Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Tra non controllo e controllo: sul mimetismo e sull´occultamento del controllo c.d. di fatto (di Vincenzo Cariello)


The Article deals with the issue of the existence of de facto control and the
widespread inability to timely and reliable diagnosis, also through a comparative
law analysis, with negligible consequences on the true identification of the real controlling
shareholder of the listed company. The article proposes interpretive pathways
to remedy the risks of concealment of actual factual control situations.

SOMMARIO:

1. Corporate Ownership Structures, accertamento dell’esistenza e determinazione dell’imputazione del controllo - 2. Tassonomia del controllo, tassonomia delle influenze qualificate prossime al controllo, accertamento dell’esistenza e dell’imputazione del controllo. Società “in zona di controllo” e “aree grigie” tra non controllo e controllo - 3. Nella terra quasi di nessuno o incognita: il controllo c.d. di fatto. In particolare, del controllo c.d. di fatto mascherato da ovvero frainteso come influenza notevole (per una disambiguazione del controllo c.d. di fatto) - 4. Il controllo c.d. di fatto come problema normativo e interpretativo. In particolare, sull’art. 2359, 1° comma, n. 2, c.c. - 5. (Segue): la certezza dell’esistenza e dell’imputazione del controllo c.d. di fatto come questione di grado. Certezza di permanenza o contendibilità del c.d. controllo di fatto - 6. Il controllo c.d. di fatto come problema probatorio (in nota, l’esempio paradigmatico della rilevanza del controllo c.d. di fatto ai fini della disciplina sulle operazioni con parti correlate). In particolare, sulla c.d. vicinanza alla prova - 7. Il controllo c.d. di fatto come problema di politica del diritto (prospettive de iure condendo) - NOTE


1. Corporate Ownership Structures, accertamento dell’esistenza e determinazione dell’imputazione del controllo

A dispetto delle apparenze, di quello che si crede ovvero che si è disposti a credere, sempre più le società quotate annoverano, nei fatti e di fatto, un socio oppure una coalizione di soci che godono di un effettivo potere di controllo 1. La complicazione, pratica e teorica, delle Corporate Ownership Structures 2 pone, tra le altre, una questione di vertice: l’imprescindibile rilevanza di una capacità di tempestiva e attendibile diagnosi tanto dell’esistenza del controllo, quanto della sua imputazione. Il livello di affinamento chiesto a questa capacità diagnostica non si presenta identico nelle differenti Structures 3. Nelle Concentrated-Ownership Firms e nelle Dual-Class Firms, in cui alla titolarità della maggioranza ovvero di una minoranza del capitale corrisponde, comunque, la titolarità della maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea, il controllo è tendenzialmente 4 certo nell’esistenza e nell’imputazione (il socio titolare della maggioranza dei diritti di voto assembleari) e certo altresì nella permanenza, nel senso di non contendibile 5. All’opposto, nelle Dispersed-Ownership Firms (prive di Dual-Class Shares) e nelle Dual-Class Firms nelle quali la titolarità della maggioranza ovvero di una minoranza del capitale non è abbinata alla titolarità della maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea, il controllo può essere inizialmente oppure continuamente incerto ovvero assolutamente oppure relativamente certo così nell’esistenza, come nel­l’imputazione, mentre senza dubbio, e in ogni caso, è incerto nella permanenza in quanto, per definizione, contendibile 6, sebbene a livelli differenti da società a società. Vi è anche un’ulteriore, principale ragione per la quale la capacità diagnostica dell’esistenza del controllo e della sua imputazione necessita di essere spiccatamente sensibile e precocemente sensibilizzata e allertata, in particolare, non solo nelle Dispersed-Ownership Firms (prive di Dual-Class Shares) e nelle Dual-Class Firms in cui il titolare del voto potenziato non è né titolare della maggioranza dei diritti di voto né della maggioranza del capitale, ma pure [continua ..]


2. Tassonomia del controllo, tassonomia delle influenze qualificate prossime al controllo, accertamento dell’esistenza e dell’imputazione del controllo. Società “in zona di controllo” e “aree grigie” tra non controllo e controllo

La capacità di precoce e fondata diagnosi tanto dell’esistenza del controllo, quanto della sua imputazione, costituisce questione di vertice anche per chi sia consapevole e avvertito della complicazione tassonomica delle influenze qualificate identificabili come controllo e di quelle tradizionalmente classificate non di controllo, però a esso prossime e contigue. Da almeno un decennio, la più accorta e disincantata riflessione comparatistica ha bollato come «grossolana e sbagliata» la semplificazione dicotomica Controlling Shareholders System/Widely Held Shareholder System 10. Al contrario, la complicazione tassonomica del controllo e la frantumazione dei tradizionali scenari tipologici e classificatori si esprime, con inarrestabile evidenza, in particolare, (i) nella complicazione delle influenze qualificate di controllo, (ii) nella complicazione dei loro strumenti di creazione e conservazione, (iii) nella complicazione dei tipi di socio di controllo e dell’imputazione della titolarità del controllo 11. L’unica dicotomia davvero riscontrabile e convincente è quella tra Efficient e Inefficient Controlling Shareholder Systems 12: i primi 13, colgono la complicazione e la complessità tassonomica e supportano scelte normative e/o interpretative rigorosamente consequenziali, anche sotto il profilo dell’impatto che tali complicazione e complessità producono sulle tecniche di tutela dei soci non di controllo 14, sebbene la medesima complicazione suggerisca di non dedicare attenzione esclusivamente alla loro protezione, bensì pure alla tutela dei «rights of the controlling shareholders» 15; mentre i secondi, persistono e si ostinano nel disconoscimento della complicazione e complessità in parola, queste non trovando adeguata rispondenza tanto in molte delle relative legislazioni, quanto nelle loro più propagandate interpretazioni e applicazioni (all’apparenza, formalmente inappuntabili, nella sostanza fortemente disallineate, in primo luogo, dalle singole e specifiche rationes di tutela 16. L’inefficienza di questi sistemi si coglie, soprattutto e in primo luogo: (i) sotto il profilo normativo, nelle discipline e nelle nozioni “generali” del controllo, spesso laconiche, sfuggenti e predisposte a essere aggirate e [continua ..]


3. Nella terra quasi di nessuno o incognita: il controllo c.d. di fatto. In particolare, del controllo c.d. di fatto mascherato da ovvero frainteso come influenza notevole (per una disambiguazione del controllo c.d. di fatto)

Alla propagazione, piuttosto silenziosa, delle “aree grigie” di controllo e alla non rara tendenza alla dissimulazione, non percepita (e, in ogni caso, non evidenziata), di poteri di influenza qualificata di controllo, si accompagnano, da una parte, immobilismo, indisponibilità ovvero crescenti difficoltà nella ricerca e nel disvelamento di posizioni di effettivo controllo; dall’altra, un progressivo, parrebbe inarrestabile confinamento del controllo di società quotate al controllo c.d. diritto (da titolarità della maggioranza assoluta dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria) e a sporadiche situazioni di macroscopico controllo (pur sempre “organico” 18 c.d. non di diritto. Le principali conseguenze risiedono: (i) nell’eccezionalità di riscontro del controllo c.d. di fatto – non soltanto, si badi, ai fini dell’art. 2359, 1° comma, n. 2, c.c. e dell’art. 93 del TUF, bensì anche ai sensi e agli effetti di altre discipline (rispetto ad alcune delle quali – ad esempio, la disciplina Co.N.So.B. sulle operazioni con parti correlate –, i presupposti di ricorrenza del controllo c.d. di fatto non possono risultare, in toto, indebitamente uniformati a quelli richiesti per il riconoscimento della fattispecie ai sensi della disposizione codicistica e, di conseguenza, del TUF 19 –; riscontro non corrispondente alle reali dimensioni del fenomeno; (ii) nella rarefazione del controllo c.d. di fatto, nel suo esilio in una terra quasi di nessuno o incognita 20, dove si aggira come un fantasma 21; (iii) il più delle volte, e a seconda dei casi, nella sua mimetizzazione, nel suo camuffamento ovvero nel suo fraintendimento come influenza notevole. Il controllo c.d. di fatto si atteggia, nella realtà italiana (ma non solo) delle società quotate (ma non unicamente), come un controllo spesso rarefatto, opaco, sfuggente, inafferrabile, non dichiarato, non accertato, virtuale. Sicché l’esigenza di guadagnare ovvero potenziare l’esatto discernimento tra influenza notevole (ovvero, comunque, qualunque influenza qualificata non di controllo) e controllo c.d. di fatto è particolarmente urgente e impellente nel panorama degli assetti partecipativi dei nostri emittenti 22. Non credo si esageri affermando che il [continua ..]


4. Il controllo c.d. di fatto come problema normativo e interpretativo. In particolare, sull’art. 2359, 1° comma, n. 2, c.c.

In definitiva, e invece, eccetto assai sporadiche ed eclatanti eccezioni (di controllo c.d. di fatto), il controllo delle società quotate o è c.d. di diritto oppure non è, neppure negli emittenti a proprietà non concentrata, a capitale disperso, le quali in massima parte risultano quindi prive di uno o più soci di controllo 36 e al più catalogate come soggette a influenza notevole. Da una parte, arretratezze e ambivalenze normative e non evoluta, inappropriata e alterata attività ermeneutica; dall’altra, esclusione dell’esistenza del controllo c.d. di fatto, appaiono legate da un rapporto di cause a effetto. Alcune definizioni normative di controllo e/o loro propugnate e accreditate interpretazioni si rivelano incapaci a intercettare e catturare situazioni di controllo c.d. di fatto effettivamente esistenti ai fini delle medesime definizioni, con la già ravvisata conseguenza che l’influenza qualificata di controllo finisce per essere derubricata in influenza qualificata di altra natura. La principale e più eclatante disfunzione, il costo più gravoso di questa falsa classificazione dell’influenza qualificata riguardano la frustrazione delle rationes di tutela perseguite dalle singole discipline del controllo disapplicate a cagione del disconoscimento di esistenza del controllo c.d. di fatto. Si tratta di discipline che soffrono, in alcuni casi, una restrizione permanente ovvero una forte contrazione di applicazione. Per alcune di queste discipline, l’esito sembrerebbe costituire la diretta e, apparentemente, inevitabile e irrevocabile conseguenza di nozioni di controllo collocate in enunciati normativi i quali limiterebbero drasticamente, in modo consapevole o meno, la possibilità di riscontrare, nel caso concreto, il controllo c.d. di fatto. Ascrivibile a queste nozioni parrebbe essere, prima di tutte e su tutte, quella desumibile dall’art. 2359, 1° comma, n. 2, c.c. Ai sensi e agli effetti della disposizione codicistica (e, potrebbe apparire, di ogni altra disposizione la quale la richiami ovvero a essa rinvii, senza altro ulteriormente prevedere 37, il controllo c.d. di fatto sembrerebbe unicamente quello generabile, pur in assenza della titolarità da parte di un socio della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria, da un’influenza dominante [continua ..]


5. (Segue): la certezza dell’esistenza e dell’imputazione del controllo c.d. di fatto come questione di grado. Certezza di permanenza o contendibilità del c.d. controllo di fatto

L’inadeguatezza e la non attendibilità dell’attività interpretativa ha provocato, provoca e può continuare a provocare alterazioni fuorvianti la capacità diagnostica dell’effettiva esistenza del controllo c.d. di fatto e della sua imputazione ai fini non solo dell’art. 2359, 1° comma, c.c., bensì pure di altre discipline (ad esempio, quella sulle operazioni con parti correlate). Questa inadeguatezza e non attendibilità spesso hanno riguardato e riguardano (e, probabilmente, continueranno a riguardare) l’esatta accezione ovvero le esatte accezioni nelle quali devono essere intese le stesse caratteristiche idonee a identificare un potere di influenza qualificata come controllo c.d. di fatto, ai sensi e agli effetti delle singole discipline di riferimento. In particolare, stabilità e (soprattutto) certezza del controllo c.d. di fatto sono oggetto di frequenti e reiterati fraintendimenti: i quali giocano un ruolo non marginale nella non rilevazione di esistenti (ai fini di determinate discipline) controlli c.d. di fatto. Cosa s’intende per stabilità del controllo c.d. di fatto? Cosa s’intende per certezza del controllo c.d. di fatto? In che termini essi devono essere considerati rilevanti al fine di attestare l’esistenza del controllo c.d. di fatto ai sensi delle discipline di riferimento? Il primo fraintendimento, non raro, concerne proprio la constatazione che stabilità e certezza riguardano (devono riguardare) due differenti caratteristiche (necessarie) del controllo c.d. di fatto. Come tali (distinte), vanno trattate, come tali (distinte) devono essere valutate, come tali (distinte) devono entrambe ricorrere. Il controllo (anche c.d. di fatto), per essere tale, richiede di essere connotabile come stabile potere di influenza qualificata, vale a dire dotato di un suo fondamento sufficientemente sicuro alla luce delle circostanze del caso concreto (e con prognosi, ritengo, ad un tempo, necessariamente postuma e prospettica). Tuttavia, la stabilità del controllo c.d. di fatto (anche solo potenziale, ove il controllo sia qualificabile, ai fini e sensi di una determinata disciplina, come titolarità potenziale di un potere di influenza) può avere parametri oggettivi di riferimento e di misurazione differenti, in relazione alle singole definizioni legislative (e [continua ..]


6. Il controllo c.d. di fatto come problema probatorio (in nota, l’esempio paradigmatico della rilevanza del controllo c.d. di fatto ai fini della disciplina sulle operazioni con parti correlate). In particolare, sulla c.d. vicinanza alla prova

Il difetto di capacità diagnostica del controllo c.d. di fatto e la conseguente diffusa negazione della sua esistenza trovano spiegazione anche in fraintendimenti ed equivoci di funzionamento del corrispondente onere probatorio. Gli ostacoli probatori alla rilevazione e rivelazione del controllo c.d. di fatto sono e sono stati tali da tradursi nella mancata identificazione di situazioni di controllo effettivamente esistente. La difficoltà della prova, sia che derivi ovvero risulti agevolata dalle definizioni e/o esemplificazioni legislative del controllo c.d. di fatto, sia che risulti dal concreto atteggiarsi dei rispettivi oneri probatori (id est, dalla loro interpretazione e applicazione), si risolve in un’assenza ovvero in una marcata carenza di tutela degli interessi presidiati dalle discipline. Non è raro che al fine di decretare l’esistenza del controllo c.d. di fatto ai sensi di una determinata disciplina, si esigano sussistenti e provati poteri, diritti, fatti e circostanze che rilevano ai fini di altra/altre disciplina/e, ma non di quella ovvero che ai fini di quest’ultima rilevano non in modo decisivo come in altra/e; e, all’op­posto, si dichiarino non esaustivi e/o si trascurino altri poteri, diritti, fatti e circostanze i quali potrebbero e dovrebbero rilevare per l’accertamento del controllo c.d. di fatto ai fini della medesima disciplina. Nemmeno è raro che alcuni diritti, poteri, fatti, circostanze, resi oggetto di corrispondenti presunzioni legali di esistenza del controllo c.d. di fatto – ancora una volta, un riferimento esemplificativo è alla disciplina Co.N.So.B. sulle operazioni con parti correlate 69 –, risultino ovvero rischino di risultare, senza motivo: (i) pretesi ricorrere simultaneamente 70; (ii) pretesi ricorrere necessariamente, quali diritti, poteri, fatti, circostanze costituenti presunzioni tassative 71, senza quindi che, nella loro assenza individuale e complessiva, sia concesso provare altri diritti, poteri, fatti, circostanze idonei a attestare l’esistenza del controllo nei termini definitori espressi dalla disciplina 72; (iii) interpretati restrittivamente e/o confusamente sovrapposti nel loro riscontro di ricorrenza. A questo ultimo riguardo, valga per tutti l’emblematico esempio della confusione cui non è rimasta estranea l’interpretazione [continua ..]


7. Il controllo c.d. di fatto come problema di politica del diritto (prospettive de iure condendo)

La diffusa incapacità diagnostica del controllo c.d. di fatto di società quotate (e non solo) produce l’incertezza del diritto: la circostanza, ricorrente, che fattispecie effettive di controllo c.d. di fatto, poiché non riconosciute e qualificate tali, non producono le conseguenze giuridiche che le singole discipline connettono all’esi­stenza di questo controllo, rende deficitaria l’applicazione delle relative discipline, mortifica la tutela degli interessi presidiati. Nel vigente panorama normativo, già un’accorta, evoluta, puntuale, appropriata attività ermeneutica sarebbe in grado di apportare molti correttivi virtuosi, rendendo applicabili a soci di controllo c.d. di fatto almeno molte di (se non tutte) quelle discipline, a oggi, inapplicate a cagione dell’assente rilevazione di fattispecie di controllo c.d. di fatto effettivamente esistenti e rilevanti. Al contempo, non in alternativa ma in aggiunta, risultano quanto meno opportuni, se non necessari, alcuni tempestivi interventi normativi idonei ad agevolare l’e­mersione di situazioni di controllo c.d. di fatto attualmente sommerse ovvero che verranno a esistenza in futuro ma il cui rischio (e costo) di mancata identificazione si presenta alto. In sintesi: (i) l’art. 93 TUF (ovvero l’art. 2359 c.c. quale applicabile alle società quotate) dovrebbe essere modificato nel senso di prevedere, al di là delle tipizzazioni in esso presenti (v. infra), una definizione generale di controllo (parzialmente) ispirata e conformata alla nozione di controllo valevole per la disciplina Co.N.So.B. sulle operazioni con parti correlate e/o all’IFRS 10: il controllo (unitariamente inteso) è il potere di determinare le politiche finanziarie e/o gestionali della società e/o è la capacità pratica di condurre le attività rilevanti di una società; (ii) l’art. 93 TUF (ovvero l’art. 2359 c.c. quale applicabile alle società quotate) dovrebbe essere modificato nel senso di esplicitare che le fattispecie di controllo (unitariamente intesto) sono esemplificative e non è richiesto il loro necessario, simultaneo concorso per inverare una situazione di controllo (anzitutto, di controllo c.d. di fatto); (iii) l’art. 93 TUF (ovvero l’art. 2359 c.c. quale applicabile alle società quotate) dovrebbe [continua ..]


NOTE