Questo saggio esamina le disposizioni introdotte dall’art. 57 del d.l. n. 50/2017 che consentono a tutte le P.M.I. costituite nella forma di società a responsabilità limitata di creare categorie di quote, anche fornite di diritti diversi, e di offrirle al pubblico degli investitori. Tale innovazione viene collegata alla contestuale creazione, su impulso di disposizioni comunitarie, di mercati specificamente dedicati alle piccole e medie imprese (mercati di crescita), per favorirne il finanziamento attraverso il ricorso al mercato del capitale di rischio. L’articolo valuta le ricadute di tali nuove disposizioni sui diversi sub-modelli di società a responsabilità limitata regolati dal diritto italiano e, in particolare, sull’interpretazione di alcune regole relative alla loro dotazione di capitale. Analizza inoltre gli effetti di tali disposizioni sulla caratteristiche tipologiche della società a responsabilità limitata e, in generale, sul principio di tipicità operante nel sistema di diritto societario italiano.
The article analyzes the rules set by the Italian Decree Law No. 50/2017 (art. 57) that enables SMEs incorporated in the form of “società a responsabilità limitata” (a private limited liability company) to issue securities and to offer them to the public. This novelty is connected with the UE recent rules providing the creation of special markets for SMEs (Growth markets), aimed to improve the financing of small business enterprises. The article analyzes the effects of those rules regarding the relevance and the need of equity capital in such companies. Furthermore, it evaluates the implications of those rules on traditionally mandatory constraints which identify the legal forms of corporations in Italian Law.
KEYWORDS: Private Limited Liability Companies Small and medium enterprises (SMEs) – SMEs access to capital markets – UE Growth markets – SMEs equity capital – Corporate legal forms of SMEs issuing securities.
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1. Il modello della P.M.I. nel tipo della società a responsabilità limitata - 2. L’accesso della s.r.l.-P.M.I. al mercato del capitale di rischio - 3. Il finanziamento della piccola e media impresa e le metamorfosi della società a responsabilità limitata - 4. Il capitale sociale della società a responsabilità limitata nella prospettiva della crescita - 5. Evoluzione del modello e tipicità delle società - NOTE
Nei recenti interventi del legislatore nazionale ed europeo sono sempre più numerose le disposizioni dedicate alle piccole e medie imprese che rientrano nella categoria delle P.M.I. definita secondo i parametri fissati in sede comunitaria [[1]]. Nessuna di queste disposizioni, in realtà, investe direttamente i vincoli nascenti dalla regola di tipicità che governa il sistema delle società e la P.M.I. resta una realtà individuabile sulla base di criteri che attengono a grandezze proprie dell’impresa. Tuttavia, il fatto che il legislatore persegua il sostegno alla crescita e al finanziamento delle piccole e medie imprese non più soltanto con provvidenze esterne (finanziamenti agevolati, esenzioni da adempimenti amministrativi o fiscali ecc.), ma anche innovando la disciplina della forma giuridica da esse rivestita, genera inevitabili riflessi sulla fisionomia dei tipi societari le cui regole vengono così modificate. Questo vale in particolare per il tipo della società a responsabilità limitata, per la quale sono oggi previste nuove regole, anche piuttosto dissonanti rispetto a quelle omologhe appartenenti alla disciplina di diritto comune, destinate a trovare applicazione quando la società rivesta i caratteri di una P.M.I. [[2]]. Si potrebbe obiettare che regole dedicate ad un modello speciale, qual è la P.M.I., non possono comunque generare riflessi a livello di sistema o comunque alterare i caratteri generali e universali del tipo della società a responsabilità limitata, rimanendo confinate nell’ambito di un diritto singolare, applicabile solo in presenza di specifiche condizioni. Tuttavia, se è vero che la P.M.I. resta un sub-modello della società a responsabilità limitata (e non necessariamente riveste questa forma societaria), secondo quanto rivelato dalle statistiche la società a responsabilità limitata si identifica di fatto con la P.M.I. poiché la quasi totalità delle società a responsabilità limitata costituite in Italia rientrano nei parametri della P.M.I. Ne consegue che le norme dedicate alle s.r.l.-P.M.I. diventano norme applicabili alla stragrande maggioranza delle società a responsabilità limitata e pertanto finiscono, di fatto, per modificare la fisionomia del tipo nella sua applicazione più diffusa.
Le novità introdotte dall’art. 57 del d.l. n. 50/2017 – mediante l’estensione a tutte le P.M.I. delle disposizioni di cui ai commi 2, 5 e 6 dell’art. 26 del d.l. n. 179/2012 originariamente previste per le start-up (e successivamente per le P.M.I.) innovative – concedono a tutte le P.M.I. costituite nella forma di società a responsabilità limitata tre nuove opportunità. La società può anzitutto creare categorie di quote fornite di diritti diversi, determinandone il contenuto anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, 2° e 3° comma, c.c. Può inoltre offrirle al pubblico anche attraverso i portali di cui alla disciplina del crowdfunding e può effettuare operazioni sulle proprie quote, in deroga al disposto dell’art. 2474, c.c., quando l’operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori, amministratori, prestatori d’opera e servizi. Le disposizioni in commento si giustificano alla luce di una medesima ratio: l’attrazione degli investimenti (richiamata, non a caso, nella rubrica dell’art. 57, d.l. n. 50/2017) e cioè l’intento di favorire il sostegno finanziario alle piccole e medie imprese attraverso la ricerca di investitori disposti a fornire capitale di rischio, anche facendo appello al pubblico risparmio. La norma che consente alla società a responsabilità limitata che sia anche una P.M.I. di offrire al pubblico le proprie quote lo attesta in modo evidente e diretto, ma anche le altre due disposizioni appaiono consonanti con questa finalità. La novità della norma che consente la creazione di categorie di quote fornite di diritti diversi non sembra, infatti, risiedere tanto nell’attribuzione di diritti speciali al titolare di partecipazioni nella s.r.l.-P.M.I. (risultato peraltro già ottenibile attraverso la previsione dei particolari diritti di cui all’art. 2368 c.c.), quanto nella possibilità di gestire tale diversificazione in modo standardizzato, mediante la creazione di categorie di quote. Inoltre, la formula adottata dal legislatore pare consentire non solo di aggiungere diritti “particolari” (come tali evidentemente “singolari”) ai diritti naturalmente attribuiti al quotista [continua ..]
Le disposizioni in commento aprono per la società a responsabilità limitata uno scenario del tutto nuovo e si pongono in decisa controtendenza rispetto alle scelte effettuate dal legislatore negli interventi di riforma del diritto societario degli anni più recenti. Come è noto, infatti, dopo anni di conservazione e di stabilità del vecchio impianto normativo, dal 2003 la società a responsabilità limitata inizia ad essere oggetto di attenzione del riformatore, in una prospettiva, peraltro, tesa ad approfondire e rimarcare la funzione originariamente attribuita al tipo, ed espressa nella volontà (in verità più dichiarata che praticata) del legislatore del codice civile di farne un modello destinato all’impresa collettiva a base sociale ristretta che voglia giovarsi della responsabilità limitata, ma che non intenda accedere al mercato dei capitali (per l’appunto una “piccola società per azioni senza azioni”). Un’impresa con queste caratteristiche pare destinata a finanziarsi essenzialmente con il credito bancario e con versamenti spontanei dei soci imprenditori, nelle forme del conferimento di capitale di rischio o di finanziamenti di debito o di quasi-capitale [[8]]. Il tema del finanziamento della società a responsabilità limitata non è peraltro in primo piano nella riforma del diritto societario del 2003 che si limita a riconoscere, in tale tipo sociale, la prassi dei finanziamenti-soci e a regolarla per evitarne gli abusi, nonché a consentire l’emissione di titoli di debito da sottoscriversi in forma necessariamente intermediata e senza appello diretto al pubblico risparmio. La volontà di favorire la nascita, la crescita e la competitività della piccola e media impresa si traduce quasi esclusivamente in soluzioni di “semplificazione” cui si affida l’effetto di una riduzione dei costi di costituzione e amministrazione della società. Questa impostazione viene confermata e portata ad ulteriori sviluppi negli anni successivi con la previsione della società a responsabilità limitata semplificata (art. 3, d.l. n. 1/2012) e a capitale ridotto (art. 44, d.l. n. 83/2012), pur con l’imposizione di alcuni limiti e cautele su cui si tornerà tra breve [[9]]. Dal quadro che emerge a seguito di tali riforme, si può dire che gli [continua ..]
Qual è il senso di questa riforma e quali le sue ricadute sulla disciplina del capitale della s.r.l.-P.M.I.? Come è noto, nel nostro ordinamento (come in altri ordinamenti stranieri che hanno adottato regole conformi, v. ad es. Francia, Portogallo, Paesi bassi) attualmente la generalità delle società a responsabilità limitata può costituirsi con capitale sociale inferiore a 10.000 euro e segnatamente fino ad un limite minimo di 1 euro. Tale condizione di bassa capitalizzazione è presidiata da un correttivo prudenziale che consiste nell’obbligo di costituire la riserva legale prelevando 1/5 degli utili netti annuali fino a quando la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale sociale, l’ammontare di 10.000 euro e nel divieto di utilizzare tale riserva se non per imputarla a capitale o per copertura di eventuali perdite (art. 2463, 5° comma, c.c.). Questa opzione, originariamente prevista nell’ambito di una sorta di sub-modello della società a responsabilità limitata dal d.l. n. 83/2012 (art. 44) e soggetta a certi requisiti (divieto di avere soci diversi dalle persone fisiche), ha portato gli interpreti a chiedersi se la disciplina della società a responsabilità limitata si stesse frammentando in una serie di sottotipi diversi. La sua successiva estensione alla generalità delle società a responsabilità limitata ha portato invece a pensare ad un definitivo cedimento del requisito del capitale sociale come elemento storicamente tipizzante e l’apertura ad un modello di società di capitali senza capitale, autorizzata a restare tale nel tempo [[14]]. Nessuna di queste interpretazioni pare però pienamente aderente alle finalità della disciplina, soprattutto alla luce delle innovazioni successive in tema di apertura della società a responsabilità limitata al mercato del capitale di rischio. Nella disciplina attualmente vigente, infatti, la società a responsabilità limitata a capitale ridotto è pur sempre regolata da norme speciali [[15]] che impongono limiti e cautele alla società e contiene un chiaro incentivo alla successiva capitalizzazione della società dal momento che la costituzione “accelerata” della riserva legale pone un evidente limite alla distribuzione degli utili ai soci. Il c.d. sistema del netto, del [continua ..]
Come si è osservato, la proliferazione di sub-modelli di società a responsabilità limitata prodotta dalle recenti riforme porta a chiedersi se il principio di tipicità e, soprattutto, il sistema dei tipi societari come concepito dal legislatore del codice civile possa dirsi ancora conservato nelle sue funzioni essenziali e, in particolare, nella sua capacità di esprimere gli elementi identificativi qualificanti di ciascun tipo sociale. La possibilità di costituire società di capitali sostanzialmente senza capitale (come nella società a responsabilità limitata semplificata o a capitale ridotto) così come la possibilità concessa ora alla s.r.l.-P.M.I. di standardizzare le proprie quote e di offrirle sul mercato del capitale di rischio (potendo contestualmente adottare regole organizzative interne di stampo personalistico mutuate dalla disciplina delle società di persone) sembrano effettivamente offuscare, non solo il nitore, ma addirittura il senso della distinzione delle società in tipi e dell’operatività dei vincoli che ne derivano secondo le regole dell’ordinamento vigente. Per giunta, se è proprio il tipo della società a responsabilità limitata, reso particolarmente ibrido dalle recenti riforme, a rappresentare l’ambiente in cui tale effetto dissolutivo si prospetta con maggiore vigore, gli esiti di tale processo paiono ripercuotersi sull’intero sistema nella misura in cui uno stesso tipo sociale può mutuare liberamente e in modo promiscuo taluni degli elementi considerati identitari di ciascuno degli altri tipi, facendo in tal modo perdere anche a questi ultimi la propria capacità distintiva. Pare, tuttavia, che le novità normative foriere di questi risultati non siano tanto sintomatiche di un processo di dismissione della regola di tipicità nel diritto societario, quanto di un’evoluzione delle caratteristiche degli stessi tipi normativi che chiede di essere osservata in una prospettiva un po’ diversa rispetto a quella cui l’interprete è stato tradizionalmente abituato. Se, infatti, il tipo normativo viene inteso come un format nel quale l’impresa deve regolare, con margini di libertà comunque limitati, la propria organizzazione e il proprio funzionamento (e che si sostanzia pertanto in vincoli positivi, o, per meglio [continua ..]