<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Passaggi generazionali e gestione dell´impresa nelle società di persone (di Paolo Piscitello)


SOMMARIO:

1. I passaggi generazionali tra “sindrome dei Buddenbrook” e continuità della gestione - 2. Modello legale e successione nella gestione dell’impresa - 3.  La regolamentazione convenzionale del ruolo degli eredi nell’amministrazione della società - 4.  Le tecniche volte a stabilizzare l’assetto preesistente - 5. Le pattuizioni che tendono a favorire l’ingresso delle nuove generazioni - Nota bibliografica - NOTE


1. I passaggi generazionali tra “sindrome dei Buddenbrook” e continuità della gestione

Nella piccola e media impresa il rapporto di immedesimazione tra chi ha la leadership della famiglia e l’impresa di cui è titolare determina al momento del passaggio generazionale tensioni ed incertezze. Interessi personali ed interessi di carattere familiare entrano in conflitto con le esigenze di continuazione dell’attività economica e di conservazione dell’integrità patrimoniale, dando luogo ad una situazione molto delicata, in cui viene spesso messa in pericolo la stessa sopravvivenza degli organismi produttivi. Le imprese italiane sembrano afflitte da una sorta di “sindrome dei Buddenbrook”, in virtù della quale il trapasso generazionale ha effetti spesso letali; effetti che sono ancora più preoccupanti in tempi di crisi, in cui alle difficoltà correlate al passaggio della gestione si aggiungono i problemi determinati dal calo della domanda interna e si assiste al disfacimento di molte realtà produttive anche a causa del cattivo governo del processo di inserimento delle nuove generazioni. È quindi necessario individuare le tecniche più idonee a contemperare il subingresso dei discendenti con l’esigenza di garantire la continuità nell’amministrazione, senza subire l’intro­missione di soggetti non adatti ad assicurare una fruttuosa continuazione dell’attività. La morte dell’imprenditore costituisce, in organizzazioni di piccole dimensioni, evento molto critico, in quanto comporta spesso il venir meno di un punto di riferimento decisivo ed i soci superstiti si trovano a collaborare con soggetti (gli eredi) con i quali non hanno scelto di instaurare rapporti e di cui non conoscono le capacità. Al rilievo di tale problematica non corrisponde, tuttavia, un’adeguata attenzione dell’elabo­razione scientifica; ed invero, il tema del passaggio generazionale è affrontato per lo più in maniera incidentale. Limitando il discorso alle società di persone che, accanto alle s.r.l., costituiscono i tipi maggiormente utilizzati per l’esercizio di imprese medio-piccole, va rilevato che le indagini dedicate alla morte del socio illimitatamente responsabile non si soffermano in maniera diffusa sui riflessi del trasferimento delle partecipazioni sociali sugli assetti amministrativi. Per altro verso, l’analisi degli atti costitutivi delle [continua ..]


2. Modello legale e successione nella gestione dell’impresa

Le esigenze di continuazione dell’attività impongono di individuare le regole nel caso in cui a causa dell’improvvisa scomparsa del socio, di contrasti o, più semplicemente, di una scarsa attenzione alla programmazione del passaggio generazionale non siano state disciplinate le modalità di ingresso degli eredi nella gestione, evitando che ai problemi determinati dal cambiamento degli amministratori si aggiunga un’incertezza sul governo dell’impresa comune; incertezza che, a sua volta, può costituire un fattore di rallentamento dell’attività e contribuire ad aggravare situazioni di conflitto. Nella prospettiva di indagine delineata, va rilevato in limine come le questioni che sorgono successivamente alla morte del socio nelle ipotesi in cui non è stata prevista una specifica disciplina del passaggio della gestione alle nuove generazioni possano essere divise in due gruppi: l’amministrazione della quota del de cuius prima dell’ac­cettazione di eredità e la ricostruzione delle forme di partecipazione degli eredi. Con riferimento al primo ordine di problemi, è necessario muovere dalla constatazione che di frequente intercorre un tempo abbastanza lungo tra l’apertura della successione e l’ingresso degli eredi in società. Ed invero, nel modello legale tipico la continuazione della società con i successori del socio illimitatamente responsabile presuppone la conclusione di un negozio di continuazione tra costoro ed i soci superstiti; negozio che, per la delicatezza degli interessi in gioco e per il numero talvolta elevato di successori, richiede normalmente tempi lunghi. Gli eredi, infatti, raramente accettano subito dopo l’apertura della successione, ma, tenuto conto che una volta entrati in società diventano responsabili con il proprio patrimonio personale anche per le obbligazioni preesistenti, preferiscono piuttosto valutare con attenzione, avvalendosi della consulenza di professionisti esperti, se acquisire la quota del de cuius. Per ricostruire la disciplina della gestione nella fase anteriore all’accettazione di eredità, non è necessario risolvere la questione di vertice relativa alla fonte del rapporto di amministrazione nelle società di persone, statuendo se abbia o meno origine in un rapporto distinto rispetto al contratto di società. Piuttosto, tenuto [continua ..]


3.  La regolamentazione convenzionale del ruolo degli eredi nell’amministrazione della società

L’eventualità che l’impresa non riesca a sopravvivere alla delicata fase di ricambio generazionale comporta non solo il rischio per la famiglia di perdere l’impresa, ma anche riflessi sulle posizioni di terzi, quali la perdita di posti di lavoro, le difficoltà di pagamento dei fornitori e di rimborso dei finanziamenti. Pertanto, sempre più spesso si inserisce negli atti costitutivi una specifica regolamentazione con cui si disciplinano gli effetti della circolazione mortis causa delle partecipazioni sociali sulla gestione. In quest’ottica, le clausole relative al subingresso degli eredi nell’amministra­zione della società possono agevolare il passaggio della gestione, evitando che si crei una situazione di impasse e sorgano conflitti che possono risultare gravemente pregiudizievoli, e talvolta letali, per l’impresa comune. Le caratteristiche peculiari dei singoli patti con cui si disciplinano gli effetti del passaggio generazionale non impediscono che, per comodità di esposizione, possa distinguersi tra tecniche con la finalità di stabilizzare l’assetto preesistente, volte ad escludere che la trasmissione della partecipazione sociale si rifletta sulla gestione della società e quelle con l’obiettivo di favorire l’assunzione di responsabilità da parte delle nuove generazioni e l’inserimento dei successori nell’amministrazione.


4.  Le tecniche volte a stabilizzare l’assetto preesistente

Può accadere che i discendenti non abbiano completato il processo di formazione e non siano ancora pronti ad assumere compiti nell’impresa. Dall’analisi della prassi emerge una variegata tipologia di tecniche volte a conciliare i diversi interessi alla luce dei caratteri specifici delle singole fattispecie. La finalità di evitare immediati riflessi sull’amministrazione della società può essere perseguita seguendo strade differenti in considerazione della situazione di fatto e degli obiettivi. Soluzioni diverse andranno allora individuate a seconda che sussista o meno la volontà della vecchia generazione di continuare ad occuparsi della gestione; le forme di intervento variano poi, a seconda che l’im­prenditore intenda o meno trasmettere la titolarità delle partecipazioni sociali prima dell’aper­tura della successione, anticipando l’attribuzione delle quote agli eredi. In questa direzione, può essere, in primo luogo, utilizzata la costituzione di un diritto di usufrutto sulla partecipazione del socio illimitatamente responsabile, che consente di trasmettere in vita la titolarità delle quote continuando a partecipare alla gestione dell’impresa. La duttilità di tale istituto e, segnatamente, la possibilità di modulare la ripartizione dei diritti sociali tra l’usufruttuario ed il nudo proprietario ne ha reso frequente l’impiego. Ed invero, se si ritiene, come a mio avviso appare preferibile, che le particolari caratteristiche della fattispecie richiedano una serie di deroghe alla disciplina civilistica dell’istituto e, pertanto, debba riconoscersi all’usufruttuario il diritto di concorrere alla gestione dell’impresa, la costituzione di usufrutto può rappresentare uno strumento idoneo a realizzare il passaggio generazionale. In questa prospettiva, la nuda proprietà delle quote può essere trasmessa ai figli del socio per atto inter vivos, in modo che, per un determinato periodo di tempo, l’usufruttuario possa continuare ad occuparsi della società. Sotto altro profilo, non può tacersi che la costituzione inter vivos di un usufrutto sulle partecipazioni sociali costituisce una tecnica di passaggio generazionale non scevra di inconvenienti soprattutto nell’ipotesi di conflitti. In tal caso, infatti, le divergenze di vedute tra usufruttuario e nudo [continua ..]


5. Le pattuizioni che tendono a favorire l’ingresso delle nuove generazioni

L’intervento dell’autonomia privata può esplicarsi sia in pattuizioni in ordine alle modalità di amministrazione della società, che in clausole con cui si incide solo indirettamente sulla gestione dell’impresa. Nel primo gruppo, va annoverata la clausola con cui si prevede il passaggio dall’ammi­nistrazione unipersonale a quella pluripersonale, che consente di coniugare la continuità con l’inserimento di esponenti delle nuove generazioni. In tal modo, infatti, è possibile per il nuovo amministratore collaborare con soggetti con maggiore esperienza, realizzando una sinergia in cui l’assunzione di responsabilità rappresenta l’occasione per una graduale trasmissione di competenze. Su un altro piano, va rilevato come sia possibile incidere sugli assetti gestori inserendo nel­l’atto costitutivo pattuizioni che, pur non disciplinando direttamente l’amministrazione, finiscano per incidere indirettamente sulle modalità di adozione delle decisioni sociali. In questa prospettiva, vengono in rilievo le clausole con cui si prevede la variazione dell’assetto delle partecipazioni nel caso di morte di uno dei soci. In particolare, le clausole con cui, derogando alla regola generale dell’indivisibilità delle quote, si statuisce la divisione della partecipazione del de cuius hanno notevoli riflessi sul governo dell’impresa comune: il frazionamento infatti influisce sui meccanismi decisionali, attribuendo agli eredi un peso corrispondente al numero degli stessi, che può alterare gli equilibri preesistenti alla successione. Pertanto, se non è dubbio che pattuizioni con tale contenuto possono favorire il trapasso generazionale, permettendo di frazionare il peso della partecipazione degli eredi nella società, appare opportuno che le stesse vengano impiegate con cautela, tenuto conto degli effetti potenzialmente pericolosi. L’aumento del numero dei soci conseguente alla divisione della quota del de cuius può infatti comportare un’immediata modifica dei rapporti di forza all’interno della società riducendo bruscamente l’influenza dei soci della vecchia generazione. Nell’àmbito delle tecniche volte a realizzare un passaggio graduale può altresì essere utilizzata, sulla scia dell’esperienza tedesca, la partecipazione di [continua ..]


Nota bibliografica

AA.VV., “La successione ereditaria nei beni produttivi”, a cura del Gruppo di lavoro sulla successione nel­l’impresa di famiglia, Riv. dir. priv., 1998, 353; AULETTA, “Clausole di continuazione della società coll’erede del socio personalmente responsabile”, Riv. trim. dir. proc. civ., 1951, 891; BARTALENA, “La partecipazione di società di capitali in società di persone”, in ABBADESSA-PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso (Torino, 2006), 1, 97; BASSILANA-NOBILI, Imprese di famiglia e passaggio generazionale (Milano, 2008); BELVISO F., “Contratto di società e contratto di amministrazione nelle società di persone”, Riv. soc., 2001, 713; BENUSSI, Modello legale e statutario di organizzazione interna nelle società personali (Milano, 2006); BUONOCORE, “Società in nome collettivo”, in Commentario Schlesinger (Milano, 1995); CAGNASSO, “La società semplice”, in Trattato Sacco (Torino, 1998), VI; CAMPOBASSO G.F., Diritto commerciale, II, Diritto delle società8, a cura di M. Campobasso (Torino, 2012); CARIELLO, “Sistema dualistico e s.p.a. cc.dd. chiuse «a controllo familiare»”, Riv. dir. civ., 2008, I, 543; CETRA, La persona giuridica amministratore (Torino, 2013); ID., “La partecipazione di società di capitali in società di persone nel passaggio generazionale dell’impresa”, in AA.VV., La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di Giovanni E. Colombo (Torino, 2011), 181; ID., “La persona giuridica amministratore nelle società”, in Amministrazione e controllo delle società. Liber amicorum Antonio Piras (Torino, 2010), 107; COTTINO-WEIGMANN, “Le società di persone”, in COTTINO-SARALE-WEIGMANN, Società di persone e consorzi, in Trattato Cottino, III (Padova, 2004), 1; COZIAN-VIANDIER-DEBOISSY, Droit des sociétés17 (Paris, 2004); DELL’ATTI, Il passaggio generazionale nelle imprese familiari (Bari, 2007); DI SABATO, “Società in [continua ..]


NOTE