TRIBUNALE DI ROMA, 28 febbraio 2019
Di Salvo, Presidente – Cardinali, Giudice – Bernardo, Relatore
R.G. n. 21735/2016
Società – Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Società a partecipazione pubblica – Revoca dell’amministratore – Applicazione analogica – Giusta causa – Risarcimento del danno
(Art. 2383 c.c.)
Società – Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Società a partecipazione pubblica – Revoca dell’amministratore – Giusta causa – Definizione
(Art. 2383 c.c.)
Nonostante il silenzio del testo normativo, gli amministratori della s.r.l. possono essere revocati dall’assemblea dei soci, in applicazione analogica dell’art. 2383 comma 3 c.c. Si precisa, inoltre, che la revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo non richiede, ai fini della sua efficacia, né la modifica dell’atto costitutivo né la sussistenza di una giusta causa, la quale ultima incide soltanto sull’eventuale obbligo della società di risarcire i danni all’amministratore revocato, secondo le norme sul mandato.
La sottoscrizione di un accordo senza il preventivo assenso degli enti finanziatori e senza l’inserimento, in via cautelativa, di opportuna clausola di sospensione dell’efficacia dell’atto fino a pronunciamento degli stessi enti finanziatori è idoneo e sufficiente ad integrare la giusta causa di revoca dall’incarico. (es)
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TRIBUNALE DI ROMA, 1 aprile 2019
Di Salvo, Presidente – Cardinali, Giudice – Buonocore, Relatore
R.G. n. 71499/2016
Società – Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Amministratori – Responsabilità – Prescrizione – Decorrenza – Creditori
(Artt. 2395, 2476, 2947 c.c.)
Società – Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Amministratori – Responsabilità – Presupposti – Inadempimento contrattuale
(Artt. 2395, 2476 c.c.)
Società – Società di capitali – Società per azioni – Amministratori – Responsabilità – Presupposti – Creditori
(Artt. 2394, 2740 c.c.)
Il 4° comma dell’art. 2476 c.c. non riproduce quanto previsto in tema di prescrizione per l’analogo rimedio esperibile da soci e terzi nei confronti degli amministratori di società per azioni; pertanto, dovendosi escludere la applicabilità in via analogica alle s.r.l. della “speciale” disposizione in tema di prescrizione trasfusa nel secondo comma dell’art. 2395 c.c., non può che ritenersi applicabile, con riferimento al rimedio di cui al sesto comma dell’art. 2476 c.c., la disposizione di portata generale contenuta nell’art. 2947 c.c. secondo cui la prescrizione in materia di diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito decorre dal giorno “in cui il fatto si è verificato”, dovendosi intendere per tale – secondo la prevalente giurisprudenza – non già la semplice condotta illecita, ma l’evento lesivo nel suo complesso (comprensivo, dunque, della lesione della sfera giuridica altrui).
L’azione contemplata dall’art. 2476, 4° comma, c.c. riguarda fatti che siano addebitabili esclusivamente agli amministratori e non riversabili sulla società, onde, anche sotto tale profilo, differisce dall’azione che può essere proposta direttamente nei confronti della società per violazione di specifici obblighi contrattuali o extracontrattuali su di essa gravanti. La responsabilità che viene in rilievo per gli effetti di cui ai citati artt. 2476, 6° comma, o 2395 c.c. non può farsi discendere da un mero inadempimento contrattuale della società, ma postula la addebitabilità all’amministratore di attività ulteriori e diverse che, per la loro illiceità di natura extracontrattuale, ledano il diritto soggettivo patrimoniale del terzo, come si evince, fra l’altro, dall’utilizzazione dell’avverbio “direttamente”, che esclude che detto inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilità.
La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, ex art. 2394 c.c., è, dunque, sottoposta al duplice presupposto dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e della conseguente sua insufficienza al soddisfacimento delle ragioni dei creditori. L’insufficienza patrimoniale deve intendersi come eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell’impresa. Essa presuppone comportamenti degli amministratori funzionali ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto dei creditori sociali di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. (es)
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TRIBUNALE DI ROMA, Ufficio del Giudice del Registro delle Imprese,
24 aprile 2019 – Cardinali, Giudice del Registro delle Imprese
R.G. n. 13825/2018
Società – Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Cessione quota – Clausola di riserva di proprietà – Compatibilità del pagamento interamente o parzialmente differito
(Artt. 1523, 2469 c.c.)
Società – Società a responsabilità limitata – Cessione di quota con riserva di proprietà – Efficacia immediata sugli assetti sociali – Opponibilità della cessione – Iscrizione nel Registro delle Imprese
(Artt. 1523, 2469, 2470 c.c.)
La cessione di quota di una S.r.l., con clausola di riserva di proprietà, può adattarsi anche a modalità di pagamento diverse da quello rateale e può essere inclusa anche in una vendita che preveda il pagamento interamente o parzialmente differito.
Indipendentemente da ogni considerazione circa la natura giuridica della riserva di proprietà – condizione sospensiva o condizione risolutiva dell’effetto traslativo della proprietà o garanzia reale a favore del venditore –, deve ritenersi che la vendita di quote sociali con patto di riservato dominio attribuisca all’acquirente una posizione giuridica soggettiva che incide immediatamente sugli assetti sociali, sia in termini di opponibilità della cessione, sia in termini di esercizio dei diritti connessi con la titolarità della quota, posizione idonea a mutare definitivamente e automaticamente l’assetto proprietario all’esito dell’avvenuto pagamento, e, in quanto tale, deve essere iscritta nel Registro delle Imprese con l’indicazione del vincolo della riserva. (mm)
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TRIBUNALE DI ROMA, 15 maggio 2019
Di Salvo, Presidente – Cardinali, Giudice – Bernardo, Relatore
R.G. n. 32200/2014
Società – Società di capitali – Società per azioni – Azione sociale di responsabilità – Natura contrattuale – Nesso di causalità tra violazione obblighi e danno – Onere della prova a carico degli amministratori
(Artt. 2392, 2393 c.c.)
Società – Società di capitali – Società per azioni – Azione sociale di responsabilità – Termine di prescrizione
(Artt. 2393, 4° comma, 2943, 2949 c.c.)
Società – Società di capitali – Società per azioni – Azione sociale di responsabilità – Termine – Decorrenza
(Art. 2393, 4° comma, c.c.)
L’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo, ovvero nell’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo con la conseguenza che, mentre sull’attore (società o curatore fallimentare che sia) grava esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato), il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi, incombe, per converso, sugli amministratori i quali hanno l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
Il termine di cui al quarto comma dell’art. 2393 c.c., per cui l’azione sociale di responsabilità può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore della carica, è un termine di prescrizione e non di decadenza, sia per la circostanza che una durata di cinque anni appare del tutto inconsueta per un termine decadenziale, sia perché i termini di decadenza hanno natura eccezionale e come tali, nel silenzio di univoche locuzioni normative al riguardo, viene inteso che si tratti, per contro, di un termine di prescrizione, con la possibilità, pertanto, di essere interrotto dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione, ovvero conservativo o esecutivo.
Il momento dal quale inizia a decorrere la prescrizione del termine di cui al quarto comma dell’art. 2393 c.c., va individuato dal giorno del prodursi del danno (ovvero dal momento in cui lo stesso era conoscibile con l’ordinaria diligenza), pur rimanendo sospeso il termine finché gli amministratori non dismettano le loro funzioni, ovvero finché non sia scoperto il danno dolosamente occultato. (mm)
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