Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La libertà di stabilimento e la trasformazione transfrontaliera: la sentenza Polbud (di Emanuele Stabile)


La sentenza della Corte di Giustizia europea del 25 ottobre 2017 affronta diverse questioni, tra cui, se la libertà di stabilimento comprenda la trasformazione transfrontaliera attuata attraverso il trasferimento della sede sociale. La pronuncia, inoltre, si interroga sui limiti ammessi agli artt. 49 e 54 TFUE. Nel presente commento, innanzitutto, si analizzeranno i precedenti giurisprudenziali e la dottrina, con particolare attenzione alle teorie dell’incorporazione e della sede reale, sulla trasformazione transfrontaliera. Si rappresenterà, poi, che la Corte esprimendosi sul contrasto tra gli orientamenti estensivo e restrittivo della mobilità societaria, predilige il primo e ammette la trasformazione transfrontaliera in uscita attuata attraverso il trasferimento della sola sede sociale, unicamente per godere di una lex societatis più favorevole. Si avrà modo di riflettere, infine, alla luce del c.d. Test Gebhard, sulla compatibilità tra la libertà di stabilimento e la normativa nazionale subordinante la cancellazione di una società dal registro delle imprese allo scioglimento e liquidazione della medesima. Nonché sulla protezione degli interessi dei creditori, soci (soprattutto di minoranza) e lavoratori e sulle perduranti criticità della trasformazione transfrontaliera nonostante un recente intervento legislativo europeo.

Freedom of establishment and cross-border conversion: the Polbud judgment

The judgment rendered by the European Court of Justice on the 25th of October 2017 addresses several issues among which if the freedom of establishment includes cross-border conversion implemented through the transfer of the registered office. The judgment also questions on the restrictions to Articles 49 and 54 TFEU. Firstly, in this comment, it will be analyzed the previous jurisprudence and the doctrine, with particular attention to incorporation and real seat theories, on cross-border conversion. Then, it will be said that the Court expresses itself on the contrast between the extensive and restrictive interpretations of corporate mobility, preferring the former and admitting outbound cross-border conversion implemented only through the transfer of the registered office, selected to take advantage of a more favourable lex societatis. Finally, bearing in mind the so-called Gebhard Test, it will be possible to reflect on the compatibility between the freedom of establishment and a Member State legislation providing that the cancellation of a company from commercial register is subject to the liquidation of the company. As well as, it will be possible to reflect on the limits of the freedom of establishment, on the protection of the interests of creditors, shareholders (especially of minority shareholders) and workers and on the remaining critical issues of the cross-border conversion despite a recent European legislative intervention.

KEYWORDS: Companies – Freedom of establishment – Cross-border conversion of a company – Registered office transfer – Restrictions – Removal from commercial register – Winding up and liquidation – Protection of creditors, minority shareholders and employees.

CORTE DI GIUSTIZIA, Grande Sezione, 25 ottobre 2017, causa C-106/16 – Lenaerts Presidente – Jürimӓe Relatore – Kokott Avvocato Generale – Polbud – Wykonawstwo sp. Z o. o., in liquidazione   Società – Libertà di stabilimento – Trasformazione transfrontaliera – Trasferimento della sede legale – Limiti – Cancellazione dal registro delle imprese – Scioglimento e liquidazione – Tutela di creditori, soci di minoranza e dipendenti   Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che la libertà di stabilimento è applicabile al trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di tale secondo Stato membro, in una società soggetta al diritto di quest’ultimo, senza spostamento della sede effettiva della citata società *.   Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina il trasferimento della sede legale di una società costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro, ai fini della sua trasformazione in una società soggetta al diritto di tale secondo Stato membro, conformemente alle condizioni poste dalla legislazione di quest’ultimo, alla liquidazione della prima società *.   Companies – Freedom of establishment – Cross-border conversion of a company – Registered office transfer – Restrictions – Removal from commercial register – Winding up and liquidation – Protection of creditors, minority shareholders and employees   Articles 49 and 54 TFEU must be interpreted as meaning that freedom of establishment is applicable to the transfer of the registered office of a company formed in accordance with the law of one Member State to the territory of another Member State, for the purposes of its conversion, in accordance with the conditions imposed by the legislation of the other Member State, into a company incorporated under the law of the latter Member State, when there is no change in the location of the real seat of that company *. Articles 49 and 54 TFEU must be interpreted as precluding legislation of a Member State which provides that the transfer of the registered office of a company incorporated under the law of one Member State to the territory of another Member State, for the purposes of its conversion into a company incorporated under the law of the latter Member State, in accordance with the conditions imposed by the legi­slation of that Member State, is subject to the liquidation of the first company *.       Omissis [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. I precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia - 4. La dottrina - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

La Polbud era una società con sede legale in Polonia, ove svolgeva la sua attività commerciale. L’assemblea dei soci, con delibera del 30 settembre 2011, decideva di trasferire la sola sede legale in Lussemburgo e, conformemente al Kodeks spółek handlowych (codice delle società commerciali, da ora anche KSH), depositava al giudice del registro competente un’istanza per l’annotazione dell’avvio della procedura di liquidazione. Successivamente, in data 28 maggio 2013, la Polbud attuava, con ulteriore delibera, la decisone di trasferire la sede legale per trasformarsi nella Consoil Geotechnik Sàrl, società con sede in Lussemburgo e soggetta al diritto di tale stato membro, senza perdere la propria personalità giuridica. Il diritto polacco, come meglio si dirà infra sub. 2, consente alle società il trasferimento della sede sociale in uno Stato membro diverso da quello d’origine conservando al contempo la personalità giuridica acquisita. Paradossalmente, però, la predetta nor­mativa subordina l’operazione alla liquidazione e scioglimento dell’ente. In virtù dell’efficacia immediata di detta ultima delibera la Polbud, avendo completato il trasferimento della sede legale, in data 24 giugno 2013 depositava istanza per la propria cancellazione dal registro delle imprese polacco. Il giudice del registro, prima di procedere, richiedeva varia documentazione comprovante l’effettivo svolgimento della procedura di liquidazione imposta dal diritto polacco. La società non provvedeva, convinta che la suddetta documentazione fosse necessaria solo in caso di scioglimento e non di trasferimento della sede, come nel caso in commento. Il giudice del registro, tuttavia, negava la cancellazione. La Polbud faceva ricorso, con esito negativo, sia al Sąd Rejonowy w Bydgoszczy (Tribunale circondariale di Bydgoszcz), sia al Sąd Okręgowy w Bydgoszczy (Tribunale regionale di Bydgoszcz). Avverso tale ultima decisione la società proponeva ricorso al Sąd Najwyższy (Corte Suprema polacca) che sospendeva il procedimento e sollevava questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Nel presente commento, analogamente a quanto fatto dalla Corte, ci si chiederà, innanzitutto, se la libertà di stabilimento com­prenda la trasformazione [continua ..]


2. La normativa di riferimento

L’art. 49 TFUE tutela il diritto di stabilimento sia a titolo primario, ossia la costituzione ex novo e la gestione di imprese (§ 2), sia a titolo secondario, cioè l’apertura di agenzie, succursali e filiali in Stati membri diversi da quello d’origine (§ 1) [1]. Con l’o­biet­tivo di realizzare il mercato unico, il legislatore europeo ha riservato detto diritto sia alle persone fisiche sia a quelle giuridiche (c.d. ambito di applicazione soggettivo). L’art. 54, § 2, TFUE elenca una serie di società, tutte con scopo di lucro, che sono espressamente equiparate agli individui. Il paragrafo 1, inoltre, stabilisce tassativamente due “criteri di applicazione della libertà di stabilimento” [2] (la costituzione secondo la legge di uno Stato membro e la localizzazione della sede sociale, dell’ammi­ni­stra­zione centrale o del centro di attività nel­l’UE) in base a cui una società è equiparata a un cittadino europeo, e gode dei medesimi diritti [3]. La libertà di stabilimento comprende tutte le attività svolte, pur non continuativamente [4], con metodo economico (ossia alla prestazione svolta corrisponde un corrispettivo) e autonomamente (cioè in assenza di un legame tra esecutore dell’attività e chi lo retribuisce) (c.d. ambito di applicazione ma­­teriale). Sono ammessi limiti alla mobilità transfrontaliera, ex art. 52 TFUE, solo laddove ricorrano i seguenti interessi pubblici: motivi di «ordine pubblico», «pubblica sicurezza» e «di sanità pubblica». Questi individuano, rispettivamente, «una minaccia effettiva e sufficientemente grave a uno degli interessi fondamentali della collettività» [5], l’“incolumità pubblica” e “la sa­lute e la vita delle persone” [6]. I menzionati interessi pubblici, per consentire una limitazione, necessitano di un nesso causale diretto con la misura nazionale discriminatoria e devono interpretarsi restrittivamente [7], in virtù della natura eccezionale dell’art. 52 TFUE. I limiti (quali ad esempio lo scioglimento e la ricostituzione della società), secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale mirante a restringere la discrezionalità del [continua ..]


3. I precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia ha affrontato il tema della libertà di stabilimento diverse volte [10]. La pronuncia Daily Mail riguarda lo spostamento, a fini fiscali, della sede amministrativa di una società britannica in altro paese membro (l’Olanda). Il diritto inglese subordinava tali operazioni al consenso del Ministero del Tesoro che, nel caso di specie, era stato negato [11]. I giudici europei, nonostante non fosse in discussione la lex societatis applicabile e pur se la questione avesse natura eminentemente fiscale, ritennero che la libertà di stabilimento non garantisse il diritto a trasferire la sede amministrativa in costanza dell’originaria personalità giuridica [12] e di legge regolatrice. È opportuno rilevare che la sentenza, in una serie di orbiter dicta (statuizioni non necessarie per decidere la controversia e non vincolanti), da un lato, consente le limitazioni in uscita alla mobilità transfrontaliera, dal­l’altro sostiene che il paese membro d’ori­gine non possa ostacolare quest’ultima. Il caso Centros riguarda il diniego del registro delle imprese danese all’iscrizione della succursale di una società inglese che avrebbe svolto la propria attività economica esclusivamente tramite la predetta filiale in Danimarca. La società era stata costituita in Inghilterra solo per evitare le restrittive disposizioni del diritto danese sul capitale sociale minimo. La pronuncia riguarda una limitazione alla libertà di stabilimento formalmente secondaria, ma sostanzialmente primaria poiché la succursale era nei fatti il vero luogo di svolgimento dell’attività economica. La Corte supera la rigida impostazione della storica sentenza Daily Mail [13], ritenendo che una società, costituita ai sensi del diritto di uno Stato europeo, possa aprire una filiale in un altro paese membro per svolgervi (anche completamente) la propria attività pur restando soggetta al diritto dello Stato di costituzione (scelto per ragioni di opportunità); e senza che ciò rappresenti un abuso del diritto (c.d. dottrina Centros) [14]. La sentenza, come si dirà, inaugura la c.d. interpretazione estensiva dell’art. 49 TFUE [15] stabilendo che la mobilità societaria non presuppone un insediamento materiale tangibile della persona giuridica nel paese [continua ..]


4. La dottrina

Il diritto europeo, come affermato da autorevole dottrina, conosce diverse nozioni di “sede” in materia societaria e addirittura per alcuni tipi societari non ne richiede alcuna [37]. Con tale espressione ci si riferisce sia al luogo indicato in fase di costituzione come sede della società, sede statutaria, sia a quello ove si forma la volontà sociale destinata ad essere espressa e realizzata altrove, sede amministrativa. Tale ultimo concetto, peraltro, spesso è semplicemente riferito al luogo dove si riunisce l’organo decisionale contribuendo a incrementare le incertezze esistenti in materia. Premesso che sarà la lex societatis a individuare gli organi dotati del suddetto potere volitivo, l’avvento della moderna tecnologia priva di senso la menzionata definizione – giacché i centri decisionali possono essere dislocati a notevole distanza tra loro – che sfuma in quella di sede reale, ove si realizzano materialmente i processi decisionali dell’ente [38]. Il luogo in cui si svolge maggiormente l’attività produttiva è noto come centro principale degli affari, che a sua volta si differenzia dal centro principale degli affari del debitore (c.d. COMI), nozione più volte utilizzata dal legislatore europeo in ambito concorsuale senza mai fornirne una chiara definizione [39]. Alle predette nozioni corrispondono diverse funzioni della sede: criterio di giurisdizione, per radicare la potestà giurisdizionale statale anche in caso di crisi o insolvenza transfrontaliera, criterio di applicabilità, per consentire l’applicazione della disciplina UE (notoriamente ordinamento con competenze limitate concessegli dagli Stati), ma soprattutto criterio di collegamento in base a cui individuare il diritto nazionale applicabile [40]. Le società sono enti creati dal diritto ed esistono in forza di esso. Qualora agiscano su scala sovranazionale, quindi, sorge il problema del riconoscimento dell’ente straniero da parte dell’ordinamento di destinazione, della lex societatis applicabile e dei diritti/obblighi da essa nascenti (c.d. problema della classificazione) [41]. Si tratta di una questione assai rilevante giacché il diritto societario regola istituti fondamentali quali, ad esempio, la costituzione e lo scioglimento dell’ente, la [continua ..]


5. Il commento

La Corte, analogamente all’Avvocato Generale Kokott, esamina le questioni pregiudiziali sottopostegli a partire dall’ultima, ma ne rigetta le Conclusioni in merito al­l’ampiezza della libertà ex art. 49 TFUE [65]. Polbud ha offerto ai giudici l’occasione per pronunciarsi sul contrasto tra gli orientamenti estensivo e restrittivo della mobilità societaria prediligendo il primo e rigettando il secondo, accolto dall’Avvocato Generale. Quest’ultimo, basandosi sul dictum della sentenza Vale, ritiene che lo stabilimento presupponga «… l’esercizio effettivo di un’at­tività economica per una durata di tempo indeterminata, mercé l’insediamento in pianta stabile in detto Stato membro ... presuppone un insediamento effettivo nello Stato membro ospitante e l’esercizio quivi di un’attività economica reale» [66]. Esso, dunque, si concreta in «… una certa infrastruttura nello Stato membro ospitante che consenta di esercitarvi in maniera stabile e continuativa un’attività economica» [67]. Nelle proprie Conclusioni l’Avvocato Ge­nerale, innanzitutto, si confronta con la giurisprudenza liberista della Corte e, avvalendosi di una delle varie interpretazioni del sopracitato orbiter dictum della sentenza Cartesio, sostiene la compatibilità del proprio orientamento con tale ultima pronuncia. Egli, invece, non riesce a motivare adeguatamente l’inosservanza dei principi di Centros e Inspire Art [68]. In secondo luogo, la subordinazione della mobilità societaria alla necessaria presenza di un’infrastruttura contrasta con la libertà dei Legislatori statali di individuare autonomamente i criteri di collegamento [69] per assoggettare una società al diritto nazionale. I precedenti giurisprudenziali, inoltre, dimostrano come l’accertamento della sussistenza di un effettivo insediamento sia tut­t’altro che agevole, tanto che nella sentenza Vale i giudici ricorsero ad una presunzione di spostamento dell’infrastruttura nel paese di destinazione. L’Avvocato Generale, in terzo luogo, si esprime in termini di «infrastruttura», mentre la Corte di Giustizia ha sempre fatto riferimento alla nozione di «insediamento effettivo» [70]. Ora, tale ultimo [continua ..]


NOTE