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1. L’introduzione nell’ordinamento italiano e la progressiva estensione delle s.r.l. con capitale ridotto - 2. L’esito, allo stato, della produzione normativa sulle s.r.l. con capitale ridotto - 3. La semplificazione dei conferimenti in danaro: il ruolo degli amministratori - 4. La conformità al modello standard nella s.r.l. semplificata - 5. La “inderogabilità delle clausole” del modello standard - 6. Capitale ridotto e riserva legale: l’integrazione sistematica dell’art. 2463, 4° comma, con l’art. 2430 c.c. - 7. La “reintegrazione” della riserva legale “diminuita”, le operazioni sul capitale ridotto e l’obiettivo del “patrimonio netto vincolato” di euro 10.000 - 8. La s.r.l. con capitale ridotto, semplificata e non, come variante d’arrivo da altra variante o forma societaria - NOTE
Nel 2012 ha fatto ingresso nel nostro sistema la s.r.l. dotata di un capitale ridotto, inferiore ad euro 10.000 e almeno pari a 1 euro 1. Essa vive fin dall’inizio una vita complicata, caratterizzata da ripensamenti e correzioni in corso d’opera da parte di un legislatore indeciso e poco capace; né è chiaro se questo iter tortuoso stia finalmente giungendo a completamento. L’autore deve, perciò, avvisare il lettore di un duplice rischio: le riflessioni che vengono presentate possono risultare affrettate in considerazione del pochissimo tempo trascorso dalla legge di conversione, con importanti modifiche, dell’ultimo decreto legge in tema 2; il saggio potrebbe nascere obsoleto, ove – nelle more tra la consegna del lavoro all’editore e la sua pubblicazione – intervenisse l’ennesimo “colpo di coda” su aspetti rilevanti sul piano sistematico. Il fenomeno ha inizialmente assunto una duplice forma, quella della s.r.l. semplificata di cui all’art. 2463-bis c.c. (introdotto dall’art. 1, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. con legge n. 27/2012) e quella della s.r.l. a capitale ridotto di cui all’art. 44, d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (conv. con legge n. 134/2012), ed ha conosciuto una certa diffusione, anche considerata la situazione economica nel periodo decorso dall’entrata in vigore (29 agosto 2012): il Consiglio Nazionale del Notariato 3 segnala che al 31 maggio 2013 sono state censite quasi 13.000 nuove s.r.l., circa due terzi delle quali (8.620) costituite come s.r.l. semplificate e circa un terzo (4.353) come s.r.l. a capitale ridotto. Le differenze tra le due citate forme erano basate sull’accesso della sola s.r.l. semplificata ad agevolazioni sui costi di costituzione (esenzione dagli onorari notarili, dall’imposta di bollo, dai diritti di segreteria in sede di iscrizione nel registro delle imprese): agevolazioni inizialmente riservate a soci persone fisiche di età inferiore a 35 anni, tra le quali occorreva scegliere gli amministratori, ed invocabili alla ulteriore condizione di conformare l’atto costitutivo al modello riprodotto nella Tabella A allegata al d.m. n. 138/2012 4. Viceversa, per ottenere il solo beneficio del capitale ridotto, alla s.r.l. non semplificata veniva richiesto che soci ed amministratori fossero persone fisiche e che il capitale fosse [continua ..]
L’ultimo intervento legislativo del 2013, per certi versi, ratifica e porta a compimento un’operazione al cui esito già si poteva giungere in precedenza sul piano interpretativo. Sotto l’apparente duplicità di forme (s.r.l. semplificata e s.r.l. a capitale ridotto) invero già si celava la creazione di un’unica variante interna al tipo s.r.l., contraddistinta da un capitale ridotto, associato alla immediata disponibilità di danaro in misura corrispondente 5. Gli altri elementi tipici di questa variante non rappresentavano un elemento distintivo rispetto alla normale s.r.l.: basti considerare che nulla vieta ad una qualsiasi s.r.l., con apposita clausola statutaria, di limitare alle sole persone fisiche (e, tra queste, anche a chi abbia meno di 35 anni) l’accesso alla compagine sociale e all’amministrazione, così come nulla vieta di prevedere che il capitale sociale debba sempre – al momento della sua creazione – essere immediatamente liberato con versamenti in danaro. L’apparente duplicità di varianti in realtà era, e resta, semplicemente connessa ad una restrizione nella invocabilità di un beneficio ulteriore rispetto al capitale ridotto: l’agevolazione concessa nella sola fase di costituzione mediante l’esenzione dai costi notarili e fiscali/amministrativi. La quale veniva legata a condizioni prive di implicazioni sul piano della disciplina, se si eccettua la sola norma, obbediente ad evidenti finalità antielusive, tesa a prescrivere la nullità del trasferimento di quota a persone aventi più di 35 anni. Essendo maturata l’idea della opportunità di estendere tale esenzione a tutte le s.r.l. e venendo eliminata, pertanto, la ricordata norma antielusiva, cessa di avere senso anche la sola apparenza di una duplicità di varianti. Può allora definitivamente prendersi atto della enucleazione di una variante di s.r.l. a carattere stabile, cioè con disciplina per lo più non limitata alla sola fase costitutiva 6, oggi aperta a qualsiasi base sociale e caratterizzata da una disciplina del patrimonio netto e dei conferimenti parzialmente diversa da quella ordinaria: nella misura del capitale, nell’oggetto dei conferimenti iniziali, nella misura e nella disciplina della riserva legale. La variante in discorso – [continua ..]
A proposito di semplificazioni, vi è ormai una forma minore di “semplificazione” che si riscontra nella fase costitutiva di ogni s.r.l. Si tratta della sostituzione generalizzata del versamento del danaro, oggetto di conferimento, prima dell’atto costitutivo su conto bancario indisponibile sino ad avvenuta iscrizione nel registro delle imprese, con il versamento del medesimo nelle mani degli amministratori: una misura che opportunamente consente la fruibilità immediata ed integrale del capitale sociale (e dell’eventuale sovrapprezzo) per favorire il compimento di quegli atti organizzativi e, se del caso, già operativi che servono all’impresa societaria per abbreviare la fase di start-up e più rapidamente accedere ai mercati interessati. Al vincolo di indisponibilità bancaria sul 25% dei conferimenti pecuniari si sostituisce, dunque, un versamento che alla lettera deve essere effettuato all’organo amministrativo nominato nell’atto costitutivo, con indicazione dei mezzi di pagamento nel medesimo atto. Nei limiti in cui ci si può occupare del tema in questo studio, invero destinato agli interventi specifici sulle s.r.l. con capitale ridotto, può rilevarsi che la prescrizione va interpretata proprio alla luce del manifesto intento di semplificazione e di razionalizzazione: essa, in sostanza, richiede certezza e assunzione di responsabilità sulla disponibilità immediata del danaro corrispondente ai versamenti dichiarati. Entrambe si dovrebbero principalmente ottenere mediante la dichiarazione degli amministratori, fonte di responsabilità a loro carico, di immediata ed integrale disponibilità di danaro in misura corrispondente al capitale sociale (e all’eventuale sovrapprezzo) e la descrizione delle modalità con cui tale danaro è posto a disposizione della società. Sembra logico porre l’accento proprio sulla predetta dichiarazione degli amministratori, rispetto alla quale l’indicazione dei mezzi di pagamento ha funzione ancillare, di mero conforto circa la sua rispondenza alla realtà. Nella maggior parte delle s.r.l., i cui soci sono anche amministratori, la dazione, di per sé, si risolve in un passaggio del denaro da una mano all’altra dello stesso soggetto (in caso di socio unico amministratore) o nella finzione di uno scambio reciproco di [continua ..]
L’unica “semplificazione” a cui la denominazione s.r.l.s. rimanda oggi consiste nella conformità dell’atto costitutivo al modello standard tipizzato, che nel momento in cui si scrive è ancora quello incluso nella Tabella A allegata al d.m. n. 138/2012. La “conformità” prevista dall’art. 2463-bis, 2° comma, c.c., è funzionale alla riduzione al minimo delle prestazioni gratuitamente richieste al notaio (redazione dell’atto costitutivo per atto pubblico, effettuazione dei controlli di legalità, esecuzione degli adempimenti successivi all’atto). Sennonché il citato modello di riferimento – che è da aggiornare soprattutto a seguito della recente ricordata estensione dell’area dei soci a tutte le persone fisiche 9 – si presenta non già come un articolato di rigida applicazione, bensì come uno schema che, salvo alcune imprescindibili clausole, risulta ricco di opzioni ed aperto a diverse soluzioni rimesse ai soci interessati 10. A parte la comprensibile mancanza di predeterminazione, anche solo per categorie, delle attività rientranti nell’oggetto sociale (art. 2 del modello), e la meno comprensibile assenza di indicazioni su aspetti come la durata della società e la data di chiusura degli esercizi sociali, si noti quanto segue. i) L’art. 1 del modello consente la eventuale previsione di sedi secondarie senza limitazione alcuna, quindi anche all’estero, con conseguente arricchimento della regolamentazione con quanto eventualmente richiesto dalla legge straniera interessata in base al territorio in cui si intende aprire la sede secondaria. ii) L’art. 3 del modello prevede che si indichi da chi e con quali quote venga sottoscritto il capitale, mentre il successivo art. 9 prevede che si specifichi quale somma e con quale mezzo sia stata versata all’organo amministrativo, che ne rilascia debita attestazione, a titolo di conferimento: le suddette previsioni sembrano compatibili tanto con una assegnazione proporzionale quanto con una assegnazione non proporzionale delle quote sottoscritte rispetto alla provenienza dei conferimenti, sicché in ciò potrebbe ravvisarsi uno spazio di autonomia e di ulteriore regolamentazione11. iii) L’art. 5 del modello, in tema di struttura dell’organo amministrativo, in via esplicita apre all’opzione tra [continua ..]
Questa conclusione, tuttavia, deve fare i conti con la recentissima aggiunta, nell’art. 2463-bis c.c., di un 3° comma del seguente tenore: “le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili”. Viene da chiedersi quale sia il significato di questa, apparentemente inutile, precisazione. Alla lettera l’inderogabilità delle clausole comporta che esse non possano essere sostituite da altre che introducano regole diverse da quelle che le clausole impongono. Ma, v’è subito da dire, ciò non è mai stato dubbio: nessuno ha mai ipotizzato che si potessero derogare quelle clausole. Piuttosto si è preso atto della accentuata incompletezza di quelle clausole e si è constatato che proprio quelle clausole in molti punti ammettono, e in una certa misura richiedono, di essere integrate o sviluppate o chiarite nella loro effettiva portata, suscettibile di più direzioni. Ora l’inderogabilità delle clausole di un contratto (o atto unilaterale) non è affatto incompatibile con la loro integrazione sia nei punti niente affatto regolati (es. durata), sia nei punti regolati in senso generale o in modo assai superficiale (es. l’organo amministrativo è composto da uno o più amministratori; all’organo amministrativo spetta la rappresentanza), ma muti nella loro concretizzazione a fini operativi. Insomma, il significato attribuibile all’aggettivo “inderogabili” riferito alle “clausole del modello standard tipizzato” non pare, di per sé solo, in grado di mutare la conclusione sopra raggiunta sul grado di autonomia di cui godono i soci nel costituire una s.r.l. semplificata. A conclusione diversa potrebbe giungersi se si considera che, a seguito dei vari interventi succedutisi, la s.r.l. semplificata non ha più alcuna specificità di disciplina societaria: essa è assoggettata alle stesse norme stabilite per tutte le s.r.l. con capitale ridotto dall’art. 2463, 4° comma, c.c. Persino la riserva della posizione di socio alle persone fisiche, indubbiamente essenziale in fase costitutiva, non è chiaro in quale misura mantenga la propria essenzialità nel prosieguo, dal momento che è venuta meno la norma che sanciva la nullità dei trasferimenti a soggetti diversi dalle persone fisiche di età inferiore ai 35 anni [continua ..]
Dalla s.r.l. semplificata, dunque, l’attenzione si sposta sulla principale innovazione: la s.r.l. con capitale ridotto. Essa, rispetto alla prima versione edita, si contraddistingue per due caratteristiche che la avvicinano alla s.r.l. ordinaria ed una che la differenzia e la contraddistingue. Le prime due consistono nell’essere tale variante ora disponibile per ogni socio, anche non persona fisica, e nel fatto che si rinunzia a segnalare la presenza di un capitale inferiore ad euro 10.000 nella denominazione sociale. La terza attua una “difesa” del capitale mediante il rafforzamento della riserva legale, cioè della riserva che si realizza tramite l’accantonamento, imposto dalla legge, di una parte degli utili netti risultanti dal bilancio sino al raggiungimento della soglia prevista: mentre nelle s.p.a. e nelle s.r.l. con capitale non inferiore ad euro 10.000 l’accantonamento obbligatorio, come è noto, concerne il 5% degli utili sino a che la riserva raggiunga il 20% del capitale, in ogni s.r.l. con capitale ridotto occorre accantonare almeno il 20% (un quinto) degli utili sino a che l’ammontare della riserva e quello del capitale insieme raggiungano euro 10.000. Ora si tratta di capire in quali rapporti questa riserva legale si ponga con la ordinaria riserva legale valevole per tutte le s.r.l. (ex art. 2430 c.c., richiamato dall’art. 2478-bis c.c.); avendo la prima proprie specificità di disciplina, va data risposta ad una serie di quesiti derivanti dalla coesistenza delle due disposizioni. In ciò occorre tenere sempre presente che la misura adottata per le s.r.l. con capitale ridotto rappresenta uno strumento di compensazione della ammessa riduzione del capitale minimo, onde rafforzare un patrimonio netto indebolito da un capitale irrisorio. In primo luogo viene da chiedersi se nelle s.r.l. con capitale ridotto la riserva in questione sostituisca o affianchi quella in generale prevista dall’art. 2430. La risposta pare dover essere articolata: essa non la sostituisce in toto, ma nemmeno vi si aggiunge duplicando le riserve legali: si richiede, piuttosto, una integrazione sistematica delle due discipline. Sembra corretto ritenere, infatti, che non si debba accantonare, oltre al 20%, anche un ulteriore 5% degli utili (in totale il 25%), sino al raggiungimento delle rispettive soglie: l’accantonamento del 20% già [continua ..]
Può aggiungersi ancora qualche riflessione sulla prescrizione, contenuta nell’ultimo periodo del 4° comma dell’art. 2463, per la quale la riserva “deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione”. Si replica, così, nel caso di specie, quanto già dispone l’art. 2430, 2° comma, c.c. per la riserva legale ordinaria. Ma ci si può chiedere per quali ragioni, oltre alle perdite, può “diminuire” la riserva de qua. Non v’è dubbio che la riserva possa essere erosa da perdite di esercizio, le quali secondo i principi [[23]] gravano prima sulle eventuali riserve meno vincolate, poi erodono la riserva legale e soltanto per la differenza incidono sul capitale [[24]]. Su ciò nulla quaestio. Ed è appena il caso di ricordare che, non potendo incidere le perdite direttamente sul capitale, non è ipotizzabile che per questa ragione – cioè a causa di un capitale ridotto per perdite e per compensare tale riduzione – la riserva legale, di ammontare in ipotesi inalterato o solo parzialmente diminuito, sia da ricostituire e da aumentare. Una ipotesi di questo genere, invece, deve almeno teoricamente affacciarsi per il caso di riduzione reale del capitale. Nell’assenza di espresse disposizioni in deroga, almeno a prima vista potrebbe sembrare che anche un capitale inferiore ad euro 10.000 possa essere ulteriormente ridotto ai sensi dell’art. 2482 c.c. con deliberazione soggetta all’opposizione dei creditori. In assenza della quale il capitale potrebbe essere realmente ridotto ad es. da euro 6.000 ad euro 1.000, con conseguente necessità di progressivamente aumentare la riserva legale da euro 4.000 ad euro 9.000. Per il vero si potrebbe escludere che l’ultimo periodo del 4° comma dell’art. 2463 intenda riferirsi anche ad un caso del genere, poiché non si tratterebbe di un caso di riserva da “reintegrare” perché “diminuita”, bensì da “integrare” perché, pur intatta, è divenuta insufficiente. E soprattutto, al di là dell’obiezione fondata sulla lettera della legge, si potrebbero avanzare dubbi non palesemente infondati sull’ammissibilità di una riduzione reale del capitale nel frangente, se si valorizzano gli sforzi effettuati dal [continua ..]
Un aspetto problematico di notevole rilevanza teorica e pratica, come emerge sin dai primi commenti sulle s.r.l. con capitale ridotto, è quello delle barriere al passaggio da una forma societaria all’altra. L’unico passaggio che oggi si può dire senz’altro favorito dal legislatore – come appare chiaro dalla esplicita imputabilità a capitale della riserva legale formata ai sensi dell’art. 2463, 4° comma, c.c. – è quello da s.r.l. con capitale ridotto (semplificata e non) a s.r.l. con capitale ordinario; e può ritenersi certamente consentita la sua trasformazione omogenea o eterogenea in altro tipo di società o ente 26. In questi casi, escluso che il passaggio tra le varianti interne al tipo s.r.l. diano causa al recesso del socio 27 non trattandosi di trasformazione del tipo 28, ci si può chiedere soltanto quale sia la sorte della riserva legale, se essa non venga interamente utilizzata per l’aumento del capitale sociale; e la risposta sembra intuitiva: essendosi esaurita la funzione assegnatale dall’art. 2463, 4° comma, c.c., essa rimane vincolata (in caso di passaggio a s.r.l. ordinaria o a società azionaria) nei limiti di cui all’art. 2430, cioè entro il limite del quinto del nuovo capitale, divenendo per l’eccedenza una riserva pienamente disponibile e distribuibile. Rimane poco chiaro, invece, sia il passaggio interno tra la s.r.l. semplificata e la s.r.l. non semplificata con capitale ridotto (i) e viceversa (ii), sia il passaggio da s.r.l. con capitale ordinario o altro tipo di società a s.r.l. con capitale ridotto (semplificata o no) (iii). (i) Una s.r.l. semplificata, nel corso della propria vita, potrebbe essere interessata a divenire una s.r.l. non semplificata, rimanendo con un capitale inferiore ad euro 10.000 29. L’interesse dei soci può legarsi all’utilità sopravvenuta di regole statutarie non conformi a quelle del modello standard e/o alla cessione delle proprie quote a soggetti diversi dalle persone fisiche. Si tratta, in sé, di finalità meritevoli di tutela, ma in teoria si potrebbe prospettare il pericolo della fruizione di vantaggi non (più) giustificati: quello stesso pericolo che in un primo tempo aveva indotto il legislatore a comminare la nullità delle cessioni di quote a soggetti diversi da quelli cui era [continua ..]