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1. Premessa. - 2. Osservazioni preliminari sulla s.r.l.: l’importanza dell’autonomia statutaria. - 3. Il diritto di informazione del socio di s.r.l. e la derogabilità della disciplina legale. - 3.1. Una connessione tra diritto di informazione del socio e interessi pubblici? - 3.2. Alcune critiche alla tesi che ravvisa questa connessione. - 4. La modificabilità del diritto di informazione del socio nelle discipline statali delle Limited Liability Companies. - 4.1. Divieto di modificare il regime legale del diritto di informazione. - 4.2. Possibilità di una modifica delle regole da parte dello statuto. - 4.2.1. Il requisito della ragionevolezza. - 4.2.2. Discipline che consentono una più ampia facoltà di limitazione del diritto di informazione. - 4.3. Riservatezza dei dati e diritto di informazione. - 4.4. Prima sintesi dei risultati raggiunti. - 5. Una comparazione tra la modificabilità del diritto di informazione nella s.r.l. e nelle LLCs, anche alla luce degli ordinamenti societari italiano e statunitense considerati nel loro complesso. - NOTE
Il diritto di informazione del socio di s.r.l. dopo la riforma del 2003 è tema oggetto di frequente attenzione in dottrina 1, e l’ampiezza del suo contenuto fa ritenere sussistente una concreta possibilità che il socio abusi di questo diritto 2. Pare, pertanto, interessante interrogarsi sui limiti entro i quali i soci possono optare per una diversa disciplina in merito a questa prerogativa, offrendo soluzioni interpretative il più possibile coerenti con il generale ampliamento dell’autonomia statutaria, nel diritto societario e in particolar modo nella s.r.l. 3, anche nell’ottica di fornire strumenti utili a prevenire possibili abusi. L’esame di questo aspetto della disciplina della s.r.l. verrà condotto in una particolare prospettiva (ed esclusivamente sotto uno specifico profilo, come in seguito evidenziato), attraverso la comparazione tra la normativa interna e le diverse discipline statali relative alla Limited Liability Company statunitense, che rappresenta il modello corrispondente alla nostra s.r.l. (sia pur non, almeno a quanto pare, concorrente con essa, come pure è stato sostenuto 4). La comparazione risulta interessante per due distinte ragioni. In primo luogo, la Limited Liability Company compare nel diritto statunitense (precisamente nello stato del Wyoming) nel 1977, e nell’elaborazione della relativa disciplina il modello di riferimento è quello presente negli ordinamenti europei 5. Un dato comune (di fondamentale importanza per questo lavoro) che caratterizza in generale la s.r.l. e la LLC è l’ampiezza dell’autonomia contrattuale riconosciuta ai soci nella regolamentazione dei loro rapporti 6; con riferimento al problema oggetto di indagine specifica, va poi sottolineata l’esistenza, in ambedue gli ordinamenti, di analoghe necessità di evitare abusi del diritto di informazione 7. In secondo luogo, anche se LLCs e s.r.l. presentano rilevanti tratti comuni, le relative discipline si inseriscono in due contesti giuridici per molti profili profondamente diversi, quali sono il sistema societario nord-americano e quello italiano. La relazione tra tali discipline e i loro sistemi giuridici di appartenenza è forse l’aspetto più interessante, e quello che pare più significativo per definire in modo soddisfacente l’ampiezza [continua ..]
Come già accennato, un aspetto che accomuna s.r.l. e LLC è l’importanza dell’autonomia statutaria. Dopo la riforma del 2003, basata in generale sull’ampliamento di tale autonomia in ogni società di capitali, ma particolarmente nella s.r.l., è pacifica l’opinione secondo la quale questa società si caratterizza per la massima autonomia statutaria 9. L’ampliamento dei poteri di determinazione del contenuto del contratto per quanto attiene alla definizione dell’organizzazione interna è, peraltro, coerente con la particolare connotazione dei soci di tale modello. Questi sono, infatti, soggetti tendenzialmente in grado di contrattare le condizioni della loro partecipazione alla società, e quindi di difendere, meglio di chiunque altro, i propri interessi 10. Con una formula di sicura pregnanza, si definiscono i soci di s.r.l. come imprenditori, e quindi come soggetti per definizione capaci di dettare una disciplina statutaria che tuteli effettivamente i loro interessi 11.
In questo contesto, tratteggiato in modo molto sintetico, ma di certo ben noto, va presa in esame la regola relativa al diritto di informazione del socio contenuta nell’art. 2476, 2° comma, c.c.; in particolare, va sottolineato che tale diritto è estremamente ampio (il tenore della norma è sostanzialmente analogo a quello dell’art. 2261 c.c., relativo al diritto di informazione del socio di società di persone), e che la norma, a differenza del previgente art. 2489, non si pronuncia sulla ammissibilità di una diversa disciplina in sede statutaria. Il dubbio sulla derogabilità o meno della regola richiamata sorge da questa comparazione 12. E, anche se l’assenza di un inciso come quello contenuto nell’art. 2489 13 non può forse costituire, da sola, argomento sufficiente per affermare la libertà dei soci di dettare una diversa regolamentazione di questo aspetto 14, tale dato pare di indubbio interesse, specie se considerato insieme alla più generale tendenza all’ampliamento degli spazi di libertà dei soci, già evidenziata. Nonostante questi elementi, è sicuramente minoritaria l’opinione che afferma la derogabilità della citata norma 15, ed è, per converso, molto diffusa un’interpretazione che esclude ogni intervento restrittivo in questa materia da parte dell’autonomia statutaria 16. Tale interpretazione potrebbe, in primo luogo, sembrare discutibile alla luce della evidenziata ampiezza dell’autonomia dei soci. In secondo luogo, essa rischia anche di rivelarsi pregiudizievole per le società, dato che impedisce di dettare nello statuto regole atte a prevenire il sempre presente rischio di abusi da parte dei soci, titolari di un diritto estremamente ampio. Alcuni degli argomenti su cui si fonda questa opinione non rivestono interesse nella specifica ottica comparatistica qui adottata, e, come anticipato, non saranno di conseguenza oggetto di analisi approfondita. Innanzitutto, l’inderogabilità del diritto di controllo del socio è desunta dalla sua connessione con la possibilità di agire in responsabilità contro gli amministratori 17 18; un ulteriore ostacolo all’ammissibilità di una diversa disciplina statutaria dovrebbe, poi, rinvenirsi nell’art. 2625 c.c., secondo cui costituisce un reato degli amministratori [continua ..]
È frequentemente affermata in dottrina 21 l’esistenza di una connessione tra spazi concessi all’autonomia privata e tutela degli interessi pubblici; in particolare, la necessità di escludere l’ammissibilità di un intervento statutario restrittivo in materia di diritto di informazione del socio viene spesso desunta dalla considerazione secondo cui la disciplina legale mira a tutelare indirettamente l’interesse pubblico e dei creditori della società, e non solo l’interesse dei soci. Il socio, esercitando il suo diritto di controllo sulla gestione, diventerebbe, in tale ottica, una sorta di controllore che agisce in primo luogo nel proprio interesse, ma secondariamente anche nell’interesse generale dei terzi, garantendo una corretta ed efficiente gestione societaria. La conseguenza più lineare di questa impostazione consiste nel riconoscimento di un vero e proprio obbligo di controllo in capo al socio, per l’inadempimento del quale questi potrebbe essere chiamato a risarcire i danni occorsi a creditori e terzi in ragione di una cattiva gestione degli amministratori, che abbia pregiudicato la società 22. Anche a prescindere da quest’ultimo sviluppo dell’opinione in esame, è opportuno svolgere alcune osservazioni in merito ad essa.
La tesi appena descritta pare prestare il fianco a due distinte considerazioni critiche. Innanzitutto, si deve esaminare l’esatta qualificazione della posizione giuridica del socio per quanto attiene alle prerogative di natura informativa. Quindi, risulta opportuna una contestualizzazione di tale tesi nell’ambito del rapporto tra disciplina della s.r.l. e recente evoluzione della disciplina societaria in genere. Partendo dalla qualificazione della posizione del quotista, pare incontrovertibile trattarsi di un diritto, non di un onere o di un obbligo. Questa conclusione, di per sé agevolmente desumibile dal tenore letterale dell’art. 2476, 2° comma, c.c., è anche l’unica dotata di una certa coerenza sistematica, dato che in tutti i tipi di società il socio ha il diritto di informarsi, ma non un obbligo in tal senso. Ne discende che il socio può esercitare tale diritto quando lo desidera, e sono già numerose le opinioni dottrinali che hanno specificato trattarsi di un diritto soggettivo 23, attribuitogli, si può ritenere, nel suo esclusivo interesse. Accogliendo questo inquadramento (o quello giurisprudenziale che qualifica la prerogativa in esame come diritto potestativo 24), non si può configurare in capo al socio un obbligo o onere avente ad oggetto l’esercizio di tale diritto, pena la possibilità di subire un’azione risarcitoria esperita da terzi (pretesamente) danneggiati dalla sua inerzia. E questa conclusione non pare poter cambiare alla luce dei sopra citati interessi pubblici, che non dovrebbero consentire una riqualificazione della posizione del socio in termini di obbligo; non a caso, parte della dottrina respinge una simile ricostruzione 25. Questo primo assunto potrebbe già fornire una base sufficiente per contestare la possibilità che il diritto del socio garantisca soggetti terzi. Il carattere discrezionale dell’esercizio di una simile situazione soggettiva pare, di per sé, escludere che una seria e costante garanzia di interessi ulteriori a quello del socio sia perseguibile con tale mezzo. Così sarebbe se si trattasse di un obbligo, del cui inadempimento il socio potrebbe essere considerato responsabile, con una indiretta garanzia per i terzi. Ma la occasionale protezione dei terzi che l’esercizio discrezionale di un diritto può offrire non pare costituire argomento decisivo a [continua ..]
L’esame delle singole discipline statali relative al diritto di informazione del socio nelle LLCs è necessario vista l’assenza di studi che le considerino sotto lo specifico profilo della modificabilità delle relative regole, non mancando, viceversa, analisi mirate ad approfondirne altri aspetti 41. Tale disamina è importante anche considerando che in materia di LLCs si registra una maggior differenza tra stato e stato rispetto a quanto si può osservare in materia di corporations 42. Le diverse soluzioni sono state suddivise in raggruppamenti omogenei, a seconda, innanzitutto, dell’esistenza o meno della possibilità di dettare una diversa disciplina del diritto di informazione, e quindi prendendo in esame gli spazi concessi all’autonomia statutaria a tal proposito, ossia la possibilità di incidere sull’estensione di tale diritto in modo diretto o indiretto (ad esempio mediante una modifica della disciplina relativa alle scritture che la società è obbligata a tenere o la previsione della possibilità di rifiutare ai soci l’accesso a informazioni riservate). Come si avrà modo di vedere, in generale il problema pare importante, visto che solo in undici stati non esiste una disciplina specifica sul punto 43. Di dubbia collocazione sono, poi, le due discipline che qualificano il diritto di informazione del socio come “diritto incondizionato”, sia pur prevedendo limitazioni volte ad evitare un uso improprio delle informazioni 44. Una simile qualificazione potrebbe di primo acchito sembrare ostativa ad una modifica del diritto in esame, e tale da far considerare tali regole alla stregua di quelle che la vietano espressamente. Ma, al tempo stesso, deve essere sottolineata anche l’ammissibilità, in entrambe le normative, di un accordo separato inerente (fra l’altro) ai rapporti tra soci che potrebbe verosimilmente riguardare anche tale diritto 45.
Rappresentano una netta minoranza le discipline statali che vietano ogni rinuncia al diritto di informazione o modifica dello stesso 46, escludendo la possibilità che l’atto costitutivo o lo statuto 47 intervengano in tale ambito, e stabilendo che un’eventuale rinuncia non sarebbe giuridicamente vincolante. Non è del tutto chiaro come questa soluzione così restrittiva si possa armonizzare con la contestuale inequivoca affermazione dell’importanza dell’autonomia contrattuale contenuta in una di tali discipline 48.
La soluzione più diffusa è quella che permette di influire in vario modo sul diritto di informazione 49. In questo ampio gruppo di discipline è utile introdurre un’ulteriore distinzione tra i casi in cui la modifica del diritto di informazione del socio deve rispettare il requisito della ragionevolezza e i casi in cui ai soci è invece lasciata una maggiore libertà di movimento, e sono permesse ulteriori variazioni delle regole in materia.
La limitazione del diritto di informazione è di frequente ammessa in quanto ragionevole, e ciò mediante il divieto di una restrizione irragionevole di tale diritto, o mediante la previsione dell’ammissibilità di ragionevoli condizioni attinenti all’esercizio o al contenuto di questo 50. Questa soluzione è adottata, peraltro, dal RULLCA (Revised Uniform Limited Liability Company Act) 51, e risulta di sicuro interesse, quantomeno considerato che tale raggruppamento è il più numeroso. È senz’altro utile soffermarsi sul requisito della ragionevolezza, provando a specificarne i contenuti. Tale termine è stato oggetto di critica in quanto “intrinsecamente oscuro”, e si è sostenuto che la sua utilizzazione nell’ULLCA (Uniform Limited Liability Company Act), che non è sostanzialmente diverso dal RULLCA sotto questo profilo, avrebbe potuto frustrare la volontà dei soci di prevenire possibili contenziosi, introducendo una ulteriore questione, ossia la conformità o meno della clausola statutaria a tale requisito 52. È indubbio che una clausola generale come quella in esame può essere interpretata in molti modi diversi, e questo può pregiudicare esigenze di certezza. Ma, allo stesso tempo, essa risulta idonea a regolare situazioni non prevedibili, e potrebbe adattarsi a singole realtà societarie, e ai relativi statuti, in cui bisogni sempre nuovi e diversi possono sorgere. In particolar modo, quando è consentito che sia l’amministratore a stabilire le condizioni di esercizio del diritto di informazione 53, si offre alla società uno strumento estremamente elastico, atto ad evitare ogni rischio eventualmente derivante dall’abuso di tale diritto da parte del socio 54. Indicazioni sul significato da attribuire al requisito della ragionevolezza si ricavano da quelle norme che prevedono alcune condizioni di esercizio del diritto reputate ragionevoli 55. Prima di enumerare le possibilità offerte all’autonomia statutaria nell’ambito del requisito di ragionevolezza, tali norme utilizzano espressioni da cui si desume il carattere esemplificativo degli elenchi 56. Non si dovrebbe, pertanto, dubitare dell’ammissibilità di ulteriori ragionevoli condizioni cui può essere sottoposto l’esercizio [continua ..]
In un significativo gruppo di discipline statali si ammettono varie modifiche in relazione alla tenuta di scritture e libri da parte della società e al diritto di informazione del socio, senza l’imposizione di particolari requisiti in merito (quale ad esempio il requisito della ragionevolezza) 69. Si tratta di una soluzione coerente con l’ampia autonomia statutaria tipica della LLC, e di particolare rilievo, anche operativo, visto che tra gli stati che la adottano figura il Delaware, da sempre punto di riferimento per il diritto societario nord-americano, secondo quanto si specificherà in seguito. Innanzitutto, è necessario distinguere tra autonomia statutaria riguardo alla tenuta dei libri e delle scritture da un lato, e alle limitazioni poste al diritto di informazione, dall’altro lato. Talora è ammessa una diversa previsione statutaria solo circa l’elenco dei libri da tenere (tra cui figurano l’elenco dei soci e degli amministratori, una copia di statuto e atto costitutivo aggiornati, nonché la documentazione di natura fiscale) e le modalità di redazione e conservazione di tali documenti 70. Tali previsioni sono in linea con l’autonomia statutaria della LLC. Ma è opportuno interrogarsi sugli spazi effettivi di possibile applicazione, visto che ridurre o modificare i requisiti di tenuta di queste scritture potrebbe, in concreto, rappresentare un ostacolo per la società, e non una facilitazione. L’amministrazione di una società nel cui statuto si stabilisca che alcuni dei libri sicuramente utili non devono essere tenuti rischia, infatti, di divenire difficile, senza peraltro che sia ben individuabile un beneficio diverso. Ad esempio, non parrebbe sensato eliminare i libri contenenti nomi e indirizzi di soci e amministratori, o rendere meno agevolmente reperibili le copie aggiornate di atto costitutivo e statuto, trattandosi di documenti che possono risultare essenziali per l’amministrazione della società. E considerazioni non dissimili paiono valere per la documentazione relativa agli obblighi tributari. Si può, viceversa, ritenere che l’utilità effettiva di questi spazi di autonomia risieda nella possibilità di dettare regole più snelle in materia di modalità temporali di accesso alla documentazione o di collocazione della stessa. Le soluzioni di maggior interesse sono [continua ..]
Meritevoli di esame sono infine le regole che permettono una sostanziale riduzione del contenuto del diritto di informazione limitando le notizie rese disponibili ai soci. In nove discipline statali (e nel RULLCA) si trova una previsione che stabilisce il diritto della società o degli amministratori di tenere riservate certe informazioni 85; in altre due si prevede che la società possa ottenere un ordine giudiziale che le permetta di rifiutare ai soci l’accesso a parte della documentazione 86. Partendo dal primo dei due gruppi, la possibilità di mantenere il riserbo su certi dati è sempre accompagnata dal requisito della ragionevolezza imposto per le limitazioni del diritto di informazione (con la sola eccezione della disciplina del Delaware, che, come visto, permette limitazioni più ampie), e diventa quindi uno strumento ulteriore di modifica delle regole residuali in tale ambito. Le informazioni che possono essere tenute riservate sono in genere quelle rientranti nell’area del cosiddetto segreto commerciale, ad esempio le informazioni strategiche attinenti alle modalità di commercializzazione; quelle che l’amministratore ritiene in buona fede vadano tenute segrete nell’interesse della società; quelle che la LLC deve mantenere riservate per l’esistenza di un obbligo derivante da legge o da contratto 87. La parte più interessante di queste norme è forse quella che consente di utilizzare l’interesse della società come criterio di definizione del carattere confidenziale delle informazioni. Grazie a questo strumento, i rischi derivanti dall’ampio diritto di informazione, su cui già ci si è intrattenuti 88, possono essere sostanzialmente prevenuti dagli amministratori, che sono abilitati a qualificare come confidenziale un’informazione, conseguentemente rifiutando di fornirla al socio, con un concreto e specifico esame dei particolari problemi che il disvelamento di quella determinata informazione potrebbe comportare per la società 89. Due discipline adottano soluzioni più restrittive in merito al potere degli amministratori di rifiutare informazioni ai soci, non contemplando la possibilità di rifiutare di fornire quelle informazioni la cui segretezza risponderebbe al miglior interesse della società 90, o non escludendo l’obbligo informativo quando [continua ..]
Qualche valutazione conclusiva sulle varie discipline statunitensi pare utile. Sarebbe, in particolare, interessante provare a definire una linea evolutiva delle regole riguardanti la modifica del diritto di informazione o la rinuncia allo stesso, e formulare alcune risposte alle questioni emerse nel corso della trattazione. Non pare sussistere un’univoca linea evolutiva nelle discipline prese in esame. Ad esempio, la soluzione consistente nell’imporre la ragionevolezza delle modifiche statutarie al diritto di informazione è stata di recente adottata in Acts che in precedenza avevano scelto soluzioni totalmente diverse, più severe o più permissive nei confronti dell’autonomia statutaria. In Tennesse e in Texas questa soluzione è stata scelta in sostituzione di una regola rigida, che escludeva ogni modifica del diritto di informazione 93, mentre in Idaho, per portare un esempio opposto, si è arrivati allo stesso risultato partendo da una norma più permissiva, che faceva semplicemente riferimento alla possibilità di una diversa disciplina statutaria 94. Questa convergenza verso la regola più diffusa è interessante, anche se forse non particolarmente significativa, specie da un punto di vista quantitativo. Un’idea dei cambiamenti intervenuti in una decina d’anni in questo settore si può avere confrontando i dati sopra riportati con quelli contenuti in un contributo del 2001, già citato 95. Nonostante alcune modifiche riguardanti singoli stati, il numero complessivo di discipline statali che permettono deroghe in tema di diritto di informazione è rimasto uguale o non è cambiato significativamente. Così è per quanto attiene alla modifica dei libri o scritture che la società deve tenere 96, ma anche per le variazioni inerenti al diritto di informazione 97, per il diritto di mantenere il riserbo su certe informazioni 98, per il diritto di ottenere un provvedimento giudiziale in tal senso 99. Pertanto, negli ultimi dieci anni non ci sono state importanti variazioni (almeno quantitative) in merito alle regole inerenti a questo specifico aspetto, e di conseguenza descrivere un’evoluzione o prevedere verso quale tipo di disciplina ci sarà in futuro convergenza non è semplice. Di maggior rilievo pare, invece, il diffuso favore nei confronti delle modifiche [continua ..]
Il carattere dettagliato delle regole in materia di diritto di informazione sembra l’unica somiglianza di rilievo tra la maggior parte delle diverse discipline statunitensi e quella italiana. Tale constatazione va soltanto a confermare la già ricordata importanza di tale diritto. L’analisi comparativa ha mostrato rilevanti differenze tra tali discipline. L’esame delle regole contenute nelle singole legislazioni nord-americane sulla rinuncia al diritto di informazione o la modifica dello stesso dimostra che l’autonomia statutaria è tendenzialmente più estesa nelle LLCs rispetto alla s.r.l.. Infatti, quando si ammette una diversa regolamentazione di questo aspetto nello statuto, questa può riguardare talora ogni libro o scrittura della LLC, perfino quelli che potrebbero sembrare necessari. Come si è evidenziato 100, l’effettivo impatto dell’ammissibilità di una diversa disciplina statutaria con riguardo a libri come quelli contenenti nome ed indirizzo di soci e amministratori è probabilmente limitato. Infatti, dati di questo tipo non potranno presumibilmente essere trascurati mediante previsioni troppo permissive in merito alla tenuta dei relativi registri, anche se talora la lettera delle norme statali permetterebbe di raggiungere simili risultati. Le discipline statunitensi in genere risolvono esplicitamente la questione della modificabilità delle regole in materia di diritto di informazione e, per lo più, ammettono varie deroghe, che paiono interessanti, in chiave comparatistica, per due ragioni. In primo luogo, l’ampiezza degli spazi di manovra offerti ai soci è spesso notevole e le restrizioni al diritto di informazione sono talora rimesse alla discrezionalità degli amministratori 101, con la conseguente possibilità di evitare rischi di abuso del diritto magari non agevolmente prevedibili in sede di redazione dello statuto. In secondo luogo, un’ulteriore ragione di interesse di tale dato risiede nel confronto tra le regole che sovraintendono al trasferimento dei diritti sociali nelle LLCs e nella s.r.l.: chi acquista una quota in una LLC non diventa automaticamente socio, e di conseguenza non può esercitare i relativi diritti, tra cui quello di informazione, mentre vale in Italia la regola opposta. Infatti, ai sensi dell’art. 2469 c.c., il trasferimento della [continua ..]