<p>Il giudizio civile di Cassazione di Ricci Albergotti Gian Franco</p>
Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Variazione del controllo e OPA indiretta: un (tentativo di) inquadramento sistematico tra norme e casistica (di Alessandro Triscornia)


La variazione nell’assetto azionario di società holding non quotate che detengono una partecipazione di controllo in una società quotata è un fenomeno particolarmente rilevante sul mercato italiano. Non sempre, tuttavia, le modifiche nella compagine azionaria della società holding determinano un obbligo di offerta pubblica di acquisto sulla quotata a valle. Questo articolo analizza il quadro normativo dell’OPA indiretta e i precedenti di mercato nel tentativo di delineare criteri oggettivi che consentano di distinguere le operazioni neutrali ai fini OPA dalle operazioni soggette invece ad obbligo di offerta.

Change in control and chain principle in the mandatory tender offer framework. A systematic review and discussion amid rules and market precedents

A change in the shareholders’ base of non-listed holding companies that control listed companies is a common feature in the Italian market. However, not all changes trigger a mandatory tender offer. This paper discusses the chain principle rules and precedents with a view to setting out objective criteria to determine the circumstances under which a transaction triggers or not a mandatory tender offer pursuant to the chain principle.

Keywords: Tender offer – Holding company – Corporate participation

SOMMARIO:

1. Una breve premessa sul tema d’indagine - 2. L’articolazione normativa dell’OPA indiretta - 3. (Segue): prevalenza e prezzo - 4. (Segue): le peculiarità dell’art. 45 Reg. Emittenti - 5. Il requisito del controllo - 6. Il concerto nell’OPA indiretta: frammenti di controllo congiunto nella disciplina delle offerte pubbliche di acquisto - 7. La valenza asimmetrica delle variazioni del controllo nei leading case di Consob - 8. Un primo possibile paradigma di riferimento: l’IFRS 11 - 9. Un più compiuto termine di raffronto: la nozione anti trust e, in particolare, la Commission Consolidated Jurisdictional Notice - 10. L’orientamento della Consob sul depotenziamento del socio di controllo e la nozione di predominanza codificata dall’autorità di mercato francese - 11. Linee guida per la neutralità OPA - NOTE


1. Una breve premessa sul tema d’indagine

La Direttiva 2004/25/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 (in tema di offerte pubbliche di acquisto) ha da tempo creato, all’interno dello spazio comune europeo, un’infrastruttura giuridica omogenea nel campo del­l’OPA. Tuttavia, gli effetti concreti delle regole sulle offerte pubbliche di acquisto restano, ancor oggi, largamente influenzati dalla struttura dei singoli mercati nazionali [[1]]. Anche quando emergono problemi trasversali a più ordinamenti, le soluzioni che ne conseguono presentano differenze, spesso marcate, nelle varie giurisdizioni. Ne è prova il tema del concerto [[2]], che, come risulta da un corposo studio del 2011 dell’Unione Europea di valutazione degli effetti della Direttiva OPA negli stati membri, rappresenta l’area maggiormente critica sul piano interpretativo. Mentre in Italia l’azione di concerto finisce tendenzialmente per esaurirsi – non ovviamente nell’articolazione normativa, ma nella realtà applicativa – nella categoria del parasociale ex art. 122 TUF, in Inghilterra e dunque proprio nell’ordina­mento da cui la Direttiva OPA ha tratto ispirazione, il concerto prende forma e sostanza a prescindere dagli accordi di sindacato, che molto raramente si riscontrano nella pratica [[3]]. Ciò non significa, naturalmente, che accordi tra azionisti di una società quotata che disciplinino il voto o la circolazione delle azioni siano del tutto estranei all’esperienza inglese, ma è raro che una coalizione di azionisti governi stabilmente un’emittente in virtù di un patto parasociale nell’accezione italiana. A partire da una definizione generale di concerto molto simile [[4]], l’esperienza applicativa ha dunque preso, in Italia e in Inghilterra, direzioni molto diverse. Mentre, infatti, lo sforzo del regolatore inglese si è focalizzato sul ricondurre all’interno di una nozione elastica le azioni concertate effettivamente finalizzate all’acquisto del controllo [[5]], la nostra autorità di mercato si è misurata con il problema opposto, avendo dovuto mitigare, in via interpretativa, l’effetto altrimenti “sistemico” della presunzione assoluta di concerto tra gli aderenti ad un patto parasociale. Il legame simbiotico, disposto in diritto positivo [[6]], tra concerto e patti parasociali, imponendo un [continua ..]


2. L’articolazione normativa dell’OPA indiretta

Punto di partenza dell’analisi è ovviamente il quadro normativo, che il legislatore del TUF ha interamente delegato alla Consob [[15]], limitandosi a disporre, nella norma primaria [[16]], che: «la Consob disciplina con regolamento le ipotesi in cui … la partecipazione [rilevante ai fini OPA] [[17]] è acquisita mediante l’acquisto di partecipazioni o la maggiorazione dei diritti di voto, in società il cui patrimonio è prevalentemente costituito da titoli emessi da altra società [italiana con titoli ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani]» [[18]]. Diversamente da quanto l’autonomia delle due fattispecie avrebbe probabilmente richiesto, la Consob ha disciplinato in un’unica disposizione regolamentare – art. 45 del Reg. Emittenti – sia l’OPA indiretta (nell’accezione accolta in questo articolo [[19]]) sia l’OPA a cascata. Il testo dell’art. 45, 1° comma del Reg. Emittenti richiede dunque una minima interpolazione per favorirne la lettura con esclusivo riferimento all’OPA indiretta: «l’acquisto, anche di concerto, di una partecipazione che consente di detenere il controllo di una società non quotata determina l’ob­bligo dell’offerta pubblica quando l’acquirente venga così a detenere, indirettamente o per effetto della somma di partecipazioni dirette e indirette, una partecipazione in una società quotata superiore alle singole soglie rilevanti ai fini OPA [come indicate supra, nota 16]». Nel successivo comma 1-bis viene poi previsto l’obbligo di offerta anche per il caso in cui il superamento della soglia sia la conseguenza della maggiorazione dei diritti di voto, ma l’ipotesi riguarda, a stretto rigore, solo la fattispecie dell’OPA a cascata, e non già l’OPA indiretta; mentre infatti il superamento della soglia in una (prima) società quotata (che a sua volta detenga una partecipazione oltre soglia in una seconda quotata) ben può discendere dalla maggiorazione del diritto di voto, quest’ipotesi non è data nell’OPA indiretta, posto che la maggiorazione del voto è istituto proprio delle società quotate ex art. 127-quinquies del TUF, sicché non è configurabile in una holding non quotata. Ciò non significa tuttavia, che l’accrescimento del diritto di voto, [continua ..]


3. (Segue): prevalenza e prezzo

La determinazione della prevalenza non è tuttavia sempre agevole; se, infatti, la verifica del parametro sub art. 45, quarto comma, lett. a) [[22]] si risolve in un mero esercizio di raffronto tra voci contabili, il calcolo del parametro sub lett. b) [[23]] è invece “immediato” solo nel caso in cui la holding rivesta l’unica funzione di “contenitore” del pacchetto azionario di controllo nella quotata, mentre risulta inevitabilmente problematico nel caso in cui la holding sia invece una società con un’at­tività propria o investimenti diversificati. Analogamente, il calcolo del prezzo cui l’OPA (indiretta) debba essere lanciata sarà esercizio pressoché matematico nel primo caso (trattandosi solo di tradurre in prezzo per azioni della quotata ciò che è stato pagato per le azioni della holding, tenuto conto delle sue eventuali attività o passività contabili residuali), mentre nel secondo caso, qualora il prezzo attribuito dalle parti alla partecipazione nella quotata non emerga in modo attendibile dal tenore della documentazione dell’operazione [[24]], si dovrà necessariamente scomporre il valore della società holding nei suoi singoli asset e ricavarne induttivamente un prezzo per azione della quotata a valle [[25]]. A questo fine, le comunicazioni della Consob [[26]] sul calcolo della prevalenza ex art. 45, 4° comma, lett. b) del Reg. Emittenti rappresentano indubbiamente un punto di riferimento sul piano del metodo, senza, tuttavia, che se ne possa immaginare una applicazione “automatica e autoritativa” ai fini della determinazione del prezzo dell’OPA indiretta. Il criterio estimativo delineato dalla Consob si fonda infatti su elementi di apprezzamento inferenziali e discrezionali [[27]] che, se appaiono giustificati in un giudizio di prevalenza tra valori relativi, non necessariamente rispecchiano le dinamiche di formazione del prezzo nelle trattative tra le parti. È dunque ragionevole attendersi che, da un lato, l’acquirente si premuri di disciplinare convenzionalmente (o comunque di documentare nelle trattative) la quota di prezzo imputabile alla partecipazione nella società quotata di cui la holding sia titolare [[28]] e che, dall’altro lato, la Consob, nello svolgimento dell’istruttoria sul documento di offerta, formuli specifiche richieste informative [[29]], [continua ..]


4. (Segue): le peculiarità dell’art. 45 Reg. Emittenti

Si impongono, a questo punto, alcune riflessioni sulla costruzione normativa dell’OPA indiretta, che si differenzia dalla matrice generale dell’art. 106 del TUF sotto un duplice profilo. In primo luogo, perché nel contesto di un’unica disposizione – l’art. 45, 1° com­ma del Reg. Emittenti – si impone l’obbligo di OPA a chi acquisti la partecipazione rilevante individualmente o di concerto con altri, laddove, nello schema del TUF, acquisto individuale e concerto sono invece regolati da distinte previsioni (art. 106: «chiunque, a seguito di acquisti …, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento … promuove un’offerta pubblica di acquisto …»; art. 109: «sono solidalmente tenuti agli obblighi previsti dagli articoli 106 e 108 le persone che agiscono di concerto quando vengano a detenere, a seguito di acquisti effettuati anche da uno solo di essi, una partecipazione complessiva superiore alle percentuali indicate nei predetti articoli …»). Le ragioni della bipartizione della norma primaria sono esclusivamente storiche: la suddivisione del meccanismo base dell’OPA (individuale e collettivo) in due separate norme del TUF è infatti la conseguenza dell’originaria impostazione del legislatore che a quell’epoca scelse di non dettare una definizione generale di concerto (a differenza della regolamentazione inglese o francese), ma di limitarsi ad un’elencazione tassativa di (quattro categorie di) soggetti solidalmente tenuti all’obbligo di offerta in caso di acquisti, compiuti da anche uno solo di essi, che, sommati alle azioni posse­dute dagli altri, determinassero un superamento (collettivo) della soglia OPA [[42]]. Per la principale categoria presuntiva (gli aderenti ad un patto parasociale) l’ori­gi­nario art. 109, 2° comma del TUF prevedeva inoltre che «l’obbligo di offerta pubblica sussiste in capo [agli aderenti ad un patto parasociale] anche quando gli acquisti siano stati effettuati nei dodici mesi precedenti la stipulazione del patto ovvero contestualmente alla stessa». La norma sul concerto aveva dunque una funzione in parte definitoria e in parte dispositiva: da un lato, infatti, dettava l’elenco tassativo dei casi di concerto e, dal­l’altro lato, prevedeva l’obbligo di offerta in capo a chi rientrasse in una [continua ..]


5. Il requisito del controllo

Il secondo profilo di peculiarità dell’OPA indiretta rispetto al paradigma generale disegnato dagli artt. 106 e 109 del TUF ha natura strutturale. Mentre infatti l’ob­bligo di offerta in caso di acquisto diretto di azioni in una società quotata scatta al superamento di una soglia predeterminata per legge [[47]], cui è concettualmente collegata una presunzione di acquisto del controllo [[48]], nel regime dell’OPA indiretta occorre che vi sia un effettivo acquisto del controllo sulla holding. Diversamente, la partecipazione indiretta nella quotata non potrebbe essere soggettivamente riferibile a chi, pur partecipando al capitale della holding, non possa controllarla, da solo o insieme ad altri. Ora, nel caso di acquisto individuale dell’intero capitale della holding o comunque di una quota superiore al 50%, il trasferimento del controllo all’acquirente – e dunque la riferibilità della partecipazione oltre soglia nella quotata – è in re ipsa, ma nelle situazioni in cui, invece, il “nuovo entrante” acquisti una partecipazione di minoranza, assistita da patti parasociali cui pure l’or­dinamento ricollega una presunzione assoluta di concerto, le conseguenze variano, in realtà, a seconda che il nuovo socio partecipi o meno al controllo sulla holding. L’obbligo di offerta ex art. 45 Reg. Emittenti, infatti, scatta solo allorquando l’acquisto “consenta di detenere il controllo” sulla holding. È già la lettera della norma, dunque, che impone di distinguere tra patti parasociali in forza dei quali più soggetti esercitano un effettivo controllo (congiunto) sulla holding (e, a cascata, sulla quotata) e patti parasociali che sono invece irrilevanti in quanto non depotenziano la posizione di controllo individuale di chi detenga la maggioranza della holding; solo nel primo caso, infatti, si verifica la condizione da cui discende l’obbligo di offerta, ossia un acquisto che “consenta di detenere il controllo”. La posizione di chi abbia acquistato una quota di minoranza della holding e abbia contestualmente sottoscritto un patto parasociale rileva pertanto ai fini OPA, per come è formulato l’art. 45 Reg. Emittenti, solo se l’operazione, considerata nel suo complesso, abbia comportato un mutamento nel­l’assetto del controllo, consentendo al nuovo socio di parteciparvi. La [continua ..]


6. Il concerto nell’OPA indiretta: frammenti di controllo congiunto nella disciplina delle offerte pubbliche di acquisto

Concerto e controllo congiunto restano ovviamente concetti distinti e autonomi anche nel contesto della disciplina OPA. Tuttavia, i punti di contatto – e sin anche di osmosi – tra le due nozioni sono innegabili, non foss’altro per il fatto che concerto e controllo congiunto “fotografano”, sia pur per differenti finalità e con un diverso perimetro applicativo, situazioni accomunate dalla condivisione del controllo societario tra più soggetti. Volendo sintetizzare, tutte le ipotesi di controllo congiunto rappresentano di regola altrettante ipotesi di concerto, mentre non vale l’inverso [[55]]. Infatti, l’azio­ne di concerto, per quanto si fondi sulla co-operazione tra più soggetti, non implica necessariamente una situazione di controllo congiunto tra i concertisti, ben potendo tradursi, ad esempio, in un controllo solitario in capo ad uno dei concertisti che si avvalga dell’altrui partecipazione per acquisire una posizione di influenza dominante o per mantenere o rafforzare il proprio pre-esi­stente controllo [[56]] (o, al limite, anche nell’assenza di un controllo individuale o congiunto in senso proprio, come avviene nei casi in cui all’interno della coalizione dei concertisti non possa dirsi sussistere, secondo i canoni tradizionali, né una potere individuale di influenza dominante né, per la possibilità di plurime alleanze variabili all’interno del gruppo, una posizione di influenza determinante condivisa tra tutti i concertisti o alcuni di essi [[57]]). Ora, mentre il superamento individuale della soglia OPA è (almeno in astratto) un fatto certo e incontrovertibile, lo snodo critico del concerto consiste proprio nella difficoltà di accertare, volta a volta, se singoli acquisti permangano di esclusiva imputazione individuale o se invece debbano essere aggregati con quelli di altri, con conseguente superamento collettivo della soglia, per la presenza di un particolare “legame associativo” tra chi li abbia compiuti. Il tema del controllo è dunque centrale nella definizione generale di concerto dettata dall’art. 101-bis, 4° comma del TUF [[58]], perché il collante necessario affinché si possa parlare di azione di concerto tra più soggetti coincide, per l’appun­to, con il comune intento di «acquisire, mantenere o rafforzare il controllo» su di un [continua ..]


7. La valenza asimmetrica delle variazioni del controllo nei leading case di Consob

Su questi indici e sull’uso che ne fa la Consob nella materia dell’OPA ritornerò approfonditamente nel successivo § 10, mentre vorrei qui concentrare l’attenzione su un aspetto fondamentale della dottrina della nostra autorità di mercato sulla variazione del controllo nel contesto dell’OPA, e cioè l’asimmetria con cui viene valutata la compartecipazione al controllo nel caso della sostituzione del socio o dei soci che lo esercitino rispetto all’ipotesi dell’affiancamento di uno o più nuovi soci all’azionista che abbia il controllo individuale dell’emittente. Due comunicazioni della Consob proprio in tema di OPA indiretta mostrano con chiarezza questa asim­metria. In una prima operazione sottoposta all’autorità di mercato [[66]], il quesito riguardava una holding, controllata da un unico socio e con una partecipazione di maggioranza in una società quotata, in cui nuovi investitori avrebbero contestualmente sottoscritto un aumento di capitale – che li avrebbe portati a detenere complessivamente la maggioranza del capitale della holding – destinato a finanziare un’offerta pubblica di acquisto volontaria che la holding avrebbe promosso sulla quotata per ottenerne il delisting. Nella prospettazione fornita da chi aveva formulato il quesito, nessuno degli investitori avrebbe acquistato individualmente il controllo della holding, ma tutti, originario socio di controllo e nuovi investitori, avrebbero sottoscritto un patto parasociale per regolare la rispettiva partecipazione alla holding. Contrariamente a quanto dedotto nel quesito, la nostra autorità di mercato ha ritenuto che l’acquisto della partecipazione (tramite l’aumento di capitale) e la contestuale sottoscrizione del patto parasociale avrebbero determinato un obbligo di offerta pubblica totalitaria a carico di tutti gli aderenti all’accordo parasociale. La risposta della Consob è interessante non tanto per la decisione in sé, quanto perché mostra chiaramente come l’autorità non abbia neppure ritenuto di dover vagliare la posizione dei singoli pattisti per verificare se a seguito dell’operazione vi fossero uno o più soci in grado di esercitare congiuntamente il controllo sulla holding (e a cascata sulla partecipata quotata), ma abbia invece fondato la propria decisione sulla mera constatazione [continua ..]


8. Un primo possibile paradigma di riferimento: l’IFRS 11

Sebbene, come è stato osservato da più parti [[81]], gli IFRS, in quanto principle based, siano espressione di un modello giuridico estraneo alla tradizione normativa italiana, una visione d’insieme sul controllo congiunto non può prescindere da una ricognizione delle logiche con cui la nozione è stata recepita e sviluppata nei principi contabili internazionali (anche per l’evidente influsso che il sistema degli IFRS spiega nella produzione normativa secondaria e negli orientamenti applicativi della Consob) [[82]]. Deputato ad enucleare il controllo congiunto e a disciplinarne le conseguenze contabili è l’IFRS 11 che si applica a tutti gli enti «that are party to a joint arrangement. A joint arrangement in an arrangement of which two or more parties have joint control. The IFRS defines joint control as the contractually sharing of control of an arrangement, which exists only when decisions about the relevant activities (ie the activities that significantly affect the returns of the arrangement) require the unanimous consent of the parties sharing control» [[83]]. Senza addentrarmi nel­l’analisi delle complessità tecniche del principio [[84]], vorrei qui evidenziare come il principio n. 11 segua la “classica” struttura degli IFRS che “scompongono” l’iter decisionale, funzionale alla scelta del principio contabile concretamente applicabile a ciascuna fattispecie, in una serie di passaggi logici successivi e tra loro concatenati. Anche in questo caso, infatti, la conclusione circa la sussistenza di un controllo congiunto richiede lo svolgimento di una sequenza pre-determinata di “verifiche” nel­l’ot­tica (inevitabilmente soggettiva) [[85]] di chi sia chiamato ad attuare la scelta contabile. Punto di partenza è la constatazione che può esserci controllo congiunto solo quando tutte le parti del joint arrangement (o quanto meno un gruppo di esse) lo controllino secondo la definizione di controllo dettata dall’IFRS 10 (e quindi, solo nel caso in cui «all the parties, or a group of the parties, are exposed, or have rights, to variable returns from their involvement with the arrangemennt and have the ability to affect those returns through their power over the arrangement. When all the parties, or group of the parties, considered collectively, are able to direct the activities that significantly [continua ..]


9. Un più compiuto termine di raffronto: la nozione anti trust e, in particolare, la Commission Consolidated Jurisdictional Notice

Se già dall’IFRS 11 traspare un filo conduttore prossimo alle logiche seguite dalla Consob nelle proprie comunicazioni in tema di OPA e controllo congiunto, ciò vale a maggior ragione per gli orientamenti desumibili dall’ordinamento anti trust [[97]]. Peraltro, a differenza degli IFRS, il diritto della concorrenza, pur condividendo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, colloca il tema del controllo entro canoni più tradizionali, inquadrandolo in uno schema di diritto positivo fondato su una definizione generale e astratta [[98]]. Come è noto, la nozione di controllo nell’ambito anti trust ha uno spettro applicativo più ampio del controllo societario, abbracciando la prospettiva di un’influenza che non deve necessariamente essere dominante ma che rileva anche quando sia solo determinante. Nel diverso “gradiente di influenza” rientra, in particolare, la fattispecie del controllo congiunto, in cui manca un soggetto che sia dominante nelle decisioni sulla politica commerciale e gli indirizzi strategici dell’impresa, proprio perché più soggetti, condizionandosi reciprocamente, sono congiuntamente determinanti. Molto, nella concettualizzazione del controllo congiunto, si deve alla concreta esperienza applicativa, maturata in sede comunitaria, del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo alla concentrazione tra imprese. La comunicazione consolidata della Commissione 2008/C 95/01 [[99]] rappresenta uno strumento ermeneutico imprescindibile per chiunque, anche al di fuori della sfera anti trust, abbia la necessità di declinare la nozione generale e astratta del controllo congiunto in fattispecie concrete [[100]]. Se l’architrave del controllo congiunto è costituito dalla possibilità di esercitare un’influenza determinante sul­l’attività di un’impresa, il relativo potere, in un’ottica anti trust, è nelle mani di chi possa condizionare le decisioni che determinano l’indirizzo strategico aziendale. Mentre per il controllo individuale è necessario il potere di imporre le decisioni, per il controllo congiunto basta quello di impedirle. Sono dunque titolari del controllo congiunto i soggetti che, pur non potendo imporre la propria decisione, sono in grado di impedire che altri le assumano; fondamentalmente, il controllo congiunto si fonda sulla necessità che [continua ..]


10. L’orientamento della Consob sul depotenziamento del socio di controllo e la nozione di predominanza codificata dall’autorità di mercato francese

Non disponendo la Consob di una nozione di controllo congiunto su cui fondare “in positivo” la propria valutazione, l’autorità ha elaborato il proprio orientamento “per sottrazione”, partendo dalla nozione del controllo solitario e analizzando se (ed in quale misura) la presenza di altri soci legati al socio di controllo da un patto parasociale possa depotenziarne l’influenza dominante. La stessa Consob ha ricostruito lo sviluppo della propria linea interpretativa in questi termini: “la Commissione si è da tempo attenuta all’orientamento per cui la permanenza di una posizione dominante in capo al socio di controllo dopo la cessione di parte delle azioni a un terzo, che sia vincolato al primo socio da un patto parasociale, esclude la sussistenza di un obbligo di offerta in capo ai due soggetti. Questo orientamento costituisce lo sviluppo di altra simile linea interpretativa secondo la quale le modifiche soggettive ed oggettive apportate a patti di controllo su società quotate rilevano ai fini dell’insorgenza di un obbligo di offerta soltanto qualora esse comportino una significativa modificazione degli assetti di potere interni al patto. Si è altresì ritenuto che tale ultima circostanza possa verificarsi solo nel caso in cui un nuovo socio sia in grado di esercitare una stabile preminenza all’interno del patto o di disporre di uno stabile potere di veto sulle decisioni che attengono alla gestione ordinaria della società” [[110]]. L’orientamento in tema di OPA indiretta si colloca nel medesimo solco, sicché, anche in questo caso, l’obbligo di offerta sorge, per l’appunto, solo quando le clausole contenute nel patto parasociale siano idonee a depotenziare l’influenza dominante esercitata dal socio di maggioranza (dando conseguentemente vita ad una situazione di controllo congiunto o comunque di controllo variabile in luogo del pregresso controllo solitario sulla holding). Sul piano interpretativo, si tratta dunque, nuovamente, di “fissare l’asticella” per stabilire quale sia il punto oltre il quale le clausole che limitano le prerogative del socio di maggioranza si trasformano da strumento di tutela dell’investitore di minoranza in meccanismo di condivisione del controllo. Nel caso dell’OPA indiretta l’analisi si svolge peraltro su un doppio livello, poiché occorre tener conto [continua ..]


11. Linee guida per la neutralità OPA

L’excursus che precede consente di collocare in un quadro organico gli orientamenti della Consob sulla neutralità ai fini OPA delle operazioni che, pur prevedendo la circolazione di quote azionarie della holding, non ne alterino l’assetto di controllo. Non si tratta tanto, infatti, di elencare singole clausole parasociali che facciano pendere la bilancia da una parte o dall’altra, quanto piuttosto di enucleare dei criteri generali e astratti che guidino l’analisi, superando dunque un approccio troppo fondato sulla specificità dei singoli casi. In questo senso, mi pare che sia necessario stabilire anche un ordine gerarchico tra i criteri, poiché alcuni di essi hanno peso dirimente nella decisione. Il criterio principe non può dunque che essere quello della continuità nell’assetto di controllo, articolato in duplice profilo: quantitativo e qualitativo [[119]]. Perché l’operazio­ne possa andare esente da obblighi di OPA è necessario, innanzi tutto, che la quantità di azioni oggetto di cessione sia inferiore alla metà del capitale con diritto di voto; chiunque, da solo o di concerto con altri, dovesse acquistare oltre la metà del capitale della holding non potrebbe in alcun caso sottrarsi all’obbligo di offerta. Non è tuttavia sufficiente che l’operazione abbia ad oggetto una quota di capitale inferiore alla metà, perché occorre, anche, che prima dell’operazione ci sia una chiara situazione di controllo (o, all’opposto, di assenza di controllo individuale o congiunto [[120]] e che, ad operazione conclusa, l’assetto di controllo non sia variato in una visione sostanzialista e non solo formale. Il giudizio sulla permanenza sostanziale della situazione quo ante discende, in primo luogo, dal criterio della coerenza: poiché l’ordinamento anti trust è ispirato da logiche del tutto omogenee con l’interpretazione del depotenziamento del controllo sviluppata dalla Consob, non vedo come, almeno in linea di principio e salve ovviamente le peculiarità di ogni specifico caso, si potrebbe affermare la neutralità ai fini OPA di un’operazione che, nel sistema della concorrenza, sia al contrario considerata foriera di una situazione di controllo congiunto. Naturalmente, le clausole statutarie e parasociali andranno poi autonomamente valutate [[121]] ai fini OPA, [continua ..]


NOTE