The financial crisis has revealed that shareholders in many cases supported managers’ excessive short-term risk taking, regardless of long-term consequences.
The EU Commission announced a number of actions in the area of corporate governance, but the effective exercise of shareholder rights depends to a large extent on the efficiency of the chain of intermediaries maintaining securities accounts on behalf of shareholders or of other persons, especially in cross-border situations. The DSHR tried to encourage long-term shareholder engagement and activism and to enhance transparency between companies and investors in order to facilitate the exercise of rights related to shares.
The article is focused on the right of asking questions to the company on agenda items and before the general meeting (art. 127 ter, t.u.f.): answers should be given before the meeting (also using the website), but no information need be given if it interferes with the preparation for the meeting or involves the disclosure of confidential information and the interests of the company.
Shareholders (especially institutional investors) would be encouraged to be more active, more conscious, more interested in voting, more intended to play their role in the corporate governance. By that way, the disclosure becomes very important for more sustainable and efficient companies: the general meeting should become more relevant in a more appropriate division of power between the board of directors and shareholders of the company so that it could equilibrate the board’s responsibility to take business decisions and the shareholders rights to monitor the board.
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1. Premessa: gli incentivi all’attivismo degli azionisti - 2. Il diritto di porre domande prima dell’assemblea: strumento di informazione pre-assembleare ma anche assembleare - 3. La legittimazione a porre domande: la record date e alcuni persistenti nodi problematici - 4.1. Ammissibilità delle domande: oggetto e modalità di presentazione - 4.2. I destinatari della richiesta di informazioni - 4.3. La cut-off date - 5.1. Il dovere di rispondere e il legittimo rifiuto. Il ruolo del Presidente dell’assemblea - 5.2. La tutela dell’azionista non informato: il diritto al rinvio - 5.3. Segue: la responsabilità e la tutela reale - 6. Profili di criticità - 7. Conclusioni - NOTE
La riforma del diritto societario del 2003 ha portato nelle società per azioni all’accentuazione dei tratti del modello manageriale, con conseguente, ulteriore spostamento del baricentro del governo dell’impresa dall’assemblea all’organo amministrativo 1: la scelta, in un’ottica di efficientistico ammodernamento della governance societaria, ha determinato un progressivo depotenziamento della voice e un parallelo rafforzamento dell’exit 2, sull’assunto che la soluzione del disinvestimento avrebbe potuto garantire una migliore tutela dei diritti del socio, di fatto ritenuto non in grado di contribuire in modo efficace alle decisioni strategiche dell’impresa sociale. Per la verità, e nonostante “la prevalenza accordata al potere gestorio” 3, l’assemblea resiste al fondamento dell’organizzazione corporativa 4, ma subisce pesanti interventi correttivi nelle sue regole formali e procedimentali, anche con riguardo a passaggi storicamente e tradizionalmente considerati caratteristici. D’altra parte, se le nuove tecniche di collegialità virtuale o tecnologica, che fanno leva innanzitutto su una ricca documentazione pre-assembleare e sulla possibilità di intervenire per via telematica, sembrano comprimere fino quasi ad azzerare l’inderogabilità e financo la rilevanza del metodo collegiale, parlare di “tramonto” della collegialità, come fosse uno “strumento sorpassato” e “inutile” o una “vuota liturgia”, non pare condivisibile: una volta riviste e ripensate le funzioni tradizionalmente attribuite al metodo stesso, anche grazie all’impatto delle nuove tecnologie sul momento partecipativo, l’assemblea dei soci può – ancora – rappresentare un momento di confronto democratico 5 e contribuire ad avverare la regola di correttezza della corporate governance, proprio poggiando sul pilastro dell’informazione societaria 6. Nello studio che segue ci si propone di esaminare le ultime (e ultimissime) scelte legislative compiute nell’ambito della disciplina delle società con azioni quotate in Borsa quanto all’informazione pre-assembleare ma anche assembleare, disciplina che, seguendo un approccio opposto a quello che aveva ispirato la stagione di riforme del 2003, [continua ..]
Nonostante l’assenza di un esplicito riconoscimento normativo, era già opinione largamente condivisa che un diritto del socio all’informazione sulla gestione della società fosse connaturato all’ordinamento societario, in ragione della separazione funzionale tra soci, legittimati a informarsi in occasione del contatto assembleare, ed amministratori, investiti di particolari adempimenti informativi, integrativi della documentazione già sottoposta all’approvazione dell’adunanza 33. Tuttavia, con la miniriforma del 1974 (legge n. 216/1974) e il TUF del 1998 l’informativa preassembleare per i soci si era andata sovrapponendo e confondendo alla più generale informativa destinata al mercato degli investitori e al pubblico, così sostanzialmente riconducendola solo ai fatti c.d. price sensitive e veicolandola attraverso obblighi informativi classificati per tipologie o gruppi di tipologie di deliberazioni (ad esempio, fusione e scissione, emissione di obbligazioni, operazioni su azioni proprie) 34: risultavano quindi sensibilmente ampliati i contenuti oggettivi del diritto di informazione, ma contemporaneamente ne uscivano affievoliti i poteri soggettivi del singolo socio. L’assoluta assenza di una disciplina relativa alla scansione, proceduralizzazione e qualità del flusso di informazioni tra società e azionisti imponeva il ricorso ai principi generali del sistema per rintracciare nel contratto sociale la fonte di un diritto del socio a conoscere i fatti concernenti la società stessa 35; questo vuoto normativo scoraggiava qualsivoglia autonoma iniziativa, sviliva ogni personale interesse ad ottenere un supplemento informativo e appiattiva il socio sulla posizione di un qualunque (potenziale) investitore 36. Non ultimo, l’impostazione legislativa tradiva una notevole sfiducia rispetto al momento assembleare: la tutela del mercato veniva perseguita attraverso prescrizioni di trasparenza e strumenti di controllo esterno, ben diversi dalle forme di monitoraggio diretto dell’azionariato condotte attraverso l’esercizio di diritti amministrativi 37. La direttiva europea e il decreto di recepimento pongono invece gli azionisti nuovamente in una posizione sovraordinata rispetto al pubblico “indistinto” del mercato: al centro della governance viene collocato un più intenso dovere di [continua ..]
La versione iniziale dell’art. 127-ter TUF legava genericamente la legittimazione a porre questioni alla società alla qualità di socio; la versione in vigore esordisce, invece, agganciando il diritto di porre domande alla titolarità del diritto di voto, realizzando anche un principio di armonia dell’ordinamento, ove spesso è stata adottata identica soluzione 51. Il diritto (e l’interesse) al voto – e a tutte le prerogative amministrative comunque legate alla voice 52 – potrebbero anche portare alla partecipazione in assemblea di non azionisti, in uno scollamento che rimanda alla posizione dell’usufruttuario, del creditore pignoratizio, del custode sequestratario 53 o del riportato nel riporto di titoli azionari, ove l’art. 1550, 2° comma, c.c. fa salvo il patto con cui il diritto di voto – e i diritti partecipativi “minori” ad esso connessi – non sia riconosciuto al riportatore, proprietario del titolo; del rappresentante comune dei comproprietari dell’azione (art. 2347, 1° comma, c.c.); dei possessori di strumenti finanziari partecipativi qualora lo statuto attribuisca loro il diritto di voto «su argomenti specificamente indicati» (art. 2351, ult. comma, c.c.); o, infine, del rappresentante dell’azionista, per delega occasionale (artt. 135 novies e ss., TUF.) o organizzata nell’ambito di una procedura di sollecitazione (artt. 136 e ss., TUF) 54. D’altra parte, la titolarità del diritto di voto richiede innanzitutto la ricorrenza degli indici di legittimazione 55, normativamente definiti in un sistema complesso e variegato, e la cui verifica andrà riferita alla situazione contabile non come esistente al momento dell’esercizio del diritto, ma anticipata al settimo giorno di mercato aperto antecedente la data fissata per l’assemblea (art. 83 sexies, 2° comma, TUF) 56: per il diritto di porre domande prima dell’assemblea, come per il diritto di voto, il legislatore sceglie infatti di attenersi al criterio della c.d. record date 57, in una novella 58 che ha sicuramente il merito di aver mutato la percezione che gli investitori stranieri avevano del nostro ordinamento, ma non ha mancato di attirare critiche in dottrina 59. La questione involge la complessa fattispecie del [continua ..]
L’art. 127 ter, 1° comma, chiarisce che non qualunque domanda può essere formulata, ma soltanto quelle «sulle materie all’ordine del giorno» (per l’art. 9, 1° comma, DSHR «connesse con i punti all’ordine del giorno dell’assemblea»): dunque, le domande pertinenti al tema della delibera da adottare 72 e funzionali ad ottenere informazioni scrupolose e veritiere, purché emerga obiettivamente la relazione tra l’informazione richiesta e la conoscenza degli argomenti all’ordine del giorno, sul piano tanto meramente procedurale, quanto più specificamente del merito 73. La previsione di un diritto di porre domande “on agenda items” permetterebbe alla società di espungere le questioni irrilevanti o marginali o addirittura inconferenti, ma l’analisi della prassi mostra una tendenza a cercare di fornire risposte anche a domande non del tutto riconducibili all’o.d.g.: la scelta si lega, probabilmente, all’esigenza di porre le deliberazioni assembleari al riparo da possibili impugnazioni ex art. 2377 c.c. per violazione dei doveri di informazione 74, ma rischia di confondere la prerogativa in esame con un diritto di informazione rivolto genericamente al contenuto e all’andamento degli affari sociali o addirittura su singoli affari sociali, in maniera tutt’affatto simile a quanto avviene nelle s.r.l. a mente dell’art. 2476 c.c. e con risultati del tutto incoerenti sul piano sistematico 75. Sarebbe opportuno che il regolamento assembleare intervenisse a definire il numero massimo delle domande da poter presentare e regolasse l’ordinato svolgimento dei lavori anche in caso di domande non perfettamente pertinenti alle materie in discussione 76. Peraltro, la richiesta focalizzazione della domanda sulla materia su cui gli azionisti sono chiamati a votare e, quindi, la lettura piuttosto restrittiva del precetto in esame non devono far concludere nel senso della sussistenza di un onere, in capo al richiedente, di allegare le ragioni comprovanti la propria istanza informativa: gli interrogativi saranno presumibilmente approfonditi e di una spiccata tecnicità, ma non per questo dovranno essere illustrate le ragioni giustificative dell’interesse del singolo a presentarli. La legge non detta un’esplicita disciplina sulla forma e sulle [continua ..]
Le domande presentate dai soci hanno come destinatario privilegiato l’organo amministrativo se, come sembra corretto, la competenza a rispondere va ascritta all’obbligo di gestione controllo e vigilanza e, ancora più latamente, di perseguire l’interesse sociale, anche e soprattutto nel rispetto di quei diversi interessi di gruppo che emergano dall’articolarsi della struttura finanziaria della società 78. L’organo pare debba provvedere collegialmente, così da garantire la più ampia partecipazione da parte di ciascun consigliere e assicurare la più elevata qualità all’azione amministrativa: la risposta, frutto di indagini, elaborazioni e studi eventualmente compiuti anche da un solo consigliere, sarà tradotta in una delibera da assumere in conformità alla legge, allo statuto e, ove adottato, al regolamento del Consiglio, come espressione e rappresentazione compositoria della ponderata volontà del plenum 79. L’adempimento di questi nuovi obblighi informativi richiederà la predisposizione di assetti organizzativi idonei ad assicurarne il regolare e ordinato compimento (ricezione delle richieste, preparazione delle risposte), tanto più che la gestione dell’informazione societaria non è riconducibile a uno schema rigido, ma richiede di allestire una specifica funzione in rapporto a «natura» e «dimensioni» dell’impresa, valutabile secondo il parametro della «adeguatezza» e da aggiornare costantemente. Le regole dell’informazione manifestano una forte incidenza sulle regole dell’organizzazione nel definire poi il generale dovere di diligenza degli amministratori e nel costituire un parametro di giudizio importante nei connessi profili di responsabilità, non ultimo per la necessità di non gravare la società di oneri sproporzionati 80. Più arduo pare invece ricostruire la legittimazione a ricevere domande e formulare risposte in capo a soggetti, in primis i direttori generali, che, per quanto appartenenti all’articolazione organizzativa dell’impresa ed anche eventualmente in grado di accedere alle informazioni richieste, non possano però partecipare all’adunanza e, quindi, difficilmente saranno tenuti a fornire i ragguagli strumentali alla cognizione delle materie in discussione [continua ..]
La norma, nella sua primissima versione, non chiariva se si potessero prevedere termini di esercizio del diritto, come invece era espressamente indicato in altre ipotesi (ad esempio, con riferimento al voto espresso per corrispondenza o trasmesso in via elettronica ovvero in caso di conferimento di deleghe al rappresentante designato): così, facendo leva sullo spazio di autoregolamentazione lasciato agli emittenti 82, si era andata sviluppando una prassi che ammetteva la possibilità di limitare nell’avviso di convocazione o nel regolamento assembleare questo ambito temporale, tramite l’invito ai soci a provvedere ovvero l’imposizione di un termine di ricevibilità per le domande 83. In seguito, il decreto del 2012 è intervenuto imponendo una cut-off date per la presentazione delle domande, da indicarsi nell’avviso di convocazione con due distinte e possibili modalità: quando l’avviso precisa che alle domande sia consentito dare risposta direttamente in assemblea può essere fissato un termine non superiore a tre giorni precedenti la data della adunanza in prima o unica convocazione; se invece la risposta deve essere fornita almeno due giorni prima dell’assemblea e pubblicata sul sito internet della società, le domande devono pervenire almeno cinque giorni prima dell’assemblea (art. 127-ter, comma 1°-bis, TUF) 84. La novella mira a garantire un’accurata preparazione nella elaborazione delle risposte e un corretto svolgimento dei lavori assembleari, oltre che un’adeguata tutela degli interessi della società, che non dovrebbe così essere esposta al rischio di domande presentate “a valanga” nell’imminenza dell’assemblea e palesemente volte a far ritardare l’evento. La norma non precisa quale sia la sorte delle domande tardivamente formulate: l’eventuale violazione delle scadenze fissate non può provocare una decadenza assoluta dal diritto di informazione, perché ciò contrasterebbe con la ratio del sistema che tutela tale prerogativa del socio e gli consente di avanzare domande anche per la prima volta durante la discussione assembleare, ma le regole sulla cut-off date sarebbero vuote e superflue se la loro mancata osservanza non producesse effetto alcuno. Per vero, nemmeno la domanda tempestiva assicura la certezza di una risposta [continua ..]
Finché l’iniziativa del socio di porre domande prima dell’assemblea era non regolamentata, altrettanto non regolamentato era il dovere della società di dare risposta; con l’attuazione della DSHR, il diritto in parola riceve invece uno specifico inquadramento giuridico e la posizione dei managers chiama in causa il corretto svolgimento dei loro doveri 86. La risposta alle domande rivolte alla società prima dell’assemblea deve infatti essere fornita «al più tardi durante la stessa» (1° comma, secondo periodo) e, solo qualora l’avviso di convocazione preveda un’attivazione della società prima dell’assemblea, la risposta deve essere trasmessa due giorni prima della stessa riunione, anche procedendo alla sua pubblicazione nel sito internet della società (1° comma bis). La versione previgente dell’art. 127 ter, quella del d.lgs. n. 27/2010, non conteneva alcuna precisazione su tempi e modalità della risposta, aprendo il dibattito sull’opportunità (se non l’obbligo) di fissare nello statuto o nel regolamento o nell’avviso di convocazione stesso una diversa data, prima dell’assemblea, per la legittimazione a ottenere le risposte, sotto forma di sollecitazione o invito ad attivarsi in capo agli amministratori. Il Decreto correttivo del 2012 ha avvallato tali suggestioni e, innalzando il profilo garantistico quanto al diritto ad ottenere risposta prima dell’assemblea, asseconda la finalità partecipativa dell’istituto poiché il tenore della risposta potrà orientare la decisione del richiedente di partecipare (direttamente o per delega) all’assemblea. La norma lascia intendere che le indicazioni dell’avviso di convocazione siano del tutto discrezionali e che, in ogni caso, la pubblicazione nel sito internet non sia in alcun modo obbligatoria, tanto che la risposta potrebbe anche essere fornita privatamente per iscritto al richiedente per poi essere messa a disposizione degli interessati in formato cartaceo all’inizio dell’adunanza (3° comma) 87 o mediante sintetico richiamo in assemblea prima dell’apertura della fase dibattimentale 88 o in allegato al verbale. La società rimane dunque tendenzialmente libera di scegliere tempi e modalità di attivazione e lo stesso regolamento [continua ..]
A considerare lo scenario della violazione dei diritti di informazione dei soci, occorre confrontarsi con la mancanza di una specifica trattazione, poiché tale lesione, che sia un illegittimo rifiuto a rispondere alle domande ritualmente presentate o una diffusione di notizie e dati non corrispondenti al vero, non è richiamata né dall’art. 2377 c.c. né dall’art. 2388 c.c. né tantomeno dall’art. 2395 c.c.: su questo punto sarà dunque fondamentale l’osservazione e l’analisi della pratica applicativa e dell’interpretazione dei giudici, così da ipotizzare un’integrazione della lacuna normativa e delineare un’efficace tutela per il socio i cui diritti siano stati pretermessi 110. Sul piano delle dinamiche assembleari, tra gli strumenti finalizzati ad accrescere la tutela delle minoranze l’ordinamento conosce però da tempo l’istituto del rinvio 111 per l’ipotesi in cui i soci, rappresentando il terzo del capitale sociale, manifestino la necessità di differire i lavori assembleari e procrastinare la decisione, anche eventualmente solo in relazione a taluni punti all’ordine del giorno, su cui dichiarino la propria “non sufficiente informazione”. La disinformazione potrebbe 112 derivare dunque anche da una domanda che non abbia trovato – esauriente – risposta da parte della società, ma sono necessarie alcune precisazioni. La richiesta di rinvio dell’assemblea è espressamente riferita ai «soci intervenuti» e ciò pone due ordini di problemi in rapporto all’art. 127-ter: la ricorrenza della qualità di socio e l’essere fisicamente presenti in assemblea. Quanto al secondo profilo, s’intende escludere dal novero dei legittimati i soci assenti o titolari di azioni voteless o, ancora, coloro che, ad esempio, abbiano espresso il voto per corrispondenza o in via elettronica e, in questo modo, abbiano implicitamente valutato l’informazione messa a disposizione dalla società come sufficiente per formarsi un convincimento valido al punto da manifestare il proprio voto e partecipare all’adunanza, seppure non fisicamente 113. Quanto invece al primo aspetto, si possono esprimere alcune perplessità: già si è detto che quello ex art. 2374 c.c. pare un retaggio del [continua ..]
Nel ricordato silenzio normativo, e in attesa che si consolidi un orientamento giurisprudenziale domestico, per configurare una tutela obbligatoria può soccorrere anche nell’esperienza italiana il raffronto con quello che viene considerato il leading case in materia: nel 1996 la Suprema Corte del Delaware concedeva infatti all’attore, azionista, un risarcimento in ragione della mancata messa a disposizione da parte dei directors di tutte le informazioni richieste in vista della annual meeting e inquadrava tale errore o omissione non tanto in una violazione dell’obbligo di disclosure, ma piuttosto in una “esautorazione dal diritto di voto” (disenfrancisement claim) 123. In assenza di una specifica previsione di legge 124, i giudici hanno rinvenuto un principio di “courtesy and prudence” che impone di divulgare tutto il materiale che un azionista possa ragionevolmente giudicare importante per giungere al voto con una maggiore consapevolezza: ogni domanda formulata dagli azionisti che non si riveli illegittima, immotivata, illecita o impossibile dovrà quindi ottenere risposta dalla società. Trasponendo nel diritto positivo interno le determinazioni della Corte americana, potrebbe utilmente impiegarsi l’elaborazione maturata intorno alla denegata convocazione dell’assemblea su richiesta delle minoranze (art. 2367 c.c.): ricorrendo le condizioni di legge, la risposta alla domanda legittimamente presentata – come la convocazione dell’assemblea – rappresenta un atto dovuto, il cui diniego sarebbe idoneo a integrare una difformità dell’amministrazione sociale, un inadempimento degli obblighi relativi al buon funzionamento dell’assemblea 125 e, come tale, un profilo di responsabilità 126. Resta ora da interrogarsi sull’eventuale vizio da cui sia afflitta la delibera assembleare presa a seguito di un dibattito nel quale non si sia data (esauriente) risposta alle domande, ma è prima necessaria una precisazione di ordine metodologico. Il diritto di porre domande prima dell’assemblea è stato definito, fin dall’inizio di questo studio, come un diritto all’informativa preassembleare ma anche assembleare, intimamente e concettualmente connesso con il diritto di intervento e di voto tanto che l’informazione si fa discussione e [continua ..]
L’analisi effettuata mostra un istituto duttile, dai confini poco nitidi, cui dovrà soccorrere un’attenta regolamentazione negoziale così da colmare i vuoti normativi, arginare il rischio di abusi (specie sotto la forma del filibustering 147 e razionalizzare, ordinare, alleggerire il dibattito in assemblea. Ed è anche per questa via che, si può affermare, la riunione assembleare potrà riacquistare una sua centralità: le istituzioni europee e i legislatori nazionali, pur con le segnalate diversità, hanno forgiato il diritto di porre domande come uno strumento di impatto auspicabilmente rilevante, tanto che la stessa istanza informativa potrebbe ben vedersi riconosciuta anche nelle società per azioni non quotate, attraverso un’esplicita previsione dello statuto o del regolamento assembleare. Rimangono comunque alcuni aspetti problematici legati, innanzitutto, alla consistenza dell’uso del web nel contesto societario e, più in generale, alla natura e all’autenticità di atti e negozi elettronici nonché alla compliance su una normativa ancora troppo fluida: pur riconoscendo l’importanza dell’omogeneità nella diffusione delle informazioni, deve ammettersi che la circolazione di notizie via web è poco garantistica sul piano dell’aggiornamento, della completezza e della precisione e quindi è potenzialmente ingannevole per gli investitori, a tacere dell’impossibilità di un riscontro dell’attivazione o della valenza legale di un’informativa ove spesso l’effettiva conoscenza cede il passo alla mera conoscibilità e ove difficile è il bilanciamento tra l’esigenza degli emittenti di comunicare con i propri azionisti e la tutela dei dati personali 148. Il tema dei colloqui informatici tra socio e società pone inoltre consistenti problemi di tipo tecnico per quanto riguarda l’identificazione del socio, vista la difficoltà di ipotizzare strumenti a presidio dell’autenticità della richiesta o dell’accesso 149. Ci si può interrogare se la trasparenza dei documenti pre-assembleari (ma anche post-assembleari) debba essere garantita a qualsiasi operatore del mercato ovvero se si tratti di un canale privilegiato di informazione, di cui possano fruire solo i soci, [continua ..]
Su un piano generale, le indagini empiriche mostrano negli ultimi anni un seppur timido ma cosciente riavvicinamento degli investitori alla democrazia societaria 155. Inoltre, aver riaffermato l’importanza dell’informazione assembleare ha portato a una traslazione di competenze in favore dell’assemblea in vicende delicate e cruciali dell’attività sociale 156, scelte di impresa strategiche, operazioni cc.dd. di intérêt primordial e di «alta gestione» che incidono fortemente sulle aspettative e sugli interessi connessi all’investimento 157: emergono dunque segnali che alimentano la convinzione 158 che, per sfruttare a pieno le potenzialità dei diritti di informazione assembleare e organizzare al meglio la voice, sia necessario intervenire anche sulla ripartizione delle competenze tra assemblea e amministratori e ciò non nella prospettiva, oramai largamente superata, di assecondare un principio democratico nell’organizzazione interna, quanto piuttosto per l’opportunità di accrescere l’efficienza della gestione dell’investimento azionario. La Commissione Europea ha più volte indicato l’opportunità di affidare all’assemblea maggiori competenze decisionali, lanciando così un segnale forte nella direzione del recupero della funzione assembleare 159. Il 9 aprile 2014 è stata presentata una proposta per la revisione della DSHR (unitamente alla dir. 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi del governo societario), proposta ancora allo studio delle istituzioni europee 160 ma da cui già emerge l’importanza di un azionista “impegnato” 161 in maniera efficace e costante per un’efficienza del voto e, quindi, anche del mercato 162: una disciplina più rigorosa della shareholder identification che permetta alla società di comunicare direttamente con gli azionisti e faciliti l’esercizio dei diritti sociali; una regolamentazione attenta del flusso di informazioni tra la società e gli intermediari, nel rispetto del canone della tempestività e della standardizzazione 163; un innalzamento del livello di accessibilità e fruibilità da parte degli azionisti delle informazioni necessarie per esercitare i diritti connessi alla partecipazione azionaria; un [continua ..]