Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Organizzazione 'strutturale' e organizzazione 'procedimentale' del consiglio di sorveglianza (di Vincenzo Cariello)


Negli ultimi cinquant’anni nessun istituto del diritto dell’impresa ha occupato la fantasia e gli animi dei tecnici e della gente comune, in Germania e all’estero, come il consiglio di sorveglianza.

Lutter u. Krieger, Rechte und Pflichten des Aufsichtsrats, 4. Auf. (Köln, 2002), 1

  
SOMMARIO:

1. Fenomenologia dell'organizzazione interna del consiglio di sorveglianza - 2. Tipizzazione delle regole organizzative e gerarchia delle loro fonti. Autonomia dispositiva del consiglio di sorveglianza e organizzazione strutturale del concreto esercizio delle funzioni, delle competenze e dei poteri dell'organo - 3. Unicità ovvero duplicità di funzioni del consiglio di sorveglianza e riflessi sull'ar­ticolazione della struttura interna dell'organo. La partecipazione dei consiglieri di sorveglianza alle riunioni dei consigli di gestione - 4. (Segue). Incremento delle funzioni del consiglio di sorveglianza e accrescimento del ruolo dei comitati. Articolazione strutturale per comitati e ripartizione dell'eser­cizio collegiale dei poteri istruttori del consiglio di sorveglianza: dalla 'delega' collegiale o individuale di poteri 'istruttori' alla 'delega' collegiale di singoli poteri decisori? - NOTE


1. Fenomenologia dell'organizzazione interna del consiglio di sorveglianza

Con l’espressione “organizzazione interna del consiglio di sorveglianza” si può alludere, in senso lato, all’insieme di regole, di differente derivazione, disciplinanti essenzialmente l’articolazio­ne strutturale e il funzionamento procedurale dell’organo [[1]]. Più precisamente, per “organizzazione interna” – quale compendio delle regole di azione che presiedono all’esercizio delle funzioni, delle competenze e dei poteri dell’organo – s’inten­de qui, nel complesso: (i) l’organizzazione della struttura del consiglio di sorveglianza; (ii) l’organizzazione del concreto esercizio delle funzioni e delle competenze intestate all’organo; (iii) l’organizzazione del concreto esercizio dei compiti e dei poteri assegnati agli “uffici individuali” e “collegiali” in cui risulta articolata la struttura, come eventualmente dei compiti e dei poteri attribuiti o comunque vantati dai singoli componenti del consiglio di sorveglianza; (iv) l’organizzazione dei processi e delle prassi decisionali che traducono l’esercizio delle funzioni e delle competenze dell’organo, dalla loro fase preparatoria-istruttoria a quella dell’a­do­zione della decisione, passando per le fasi intermedie della partecipazione ai e dello svolgimento dei processi decisionali medesimi. È chiesto all’interprete di cogliere con chiarezza, evidenziare con forza e sviluppare nelle sue molteplici implicazioni teoriche e conseguenze applicative il nesso intercorrente tra efficace esercizio delle funzioni del consiglio di sorveglianza ed efficiente assetto organizzativo dell’organo [[2]]. Una puntuale, ma non virulenta, formulazione delle regole organizzative interne del consiglio di sorveglianza è opportuna, per molti aspetti necessaria e configurabile quale oggetto di autonomi dovere e competenza dell’organo [[3]]. Alla conformità della sua azione ai principi e criteri informanti l’esplicazione delle funzioni e delle connesse competenze presiede anche, infatti, un’accorta “gestione” dell’elemento organizzativo da parte dei componenti [[4]]. L’efficace esercizio delle funzioni e delle competenze si atteggia quale ricaduta di un’ef­ficiente organizzazione interna delle medesime funzioni, nella misura in cui organizzare [continua ..]


2. Tipizzazione delle regole organizzative e gerarchia delle loro fonti. Autonomia dispositiva del consiglio di sorveglianza e organizzazione strutturale del concreto esercizio delle funzioni, delle competenze e dei poteri dell'organo

L’esiguità delle norme legali organizzative dedicate al consiglio di sorveglianza può e deve essere colmata tramite regole le cui fonti di produzione sono plurime e ordinabili secondo la distinzione tra organizzazione strutturale del concreto esercizio delle funzioni del consiglio di sorveglianza e organizzazione procedimentale della sua azione. All’opportunità ovvero alla necessità di formulare disposizioni organizzative dell’attività dell’organo suppletive e integrative di quelle di fonte legale si potrà così ovviare con statuto, regolamenti e singole deliberazioni adottati dal consiglio di sorveglianza, nonché con regolamenti di provenienza dei singoli comitati eventualmente ricavati nell’ambito dello stesso consiglio. Questa elencazione di massima suggerisce immediatamente la distinzione tra autorganizzazione del consiglio di sorveglianza, a cui questo provvede direttamente con norme di propria produzione; ed eterorganizzazione del consiglio di sorveglianza, realizzata in virtù di regole di derivazione statutaria [[16]]. La prima tipologia è costituita da regole che dovrebbero potere essere elaborate del tutto discrezionalmente dallo stesso consiglio di sorveglianza nell’esercizio di una propria completa autonomia dispositiva, in assenza quindi d’impulsi statutari e al riparo da imposizioni dello stesso statuto. Nella seconda tipologia potrebbero essere fatte rientrare regole dal consiglio di sorveglianza mutuate dallo statuto ovvero prodotte assolvendo però a prescrizioni statutarie e/o esercitando opzioni offerte sempre dallo statuto. Come oramai intuibile, la varietà delle possibili fonti dispositive dell’organizzazione interna del consiglio di sorveglianza non trova riscontro nella disciplina del sistema dualistico contenuta nel codice civile e nel Testo Unico della Finanza [[17]]. Piuttosto, da questa complessiva normativa si evince che, laddove non disponga la legge, allo statuto sia ovvero possa essere demandato d’integrare le regole organizzative del consiglio di sorveglianza. Gli aspetti dell’organizzazione interna esplicitamente dischiusi a innesti statutari (non meramente riproduttivi di previsioni legislative) sono però, come accennato, davvero esigui: essenzialmente, oltre alle regole di composizione quantitativa e qualitativa dell’organo, i poteri del suo [continua ..]


3. Unicità ovvero duplicità di funzioni del consiglio di sorveglianza e riflessi sull'ar­ticolazione della struttura interna dell'organo. La partecipazione dei consiglieri di sorveglianza alle riunioni dei consigli di gestione

Dei variegati rilevanti profili dell’organiz­za­zione interna del consiglio di sorveglianza sopra passati rapidamente in rassegna, circoscrivendo nella presente sede l’approfondimento ad aspetti dell’organizzazione strutturale dell’or­gano, preme riservare l’attenzione, in una prospettiva generale, all’incidenza esercitata su tale organizzazione dalla titolarità da parte del consiglio di sorveglianza della sola funzione di vigilanza ovvero anche di quella d’indirizzo strategico; in una prospettiva particolare, al riflesso che tale unicità ovvero duplicità di funzioni intestate al consiglio di sorveglianza produce sull’attribuzione di poteri al presidente dell’organo e sull’articolazione di questo per comitati. Nella consapevolezza che all’organizzazione interna degli organi di gestione e di vigilanza è richiesto di risultare adeguata alla complessità funzionale degli organi, in modo da salvaguardare l’efficace esercizio delle funzioni pure tramite accorgimenti strutturali che preservino o quanto meno attenuino i rischi di contaminazione non virtuosa delle funzioni, diventa agevole cogliere come si riveli scelta organizzativa destinata ad avere impatto immediato sull’artico­la­­zione strutturale del consiglio di sorveglianza l’allocazione in questo ultimo, oltre che della tradizionale funzione di vigilanza, di quella d’indirizzo strategico. La complicazione delle funzioni importa la complicazione della struttura organizzativa interna [[57]], dove il concetto di complicazione presenta (rectius, si auspica presenti) connotati positivi e non negativi, traducentisi principalmente in un’articolazione strutturale finalizzata alla dislocazione intraorganica e intermedia, individuale e collegiale, di compiti e poteri, la cui responsabilità permane pur sempre riferibile al plenum. In caso d’intestazione della funzione d’indirizzo strategico dell’impresa al consiglio di sorveglianza [[58]], occorre non dimenticare, con rilievo che spazia al sistema dualistico di ogni società, che il plenum resta titolare esclusivo delle due funzioni generali (id est, del loro esercizio generale) e che la funzione aggiunta (quella d’indirizzo strategico) riveste in un certo senso anzitutto, anche se non esclusivamente, una posizione ancillare e strumentale a quella di [continua ..]


4. (Segue). Incremento delle funzioni del consiglio di sorveglianza e accrescimento del ruolo dei comitati. Articolazione strutturale per comitati e ripartizione dell'eser­cizio collegiale dei poteri istruttori del consiglio di sorveglianza: dalla 'delega' collegiale o individuale di poteri 'istruttori' alla 'delega' collegiale di singoli poteri decisori?

Alla creazione di comitati nell’ambito del consiglio di sorveglianza viene solitamente riconosciuto un ruolo essenziale in una virtuosa organizzazione strutturale interna dell’organo. Ruolo percepito ormai quasi come imprescindibile soprattutto allorché il consiglio di sorveglianza assuma dimensioni numeriche rilevanti considerate ostative o potenzialmente attentanti a un efficace esercizio delle funzioni dell’organo [[106]] e/o questo ultimo coniughi in sé la funzione di vigilanza e quella d’indirizzo strategico. Più in generale, la costituzione di comitati viene avvertita come scelta propedeutica a consentire al consiglio di sorveglianza d’innalzare gli standards di efficace esercizio della sua o delle sue funzioni. Lo scopo principale che si prefigge la creazione di questi comitati è infatti di «aumentare efficienza del lavoro del consiglio … di sorveglianza, garantendo che le decisioni che esso adotta siano ben fondate, … di contribuire all’organizzazione del suo lavoro, per assicurare che tali decisioni siano scevre di conflitti di interessi rilevanti» [[107]] e di agevolare la trattazione di argomenti complessi per i quali s’impongono professionalità specifiche. Invero, non è forse superfluo rimarcare che l’efficienza della scelta organizzativa rappresentata dalla costituzione di comitati va testata nei fatti [[108]]. L’istituzione di comitati che non si rivelino poi funzionali e funzionanti, ma che addirittura pregiudicano l’efficienza di funzionamento dell’organo può dirsi forse evenienza pratica avvertita non suscettibile di riscontri diffusi, ma di certo non se ne può escludere la possibilità pur a fronte della communis opinio che valorizza di per sé, senza ombre, la bontà della scelta della loro creazione. In particolare – a parte le disfunzioni derivanti da una non efficiente organizzazione interna dei comitati, di cui possono essere portatori una loro composizione eccessivamente “bloccata” [[109]], processi deliberativi troppo o troppo poco formalizzati, un’opaca o sfuggente definizione di poteri e compiti dei singoli componenti e via elencando – effetti pregiudizievoli conseguono, tra l’altro, a una non corretta percezione e definizione di cosa possano fare i comitati, di come debbano interagire con l’organo [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2008