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1. Regime legale e problemi esegetici. - 2. Autonomia statutaria e rafforzamento del ruolo dell’organo amministrativo. - 3. Autonomia statutaria e rafforzamento del ruolo della collettività dei soci. - 4. – Il problema della soppressione dell’organo amministrativo. - NOTE
Come è noto, a seguito della riforma del diritto societario, uno dei tratti che caratterizza più a fondo la disciplina della s.r.l. rispetto a quella della s.p.a. è il ruolo riconosciuto ai soci nella gestione dell’impresa sociale. Tanto in ossequio alla prescrizione della legge delega là dove questa stabiliva che il regime della s.r.l. fosse modellato sul principio della rilevanza centrale del socio (art. 3, 1° comma, legge 3 ottobre 2001, n. 366). Prendendo le mosse dal modello legale puro, non inciso cioè dall’ampia autonomia statutaria riconosciuta in proposito, la disciplina della voice dei soci nella s.r.l. circa la gestione dell’impresa sociale si articola in tre fondamentali regole 1: (i) la riserva ai soci delle decisioni di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci (art. 2479, 2° comma, n. 5, c.c); (ii) il potere riconosciuto a ciascun amministratore di sottoporre argomenti, di per sé rientranti nella competenza dell’organo amministrativo, all’approvazione dei soci; (iii) l’analogo potere riconosciuto a tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale (art. 2479, 1° comma, c.c.). Tale disciplina ha sollevato da subito vari dubbi esegetici non ancora chiariti. In particolare circa le operazioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale sono state rappresentate tre diverse opzioni interpretative. La dottrina si è così divisa fra quanti ritengono – ed è la tesi prevalente – che le operazioni considerate siano quelle che, pur ricadendo nell’ambito dell’oggetto sociale come definito dallo statuto, incidono così profondamente sulla struttura dell’impresa da modificarne i tratti caratterizzanti 2, e quanti, viceversa, ritengono trattarsi di vere e proprie operazioni ultra vires, salvo poi a dividersi sulla necessità o meno che la delibera sia accompagnata della contestuale modificazione dell’oggetto statutario 3. La mia preferenza va decisamente a favore della prima tesi innanzi tutto perché riesce difficile immaginare che il legislatore si sia spinto sino al punto di legittimare il compimento di atti formalmente ultra vires, seppure subordinandoli, come sostenuto dalla tesi da ultimo [continua ..]
Se, come si è detto, il modello legale pone taluni problemi esegetici di non indifferente spessore, ben più impegnativo è il discorso da farsi a proposito dei confini fissati dal legislatore alla derogabilità di tale modello da parte dell’atto costitutivo. L’esame del problema va condotto trattando distintamente le deroghe volte a rafforzare il ruolo dell’organo amministrativo e quelle volte ad enfatizzare la voice dei soci. Iniziando dalle prime, tendenti all’obiettivo virtuoso di favorire lo sviluppo della s.r.l. anche in direzione delle medie imprese, l’unico punto certo – in quanto è la stessa legge ad esprimersi in questo senso – è che ai soci non può essere sottratta la competenza a decidere circa le operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci 16. Il problema si incentra, quindi, sulla derogabilità del potere riconosciuto a ciascun amministratore o a tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale di sottoporre argomenti di per sé rientranti nella competenza dell’organo amministrativo, all’approvazione dei soci (art. 2479, 1° comma, c.c.) o nel senso di aumentare la soglia prescritta per l’esercizio del potere, sì da renderne meno agevole l’esercizio o, addirittura di sopprimerlo, pervenendo ad una distribuzione di competenze prossima a quella propria della s.p.a. 17. La possibilità di una spendita dell’autonomia statutaria in tale direzione è stata ammessa senza riserve in considerazione sia del difetto di una espressa indicazione nel senso della inderogabilità (analoga a quella contenuta nell’incipit del 2° comma dello stesso art. 2479 c.c.), sia del favor per l’autonomia statutaria in materia di strutture organizzative, di procedimenti decisionali e di strumenti di tutela degli interessi dei soci enunciato dalla legge delega art. 3, 2° comma, lett. e). L’ambiguità, o quanto meno il carattere non determinante, del primo argomento emerge tenendo conto dell’osservazione formulata in replica da un’attenta dottrina secondo la quale “sembra difficile ritenere – di fronte ad una tecnica legislativa caratterizzata dalla presenza continua, quasi ossessiva, del richiamo, all’interno delle norme integranti lo [continua ..]
Venendo all’esame delle clausole in deroga volte ad enfatizzare la voice dei soci, talune appaiono di sicura legittimità. Così, in primo luogo, la clausola volta ad ampliare le materie riservate alla competenza esclusiva dei soci, oltre quelle previste dalla legge. Lo attesta – come è noto – l’incipit del 1° comma dell’art. 2479, il quale, nel tracciare le competenze dei soci, esordisce riferendosi alle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo 30. Resta da esaminare il problema se tale riserva possa essere di carattere generale, con conseguente riduzione della funzione dell’organo amministrativo in materia di gestione dell’impresa sociale alla mera esecuzione delle decisioni dei soci, eccezion fatta, naturalmente, per quelle che risultino lesive di interessi presidiati dalla responsabilità degli amministratori, che essi hanno il potere/dovere di disapplicare. Il problema investe, in particolare, la possibilità di estendere la competenza dei soci sino ad includere la gestione corrente. Come è noto, secondo la condivisibile opinione della dottrina prevalente nella società per azioni tale barriera non sarebbe superabile: e ciò sia nel vigore del sistema previgente, che consentiva allo statuto di riservare all’assemblea un potere di decisione piena su oggetti attinenti alla gestione della società (art. 2364, 1° comma, n. 4, c.c.), sia, ed ancor più, alla luce della normativa vigente, che consente la riserva ai soci di un semplice potere autorizzatorio per il compimento di atti degli amministratori (art. 2364, 1° comma, n. 5, c.c.) 31. Tanto in ossequio al principio inderogabile della fluidità, e quindi dell’efficienza, del processo decisorio. A mio avviso, tale conclusione non può essere trasferita alla s.r.l.: in primo luogo, in quanto la legge consente che le decisioni dei soci si formino al riparo dalle complessità procedimentali del rito assembleare (art. 2479, 3° comma, c.c.); e poi in quanto è corretto presumere che i soci della s.r.l., sia per la normale intimità della compagine sociale, sia per l’ampio potere di informazione loro concesso (art. 2476, 2° comma, c.c.) si trovino in condizioni di partecipare quali protagonisti all’intero processo decisorio della società, senza che questa ne soffra pregiudizio alcuno. Altra [continua ..]
Sempre nell’ottica del rafforzamento della posizione dei soci riguardo alla gestione sociale, la soluzione più radicale è indubbiamente quella della soppressione tout court dell’organo amministrativo 34: ipotesi da tenere ben distinta da quella in cui tutti i soci sono chiamati a costituire l’organo amministrativo, cumulando in sé la doppia qualità di soci e di amministratori (con conseguente applicazione della relativa disciplina a seconda che agiscano nell’una o nell’altra veste), come è possibile che accada anche nella s.p.a. 35. Il punto è stato oggetto di un ricco e vivace dibattito dottrinale, ancora lontano dall’aver conseguito risultati comunemente accettati 36. Come è noto, il dubbio circa la necessità dell’organo amministrativo nella s.r.l. è scaturito, in primo luogo dal disposto dell’art. 2379, 2° comma, n. 2, c.c. il quale, nello stabilire la competenza inderogabile dei soci relativamente alla nomina degli amministratori, precisa che detta competenza ricorre solo allorché tale nomina sia prevista nell’atto costitutivo: da ciò l’affrettata conclusione che la legge, nel ritenere legittimo un atto costitutivo, il quale non preveda la nomina degli amministratori, avrebbe implicitamente legittimato la stessa soppressione dell’organo amministrativo 37. Ma l’argomento non regge (e difatti non risulta ripetuto), in quanto, come è stato più volte osservato, il sistema conosce sicuramente ipotesi in cui l’investitura degli amministratori resta svincolata da un atto di nomina propriamente inteso, rispetto al quale si ponga un problema di competenza, come accade allorché sia lo statuto stesso ad affidare la funzione amministrativa a tutti i soci o a taluno di essi, anche eventualmente a titolo di diritto particolare ai sensi dell’art. 2468, 3° comma, c.c. Peraltro non decisivo, questa volta in direzione opposta, risulta anche il disposto dell’art. 2475, ult. comma, c.c., il quale prescrive che la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale ai sensi dell’art. 2481 sono in ogni caso di competenza dell’organo amministrativo. Come è noto, nel testo originario la norma faceva riferimento (non all’organo amministrativo, [continua ..]