<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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S.r.l. e retorica del tipo: riflessioni sul recesso e sulla tecnica dell'autointegrazione (di Luca Della Tommasina)


 Il saggio prende in considerazione il recesso da società a responsabilità limitata, verificando le conseguenze negative di una contrapposizione rigida con il modello azionario, e ciò – in particolare – nella prospettiva dei termini per l’e­sercizio del diritto di exit, oltreché sotto il profilo dell’ammissibilità di un recesso parziale e del rapporto tra il recesso e la clausola di mero gradimento. Temi, questi, che stimolano una più generale riflessione sull’interpretazione dei vuoti normativi interni al tipo e sulla portata e sui limiti della cosiddetta “autointegrazione”.

Limited companies and rhetoric of corporate types: reflections on exit and autocompletion

The paper focuses on the right of withdrawal in limited liability companies, particularly from the perspective of its limitation periods, but also for its implications in relation to partial divestment and clauses establishing approval requirement. The lack of specific rules inevitably calls up a comparison with the other corporations, and this opens the door to wider reflection about mutual integration between different corporate structures.

SOMMARIO:

1. S.r.l. e autointegrazione del tipo: il problema dei termini per l’esercizio del diritto di recesso - 2. L’autonomia tipologica della s.r.l. e il suo uso nell’argomentazione giuridica: la rilevanza transtipica dei profili dinamici del recesso - 3. Autointegrazione e termini di esercizio del recesso: l’isolamento di una tecnica di composizione del conflitto dalla disciplina dell’impugnazione delle decisioni non conformi - 4. L’autointegrazione: una regola cautelare al servizio di un’istanza di compatibilità - 5. Il problema del recesso parziale da s.r.l. - NOTE


1. S.r.l. e autointegrazione del tipo: il problema dei termini per l’esercizio del diritto di recesso

Il mito di una s.r.l. autosufficiente, sdoganato dalla relativa riforma organica nel 2003 e trasformatosi in una pietra miliare del droit vivant degli ultimi quindici anni, ha incassato l’ennesimo successo grazie a un recente arresto della giurisprudenza di legittimità che ha dichiarato ad essa inapplicabile l’art. 2437-bis, 1° comma, c.c., ritenendo che in difetto di indicazioni puntuali nell’atto costitutivo la tempestività del recesso da società a responsabilità limitata debba essere valutata in modo elastico, fuori da un sistema di decadenze secche e alla stregua della correttezza e della buona fede previste per l’esecuzione del contratto e per l’attuazione del rapporto obbligatorio [1]. È ragionevole ipotizzare che l’orientamento della giurisprudenza incontrerà forti perplessità nella dottrina, allo stato pressoché unanime nell’estendere in via analogica alla s.r.l. il vincolo dei quindici giorni previsto dall’art. 2437-bis, 1° comma, c.c. per le fattispecie di recesso da società azionarie che traggono origine da una deliberazione [2]. Ma, di là dalle conclusioni, ciò che soprattutto non può condividersi è l’argo­mentazione che sta alla base della costruzione di regimi differenziati per la s.p.a. e la s.r.l. In primo luogo, non è condivisibile l’idea di scartare la regola di diritto azionario per la sua pretesa incoerenza con le caratteristiche tipologiche della società a responsabilità limitata, nello specifico con la maggiore latitudine accordata al recesso dall’art. 2473, 1° comma, c.c. (se posto a confronto con l’art. 2437 c.c.) e con la centralità che nel modello legale di s.r.l. assumono il socio e i rapporti contrattuali tra i soci. In secondo luogo, non è condivisibile il tentativo di fondare l’assunto – la sostituzione, cioè, della rigida rule di matrice azionaria con valutazioni elastiche affidate agli standard del diritto negoziale – su una pretesa autointegrazione della disciplina del tipo: tecnica, questa, non di rado invocata allo scopo (in sé apprezzabile) di valorizzare le peculiarità della s.r.l. e di evitare che i singoli (e non pochi) vuoti che residuano dalla scarna disciplina codicistica vengano colmati con soluzioni eteronome e in fin dei conti [continua ..]


2. L’autonomia tipologica della s.r.l. e il suo uso nell’argomentazione giuridica: la rilevanza transtipica dei profili dinamici del recesso

In quest’ottica, la pretesa estraneità dell’art. 2437-bis, 1° comma, c.c. alla s.r.l. rappresenta una pura petizione di principio, sganciata dalla considerazione dell’in­tera gamma di interessi che il recesso tocca ed involge. L’erroneità dell’af­ferma­zione, come si è anticipato, si coglie sotto due profili distinti e complementari: i) in negativo, nel fatto di creare una contraddizione artificiosa tra la regola azionaria e i valori della s.r.l., ora in ragione della pretesa priorità del socio (e della sua “persona”) sull’organizzazione, ora in ragione dei più ampi spazi assegnati al recesso dall’art. 2473 c.c.; ii) in positivo, nel fatto di utilizzare la Typuslehre per sostituire la decadenza dell’art. 2437-bis, 1° comma, c.c. con il canone comportamentale della buona fede in executivis. Il primo punto sarà esaminato nel presente paragrafo. Al secondo sarà dedicato il paragrafo seguente. Sotto il primo profilo, l’errore della giurisprudenza sta in ciò: constatare l’in­dubbia capacità della s.r.l. di recepire (più di altri tipi) istanze personalistiche e farne un “valore assoluto”, così da mettere a punto un canone di interpretazione della società a responsabilità limitata che, ad ogni costo e indifferentemente per ogni istituto, rinviene la soluzione al problema nel punto di massima distanza dalla disciplina azionaria. Al contrario, esistono istituti e istituti [9]. Esistono istituti per i quali è plausibile l’ipotesi ricostruttiva che valorizza l’au­tonomia della s.r.l. dalla s.p.a. e che, in presenza di lacune o di profili dubbi o non espressamente regolati, predilige la soluzione più flessibile [10]. Ma il recesso non è tra questi, se non altro perché attualizza un conflitto tra una scelta individuale di (dis)investimento e una scelta collettiva di destinazione di valori [11]: ed allora, già soltanto per la sua potenziale interferenza sul patrimonio, non può essere trattato con gli stessi strumenti interpretativi normalmente spesi allo scopo di colmare gli spazi vuoti (o di definire i margini di disponibilità statutaria) relativi all’organizzazione interna e ai procedimenti di decisione [12]. Una simile consapevolezza [continua ..]


3. Autointegrazione e termini di esercizio del recesso: l’isolamento di una tecnica di composizione del conflitto dalla disciplina dell’impugnazione delle decisioni non conformi

Risolvere in chiave di autointegrazione i problemi posti dalla disciplina della s.r.l. non significa obliterare in modo apodittico la corrispondente regola azionaria e creare una soluzione per forza di cose più snella, più flessibile, il più possibile eccentrica rispetto a logiche “organizzative” [26]. Agli scopi di un’autointegrazione occorre invece: i) individuare all’interno del tipo una fattispecie “paradigmatica”, che – cioè – metta in scena lo stesso “conflitto” instaurato dalla vicenda non disciplinata; ii) enucleare poi – a partire dalla regola dettata per la fattispecie così individuata – una tecnica di composizione del conflitto che esprima un ordine di priorità tra gli interessi in gioco; iii) creare infine – alla stregua dell’intero sistema societario, inclusa la società per azioni – una nuova regola che recepisca l’ordine di priorità che la tecnica di composizione del conflitto attua e riflette. Un siffatto modus procedendi, applicato alla questione dei termini per il recesso, mostra che l’innesto dell’art. 2437-bis, 1° comma, c.c. all’interno della s.r.l. costituisce l’unico esito possibile (non di un’eterointegrazione che frustra l’indipen­denza del tipo ma) di un’autointegrazione (che ne valorizza gli elementi distintivi). Valgano in proposito le seguenti considerazioni. Nell’articolato normativo della s.r.l. una vicenda che riproduca lo stesso conflitto posto alla base del recesso e che contenga una specifica indicazione di carattere temporale esiste, e conduce a soluzioni che con i princìpi elaborati dalla giurisprudenza – e con la pretesa sostituzione delle regole “organizzative” di matrice azionaria ad opera dei labili standard del diritto negoziale – hanno ben poco a che fare. Si tratta del rapporto tra società e socio in ordine a decisioni non conformi alla legge o all’atto costitutivo. Al riguardo, l’art. 2479-ter c.c., seguendo un’imposta­zione tipicamente “organizzativa”, non contiene alcun riferimento a tempi di impugnazione elastici o a parametri mobili (quali la correttezza e la buona fede) in funzione di filtro all’Anfechtungsklage. All’esatto opposto, la norma [continua ..]


4. L’autointegrazione: una regola cautelare al servizio di un’istanza di compatibilità

In definitiva, applicare la tecnica dell’autointegrazione significa: (i) individuare una regola, interna alla s.r.l., che dirime lo stesso tipo di conflitto posto alla base della vicenda non disciplinata; (ii) isolare – a partire dalla regola – una tecnica di composizione del conflitto (potrebbe dirsi un tipo di regola); (iii) costruire una (nuova) regola – se del caso mediante l’applicazione analogica del diritto azionario – che, in riferimento alla vicenda non disciplinata, replichi lo stesso ordine di priorità riflesso nella tecnica di composizione del conflitto astratta dalla fattispecie disciplinata [43]. In questa prospettiva, l’importazione dei termini di decadenza fissati dall’art. 2437-bis, 1° comma, c.c., lungi dall’essere frutto di una pedissequa applicazione della disciplina azionaria alla s.r.l., appare l’unico risultato possibile di un’autoin­tegrazione del tipo (se si vuole, un’autointegrazione per via di eterointegrazione) [44], trattandosi di disposizione che recepisce – seppure all’interno della s.p.a. – la stessa tecnica di composizione del conflitto isolata a partire dalla s.r.l. e dalle gerarchie di valori o interessi che la stessa tutela e promuove [45]. Al riguardo si impone un’ulteriore considerazione. In linea generale, scegliere un metodo di interpretazione che risolva dall’interno i problemi lasciati aperti dalla disciplina del tipo significa due cose: (i) in primo luogo, significa che alla base c’è l’esigenza di garantire la massima Anknüpfungskraft alle singole soluzioni proposte [46], che non soltanto devono essere astrattamente coerenti con il tipo ma devono altresì mostrare una concreta capacità di saldarsi stabilmente ad esso, senza produrre – una volta realizzato l’innesto – effetti disfunzionali; (ii) in secondo luogo, significa che la risposta più lineare e immediata ad una siffatta esigenza di Anknüpfung viene individuata nel preconcetto (in definitiva legittimo) che accredita a soluzioni endogene maggiori possibilità di “stabilizzarsi” e armonizzarsi con la disciplina del tipo rispetto al frutto di un innesto ab externo. Se così stanno le cose, l’autointegrazione, più che un metodo [continua ..]


5. Il problema del recesso parziale da s.r.l.

Le riflessioni svolte confermano la sensazione iniziale, e cioè che il recesso da s.r.l. rappresenti un osservatorio privilegiato per chi intenda verificare la tenuta e i limiti della tecnica dell’autointegrazione quale strumento di attuazione della Typuslehre. Rilevato che il recesso innesca un tipo di conflitto in tutto e per tutto identico nella s.p.a. e nella s.r.l., la distinzione tra un sistema normativo costruito sul socio e un sistema normativo costruito sull’azione è destinata a perdere peso sul piano dell’argomentazione. E un buon uso della tecnica dell’autointegrazione (non solo non esclude ma anzi) impone soluzioni omogenee, comuni alla s.p.a. e alla s.r.l., in ordine ai profili dinamici del recesso. Un simile rilievo può indurre a rimeditare un ulteriore problema, anch’esso in definitiva ascrivibile all’area dei profili dinamici del recesso da società di capitali e non di rado risolto dagli interpreti in senso divisivo. Si tratta dell’ammissibilità – in mancanza di indicazioni puntuali ad opera del­l’art. 2473 c.c. – di un recesso parziale da società a responsabilità limitata. Ammissibilità che alcuni negano recisamente [51] e che altri – con soluzione comunque diversa dalla regola azionaria – condizionano ad un’espressa previsione permissiva dell’atto costitutivo, necessaria – è stato detto – allo scopo di derogare ad un modello legale altrimenti incentrato sulla persona del socio e sul carattere unitario della partecipazione [52]. Risulta chiara sin da subito la debolezza dell’argomento. Ed è sufficiente considerare la contraddizione nei risultati che discende da un utilizzo a scopi prescrittivi dell’elemento personalistico: da un lato, la centralità della persona del socio conduce la giurisprudenza a predicare una più ampia libertà di disinvestire, sottraendo l’intimazione del recesso alle decadenze previste nella s.p.a.; dal­l’altro lato, la centralità della persona del socio si risolve in un ostacolo al recesso, ponendo un vincolo di inscindibilità che penalizza le scelte individuali di disinvestimento. Significativa risulta al riguardo la previsione dell’art. 2497-quater, 1° comma, lett. b), c.c., che, legittimando il socio esterno di [continua ..]


NOTE