: il dato normativo. - 3. Segue. La natura giuridica e gli interessi tutelati. - 4. L’oggetto del diritto di informazione. - 5. L’oggetto del diritto di consultazione. - 6. I limiti all’esercizio dei diritti di controllo. - 7. L’autonomia privata ed i diritti di controllo. - 8. L’indisponibilità da parte della maggioranza dei diritti di controllo. - 9. La disponibilità da parte del socio dei diritti di controllo. - 10. Segue. La tesi della non derogabilità neppure all’unanimità dell’art. 2476, 2° comma, c.c. - 11. Segue. La tesi della derogabilità all’unanimità dell’art. 2476, 2° comma, c.c. - 12. Segue. Confutazione dell’argomentazione secondo cui l’inderogabilità si fonderebbe sulla necessaria strumentalità dei diritti di controllo rispetto all’esercizio dell’azione di responsabilità. - 13. Segue. Confutazione della tesi secondo cui i diritti di controllo rappresenterebbero un connotato tipologico della s.r.l. - 14. Segue. Esclusione di una “valenza metaindividuale” dei diritti di controllo. - 15. Le clausole statutarie che integrano la disciplina legale dei diritti di informazione ampliandone il contenuto o regolamentandone l’esercizio. - NOTE
I controlli societari sono chiamati a svolgere nella “nuova” s.r.l. un ruolo di primaria rilevanza a tutela degli interessi individuali dei soci, della corretta gestione dell’impresa sociale e, in generale, dell’efficienza del mercato [1]. Come noto, la Riforma del diritto societario del 2003 (la “Riforma”) ha rivoluzionato il sistema dei controlli nella s.r.l., riconoscendo a ciascun socio non amministratore – a prescindere dalla quota di capitale posseduta ed anche in presenza del collegio sindacale – penetranti poteri ispettivi e reattivi (cfr. art. 2476 c.c.) e prevedendo la necessità della nomina di un organo di conrollo interno solo in caso di superamento di determinati parametri “oggettivi”. In materia di controllo giudiziario sulla regolarità dell’amministrazione, – venuto meno il richiamo alla normativa dettata per la società per azioni (di cui al previgente art. 2488, 4° comma, c.c.) – è discusso il residuo ambito di applicazione dell’art. 2409 c.c. Nonostante il legislatore della Riforma abbia manifestato il proprio intento di “privatizzare” [2] il sistema dei controlli, accrescendo i poteri del singolo socio ed escludendo il controllo giudiziario [3], sono state avanzate “interpretazioni correttrici” dell’art. 2477 c.c., sostanzialmente volte a riconoscere ancora uno spazio applicativo al controllo giudiziario nella s.r.l. per cui ex lege è obbligatoria la nomina del collegio sindacale [4]. Tuttavia, la dottrina prevalente – pur avanzando dubbi di costituzionalità [5] – ha correttamente escluso che le norme sul controllo giudiziario siano ancora applicabili alla s.r.l. [6]. Con il delineato sistema di controlli il legislatore delegato – in attuazione alla legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 che imponeva di attribuire rilevanza centrale alla posizione dei soci (cfr. art. 3, 1° comma, lett. a) – ha accentuato la connotazione personalistica dello statuto legale della s.r.l. E, invero, gli aspetti personalistici del modello legale di s.r.l. sono stati talmente valorizzati dalla Riforma [7] che alcuni fra i primi commentatori si sono addirittura spinti a classificare la s.r.l. quale “società di persone a responsabilità limitata” [8]. Nonostante la stessa Relazione Vietti induca a [continua ..]
I poteri di controllo del socio della s.r.l. sono disciplinati dall’art. 2476, 2° comma, c.c., ai sensi del quale «i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione». La disposizione riconosce un penetrante diritto di controllo che non trova corrispondenza, quanto ad estensione, né nel previgente art. 2489 c.c., né nella vigente disciplina dettata in tema di società per azioni dall’art. 2422 c.c. L’oggetto del diritto all’informazione riconosciuto al socio della s.r.l. risulta, infatti, modulato sulla falsariga dell’art. 2261, 1° comma, c.c. che regola il controllo del socio nella società semplice e, in forza dei rinvii operati, nelle altre società di persone [12]. Nel solco della tradizione, l’art. 2476 c.c. ha riconosciuto al socio della s.r.l. due diritti di controllo a carattere “informativo”, distinti per oggetto e modalità di esercizio: il diritto di informazione ed il diritto di ispezione. Per diritto di informazione in senso stretto, scartata l’ampia nozione originariamente proposta in dottrina [13], deve intendersi il diritto del socio, a seguito di una specifica istanza, di «avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari» [14]. Il diritto di ispezione o di consultazione, invece, rappresenta una forma di controllo “diretta”, in quanto mette il socio a contatto diretto – e, quindi, non mediato dall’intervento degli amministratori – con la documentazione alla quale gli è riconosciuto accesso. Per cogliere la portata delle innovazioni introdotte dall’art. 2476 c.c. nel sistema di governance della s.r.l., pare utile ricordare che la previgente disciplina riconosceva al socio di s.r.l. priva di collegio sindacale solamente il «diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali» (cfr. il vecchio art. 2489 c.c.). Rispetto alla disciplina anteriore, l’art. 2476 c.c. ha, pertanto, considerevolmente ampliato il diritto individuale di controllo sia da un punto di vista soggettivo, che da un punto di vista oggettivo. Dal punto di vista soggettivo, la norma ha assunto [continua ..]
La natura del diritto di informazione dell’azionista, e del socio in generale, a partire dagli anni ’50 è stata oggetto di vivace dibattito [16]. La dottrina dimostrò ben presto di essere consapevole che, al fine di procedere all’inquadramento dogmatico del diritto all’informazione, fosse in via preliminare necessario individuare gli interessi protetti mediante l’attribuzione del diritto stesso al singolo socio [17]. Sulla base di tale premessa metodologica venne fin da subito escluso che il diritto del socio all’informazione potesse essere considerato un potere o una potestà, in quanto il potere, secondo la ricostruzione più accreditata [18], costituisce una facoltà concessa ad un soggetto nell’interesse altrui [19]. Un’autorevole, seppur minoritaria dottrina ha inquadrato il diritto del socio all’informazione nella categoria dei diritti soggettivi collettivi, ritenendo che tale diritto costituisca uno strumento giuridico utilizzato dal legislatore per tutelare due interessi diversi: l’interesse individuale del socio e l’interesse sociale al corretto funzionamento della società [20]. Tale ricostruzione, come noto, è stata correttamente respinta dalla dottrina prevalente che ha ritenuto che i diritti di informazione e di ispezione costituiscono diritti soggettivi individuali del socio, e ciò in quanto essi sono concessi a ciascun socio non tanto al fine di realizzare l’interesse sociale, quanto per tutelare gli interessi del socio stesso nella società [21]. Il predetto inquadramento, peraltro, sembra confermato dalla comune constatazione che il socio è del tutto libero di esercitare o no il diritto di informazione, e che, ove decida di esercitare tale diritto, può farlo a proprio piacimento con il solo limite di non ledere l’interesse sociale. Il socio, infatti, attraverso l’uso dei diritti di informazione non è affatto tenuto a perseguire l’interesse sociale o di soggetti terzi [22]. Ad ulteriore conferma di quanto sopra, può ben essere rilevato che se il diritto di informazione fosse riconosciuto anche in vista della realizzazione dell’interesse sociale o per tutelare interessi di soggetti diversi, il suo concreto esercizio dovrebbe essere subordinato alla dimostrazione della sussistenza [continua ..]
Come anticipato, l’art. 2476, 2° comma, c.c. – in perfetta sintonia con l’accentuata caratterizzazione in senso personalistico della nuova s.r.l. – ha ampliato l’oggetto del diritto di informazione in senso stretto, riconoscendo al socio il “diritto di avere notizie sullo svolgimento degli affari sociali” [33]. Il nuovo articolato del diritto all’informazione ha recepito l’interpretazione estensiva già avanzata – rispetto alla precedente formulazione di cui al vecchio 2489 c.c. – dalla dottrina prevalente secondo cui il socio poteva chiedere notizie, generali o particolari, in merito ai singoli affari della società, già intrapresi o anche solo programmati [34]. Dato l’ampio tenore letterale della disposizione – e considerato il ruolo centrale oggi riconosciuto al socio – deve accogliersi un’ampia lettura del diritto all’informazione. E, dunque, che il socio abbia il diritto di chiedere informazioni specifiche e dettagliate su ogni aspetto dell’amministrazione [35], sia sull’andamento generale dell’impresa che su singole operazioni, già concluse, in corso o anche solo pianificate dall’organo amministrativo [36]. Attraverso tale diritto è, pertanto, riconosciuta al socio la facoltà di monitorare ogni singola operazione dalla fase iniziale – se del caso ancor prima che le trattative inerenti all’affare siano tradotte in documenti scritti – alla fase finale, in cui l’operazione è interamente attuata. Così fra le notizie che riguardano gli affari sociali devono essere comprese, ad esempio, tutte le informazioni che riguardano il patrimonio e la gestione dell’impresa, i rapporti giuridici ed economici della società ed i fatti la cui conoscenza è necessaria e/o utile per la determinazione degli utili [37]. E possono essere oggetto di richieste di informazioni, a titolo esemplificativo, gli impieghi dell’attivo patrimoniale, i programmi di acquisizione e di alienazione, le relazioni commerciali, le partecipazioni della società (in essere o pianificate), le concessioni di prestiti, i compensi degli amministratori e le retribuzioni dei dipendenti.
Per quanto riguarda il diritto di ispezione, la nuova formulazione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. riconosce al socio il diritto di consultare i libri sociali e la documentazione sociale, risolvendo una questione che da tempo divideva dottrina e giurisprudenza. Come noto, infatti, sotto la vigenza del vecchio art. 2489 c.c. – la cui lettera riconosceva al socio il diritto di consultare i soli libri sociali – era discussa l’ampiezza del diritto di ispezione. Al riguardo venivano sostanzialmente avanzate tre principali ricostruzioni. Secondo una tesi estensiva, il vecchio art. 2489 c.c. avrebbe riconosciuto al socio il diritto di consultare tutti i libri tenuti dalla società, inclusi i libri contabili di qualsiasi tipo [38]. Secondo una tesi restrittiva, cui prestava adesione la maggior parte degli interpreti, il socio avrebbe potuto consultare solo i libri della società in quanto tale e quindi, essenzialmente, il libro soci, il libro verbali dell’assemblea, il libro verbali del consiglio di amministrazione ed eventualmente il libro dei verbali del collegio sindacale e del comitato esecutivo [39]. Infine, secondo una tesi intermedia, invero poco seguita, il socio avrebbe potuto consultare, oltre ai libri propri della società come tale, i libri contabili obbligatori per tutti gli imprenditori commerciali non piccoli (e, dunque, il libro giornale e il libro degli inventari) [40]. In questa sede può solo ricordarsi che a favore della tesi più restrittiva veniva addotto – oltre ad un (invero debole) argomento letterale fondato sulla distinzione fra “libri sociali” e “libri contabili” [41] – un argomento sistematico: e cioè che il diritto del socio alla consultazione di tutti i libri e le scritture contabili era considerato incompatibile con la facoltà, riconosciuta ad una minoranza qualificata, di far revisionare annualmente la gestione [42]. Si riteneva, infatti, che se il socio uti singulus avesse avuto il diritto di accedere in qualsiasi momento a tutta la contabilità, non avrebbe avuto alcun senso apporre i citati limiti alla facoltà di revisione [43]. Il legislatore della Riforma ha superato la predetta questione interpretativa, riconoscendo espressamente al socio accesso anche ai «documenti relativi all’amministrazione», tra i quali devono essere compresi i [continua ..]
I diritti di informazione e di consultazione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c., consentono al socio che non partecipa all’amministrazione di accedere ad una sfera astrattamente illimitata di informazioni che riguardano, in sostanza, ogni aspetto dell’attività sociale. Permettono, infatti, accesso alla conoscenza non solo della situazione economico-patrimoniale della società, dei libri e della restante documentazione sociale, ma anche delle operazioni in corso e degli altri fatti inerenti alla condotta degli affari tenuta dagli amministratori [49]. La previsione di un così esteso potere di informazione potrebbe porre la società in balìa delle pressanti richieste di notizie e delle continue consultazioni dei soci che intendano, anche con pressante frequenza, passare al setaccio meticolosamente l’intera gestione, magari con l’unico scopo di intralciare l’operato degli amministratori [50]. Non deve, pertanto, stupire che sia stata seriamente messa in discussione l’opportunità di inserire nella disciplina della s.r.l. un potere di controllo tanto penetrante da essere considerato una “pillola avvelenata”, che potrebbe costituire in numerose società un motivo di forte preoccupazione, se non, addirittura, di abbandono del tipo [51]. Benché i diritti di informazione presentino, almeno sul piano astratto, un’estensione potenzialmente illimitata, deve ritenersi che il loro concreto esercizio non possa prescindere dal rispetto di alcuni limiti che, pur non essendo espressamente previsti, derivano dall’esigenza di contemperare l’interesse sociale con l’interesse del socio [52]. Appare, in primo luogo, evidente che i diritti di informazione devono in concreto essere esercitati in conformità alla funzione che ne ha giustificato l’adozione, ossia per consentire al socio di ottenere informazioni utili per vigilare efficacemente sull’andamento della società. Per contro, devono ritenersi illegittime, in quanto contrarie al generale principio della buona fede (art. 1176 c.c.) e della correttezza (art. 1375 c.c.), le richieste di informazioni avanzate per perseguire finalità contrastanti con l’interesse della società [53]. In tali ipotesi, infatti, l’interesse del socio alla disclosure cessa di essere tutelato dall’ordinamento, che [continua ..]
L’esposta disciplina dei diritti di informazione, riconoscendo a ciascun singolo socio accesso a tutti i documenti che il collegio sindacale ha il potere (rectius: potere-dovere) di esaminare, ha sensibilmente ampliato la tutela dei soci non amministratori ossia, in buona sostanza, dei soci di minoranza. Tale “sbilanciamento” del sistema a favore della minoranza non può non spingere a domandarsi se gli operatori del mercato considereranno eccessivi i rischi che la nuova disciplina è suscettibile di comportare nelle società a ristretta compagine sociale, in particolare sotto il profilo della riservatezza, soprattutto rispetto alle informazioni inerenti allo svolgimento degli affari sociali [60]. Come rilevato, infatti, nella s.r.l. non possono escludersi “i rischi di intralcio alla funzionalità corrente, destabilizzazione, conflittualità eccessiva, comportamenti emulativi, corrivi, ricattatori, e non per ultimi [i] pericoli per la riservatezza, cui potrebbe dar luogo una indiscriminata e sregolata richiesta di accesso alle notizie e alla documentazione amministrativa da parte di ogni singolo socio” [61]. Il dubbio è che la nuova disciplina legale dei diritti di controllo sortisca l’effetto opposto a quello perseguito dal legislatore, spingendo numerose piccole e medie imprese a scegliere, al posto della s.r.l., il modello azionario, se non addirittura ad operare come società di persone, rinunciando alla limitazione della responsabilità [62]. Considerate le esposte perplessità, non deve meravigliare l’interesse mostrato dalla dottrina per indagare se ed in quale misura l’autonomia privata dei soci possa incidere sulla disciplina codicistica dei diritti di informazione e di consultazione. In particolare, gli sforzi degli interpreti si sono maggiormente concentrati su due diversi interrogativi. Il primo – strettamente collegato alla delimitazione fra la “sfera sociale” e la “sfera individuale” del singolo socio – è se la disciplina legale dei diritti di informazione e di consultazione possa o no essere “compressa”, o addirittura eliminata, dalla maggioranza dei soci mediante una clausola statutaria (su cui, infra, § 8). Ulteriore interrogativo è se i soci di una s.r.l. possano, se non a maggioranza, almeno con decisione unanime disporre, in astratto e per il [continua ..]
Quanto alla prima questione, è oggetto di vivace dibattito se i soci – con decisione assunta a maggioranza – possano comprimere il contenuto dei diritti di controllo previsto dalla legge ovvero se tali diritti debbano essere ritenuti indisponibili da parte della maggioranza. In sostanza, ci si chiede se i soci, con la maggioranza prescritta per le modifiche statutarie, possano inserire nello statuto sociale specifiche previsioni che escludano del tutto, limitino o comunque rendano di più difficile esercizio i diritti riconosciuti al singolo socio dall’art. 2476, 2° comma, c.c. È, pertanto, discusso se la maggioranza possa introdurre nello statuto clausole statutarie derogatorie della disciplina legale che siano “dirette a restringere la legittimazione all’esercizio delle prerogative previste dalla legge (ad es., riservandola ai titolari di una percentuale qualificata del capitale sociale), a delimitarne l’ambito (ad es., contemplando unicamente un controllo sulla gestione o permettendo l’accesso ai soli libri sociali obbligatori o consentendo soltanto una revisione annuale della contabilità) o ancora a circoscriverne i presupposti (ad es., subordinandolo all’assenza del collegio sindacale)” [66]. L’interrogativo pare strettamente collegato al tema dell’autonomia statutaria che, secondo l’opinione dominante, costituisce uno dei connotati salienti della nuova disciplina della s.r.l. [67]. Come noto, infatti, a seguito del trionfo dell’autonomia statutaria [68], la normativa inderogabile ha assunto un ruolo marginale nella s.r.l. Tanto marginale da spingere autorevole dottrina a dubitare dell’“esistenza” stessa del diritto societario [69]. Di qui la necessità di verificare – alla luce dell’intera disciplina in tema di s.r.l. e, più in generale, dell’ordinamento giuridico nel suo complesso [70] – se l’art. 2476, 2° comma, c.c. possa essere considerato una regola organizzativa meramente dispositiva (e, in quanto tali, modificabile a maggioranza) ovvero una norma inderogabile da parte della maggioranza. Ebbene, parte della dottrina, invero minoritaria, ritiene che la maggioranza possa limitare – o addirittura escludere – i diritti ex art. 2476, 2° comma, c.c. [71]. A favore della predetta tesi vengono addotti – oltre ad un (invero [continua ..]
Escluso che la società possa – attraverso una previsione statutaria introdotta a maggioranza – comprimere, limitare o addirittura escludere i diritti di controllo riconosciuti al singolo socio dall’art. 2476, 2° comma, c.c., occorre affrontare l’ulteriore interrogativo, se i soci possano, se non a maggioranza, almeno con il consenso unanime disporre dei diritti di informazione loro riconosciuti dalla disciplina codicistica. Occorre, in particolare, accertare se ciascuno dei soci – individualmente o insieme agli altri – possa con una propria autonoma determinazione disporre in astratto e per il futuro [84] dei diritti in esame o se, viceversa, debba ritenersi che tali diritti siano indisponibili e irrinunciabili da parte dei loro stessi titolari [85]. In sostanza, la questione che deve essere affrontata è se – escluso che la disciplina dei diritti di informazione possa essere derogata secondo le regole organizzative del gruppo (e, quindi, a maggioranza) – sia quantomeno ammissibile una deroga secondo le ordinarie regole contrattuali (e, dunque, con il consenso degli aventi diritto) [86]. Occorre, infatti, riconoscere che la disciplina codicistica della s.r.l. contiene alcune norme inderogabili – non solo dalla maggioranza, ma neanche all’unanimità – in quanto poste o a tutela di esigenze tipologiche – cioè tese a distinguere il tipo s.r.l. da altri tipi societari – o a tutela degli interessi dei soci, o dei terzi che entrano in contatto con la società [87].
Parte della dottrina ritiene che la disciplina legale dei diritti di controllo del socio della s.r.l. non possa essere derogata (se non in melius) dai soci, neanche con consenso unanime, né in sede di costituzione della società, né durante societate [88]. La natura imperativa, in questi rigorosi termini [89], della predetta disciplina viene essenzialmente fondata su due ordini di argomentazioni. Da una parte, sulla strumentalità dei diritti di informazione rispetto all’esercizio dell’azione di responsabilità (su cui v. supra, § 3) [90]. Al riguardo, si sostiene che gli ampi poteri di controllo in quanto “strumentalmente collegati” (anche) all’esercizio dell’azione di responsabilità sarebbero – proprio come la stessa azione di responsabilità – irrinunciabili da parte dei loro stessi titolari (cfr. supra, § 3). E, dall’altra parte, si ravvisa nei diritti di controllo del socio un aspetto indefettibile, in quanto “connotato tipologico” della nuova s.r.l. [91]. Si ritiene, infatti, che il potere di controllo del socio sia, insieme alla legittimazione individuale all’esercizio dell’azione di responsabilità, uno dei caratteri tipologicamente essenziali affinché la partecipazione del socio presenti le connotazioni tipiche della s.r.l. [92]. E, come autorevolmente sostenuto, non può essere messo in discussione “il valore cogente, quindi l’inderogabilità, in sede negoziale, delle norme alle quali può attribuirsi un ruolo di identificazione dei tipi nominati di società” [93]. A favore della tesi dell’inderogabilità della disciplina dei diritti di controllo di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. è stato altresì sostenuto che nella s.r.l. priva del collegio sindacale i diritti di controllo del socio – dopo la soppressione dello strumento della denunzia al tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c. – rappresenterebbero in concreto l’unico argine nei confronti del potere gestorio degli amministratori [94]. Ancora a sostegno della ritenuta inderogabilità, neppure all’unanimità, si argomenta sulla base della disciplina dettata in tema di impedito controllo dall’art. 2625 c.c. Tale disposizione, come noto, reprime la condotta degli [continua ..]
Altra parte della dottrina sostiene che ciascun socio possa liberamente disporre – anche in astratto e per il futuro, per sé e per i propri aventi causa – dei poteri di controllo [97] e, pertanto, che la disciplina codicistica dei diritti di informazione possa essere derogata con il consenso unanime dei soci [98]. Invero, numerose e sostanziali sono le argomentazioni per le quali si ritiene di dover prestare adesione alla predetta ricostruzione. Innanzitutto, la disponibilità dei diritti di controllo da parte dei soci aventi diritto sembra trovare conferma nei criteri dettati dalla legge delega che imponevano, appunto, al legislatore delegato di modellare la nuova disciplina della s.r.l. sul “principio della rilevanza centrale del socio” (art. 3, 1° comma, lett. a) e di “riconoscere ampia autonomia statutaria riguardo […] agli strumenti di tutela degli interessi dei soci, con particolare riferimento alle azioni di responsabilità” (art. 3, 2° comma, lett. e). Criteri che impongono all’interprete di valorizzare, per quanto possibile, la capacità contrattuale di ciascun socio. Peraltro, essendo la compagine delle s.r.l. costituita tipicamente da “soci imprenditori”, capaci di autotutelarsi e di cogliere tutte le conseguenze delle clausole che sottoscrivono, occorre ritenere che ai soci non sia stata preclusa la possibilità di disporre, come meglio credono, dei propri interessi. E che proprio questo sia il senso dell’intervento della Riforma sulla disciplina del controllo nella s.r.l. appare confermato dai precedenti progetti di legge delega. In particolare, nello schema di legge delega per la riforma del diritto societario predisposto dalla Commissione presieduta dall’onorevole Mirone (meglio noto come “Progetto Mirone”) addirittura non era prevista alcuna disciplina, neanche dispositiva, in materia di controllo individuale sulla gestione nella s.r.l. [99]. Così, pertanto, veniva di fatto demandato ai patti sociali il compito di prevedere e regolare una qualche forma di controllo individuale.
A questo punto è necessario farsi carico delle due principali argomentazioni addotte a sostegno della tesi secondo la quale la disciplina del diritto di controllo non sarebbe derogabile neanche con il consenso unanime dei soci. In particolare, occorre replicare a quanti – nel presupposto che la disciplina dell’azione di responsabilità sia inderogabile [100] – ritengono che un nesso di necessaria strumentalità colleghi i diritti di controllo all’esercizio dell’azione di responsabilità, determinando un automatico effetto di “trascinamento” della norma sul controllo individuale nell’alveo delle disposizioni non derogabili dai soci neppure all’unanimità. In proposito, occorre, tuttavia, riconoscere, che, come sopra esposto (cfr. § 3), i diritti di controllo hanno natura autonoma e non esclusivamente strumentale all’esercizio dell’azione di responsabilità. L’esercizio dei predetti diritti è, infatti, funzionale unicamente all’acquisizione da parte del socio di una completa conoscenza dell’andamento dell’impresa sociale e dell’operato degli amministratori [101]. Con ciò, sia chiaro, non si intende disconoscere che l’esercizio dei diritti di informazione sia potenzialmente strumentale rispetto all’esercizio dell’azione di responsabilità e degli altri strumenti di tutela riconosciuti al socio dall’ordinamento. Si vuole solamente evidenziare che il socio – una volta esercitati i diritti di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. – valuterà liberamente le informazioni acquisite e altrettanto liberamente deciderà se esercitare l’azione di responsabilità o magari una delle altre prerogative o facoltà inerenti alla posizione giuridica di membro della compagine sociale [102].
Escluso che i diritti di informazione siano legati da un nesso di necessaria strumentalità all’azione di responsabilità, occorre replicare anche alla seconda argomentazione addotta a sostegno dell’inderogabilità – neppure all’unanimità – della disciplina dei diritti di informazione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. E cioè che tali diritti costituirebbero un indefettibile “connotato tipologico” della nuova s.r.l. [103]. Invero, deve escludersi che il diritto di controllare l’amministrazione rappresenti uno degli elementi essenziali, tipologicamente caratterizzanti la partecipazione del socio della s.r.l. [104]. E ciò in quanto la titolarità dei diritti di controllo previsti dalla legge costituisce un elemento solamente naturale – e non già essenziale – della partecipazione sociale. In tal senso depone – oltre alla legge delega che ha espressamente imposto al legislatore delegato di riconoscere ampia autonomia statutaria alla s.r.l. riguardo «agli strumenti di tutela degli interessi dei soci» (art. 3, 2° comma, lett. e) – il netto mutamento di prospettiva operato dalla Riforma nel suo complesso. Il socio della s.r.l. cessa di essere considerato un mero “risparmiatore-investitore” bisognoso di una disciplina inderogabile a tutela dei poteri e delle prerogative delle minoranze. E viene considerato come un “socio-imprenditore” che, in considerazione della struttura contrattuale della società, è in grado di negoziare per sé gli strumenti di controllo maggiormente rispondenti ai propri interessi e di “predisporre i mezzi di tutela ritenuti più opportuni” [105]. In quest’ottica risulta coerente con il disegno del legislatore ritenere non necessaria la previsione, a tutela delle minoranze, di una “soglia minima” di diritti e di poteri indisponibili da parte dei soci titolari. A sostegno della tesi della disponibilità da parte soci dei diritti di controllo viene altresì richiamata quella ricostruzione dottrinale secondo la quale nelle società di persone i diritti di informazione attribuiti dall’art. 2261 c.c. ai soci non amministratori sono disponibili da parte dei loro titolari, in quanto attribuiti nel loro esclusivo interesse [106].
Per ritenere che la disciplina codicistica dei diritti di informazione possa essere derogata con il consenso unanime dei soci occorre altresì escludere che detta disciplina sia dettata a tutela di interessi metaindividuali considerati dall’ordinamento indisponibili. Infatti, secondo la dottrina prevalente, vengono considerate imperative “le norme che sottraggono l’interesse protetto al potere di disposizione delle parti” [107]. Le norme imperative, rappresentando un limite al potere dei privati di auto-regolamentare i propri interessi, costituiscono, come noto, un’eccezione. La regola è, infatti, che le norme siano dispositive e che, dunque, ammettano una diversa volontà delle parti [108]. E, pertanto, in assenza di una diversa indicazione legislativa, devono ritenersi assistite da una generale “presunzione di derogabilità” tutte le norme che riconoscono a un soggetto una posizione giuridica attiva, incluse le norme che, in ambito societario, riconoscono al socio diritti soggettivi individuali o posizioni organizzative [109]. Dovrà, dunque, presumersi derogabile anche l’art. 2476, 2° comma, c.c. E tale “presunzione di derogabilità” potrà ritenersi superata solamente ove si ritenga che alla disciplina codicistica dei diritti di controllo siano sottesi interessi indisponibili da parte dei soci titolari dei diritti stessi [110]. Come sopra esposto, non si può ritenere che i predetti interessi siano indisponibili sulla base di un preteso nesso di necessaria strumentalità con l’esercizio dell’azione di responsabilità (cfr. par. 12). Né può ritenersi che i diritti di controllo costituiscano un connotato tipologico della partecipazione del socio nella nuova s.r.l. (cfr. § 13). Pertanto, gli interessi sottesi alla disciplina dei diritti di informazione del socio potrebbero essere considerati indisponibili solamente ove si riconosca una “valenza metaindividuale” alla medesima disciplina [111]. Appare, dunque, opportuno verificare se debba riconoscersi o no “valenza metaindividuale” al diritto di controllo ossia se esso sia riconosciuto al socio, oltre che per assicurare al socio stesso la possibilità di avere una completa conoscenza dell’andamento sociale, anche per tutelare l’interesse della società e dei terzi alla [continua ..]
Se, come esposto, la maggioranza non può escludere o limitare i diritti di controllo ex art. 2476, 2° comma, c.c., appare, invece, incontroverso che tali diritti possano essere ampliati dall’autonomia statutaria in favore del socio, non essendo tale ampliamento in contrasto con l’intento del legislatore che è, appunto, quello di assicurare, al socio una tutela minima [115]. Così – nonostante l’ampia formulazione dell’art. 2476, 2° comma, c.c. non sembri lasciare spazi per un’ulteriore dilatazione del contenuto dei diritti di informazione – attraverso apposite clausole statutarie potrebbe, ad esempio, essere consentito al socio di procedere ad atti di accertamento delle consistenze di cassa e ad atti di ispezione degli impianti e degli altri beni sociali [116] ovvero si potrebbe prevedere l’obbligo degli amministratori di inviare ai soci una relazione periodica sull’andamento della società e/o di comunicare loro, senza indugio, tutte le informazioni di particolare importanza relative alla gestione della società [117]. Per altro verso, deve ammettersi la validità delle c.d. clausole statutarie integrative della disciplina legale ossia di quelle previsioni statutarie tese a regolare le modalità con cui i diritti di informazione e di consultazione potranno essere esercitati [118]. Anzi, tali clausole devono considerarsi – oltre che legittime – opportune. Da una parte, per disinnescare il rischio di un’incontrollata esplosione del contenzioso endo-societario; e, dall’altra parte, per evitare che i soci, esercitando i predetti diritti in maniera abusiva o con intenti emulativi, possano impedire un’efficiente gestione della società o addirittura arrecarle gravi danni. Così, lo statuto della s.r.l. ben potrebbe regolare puntualmente l’esercizio dei diritti in esame, prevedendo che le richieste debbano essere effettuate con determinate formalità [119] e con un certo termine di preavviso [120]; o stabilendo precise modalità procedimentali, ad esempio prevedendo che gli amministratori debbano rendere disponibile la documentazione richiesta in un’apposita data room [121], ovvero limitando il numero dei consulenti esterni dei quali i soci possano avvalersi [122].