<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Le società quotate tra modelli normativi “rigidi” e autonomia statutaria: spunti per un´analisi comparata italo-tedesca (di Alessandro M. Luciano, Christoph Andreas Weber)


SOMMARIO:

1. Ordinamento societario ed autonomia contrattuale - 2. Il “modello” italiano: struttura e composizione degli organi sociali della società per azioni quotata - 3. Il “modello” tedesco: sistema dualistico e Mitbestimmung - 4.  Il “rigido” schema della Aktiengesellschaft: Satzungsstrenge e tutela del­l’in­vestitore - 5. Segue. La standardizzazione delle azioni e la predisposizione di modelli alternativi - 6.  Norme imperative e mercato azionario: gli “spunti” forniti dall’esperienza italiana per una riforma dell’Aktiengesellschaft - NOTE


1. Ordinamento societario ed autonomia contrattuale

Il principio di libertà nella regolazione dei rapporti tra privati impone, come noto, che la disciplina del fenomeno contrattuale avvenga prevalentemente per mezzo di norme dispositive, limitando le previsioni di carattere imperativo ai casi in cui sia strettamente necessario per tutelare particolari interessi qualificati. Nel contesto delle società di capitali, in particolare, le norme imperative sono funzionali a impedire (o correggere) eventuali “fallimenti di mercato”, ovvero a “proteggere soggetti che (...) sono portatori di interessi meritevoli di tutela che, se pregiudicati, potrebbero determinare una perdita di benessere per l’intero sistema” 1. Considerato, tuttavia, che la “costellazione di interessi” 2 che gravitano intorno alle società di capitali è particolarmente complessa e che sull’effettivo rilievo che questi assumono in rapporto alla disciplina del fenomeno non sussiste unicità di vedute 3, la questione si pone in questo ambito in termini del tutto peculiari 4. Il rapporto tra norme imperative (mandatory o immutable rules) e dispositive (enabling rules o default law) rappresenta, pertanto, una delle tematiche più controverse delle quali si è occupata la letteratura internazionale in tema di diritto societario 5. Il presente scritto intende soffermarsi sulle questioni appena indicate, in una prospettiva di comparazione tra l’ordinamento italiano delle società per azioni quotate e quello tedesco 6. Tale raffronto è ricco di spunti di interesse: la nota uniformità di principi normativi e la presenza di elementi comuni con riguardo alle caratteristiche della proprietà azionaria, che in ambedue i sistemi capitalistici è (tendenzialmente) “concentrata” 7, non impedisce di adottare un approccio fondamentalmente differente riguardo alle questioni oggetto di studio.


2. Il “modello” italiano: struttura e composizione degli organi sociali della società per azioni quotata

L’ordinamento delle società quotate italiane si caratterizza per la sussistenza di (relativamente) ampi spazi per l’autonomia dei contraenti 8. Questo aspetto è stato, peraltro, enfatizzato dalla più recente legislazione in materia, che permette di ritenere che sia in atto una tendenza a consentire la personalizzazione della struttura della società e dell’investimento, pur se nel rispetto di limiti ben precisi 9. Per quanto concerne la posizione del socio, chiara espressione di questa “tendenza” sono i “nuovi” principi normativi posti dagli artt. 127-quater e quinquies, t.u.f., i quali consentono di prevedere disposizioni statutarie volte a regolare rispettivamente maggiorazioni del dividendo e del voto 10. A prescindere dalle numerose e complesse questioni interpretative che tali previsioni pongono 11, è innegabile che introducono un forte elemento di variabilità e soggettivizzazione nell’ambito di un tipo sociale che basa tradizionalmente la propria normativa sulla standardizzazione dell’investimento 12. Con riguardo ai sistemi di amministrazione e controllo, i (rilevanti) margini di operatività concessi all’autonomia statutaria sono ben rappresentati dalla possibilità di scegliere liberamente fra tre differenti modelli. Assumendo come noti i caratteri fondanti della governance delle s.p.a. italiane, ci si limita a ricordare che, in assenza di una specifica determinazione in senso contrario, l’ordinamento societario dispone che le s.p.a. siano governate dal c.d. sistema “tradizionale” /cfr. art. 2380, 1° comma, c.c.). È possibile, tuttavia, scegliere altresì fra due ulteriori modelli “alternativi” 13: il monistico (ispirato alle corporations anglosassoni) ed il dualistico (riferibile all’esperienza tedesca). Questa opzione normativa si applica non solo alle s.p.a. c.d. “chiuse”, ma anche a quelle “aperte” le cui azioni sono negoziate in un mercato regolamentato 14. Pur registrandosi uno scarso successo sul piano applicativo dei suindicati sistemi alternativi, non può sottovalutarsi l’importanza che la possibilità di effettuare siffatta scelta assume da un punto di vista dogmatico, in quanto espressione della presenza di una logica legislativa a favore della facoltà dei [continua ..]


3. Il “modello” tedesco: sistema dualistico e Mitbestimmung

Per quanto riguarda la libertà di autodeterminazione nel diritto societario tedesco è, anzitutto, da notare una forte contrapposizione tra le regole in materia di GmbH – l’equivalente della s.r.l. – e la s.p.a. (Aktiengesellschaft: AG). I soci della GmbH godono di ampia libertà nel determinare la struttura interna della società e nel regolare il rapporto di forze tra gli organi 31; la regolamentazione della AG è, invece, basata sulla c.d. Satzungsstrenge, in ragione della quale le norme concernenti il diritto azionario (Aktiengesetz, AktG) sono imperative, salvo eccezioni. Gli aspetti sui quali la legge non stabilisce regole complete, tuttavia, possono essere regolati da disposizioni complementari dello statuto 32. Dato che l’AktG contiene una molteplicità di previsioni dettagliate e complete che raramente ammettono deroga, la disciplina in questione è, in definitiva, “rigida” e limita strettamente l’am­bito dell’autonomia contrattuale 33. Il modello della governance societaria tedesca è ben noto: basti, pertanto, una breve ricapitolazione delle sue caratteristiche più rilevanti. Il consiglio di gestione (Vorstand) dirige l’andamento dell’attività della AG, assumendone la piena responsabilità 34. L’organo di controllo – c.d. consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat) – ha, tra l’altro, il compito di riunire, quando necessario, l’assemblea e di nominare (e revocare, anche se solo in presenza di giusta causa) i membri del consiglio di gestione. Esso esprime altresì il suo consenso in relazione agli atti amministrativi per i quali è richiesto 35. L’Aufsichstrat è tenuto a “controllare” l’attività dei membri del Vorstand; a tal fine gli è consentito di esaminare le scritture contabili della società, così come di stabilire che per l’attività gestionale svolta in determinati ambiti (o rispetto a specifici atti) si renda necessario il suo “coinvolgimento”, che si realizza in occasione della concessione di autorizzazioni 36. In tali circostanze, tuttavia, il potere dell’Aufsichtsrat è limitato a un diritto di veto (Vetorecht) e non comprende la facoltà di istruire il [continua ..]


4.  Il “rigido” schema della Aktiengesellschaft: Satzungsstrenge e tutela del­l’in­vestitore

Il modello di governance appena descritto – insieme ad una pluralità di regole di dettaglio – è fissato in modo imperativo dal già citato principio della Satzungsstrenge 44. Tale conclusione è stata raggiunta – in realtà senza che ne sia stato mai pienamente chiarito il senso – dal Reichsgericht(l’antecessore del BGH) molti anni prima della sua codificazione nel 1965 45. Ad oggi, le ragioni della sussistenza di tale principio vengono generalmente rintracciate nell’ambito di tre argomenti: protezione degli investitori, standardizzazione del titolo azionario e conservazione della differenza tra la GmbH e l’AG 46. Per molti anni l’approccio predominante è stato il primo, ovvero quello volto ad affermare che la rigidità del modello tedesco è resa necessaria della necessità di proteggere gli investitori. Questa considerazione è probabilmente suggerita dal fatto che il modello-tipo di AG è la grande s.p.a. quotata, i cui azionisti possono essere considerati non solo proprietari, ma anche investitori del mercato finanziario 47. Negli ultimi decenni, tuttavia, questi argomenti hanno (almeno in teoria) perso buona parte della loro suggestione, in quanto la dottrina economica ha dimostrato che in un sistema di mercato efficiente le azioni di una società con struttura di governance inadeguata subiscono un deprezzamento. Questo effetto crea “naturalmente” un incentivo per migliorare la governance e protegge gli investitori dal rischio di pagare un prezzo delle azioni superiore al loro effettivo valore. Sebbene l’ipotesi del mercato efficiente appena descritta non corrisponda sempre alla realtà, può quanto meno affermarsi che regole di diritto dei mercati finanziari funzionali a perseguire questi obiettivi sembrano più adatte a garantire la tutela degli investitori rispetto alle norme imperative del diritto societario 48. A ciò deve aggiungersi che la maggior parte delle disposizioni da ultimo menzionate si applicano anche alle s.p.a. non quotate, pur rappresentando queste più del 95% del totale delle Aktiengesellschaften 49: in tale ipotesi è realmente difficile ipotizzare che dette regole servano a tutelare gli investitori 50. Il primo ordine di argomenti, in [continua ..]


5. Segue. La standardizzazione delle azioni e la predisposizione di modelli alternativi

Un altro argomento a favore del mantenimento della Satzungssstrenge trae fondamento dal riconoscimento degli effetti benefici che la standardizzazione del prodotto giuridico-azione comporta rispetto alla sua diffusione nel mercato. Se certamente gli investitori potrebbero informarsi sulle caratteristiche della governance di una società, questo comporta una serie di rilevanti “costi”, con conseguente perdita di efficienza e di attrattiva dell’investimento nel mercato azionario 56. Tali assunti, però, sono facilmente confutabili alla luce dell’esperienza straniera: la realtà statunitense (così come, tra le altre, quella italiana e svizzera) dimostrano che la Satzungsstrenge non rappresenta un presupposto necessario per garantire lo sviluppo dei mercati finanziari 57. A ciò deve aggiungersi che, come già osservato, se questi ultimi sono “efficienti”, non è necessario che gli investitori analizzino la governance societaria, dato che l’andamento del prezzo dovrebbe rappresentare lo “specchio” della sua adeguatezza 58. L’approccio più persuasivo è, pertanto, il terzo ed ultimo, basato sulla necessità che il legislatore predisponga una varietà di forme giuridiche per l’esercizio di attività economiche al fine di garantire libertà di scelta tra modelli alternativi. In questa prospettiva, le norme imperative del diritto societario possono essere considerate un’altra forma di enabling law: tramite la rigida forma legale della società, que­st’ultima tramette informazioni certe sulla governance a investitori e creditori 59. Il principio della Satzungsstrenge, quindi, rappresenterebbe un elemento caratteristico idoneo a distinguere l’Aktiengesellschaft tedesca da altre forme giuridiche predisposte per l’esercizio dell’attività d’impresa ed, in particolare, dalla GmbH 60. Per queste ragioni sembra necessario, per un verso, conservare il principio in questione anche per le s.p.a. non quotate, per altro verso, non enfatizzare eccessivamente la differenza fra Aktiengesellschaften quotate e non 61. Sotto un differente punto di vista, una decisa attenuazione della Satzungsstrenge – ed ancor di più la sua abrogazione – [continua ..]


6.  Norme imperative e mercato azionario: gli “spunti” forniti dall’esperienza italiana per una riforma dell’Aktiengesellschaft

Da quanto osservato in precedenza emerge come il diritto delle società quotate italiano, particolarmente “avanzato” sotto svariati aspetti, possa essere d’ispira­zio­ne per lo sviluppo della disciplina tedesca. In particolare, sarebbe del tutto auspicabile che il legislatore si impegnasse a prevedere un testo organico e completo contenente l’intera normativa in tema di mercati finanziari e di società quotate, sul modello del t.u.f. italiano 63. Per quanto, poi, concerne la “rigidità” del modello tedesco, occorre considerare che sebbene l’esperienza italiana, tra le altre, dimostri che anche nell’Europa continentale il mercato borsistico può essere efficacemente regolato in assenza di un tale principio normativo 64, non ne sembra auspicabile l’abolizione. Il noto fenomeno della “dipendenza dal sentiero” (path dependency) impone di approcciare in modo cauto le riforme riguardanti aspetti fondanti di un sistema normativo quale quello in argomento. Di conseguenza, un approccio più adatto alle peculiarità dell’ordinamento tedesco potrebbe portare all’introduzione di una ulteriore e nuova forma giuridica, caratterizzata dalla libertà di accesso ai mercati finanziari ma, nello stesso tempo, anche dal riconoscimento di ampi margini di libertà di autodeterminazione 65. Una soluzione di questo tipo è confortata dal successo di una “nuova” forma di GmbH recentemente introdotta dal legislatore, che si distingue dal modello “originario” per la presenza di regole sul capitale sociale meno stringenti c.d. Unternehmergesellschaft (haftungsbeschränkt) 66. Quanto proposto non si pone in alternativa alla previsione di una riforma della s.p.a. tedesca funzionale ad attenuare la “rigidità” del modello, purché ispirata alla necessaria “prudenza” che, si è detto, deve contraddistinguere siffatti interventi normativi. L’esempio italiano dimostra, in particolare, che è possibile concedere alle società la scelta tra il modello monistico e dualistico, come d’altra parte ha richiesto un’associazione di giuristi tedeschi (Deutscher Juristentag) sulla base di una proposta di Mathias Habersack 67. La diffusione della società europea nell’ordinamento tedesco dimostra, [continua ..]


NOTE