<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La struttura finanziaria della società a responsabilità limitata (di Niccolò Abriani)


La recente disciplina societaria italiana (d.l. 24 aprile 2017, n. 50) ha esteso a tutte le PME la possibilità di emettere categorie di quote e altri strumenti finanziari e di sollecitare il pubblico ad investire in tali strumenti, tramite portali on line, inizialmente introdotta per le sole società dei settori innovativi. La novità è particolarmente rilevante per le società a responsabilità limitata, per le quali è oggi possibile prevedere statutariamente categorie di quote fornite di diritti diversi, offrirle al pubblico e pianificare operazioni sulle proprie partecipazioni in attuazione di piani di incentivazione rivolti a dipendenti o amministratori. Dopo aver delineato l’evoluzione del sistema normativo, lo scritto si concentra sulle ricadute sistematiche, con particolare riguardo al governo societario di una impresa quale la società a responsabilità limitata, ancora fortemente basata sul ruolo dei soci.

The financial structure of Italian private Limited Liability Company

The latest reform of Italian company law (Decree Law. No 50/2017) has extended to all SMEs the possibility of both issuing classes of shares and other financial instruments and making public offers. These new rules are particularly relevant for the SMEs incorporated in the form of “società a responsabilità limitata” (Italian private limited liability company) because, under the previous framework, private companies were not allowed to issue statutory classes of shares, nor to make public offering of shares or to buy back their own shares in order to implement incentive plans regarding employees or directors. After the analysis of the regulatory framework’s evolution, the study focuses on the systemic effects of the examined reform. For these purposes, particular reference is made to the peculiarities of the traditional Italian corporate governance system, centred on a type of company that is private and still strongly equity-based.

KEYWORDS: Small and medium enterprises (SMEs) – Start up – Private limited liability company – Crowdfunding – Classes of shares – Financial instruments – Special rights – Corporate governance.

SOMMARIO:

1. Premessa. Dieci anni della Rivista del Diritto Societario e tre lustri della “nuova” società a responsabilità limitata - 2. L’evoluzione del quadro normativo: dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 al d.l. 24 aprile 2017, n. 50 - 3. Tra Ovidio e Mary Shelley: una metamorfosi del tipo? - 4. Il ricorso al mercato dei capitali: capitale di rischio, capitale di debito e strumenti finanziari partecipativi nella “nuovissima s.r.l.” - 5. Diritti particolari di singoli soci e categorie di quote dotate di diritti diversi: dai golden boys alle golden shares - 6. Categorie di quote e diritto di voto - 7. Portata delle nuove disposizioni e ricadute sugli assetti organizzativi. Sulla convergenza (virtuosa) della riforma della disciplina delle crisi d’impresa - 8. Gli assetti adeguati della s.r.l. “emittente digitale” tra security law e corporate law (cenni e rinvio) - 9. Quasi una conclusione - NOTE


1. Premessa. Dieci anni della Rivista del Diritto Societario e tre lustri della “nuova” società a responsabilità limitata

Questo nostro convegno celebra, nella splendida cornice siracusana, i primi dieci anni della Rivista del diritto societario esattamente a tre lustri di distanza dalla riforma organica del diritto societario introdotta con la legge n. 6 del 2003: una riforma epocale che, dalla nostra prospettiva (soggettiva), ha rappresentato una straordinaria fucina di comuni riflessioni che hanno contribuito a rinsaldare i rapporti tra noi (allora) giovani studiosi, favorendo – e, per alcuni versi, sollecitando – l’iniziativa di proporre alla comunità scientifica una nuova rivista dal taglio innovativo; ma che, da un angolo visuale più ampio (e oggettivo), ha indubbiamente avuto nella società a responsabilità limitata uno dei suoi principali protagonisti. Il tema si presta inoltre a valorizzare quell’apertura europea e quell’approccio comparatistico che ha connotato, sin dalla sua genesi, la Rivista: le più recenti linee evolutive della società a responsabilità limitata italiana segnalano infatti diversi elementi di analogia rispetto alle parallele vicende del tipo sociale nei principali ordinamenti europei. Le inedite sperimentazioni avviate dapprima per favorire le start up e le altre imprese operanti in settori innovativi, ed estese da ultimo a tutte le piccole e medie imprese per favorirne la crescita, sembrano infatti confermare quella straordinaria duttilità che connota l’istituto sin dalle sue origini, contribuendo in misura significativa alla sua affermazione come tipo societario di gran lunga più utilizzato per l’esercizio collettivo di attività imprenditoriali. Tale caratteristica, presente anche negli ordinamenti, come quello spagnolo, dove la forma societaria si è evoluta secondo un percorso storico tracciato prima dagli operatori e poi dai giureconsulti e dalle decisioni delle corti, per essere solo da ultimo recepito a livello legislativo, risulta ulteriormente accentuata nei paesi nei quali la società a responsabilità limitata si presenta sin dalla sua genesi come un “creatura artificiale”, elaborata dal legislatore e da questi offerta, per così dire, “dal­l’alto” alle sperimentazioni della prassi [[1]]. L’intervento “manipolatorio” del legislatore trova un suo momento di emersione esemplare nella riforma del 2003 che, come noto, [continua ..]


2. L’evoluzione del quadro normativo: dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 al d.l. 24 aprile 2017, n. 50

Il quadro sistematico ora sommariamente riepilogato, lungi dal costituire un approdo finale, è stato dapprima derogato e quindi radicalmente sovvertito dalle riforme intercorse negli ultimi anni. È una rivoluzione che passa dalla finestra della innovazione e, ancora una volta, conferma la natura “artificiale” della società a responsabilità limitata, la sua natura cangiante, di strumento bon à tout faire, che consente ora al legislatore di sperimentarne nuovi utilizzi per far fronte alla grave crisi che dal 2008, partendo dagli Stati Uniti, ha proiettato il suo cono d’ombra sul nostro Continente; e che in alcuni paesi, come il nostro, ha avuto – e, purtroppo, sta ancora avendo – riflessi più duraturi. L’obiettivo è quello di favorire il rilancio degli investimenti produttivi, partendo dai settori più promettenti per i loro margini di sviluppo, le start-up innovative, che fanno il loro ingresso sulla scena del diritto italiano nel 2012: si tratta degli art. 25 e seguenti del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (significativamente battezzato come “Decreto Crescita 2.0”). In questa prospettiva viene introdotta una disciplina speciale e transitoria con agevolazioni di diritto societario, fiscale, del lavoro finalizzate a: – favorire la provvista di mezzi propri e di risorse esterne; – ridurre i costi del lavoro dipendente e gli oneri fiscali; – escludere gli obblighi di ricapitalizzazione; – “esorcizzare” la prospettiva del fallimento nella fase iniziale di lancio dell’ini­ziativa economica. Si tratta di agevolazioni di varia natura a cui si accompagna una inedita libertà di sollecitazione del pubblico risparmio con emissione e offerta delle quote di partecipazione e di altri strumenti finanziari di quasi capitale. Il riferimento normativo, con riguardo al tema della relazione, è rappresentato dal­l’art. 26 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, il quale: a) consente la creazione di «categorie di quote fornite di diritti diversi», il cui contenuto l’atto costitutivo può, «nei limiti imposti dalla legge», «liberamente determinare (…) anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codice civile»; b) prevede che, in espressa deroga all’art. 2468, 1º comma, c.c., «le [continua ..]


3. Tra Ovidio e Mary Shelley: una metamorfosi del tipo?

In questo 2018, anno in cui si celebra (oltre al decennale della nostra Rivista, anche) il bicentenario dalla pubblicazione di Frankenstein, si può dunque constatare che le “manipolazioni genetiche” del tipo s.r.l., introdotte in via sperimentale per agevolare la nascita delle società operanti nei settori innovativi [[4]], sono oggi estese a tutte le PMI organizzate in forma di società a responsabilità limitata. Categoria, quest’ultima, nel cui ambito sarebbero riconducibili – secondo l’opinione prevalente – le s.r.l. che non raggiungano le soglie indicate dalla Raccomandazione 2003/361/CE, avendo meno di 250 dipendenti, un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo inferiore a 43 milioni di euro. In definitiva, la stragrande maggioranza, anzi la quasi totalità delle società a responsabilità limitata esistenti, posto che le s.r.l. che presentino congiuntamente i ricordati parametri patrimoniali e di dipendenti si contano sulle dita di una mano (nell’esperienza di chi parla, della mano di un falegname distratto). Con riguardo a quasi tutte le società a responsabilità limitata è pertanto possibile: i) prevedere statutariamente categorie di quote fornite di diritti diversi liberamente determinabili; ii) fare delle loro quote, a tal fine opportunamente standardizzate, l’oggetto di una offerta al pubblico attraverso i portali per la raccolta di capitali; iii) pianificare operazioni sulle proprie partecipazioni, purché in attuazione di piani di incentivazione, destinati all’assegnazione di quote a dipendenti, collaboratori, amministratori o prestatori d’opera e servizi. Le previsioni e limitazioni tuttora dettate sul punto dal codice civile vedono pertanto relegato il proprio residuo (e quanto mai angusto) spazio applicativo alla selezionata “riserva” delle rarissime società a responsabilità limitata che trascendono le soglie indicate dalla definizione europea della piccola e media impresa. In tale prospettiva si iscrive sintonicamente il d.lgs. 3 agosto 2017, n. 129 (“Attuazione della direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2016/1034/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2016, e di adeguamento della [continua ..]


4. Il ricorso al mercato dei capitali: capitale di rischio, capitale di debito e strumenti finanziari partecipativi nella “nuovissima s.r.l.”

Nel nuovo contesto normativo l’apertura alla sollecitazione pubblica nell’inve­stimento in quote di capitale di rischio, non è più dunque appannaggio esclusivo delle imprese innovative in forma di s.r.l., configurandosi piuttosto come uno strumento generale di raccolta di mezzi propri, al quale possono fare ricorso tutte le s.r.l. PMI per rafforzare la propria capitalizzazione [[7]]. Su un piano diverso si collocano gli strumenti di raccolta del capitale di debito, da un lato, e gli strumenti finanziari partecipativi, dall’altro. Per i primi anche nel nuovo contesto normativo sembrano conservare una perdurante portata prescrittiva le previsioni di cui all’art. 2483, che consentono di sollecitare la sottoscrizione di titoli di debito soltanto in via indiretta, tramite «investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali», chiamati, «in caso di successiva circolazione dei titoli di debito», a rispondere «della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima». Se i titoli di debito, pur entro tali limiti, costituiscono uno strumento al quale possono ricorrere tutte le s.r.l. (siano esse grandi o PMI, innovative o meno), per contro alle sole s.r.l. innovative è consentita l’emissione di «strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articoli 2479 e 2479-bis c.c.»: il 7° comma dell’art. 26 del d.l. n. 179/2012 non è stato infatti oggetto di modifica ad opera dell’art. 57 del d.l. n. 50/2017 e continua pertanto prevedere che soltanto l’atto costitutivo delle società a responsabilità innovative (e degli incubatori) «di cui all’art. 25, 2° comma» possa prevedere l’emissione di tali titoli, «a seguito dell’apporto da parte di soci o di terzi anche di opera o servizi». Il nuovo contesto normativo ripropone dunque agli interpreti il duplice interrogativo: i) se i limiti dettati per l’emissione dei titoli di debito siano o meno destinati ad estendersi agli strumenti finanziari partecipativi emessi da una s.r.l.; ii) se, a tal fine, occorra distinguere a seconda che si tratti di strumenti di [continua ..]


5. Diritti particolari di singoli soci e categorie di quote dotate di diritti diversi: dai golden boys alle golden shares

Le novità più rilevanti sul piano sistematico riguardano le quote di partecipazione rappresentative del capitale sociale. Su tale piano l’evoluzione normativa sopra descritta è destinata ad avere importanti riflessi sugli assetti proprietari e organizzativi delle società a responsabilità limitata che, in quanto PMI, traducano “in atto” le potenzialità ora accordate dal legislatore e non si limitino a conservarle “in potenza”. Particolarmente significativi appaiono i corollari della espressa legittimazione normativa della tecnica della diversificazione delle posizioni dei soci tramite “diritti diversi” obiettivati in quote serializzate, che presenta intuitive – e cospicue – differenze rispetto al meccanismo dei “diritti particolari” accordabili ad personam, ai sensi dell’art. 2468 c.c. [[10]]. La differenza è qualitativa, prima ancora che qualitativa. Se già in passato si era autorevolmente sostenuta la possibilità di procedere in via statutaria a una categorizzazione dei diritti particolari in termini non soltanto singolari, ma anche collettivi [[11]], l’attribuzione di tali prerogative rimaneva comunque confinata in una dimensione eminentemente soggettiva; laddove la nuova disciplina consente, per contro, una loro incorporazione in quote standardizzate, superando ogni dubbio in ordine al trasferimento della relativa titolarità quale corollario della circolazione di tali quote. Le posizioni endosocietarie risultano dunque, in tutte le s.r.l. PMI, suscettibili: a) di essere diversificate non solo più soggettivamente, ma anche oggettivamente, tramite partecipazioni serializzate, a loro volta articolabili secondo il paradigma di derivazione azionaria della categoria (di quote dotate di “diritti diversi”); b) di essere offerte al pubblico risparmio, con una sollecitazione diretta e anonima di quote trasferibili in base a un regime di circolazione basato su gestione accentrata e scritturazioni sostitutive, che ha indotto a prospettare la sussunzione delle stesse nella nozione di valore mobiliare (e di strumento finanziario: e v. gli artt. 1, comma 1-bis,e 100-terTUF) [[12]]. Queste novità impongono agli interpreti di riconsiderare in una più ampia prospettiva alcuni temi già emersi con riferimento alle start up e alle PMI [continua ..]


6. Categorie di quote e diritto di voto

Una trattazione a parte merita la possibilità di creare categorie di quote differenziate sotto il profilo del diritto di voto. Al riguardo va infatti considerato, in via preliminare, che l’art. 57 del d.l. n. 50/2017 non richiama espressamente, tra le disposizioni destinate ad essere estese a tutte le s.r.l. PMI, il 3° comma dell’art. 26, il quale prevede che «l’atto costitutivo delle società di cui al 2° comma, anche in deroga all’art. 2479, comma 5, del codice civile» possa creare «categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che attribuiscono al socio diritti di voto in misura non proporzionale alla partecipazione da questi detenuta ovvero diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative» [[15]]. Se è vero che il 3° comma dell’art. 26 presenta una portata e una formulazione letterale diverse rispetto al secondo comma, è altrettanto vero che opera nel suo inciso iniziale un richiamo a quest’ultimo quanto al suo presupposto applicativo. Il soggetto della preposizione resta dunque l’atto costitutivo della società di cui al comma 2, sicché è in tale ambito che l’autonomia statutaria risulta legittimata – oggi nelle s.r.l. PMI, come ieri nelle s.r.l. innovative – ad intervenire, introducendo quote senza voto, a voto limitato o comunque non proporzionale alla misura della partecipazione. Pare dunque ragionevole ritenere che non si sia inteso richiamare espressamente anche il terzo comma, in quanto la sua estensione era già implicita nel richiamo operato dalla legge al secondo comma dell’art. 26. Le relative clausole parrebbero pertanto legittimate in tutte le s.r.l. PMI, e non soltanto nelle start up e nelle PMI innovative, superandosi i dubbi di compatibilità con la regola enunciata dal penultimo comma dell’art. 2479, ai sensi del quale «ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni previste dal presente articolo ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione»: disposizione, quest’ultima, la cui portata non sembra comunque enfatizzabile in termini tali da escludere la possibilità di intervenire statutariamente sul diritto di voto (e v. infatti, in termini generali, e dunque con riguardo anche alle s.r.l. non PMI, [continua ..]


7. Portata delle nuove disposizioni e ricadute sugli assetti organizzativi. Sulla convergenza (virtuosa) della riforma della disciplina delle crisi d’impresa

Uno dei profili di maggiore interesse è rappresentato dai riflessi che la nuova struttura proprietaria e finanziaria è suscettibile di produrre sull’assetto amministrativo delle s.r.l. PMI. Innanzi tutto, sul versante delle funzioni inerenti all’ammi­ni­stra­zio­ne della s.r.l. e sulla configurazione del relativo organo. Con riferimento a tale primo profilo, meritano di essere riconsiderati: a) da un lato, il tema delle categorie di quote incorporanti il diritto di nominare un certo numero di amministratori; b) dal­l’al­tro, le ragioni per le quali non è invece consentita l’attribuzione del diritto di nomina di componenti degli organi sociali ai portatori di strumenti finanziari partecipativi. Un secondo ordine di problemi, che riguarda invece le sole s.r.l. innovative è c1) se sia possibile attribuire ai portatori di strumenti finanziari diritti di voto; c2) se tali attribuzioni siano suscettibili (e in quale misura) di interferire sulle decisioni dei soci di cui agli artt. 2479 e 2479-bis c.c. ovvero sulle decisioni dell’organo gestorio; e, infine c3) quali diritti amministrativi diversi dal voto siano attribuibili agli strumenti finanziari partecipativi emessi dalle s.r.l. innovative. In quest’ultimo ambito si iscrive la questione relativa al riconoscimento agli strumenti finanziari partecipativi del diritto di conversione in quote di partecipazione, del diritto di opzione su future emissioni di quote di partecipazione e del diritto di esprimere il gradimento ex art. 2469 c.c. al trasferimento delle partecipazioni sociali (segnatamente con riferimento alle eventuali partecipazioni non obiettivate in quote e alle partecipazioni dotate di diritti particolari). Si tratta di piani sui quali la disciplina della s.r.l., per un verso, non soggiace ai vincoli di derivazione eurocomunitaria in punto di riconoscimento selettivo del diritto di opzione ai soli soci e, per altro verso, sembra accordare più ampi margini di intervento all’autono­mia statutaria in punto di attribuzione del diritto di esprimere il gradimento: il riferimento è all’art. 2469, 2° comma, che consente: «l’atto costitutivo preveda l’in­tra­sferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi» (laddove l’art. [continua ..]


8. Gli assetti adeguati della s.r.l. “emittente digitale” tra security law e corporate law (cenni e rinvio)

Alla luce di questa virtuosa convergenza tra le regole introdotte per le s.r.l. PMI, da un lato, e la nuova disciplina del codice civile, come riscritta a seguito del d.lgs. n. 14/2019, dall’altro, pare innegabile che la società a responsabilità limitata emittente titoli destinati alla sollecitazione del risparmio sui portali on-line debba dotarsi di assetti adeguati. E ciò anche alla luce i) da un lato, della disciplina della prestazione dei servizi di investimento, con particolare riguardo alle regole sulla raccolta e sull’esecuzione di ordini, alla disciplina dei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati (art. 77-bis ss. TUF) e ii) dall’altro, dalle peculiari regole sull’equity crowdfunding introdotte dalla disciplina italiana nel richiamato d.l. n. 179/2012 (così come modificato dal d.l. n. 3/2015), che costituisce uno dei modelli normativi più interessanti su scala europea dell’emittente su piattaforma digitale. Al riguardo, è stata già prefigurata, nella dottrina italiana, la possibilità che “l’emittente digitale” assurga a nuovo tipo o sub-tipo societario: si tratta di una chiave di lettura prospettata, con il consueto acume, da Marco Lamandini nella sua relazione, anche alla luce del recente “Piano di azione Fintech” – ispirato in più parti proprio alla disciplina italiana e presentato l’8 marzo del 2018 dalla Commissione Europea – che contempla una Proposta di Regolamento on European Crowd­funding Service Providers (ECSP) for Business (COM 2018/113/D) [[22]]. In questa sede è sufficiente segnalare che si tratta di una disciplina innovativa e di grande interesse finalizzata ad agevolare l’espansione delle piattaforme di crowdfunding, mettendo in contatto investitori e imprese di tutta l’Unione, offrendo a imprese e imprenditori maggiori opportunità per proporre le loro idee a un pubblico più vasto di potenziali investitori, così da ampliare l’accesso a questa forma di finanziamento innovativa per le imprese e porre le premesse per un’effettiva competizione con i grandi player nordamericani (le due piattaforme on-line Indiegogo e Kickstarter) che attualmente dominano il mercato del crowdfunding su scala planetaria. Ed è interessante osservare come [continua ..]


9. Quasi una conclusione

All’esito di questa rassegna delle principali novità che hanno contribuito a ridisegnare il contesto normativo di riferimento della più diffusa forma societaria del nostro ordinamento, non pare agevole suggerire una possibile chiave di lettura degli obiettivi sottesi all’intervento del legislatore e del complessivo quadro che risulta dalla generalizzazione a tutte le s.r.l. PMI delle novità originariamente riferite agli enti operanti in settori innovativi. Nel nuovo scenario normativo i tradizionali assi cartesiani nei quali si poteva rappresentare con un ramo di iperbole il rapporto di proporzionalità inversa sussistente tra il grado di apertura al mercato della forma giuridica dell’impresa, da un lato, e l’autonomia statutaria nel ridefinirne l’organizzazione, dall’altro, sembrano lasciare il campo a un sistema “a clessidra”, alla cui base si collocano le s.r.l. innovative e, subito sopra, l’ampio esercito delle s.r.l. che, pur non operando in settori innovativi, sono qualificabili quali PMI. Queste ultime, pur non potendo, a differenza delle società innovative, emettere strumenti finanziari partecipativi, possono, al pari di quelle, raccogliere capitale di rischio sul mercato, sollecitando in forma diretta, indistinta e generalizzata il pubblico risparmio ad acquistare quote di partecipazione sociale standardizzate. L’obiettivo è evidentemente quello di favorire il rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese, consentendo loro di reperire risorse direttamente sul mercato, così da ovviare alla endemica sottocapitalizzazione che tradizionalmente ne pregiudica le prospettive di crescita; al contempo, però, conservando l’ampia autonomia statutaria che il codice civile riserva sul piano organizzativo al tipo società a responsabilità limitata. Qualora la crescita, così favorita dal legislatore, determini il superamento delle soglie dimensionali della piccola e media impresa, l’ente sarà sospinto nel centro in cui si restringe la clessidra, destinato ad ospitare la selezionatissima area delle s.r.l. non PMI, che sole conservano una loro connotazione tipologica fedele al modello introdotto dalla riforma del 2003: connotazione che costituisce un vincolo alla loro autonomia statutaria e, in quanto tale, un incentivo (o, se si vuole, un “pungolo gentile”) alla trasformazione in [continua ..]


NOTE